sabato 27 gennaio 2018

Potere al Popolo: un felice paradosso

di Franco Cilli


Mi candido con Potere al Popolo, una lista che meriterebbe almeno qualche menzione da parte di media distratti, per non dire di peggio. Snocciolare i motivi di una tale candidatura non è facile senza rischiare di cadere nella retorica e nella stanca ritualità di affermazioni buttate lì per catturare un immaginario consenso. Tuttavia devo dire che con Potere al Popolo le cose vengono facili, sembra che si sia tornati quasi a una sorta di spirito delle origini dove la severità dell'analisi politica si sposa con la passione e l'ottimismo della volontà. Uno spirito romantico che si ammanta di politica, ma senza cadere nei vizi dell'irrazionalismo e nell'inconcludenza. 
Potere al Popolo è una scelta che mette a tacere ogni specioso realismo della politica insito in ciascuno di noi e ti esime dal trovare un facile riparo, pur giustificato, in una offerta politica vista in chiave strategica, come il voto ai 5S, ottimo per illudersi che possa dare l'avvio a una disarticolazione e ricomposizione di un sistema di potere ormai incancrenito, totalmente organico al liberismo, ma senza una chiara garanzia di una reale discontinuità.  Con Potere al popolo si afferma la volontà di dare priorità alle lotte sociali e alla politica come elemento di trasformazione e di influenzamento del potere attraverso una dialettica innescata nel corpo vivo della società e scaraventata nelle stanze del potere stesso. Questo dispensa da qualasiasi ansia parlamentaristica ed elettorale e pone il problema del dopo. Un dopo che ciascuno immagina in base alla propria biografia politica e alle proprie aspirazioni, ma un un dopo che non potrà che essere l'evoluzione di un soggetto politico che avanza per prove ed errori ed assume via via una forma definita. Non valgono a riguardo le infinite contestazioni di vaghezza e di ingenuità dei programmi, erano messe in conto e sono frutto di una mediazione inevitabile fra componenti spesso lontane fra di loro in termini di cultura e di visione politica, ma necessaria per mantenere viva la dialettica politica e le capacità autocorrettive di un movimento e dare il segno di un'unità non più rinviabile. Abbiamo capito che le differenze ad excludendum portano alla follia e alla scomposizione e frammentazione del corpus teorico che lungi da divenire chiaro e meglio definito genera solo infinite e infruttuose eresie. Ebbene sì la novità sta nel paradosso parziale di un insieme che contiene insiemi diversi e in conflitto fra di loro, ma è l'insieme degli insiemi che conta e che detta la linea: no all'austerità, lotta alle diseguagliaze, no al liberismo, si ad un ampliamento dei diritti. Tutto il resto si vedrà. 
Camminare domandando rimane il motto, e possibilmente senza guardarsi in cagnesco.

martedì 2 gennaio 2018

Potere al Popolo? Si grazie

di Franco Cilli 


Come si poteva prevedere Potere la Popolo ha scatenato un bel po' di polemiche da parte di molti intellettuali di area, che reagiscono con un riflesso pavloviano a qualsiasi fenomeno politico riguardante un movimento di sinistra, prontamente vivisezionato e messo in controluce con riserva di pena se non rispecchia i canoni di un'ortodossia immaginaria. Che non si dia inavvertitamente  l'assenso o la non dovuta attenzione a un fenomeno potenzialmente eretico e pericoloso. A cominiciare dal nome, che contiene un segno ambiguo e gravido di echi malsani come "popolo", per finire alla accuse di stalinismo, sovranismo, nazionalismo e nostalgie togliattian-belingueriane. A Potere al Popolo non si è risparmiato nulla.
Potere al Popolo ha il pregio e il difetto di raggruppare nuovi e vecchi soggetti della politica. La presenza di partiti comunisti garantisce capillarità ed efficenza proprie di un'organizzazione partitica ramificata sul territorio e in possesso di una cultura politica solida e ancorata a solide tradizioni, ma appesantisce il movimento con ritualità consunte e nostalgie che esigono l'ostensione di simboli e icone classiche del pantheon comunista. Residui di una sacralità che a mio parere non ha più molto senso, ma che per alcuni costituisce il segno distintivo di un'identità storica irrinunciabile e di un corpus teorico non esposto alle contaminazioni di un pensiero borghese infido e variamente mascherato. Fortunatamente a vecchie gloriose formazioni si associano masse di giovani scafati e dallo spirito profondamente laico, che dietro quell'aria apparentemente ingenua e sorniona nascondono molta più saggezza e astuzia di quanto si immagini.
Potere al Popolo è una scommessa, una sfida giustamente spavalda  e carica di passioni romantiche che non disdegnano la giusta razionalità. Può essere la scintilla che accende l'incendio di una ribellione su vasta scala. Tutto dipenderà dalla capacità di intercettare il malcontento diffuso trasversalmente in ogni settore della società e dal bisogno di una politica partecipata e in grado di fugare passioni tristi e divoratrici di speranza. 
Per non smentire il suo nome il movimento dovrà  essere davvero "populista", cioè a dire avere lo stomaco di accogliere anche quelle istanze che ci appaiono indigeste e ridefinirle secondo le proprie esigenze strategiche. Il popolo si esprime in maniera irrituale perchè l'indifferenza e talora il disprezzo nei riguardi della politica si traducono in linguaggi viscerali. Sappiamo però che l'impatto ravvicinato con certe realtà modifica la percezione della realtà stessa. I compagni  di Je So Pazzo sanno benissimo che il migrante invasore diventa oggetto di solidarietà e compassione quando acquista sembianze umane.
Potere al Popolo dovrà necessariamente attraversare una fase di maturazione che segnerà il passaggio dal brodo di coltura di una fase caotica e generatrice di nuovi organismi ad una fase di assetto organizzato e maturo. Spero che ciò avvenga in tempi rapidi, la necessità di rappresentare parti della società escluse dai processi decisionali  e caricate brutalmente dai costi della crisi deve tramutarsi nella capacità di plasmare attivamente il corpo sociale, risolvendo finalmente il plurisecolare dilemma fra la scelta di prendere il potere e governare e quella di condizionare il potere dall'esterno. Bisognerà diventare adulti e superare il puro ribellismo. Governare esige scienza del potere e capacità di utilizzare la scienza stessa per il bene comune. Tempo al tempo.


Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...