venerdì 20 dicembre 2013

Renzi Gianburrasca

Tonino D’Orazio

In materia di lavoro sicuramente. Precari, disoccupati e reddito. Il mercato del lavoro proposto da Renzi rischia di essere più disastroso di quello messo in atto da queslla falsa incompetente della Fornero, visto che si affida di nuovo a qualche testa d’uovo universitario. Non hanno fatto ancora abbastanza disastri nei loro freddi schemi a tavolino.

Il “suo” progetto di riforma inizia dal precariato. L'obiettivo, ambizioso, è quello di fare del contratto a tempo indeterminato, oggi ridotto al 10% del totale dei lavoratori, una regola. Con un nome preciso quanto indefinito: il contratto indeterminato di inserimento. Ma a un costo: rendere più facili i licenziamenti. Insomma il veleno sta sia nella coda che nell’affabulazione della parola indeterminato mitigato dalla parola inserimento, forse innesto con caratteristiche da apprendistato. Sapevamo che il tempo indeterminato utilizzato oggi in tutta Europa, come una volta in Italia, non ha bisogno di aggiunte. E’ o non è., e il dubbio si insinua.

Più preciso anche Cesare Damiani, ex ministro del lavoro, una precedente vita in Cgil, che si adegua subito alla critica del capo alle organizzazioni sindacali poiché non riescono a rappresentare i lavoratori precari. Sembra sceso dalla luna. La legge Biagi sulla flessibilità, (un supermercato da quaranta tipologie contrattuali) voluta e applicata anche dal suo partito al seguito del geniale Ichino, il Pds-Pd, impedisce di fatto l’iscrizione ai sindacati, pena il licenziamento o il non rinnovo del contratto precario. Nemmeno Mussolini ci aveva pensato, e si capisce, ma possibile che nessuno politico si senta responsabile del disastro attuale? Possibile che quelli oggi altrettanto preoccupati, dopo aver fatto il brutto e cattivo tempo in questi anni, siano quelli della Confindustria? Dopo aver spaccato e boicottato i sindacati si osa chiedere loro la “comprensione” e di smetterla di salire sulle barricate inutili. Un vecchio vizio sovietico quello di dire: ci siamo noi, il sindacato non serve. Il tentativo come d’abitudine è quello di rifare una ennesima riforma del lavoro senza di loro, e non a caso si ricomincia con il giocattolo art.18 che ha funzionato così bene.

La presunzione del ragazzino è quella di gettare la sua riforma, fra un mese, nell'arena del dibattito delle larghe intese per riscrivere le regole del mercato del lavoro e archiviare, o mettere le pezze alla tanto criticata riforma Fornero. Non ha presente che il mercato del lavoro, in assenza di un piano nazionale di reindustrializzazione almeno a medio termine, non può essere profondamente modificato ogni anno, come la riforma delle pensioni, salvo un ulteriore disfacimento come quello in atto. Non può ignorare, visto le sue visite ravvicinate in ambasciata, che gli elementi liberisti potentemente in atto sono quelli per cui “la politica del lavoro americanizzato debba diffondersi in Europa” (New York Times).

Renzi prevede di introdurre il cosiddetto contratto indeterminato d'inserimento, che abolirebbe i contratti a progetto (introdotti appunto dalla legge Biagi); varrebbe per chi è al di sotto di una determinata soglia di età e non prevedrebbe la tutela dell'articolo 18 sulla dignità del lavoratore. Un contratto flessibile che varrebbe solo per i futuri ingressi dei giovani nel mercato del lavoro e non per i vecchi contratti. L'articolo 18, già menomato, resterebbe dunque valido per tutti i contratti in essere e quelli futuri (?!) al di sopra di una certa soglia d'età, in alternativa a quelli flessibili. Con buona pace dell’approfondimento del divario generazionale. E’ comunque roba vecchia e riciclata da un idea di Ichino, giuslavorista che passa a destra e a sinistra pur di portare avanti le sue disastrose proposte. Abbiamo già visto i risultati dell’ambiguità fatta accettare ai sindacati sulla flessibilità come si sia tradotta in precarietà. Anzi il consiglio di Damiano al sindacato confederale è quello che non debba necessariamente rappresentare questo nuovo mondo del lavoro, ma possono farlo anche le associazioni autonome o a carattere professionale. Insomma lobbie, ordini e corporazioni.

Non basta, dice Renzi. Il lavoratore potrebbe accettare dal datore meno protezioni in cambio di una retribuzione più alta. Insomma “à la carte”, senza il Contratto Collettivo Nazionale (che felicità per i sindacati!), con uno scambio-vendita diritti/denaro, a tu per tu. Più facilità nei licenziamenti, “du déjà vu” rivoluzionario. Quando si dice la parità sociale tra debole e forte.

Siccome lo stato sociale avanza sempre più in positivo, visti gli immensi fondi disponibili, si va verso la flexsecurity modello danese, quello più costoso in Europa, dove la protezione sociale per i lavoratori disoccupati è particolarmente elevata. Instaurare quindi un reddito minimo che chiederebbe in cambio, ai beneficiari senza lavoro, di partecipare a corsi di riqualificazione, di formazione o altri programmi di incentivazione all'occupazione, magari in direzione del prossimo pieno impiego. Positivo se per tutti i disoccupati e i senza lavoro dai 18 anni a 68 circa. Diciamo alcuni milioni di cittadini. I soldi che già non bastano si prendono abolendo le varie casse integrazioni. Per il tentativo di elemosina si può anche provare. Anzi, questo reddito minimo non potrebbe rimpiazzare, in un prossimo futuro, anche le pensioni?

Non basta ancora, dice sempre Renzi. Siccome la giurisprudenza lavorativa ha costruito una storica rete giuridica di tutela (circa un migliaio di atti normativi) si tratta di eliminarla semplificando il codice del lavoro. Secondo Renzi l'obiettivo è quello di arrivare a "70 articoli leggibili anche da un quindicenne e facilmente traducibili in inglese". Immagino che i datoriali, tramite la contrattazione delle larghe intese, riusciranno a limare e assottigliare un po’ di più, in questo modo, l’art.3 della Costituzione.

Il neosegretario del Pd ha più volte ripetuto che i centri per l'impiego non funzionano. Sono pubblici. Quelli privati funzionano meglio perché tutti i datoriali, ideologicamente, vi attingo personale. I ”risultati positivi”, ovviamente, sono talmente evidenti che la stessa Commissione Europea ha appena aperto un bando milionario (Programma PROGRESS: PARES: analisi comparative tra i vari servizi all’impiego. VP/2013/013) affinché i centri pubblici collaborino sempre di più con quelli privati e del terzo settore, più efficaci nel cercare il lavoro, anche quello che non c’è, e soprattutto mal pagato.

Infine, dopo che il suo partito ha distrutto la scuola e l’università insieme alle destre, il segretario del Pd vuole intervenire sul sistema complessivo di formazione del lavoro e dar luogo ad investimenti mirati, ma non a pioggia, per far ripartire la crescita del Paese. Tre o quattro sperimentazioni, giusto per non essere tacciati di spergiuro, e tenuto conto della ricchezza disponibile, si può sempre iniziare, magari con i salesiani e gli oratori.

mercoledì 18 dicembre 2013

La Protesta rubata

Di Tonino D'Orazio

Che la “lotta” contro questa Europa e la trappola dell’Euro avrebbero scatenato una recriminazione popolare era evidente a tutti, anche ai più miopi. Ogni responsabile politico o di partito, da anni, ha necessità di nascondere l’appiattimento e la manipolazione operata contro i valori civici provenienti dalla nostra sana Costituzione repubblicana e antifascista.

Era più facile modificare la Costituzione che applicarla. Era più facile per i partiti occupare le Istituzioni repubblicane piuttosto che considerarle proprietà pubbliche, non privatamente disponibili. Le hanno ideologicamente mercificate, corrotte, e infine regalate ad organismi non elettivi (il minimo, anche in uno Stato borghese), a tecnocratici, che ne hanno sopraffatto la democrazia, che non potrà che appartenere sempre al popolo.

Questo popolo ha diritto di arrabbiarsi e magari di protestare? Cosa deve fare se viene intrappolato dai “poteri forti” sopraffattori, a ricordo di un altro ventennio? Quale nuova Resistenza, questa volta non armata, deve inventarsi per uscire dalla trappola dei nuovi “fascisti”?

Perché tali sono, a detta di Berlinguer, “quelli che opprimono, impoveriscono, sottomettono e sfruttano la classe operaia”, e sono sempre da considerarsi fascisti, neo o meno.

Posso citare Lucio Sergio Catilina (Roma, 108 a.C.–Pistoia, 62 a.C.)? "Ora che il governo della repubblica è caduto nel pieno arbitrio di pochi prepotenti … noi altri tutti, valorosi, valenti, nobili e plebei, non fummo che volgo, senza considerazione senza autorità, schiavi di coloro cui faremmo paura sol che la repubblica esistesse davvero".

Giustamente, già nell'800, si chiamava il popolo «le classi pericolose». Erano quelle classi, dai proletari in giù, che costituivano un pericolo per l'ordine borghese e la sua polizia. Oggi anche la piccola borghesia sembra proletarizzata nella macina dell’austerità, o meglio della guerra dei ricchi contro i poveri. Alla polizia la “legge di stabilità” ha aggiunto un po’ di soldini affinché non prendessero freddo cacciandosi i caschi.

Sicuramente si dovrà cominciare a progettare l'antagonismo al dominio criminale del neoliberismo in termini di internazionale. L’area internazionale più vicina sono le elezioni europee. Un sussulto democratico verso una istituzione di secondo o terzo livello, ma che sola può dare l’idea della volontà di una Europa diversa, cioè non questa sicuramente fallimentare, e che fa salire un livello intollerabile di razzismo tra i suoi popoli.

Allora tutti contro l’Europa. Si tratta di aggiungere polverone per poter parlare a tutti. Tutti hanno bisogno dei prossimi voti, di protesta o di assenso. Un polverone mai visto.

Una estrema destra italiana che si fa sorpassare dalla Lega Nord che cita pubblicamente come criminali i tecnocrati di Bruxelles. Chissà dov’erano in questi ultimi anni, diciamo da Lisbona in poi. La rinata camaleontica Forza Italia si schiera contro l’Europa e contro l’euro sperando di raccogliere i voti di protesta andati al Movimento 5 Stelle. Nessuno sembra porsi il problema di dove sono stati e cos’hanno fatto in questo ultimo ventennio. Se fossero all’origine della protesta dei “forconi”, partiti dalla Sicilia ma organizzati e forti in Lombardia (ma guarda!) non mi stupirebbe, visto che chiedono il voto anticipato e lo scioglimento di un parlamento oggi incostituzionale. Anzi il dubbio viene dalla ridondanza che i media stanno dando a gruppuscoli che fanno finta di bloccare il traffico sotto l’occhio paterno della polizia. Addirittura una diretta non stop di Rai Uno. Altra cosa il massacro degli studenti che guarda caso protestavano per le stesse cose. Ma c’è chi può e chi non può.

Poi ci sono un PD e un Renzi che minacciano Letta su varie cose e sfidano Grillo dall’alto del loro potere parlamentare con proposte inaccettabili. Per essere sicuri scippano la riforma elettorale al Senato per proporlo in Parlamento. Ma sicuramente, checché ne dica Sel di Vendola, con Napolitano in testa e Bildeberg dietro, è il partito che annuncia che vorrebbe una Europa diversa ma purtroppo questa è la realtà, così come ha annunciato per anni la riforma elettorale della quale ancora non si vede la luce. Ma per modificare la Costituzione a favore dei tecnocrati di Bruxelles hanno facilmente trovato i voti del centro e di tutte le destre parlamentari. Insomma si predica bene e si razzola male.

Nel momento in cui il capitalismo attraversa la più grave delle sue crisi, perché di questo si tratta, dopo quella degli anni '30, i principali partiti che si dichiarano di sinistra rimangono muti e imbarazzati. Nel migliore dei casi promettono di rabberciare il sistema, ma più spesso cercano di dar prova dì senso dì responsabilità raccomandando a loro volta purghe liberiste. Sono stati i governi a conduzione socialista a negoziare i piani di austerità dell’Unione Europea. E non temono le elezioni europee, tanto sono garantiti dal centrodestra, dimostrando, con la grande coalizione, che si può sempre fare due contro uno, rappresentando impropriamente questi ultimi gli “antieuropeisti” e i populisti. Il declino dell'Europa è anche il crepuscolo dell'influenza ideologica del continente che vide nascere il sindacalismo, il socialismo e il comunismo, e sembra oggi più disposto di altri a rassegnarsi alla loro scomparsa. Sembra che il socialismo abbia cambiato continente e si sia spostato in America Latina.

Ci sono i partiti della sinistra storica che però contano ormai così poco che nessuno li sta a sentire, eppure il loro gruppo, a livello europeo, ma anche italiano, ha sempre protestato contro le direttive che affossavano il nostro paese, il mondo del lavoro e del welfare.

Poi ci sono i giovani del M5S che da molto tempo sono i veri paladini di una riforma dei trattati europei in senso di partecipazione democratica e di consenso popolare, fino a chiedere con referendum se uscire o meno dall’euro. Forse hanno tutti contro e li si fa parlare poco, li si interpella con poca dignità giornalistica e li si intervista sempre possibilmente in negativo. Però hanno ottenuto il 30% dei voti, e non immischiandosi con i partiti del sistema mantengono intatta, se non la accrescono, la loro reputazione di vera e unica capacità di poter modificare il sistema strangolatore del popolo. Anche perché il sistema continua a girare a vuoto, cioè no, allo stesso modo di quando c’era Berlusconi e Monti, da una promessa all’altra, mentre si stanno svendendo e mangiando l’Italia e le sue possibilità di ripresa. L’ossimoro, e lo sfottò di Letta, del mangiare sta anche nel panettone che mangeremo l’anno prossimo, fatevi una ragione per quest’anno, come per tutte le balle della ripresa.

Allora tutti “rivoluzionari”, nessun “rivoluzionario”.

Infatti, il polverone si è alzato e ci accompagnerà fino a maggio 2014, poi si vedrà.

Quanto potrà durare in Europa questa blindatura del sistema politico, mentre la rabbia sociale continua a salire?

martedì 10 dicembre 2013

Ma quale scissione!

di Tonino D’Orazio




Le scene teatrali o i film sono il nerbo delle nostre società. Basta immedesimarsi per correre dietro una realtà vista da altri. Vi sono maestri e attori così bravi che per un momento, più o meno lungo, ci permettono di estraniarci dal “quotidiano”, come una valvola di sicurezza detta “sociale”. Una realtà virtuale costruita per modificare quella vera. Dov’è il limite invalicabile? Ognuno pensi a sé stesso.

Ma se i progetti politici di società sono gli stessi di quale scissione si parla. Come se tutto si trasforma ma la sostanza resta identica.

Chi scissa chi? Un Pdl diviso in NCD e Nuova-vecchia FI? Divisi dalle poltrone? Uno sostiene il governo per tenere sotto controllo un Letta accondiscendente e falso nel suo facile ottimismo? L’altro a sostegno di un condannato, scampato dai tribunali con stupenda furbizia da venti anni, che continua a fare il primo attore di uno spettacolo privato, indecente e ricattatorio? Divisi per stare insieme nello stesso progetto di società: arricchire i ricchi e impoverire i poveri. In questo non c’è scissione in tutto l’arco governativo. Nei risultati c’è identità di programma e di conduzione della società.

Scissione nel Pd? Per fare che? Strano che D’Alema possa sbagliare tanto solo adombrandola prima delle primarie del suo partito. Ci sarà, forse, solo una ridistribuzione di poltrone. Meno per i discendenti annacquati del PCI, un po’ di più per i discendenti scampati della DC. Assolutamente niente di sinistra in vista tenuto conto della percentuale bassa di Civati. Forse la messa a riposo di “vecchie glorie” che sono state utilissime alla transizione verso il centrismo. Ma sarà difficile anche questo perché alcune sono già sul nuovo carro. La parabola si è chiusa, gli eredi del PCI sono scomparsi o diventati completamente altro, ingoiati da una nuova democrazia cristiana lanciata liberamente e senza opposizione nella scia filoamericana. Renzi potrà anche essere eletto segretario e avere la maggioranza nel Direttivo, ma poi i conti dovranno tornare per un eventuale “nuovo governo”, dove si presume ci sarà qualche problema in più. Intanto gioca il suo teatrino di governo e opposizione, senza programma serio, slogan a parte, ma per questo sappiamo che non può che condividere il progetto di società attuale della “grossa coalizione” imposta dall’Europa e dai tedeschi, con attacchi alle persone del suo stesso partito e al suo stesso presidente del consiglio. Una prova è la proposta di aprire all’ingresso del suo PD, nel Partito Socialista Europeo, un vero allineamento. In pratica contro tutti e contro se stesso; una scissione intima, sicuramente senza vere conseguenze storiche, malgrado i propositi. In pratica, sottilmente, la sostanza della natura politica degli italiani, cioè contro tutti i politici, ma poi li si rivota. Qualcuno pensa che Renzi o il Pd possa tornare indietro sulla famigerata legge Fornero su pensioni e mercato del lavoro, sulle imposizioni europee? Oppure possa aumentare le tasse ai ricchi e diminuirle ai poveri? Alla Cgil che mantiene il punto sulla patrimoniale ha già chiesto di stare calmi e stare a posto loro. E poi Napolitano vigila e il capitalismo ha necessità del centrosinistra per imporre le peggiori porcherie, anche anti-costituzionali, senza doversi scontrare efficacemente con i sindacati.

Il fatto vero è che le “primarie” interne (non elettorali!) al PD, in televisione ha interessato pochissima gente. Abbiamo imparato che la televisione serve ad altro. Il confronto a tre dei candidati alla segreteria ha generato scarso interesse. Tra l’altro questo metodo porta ognuno a smarcarsi dall’altro dicendo qualcosa di diverso, e il risultato potrebbe far sembrare un PD veramente incasinato. Lo share è stato del 2,7%, di cui 1,7% su Cielo e 1% su Sky TG24 HD. Lo speciale Post Confronto in onda dalle 22.30 circa su Sky TG24 HD ha fatto registrare un ascolto medio di 130.000 spettatori. Malgrado il tam-tam mediatico favorevole a Renzi. E’ l’uomo utile e nuovo affinché fondamentalmente nulla cambi. Interesse televisivo veramente inferiore alle loro attese e contraddittoria se poi quasi 3 milioni di persone hanno partecipato alle loro primarie. La rivoluzione arancione-americana avanza, ma in mano alla Toika.(Bce,Fmi,UE).

Dal dopoguerra mai nessun governo è nato in Italia senza il consenso nord americano. Ricordiamo tutti la “visita” di D’Alema, ex comunista, a Washington prima di diventare Presidente del Consiglio. Vale per tutti, anche per Renzi, se ciò non è già avvenuto, e probabilmente lo sarà anche per il M5S. I rottamatori sono in genere sempre apprezzati da Washington quando i cambi generazionali non avvengono a loro gusto e si stancano di avere sempre i soliti interlocutori. Forse non ci sono riusciti con “mani pulite” nel ’92 (permettetemi questo dubbio che mi trascino da anni) perché parecchi “vecchi” si sono dimostrati più coriacei e camaleontici di quanto si aspettassero. Ma l’occasione nuova sembra ripresentarsi.

Diciamo anche che lo sciopero ad oltranza di alcune sigle di autotrasportatori, con richieste politiche piuttosto che di categoria, pur rilanciando tematiche considerate “populistiche”, non ha nulla a che vedere con il blocco che mise in ginocchio il governo cileno di Allende. Ma se anche i poliziotti si tolgono il casco durante le manifestazioni-scontro siamo ad un punto di non ritorno. Nelle rivolte i simboli acquisiscono sempre valori sconcertanti.

Pensate invece allo share del VD-3 a Genova di Beppe Grillo in diretta su La7! 200.000 in piazza, con il vento freddo tipico di Genova. E’ la prima volta che la questura non fornisce dati. Pudore o calcolo?

Cosa poteva guadagnare La7 ,per tutto il pomeriggio in diretta, oltre lo share? Valutare appunto con lo share l’interesse dei cittadini verso il movimento? Verificare i punti programmatici di forza del M5S e la loro popolarità o condivisione? Forse fare semplicemente informazione con un movimento che li disprezza? Concesso.
 

I Socialisti attuali sono scissi da tempo ma sono sempre al governo, da Craxi in poi, con ex democristiani ed ex fascisti, lasciando un drappello coraggioso di socialisti veri a futura memoria, come frangia di amici magari utili e ponte in governi differenti. Anche loro hanno partecipato e governato il nostro paese dai primi governi di centrosinistra degli anni sessanta. Intanto non si sono sciolti nel Pd, ovviamente perché non era più “socialista”, ma anche perché sono utili per formare una coalizione, visto il metodo della legge elettorale ormai anticostituzionale, a detta della Consulta.

Si rilancia quindi una riforma elettorale mai condivisa in questi anni ma ormai obbligatoria. L’accordo, Renzi, potrà farlo solo con il centrodestra. Insomma già una continuità.

Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...