domenica 29 luglio 2012

Trattativa, parla il pentito Mutolo: "Stato e mafia sempre a braccetto"


Ho ritenuto valesse la pena di postare questo articolo apparso sul Fatto Quotidiano di oggi, perché, pur nel lessico sgangherato di un mafioso poco avvezzo alle raffinatezze della cultura, riesce a dare un'idea di una parte importante della storia dell'Italia dell'ultimo ventennio, molto meglio di qualsiasi trattato o dissertazione accademica.

E' stato l'autista di Riina: "Dopo l'arresto sono andati a casa sua, c'erano cose che inguaiavano i politici, hanno fatto finta di nulla. Senza di noi non ci sarebbe stata la Dc e nemmeno Berlusconi. Ingroia lo mandano in Guatemala, lui sa che è meglio così"


di Silvia Truzzi da ilfattoquotidiano

processo interna nuova
Il nome di un morto e la sua strada, “tutt’assieme” come direbbe lui. Gaspare Mutolo, pentito di mafia, ha una personale mappa di Palermo: è un cimitero senza pace. Oggi la città dell’odio la dipinge ad olio, ed è soprattutto mare. In mezzo vent’anni di collaborazione con le istituzioni: il salto nel vuoto, dall’altra di una barricata con pochissimi eroi e troppi farabutti (tanti travestiti da uomini dello Stato), l’ha fatta con e per Giovanni Falcone. È lui il pentito che Borsellino stava interrogando nei dintorni di Roma, quando ricevette la famosa convocazione dal ministro.
Mutolo, come succede che un mafioso si pente?
Perché vengono traditi i sentimenti e non si ha più paura. A Buscetta gli avevano ucciso due figli, il genero, il cognato. A Mannoia il fratello: se uno è rispettato, non gli toccano nessuno. Appena Mannoia si vede toccato il fratello, parla con Falcone. Ma nemmeno terminò che noi mafiosi sapevamo che stava collaborando: avevamo le nostre fonti. Ma è successo qualcosa, è la prima volta in assoluto che la mafia uccide tre donne: sorella, madre e zia. Avevamo avuto anche qualche lamentela perché era con Giovanni Bontade, il fratello di Stefano, era stata uccisa anche la moglie.
Fa una differenza?
Sì: il palermitano ha una venerazione per la donna, è diverso dal catanese o dal trapanese: noi palermitani per la donna abbiamo un sentimento diverso proprio. Quando è stato deciso l’omicidio Falcone? Falcone lo seguivamo da vicino, era temuto e ammirato dai mafiosi. Aveva il coraggio dell’intelligenza. Diverso da tutti. Dell’omicidio di Falcone noi ne parliamo già durante il maxiprocesso: avevano scoperto il suo villino vicino a Valdese, c’era uno che aveva una pizzeria che ci raccontava gli spostamenti. Volevamo ucciderlo in una strada sterrata e boscosa. Santapaola aveva mandato addirittura un lanciamissili Katyusha: era “il regalo per il giudice Falcone”. Ma era molto scortato, non se ne fece nulla.
Lei lo sapeva che Falcone sarebbe stato ucciso?
Logico. Dopo che fu confermata la sentenza del maxi processo – io ero in carcere – i mafiosi cominciano a dire: ora ci dobbiamo rompere le corna a tutti, ai politici e ai magistrati. Non avevano mantenuto le promesse. Infatti muore Lima, infatti muore Falcone.
E lei perché si pentì?
Per delusione che avevo con Riina decido di parlare con Falcone: nel dicembre del ‘91 gli mandai un messaggio attraverso un avvocato: “Dicci a Falcone che Mutolo gli vuole parlare”. Lo ammiravo e lo volevo aiutare. Venne il 15, gli dissi: “Voglio collaborare. E comincerò a parlare dal suo ufficio e dalla Cassazione, fino in Parlamento.
Lo avvisò del pericolo?
Gli dissi che i mafiosi erano preoccupati perché non c’era più Carnevale. Carnevale era la nostra roccaforte in Cassazione (il giudice Carnevale fu assolto dalle accuse in Cassazione, dove, dopo una sospensione, ancora esercita le funzioni, ndr). È incredibile che faccia ancora il giudice.
E Borsellino?
Venne il 1 luglio del ‘92 la prima volta, insieme al giudice Aliquò. L’incontro doveva essere segreto: a Mannoia, mentre collaborava gli hanno ammazzato tutta la famiglia.
Poi arrivò la telefonata.
Mi disse: “Vado dal ministro”. Finalmente, poco tempo fa, Mancino l’ha ammesso: lo poteva fare vent’anni fa che non c’erano tutte queste chiacchiere, di aver stretto la mano a Borsellino. Comunque poi Borsellino torna da me. Ed era preoccupato che già sapevano del nostro incontro, era una cosa segretissima. Per lui era stato uno choc.
Lei non aveva paura di Riina?
Se avevo paura m’impiccavo da solo. Borsellino diceva: chi ha paura muore tutti i giorni.
Che rapporti aveva con Riina, prima?
C’imparai la dama. Ce lo voglio dire perché così anche lui si può ricordare dei momenti belli. Riina mi ha dato tanto e mi ha voluto bene tanto. Mi ha fatto regalare 50mila lire a testa da tutti i mafiosi per il mio matrimonio: ho fatto a mezzo con il compare d’anello. Lo fece sia per farmi avere soldi che per informare che lui ci teneva a me. In carcere una volta lo aiutai, che a lui ci era venuta la diarrea. Tutta la notte l’ho vegliato.
La trattativa è vera?
C’è, è stato rinviato Totò. E io non me la bevo che non sono andati a casa di Riina dopo che l’hanno preso. Se mi dicono: o tu cambi opinione o ti mandiamo alla fucilazione, io vado alla fucilazione. Perché è impossibile che non abbiano perquisito. Sono andati in casa di Riina, hanno trovato cose che inguaivano i politici e hanno fatto finta di nulla.
C’erano rapporti tra la mafia e le istituzioni?
Nel ‘71 il capomafia di Bagheria, Antonino Mineo, gli disse a Franco Restivo, ministro dell’Interno: dicci al tuo compare che se vuole mandare al confino noi palermitani, il primo che ci deve andare sei tu. Se no facciamo la pelle a te e a lui. Questi erano i rapporti: convivenza e connivenza, i contatti tra mafia e forze dell’ordine, mafia e politica ci sono sempre stati. Ci sono stati personaggi cui hanno pulito i cartellini penali per fargli fare i sindaci. La Sicilia è una fonte di guadagno e di voti, senza non ci sarebbe stata la dicci, Andreotti e nemmeno Berlusconi, che tramite Dell’Utri era legato a molti mafiosi. Io a Berlusconi lo ammiro, ci sa fare. Non m’interessa del bunga bunga, perché c’era già a Palermo molti anni prima.
Cioé?
A questi uomini politici ci piace la bella vita. Nel ‘74 mi trovai in casa dell’onorevole Matta, della diccì: aveva una villa a Partanna Mondello, la mia zona. Sotto c’era un night club, con le luci, un giradischi, una distilleria di liquori con centinaia di bottiglie. E una parete intera di vestiti di lamè e di scarpe: servivano per le “signore”.
Torniamo a oggi: lei ha detto “ci vorrebbero cinque Ciancimino per ripulire Palermo”.
Massimo Ciancimino dice cose importanti. È assurdo che si sia bruciato con il pizzino che nomina Gianni de Gennaro. Quella porcata l’ha combinata o gliela hanno fatta combinare? Mentre Ciancimino si trovava a Bologna, lo so da persona fidata, hanno fermato due persone che si aggiravano attorno alla sua casa: erano due dei servizi segreti. Io credo che volevano fermarlo. Come a Ingroia.
Cioè?
Adesso a Ingroia lo mandano in Guatemala: lui dice che ha accettato e ci vuole andare. Ma secondo me lui sa che è meglio così, perché ormai è un grande conoscitore della mafia: che deve fare, deve diventare un altro Borsellino o un altro Falcone? Speriamo che le cose cambino, anche se finché ci sono uomini come Dell’Utri e Mannino (assolto per concorso esterno, di nuovo indagato per trattativa) a decidere le cose politiche, non ci sono speranze. La Sicilia è bella, io sono sicuro che mi farò uccidere là, ci voglio tornare.
Quante persone ha ucciso?
Tante. Ma c’era sempre una giustificazione.
Non è pentito?
Forse nemmeno era giusto uccidere queste persone, è una cosa che capisco ora. Ma sempre c’era una giustificazione. Non è cosa di cui avevo colpa. Una volta ho ucciso un tale, Imperiale, a pugnalate (che è diverso da uccidere con la pistola.) Quando mi sono guardato allo specchio ero una maschera di sangue. Non lo dimenticherò mai.
Lei ora è un pittore, e una volta ha detto: “Quando dipingo mi dimentico chi sono”. È difficile avere il suo passato?
Io ho rifiutato il mio passato: per dimenticarlo che debbo fare, mi devo suicidare? Ho fatto quello che pensavo giusto. Oggi accendo la musica, dipingo il mare. A volte mi commuovo perché so che sto dipingendo Mondello. Mi sento un altro e vorrei essere quello, ma non posso cambiare il passato. Finché sarò in vita sarò sempre l’assassino che ha fatto quello che ha fatto.
Si ricorda lo sguardo di qualcuno degli uomini che ha ucciso?
Gaspare Mutolo, che ha parlato per tre ore senza fermarsi, sorride amaramente per un tempo lungo. E poi dice: “lo sguardo di chi muore sempre quello è. Pensi: è arrivato il mio momento. Quello sguardo l’ho avuto tante volte anch’io.

Riabilitazione psichiatrica e Kung-fu (repost, 30 Gennaio 2011)

da doppiamente

Come mi ha spiegato un mio amico cinese, se non ho capito male, Kung-fu nella lingua dei mandarini significa “fare qualcosa” in un senso molto generale. Ecco fare qualcosa di assolutamente generico è un po' il mantra della riabilitazione psichiatrica. Altro che Spivak, Ciompi o la Terapia Psicologica Integrata di Brenner, quando nei Centri di Salute Mentale (CSM) si decide di fare qualcosa che abbia una parvenza di riabilitazione, la scena è una sorta di brain storming per menti vacue, dove ognuno partorisce una sua idea indipendentemente dall'osservanza di protocolli, tecniche sperimentate, linee guida ecc. Si alza qualcuno e dice: propongo la montagna terapia, mio cugino mi ha detto che va molto soprattutto nei CSM della pianura padana, ci sono anche pubblicazioni in merito...Un altro se ne viene fuori con gli scacchi, vuoi mettere la stimolazione cognitiva, l'infermiera obesa, tira fuori il corso di tombolo, una cosa fantastica, da fare subito dopo il corso di cucina. Tutto bello ed entusiasmante soprattutto per la primaria che ogni giorno ti pungola perché bisogna trovare i pazienti per fare il tale corso altrimenti non si va sui giornali locali. Hai voglia a dirle che non sono loro a doversi adattare alle nostre esigenze, semmai dovrebbe essere il contrario.
Naturalmente molti corsi sono disertati dai pazienti e molti altri sono frequentati di malavoglia e solo perché c'è un rapporto di soggezione fra medici e certi pazienti. La riabilitazione, quella seria e quella meno seria si scontra quasi sempre con la volontà del paziente, che nella maggior parte dei casi preferisce passare il tempo a fumare e a desiderare qualche donna o uomo che mai si sognerebbe di toccarli nemmeno con un canna appuntita. La volontà come tutti sanno è una delle proprietà umane che viene intaccata per prima nelle malattie gravi come le psicosi schizofreniche, allora occorrerebbe riabilitare per prima la volontà se si vuole avere qualche possibilità di successo. Come fare? Kung-fu.
A essere sinceri una volta ho organizzato un torneo fra CSM della regione dove giocavano pazienti, medici e infermieri e ho notato enormi benefici, sia nei medici che nei pazienti. Molti ragazzi che non socializzavano più con nessuno, si sono fatti prendere dall'entusiasmo e hanno cominciato a insultarsi allegramente fra di loro, ragionando anche di tecniche di gioco. Altri che non avevano mai visto una doccia, dai e dai alla fine sono riusciti a superare il pudore e la timidezza e a farsi la doccia insieme agli altri. Significa che il calcetto è una terapia riabilitativa valida di per sé? Non credo, ma comincio a pensare che in ogni caso funzioni più del Serenase per certi pazienti. Kung-fu.
Certo applicare i dettami di Spivak forse sarebbe meglio, ma dalle nostre parti gli amministratori non amano i nomi slavofoni o che suonano tali, non si sa mai, quella è gente strana. L'unica sacerdotessa del metodo Spivak che avevamo è dovuta scappare a gambe levate dall'Abruzzo e tornarsene il Emilia. Eppoi non siamo la Svizzera qui, non c'è il setting adatto, non ci sono strutture, personale ecc. Inoltre La dottrina parla di “assi della casa e del lavoro” attorno ai quali ruota la riabilitazione stessa. Chi gliela da la casa e il lavoro agli psicotici? Non rimane che una cosa.
Kung-fu.
 

La violenza della malattia. Il Dr House e la psichiatria (repost)


hand on fire 
Tempo fa ho visto un episodio del Dr House, che in preda ad allucinazioni visive terrificanti (vedeva la ragazza morta del suo migliore amico), credendo di essere diventato psicotico, malgrado la consapevolezza di malattia non si associ alla psicosi, si provoca un coma insulinico per scacciare il fantasma che lo perseguita e guarire così dai sintomi di quella malattia così come si guarisce da una polmonite.
House è l’esempio perfetto del pragmatismo che utilizza tutti i mezzi a disposizione per risolvere un problema nella maniera più efficace senza troppe complicazioni di tipo ideologico o deontologico.
Il gesto di House, al di là dell’aspetto fantasioso e troppo rigidamente consequenziale delle sue deduzioni, da l’idea di come sia impossibile considerare determinati fenomeni in campo medico, al di fuori di un contesto sociale e culturale che ne definiscono non tanto l’attendibilità in termini scientifici, quanto l’alone emotivo e i contenuti di potere che essi esprimono.
Il ruolo dei medici e degli psichiatri dei primi del novecento riflette un’asimmetria all’interno del corpo sociale, dove il “tecnico” deputato alla cura, nella fattispecie il medico alienista, era anche depositario di un potere assoluto sui malati delle classi inferiori. Un potere che si esercitava col diritto di abusare del malato e sperimentare su di lui qualsiasi cura. Il primato della medicina era anche il predominio sulle vite dei matti appartenenti ai ceti bassi, che rivestivano il ruolo ambivalente di malati e perturbatori sociali al tempo stesso. Elementi infetti da tenere isolati dal resto della società.
L’errore più grande è quello di associare le pratiche che i medici usavano ai ruoli e alle finalità di una società classista e razzista ed anche a un milieu intriso di terrore e di intimidazioni. Presi di per sé le terapie somatiche quando non sono eccessivamente brutali rivestono un ruolo neutrale. Certo il coma insulinico è brutale, ma anche gli interventi chirurgici o la chemioterapia lo sono, eppure nessuno si sognerebbe di proibire né gli uni né l’altra.
Intendiamoci non voglio affermare l’idea che bisognerebbe rivalutare il coma insulinico o l’ETC ( su quest'ultimo ci sarebbe molto da dire), voglio solo affermare che la violenza della psichiatria è stata e continua in casi sporadici ancora oggi, a essere principalmente una violenza istituzionale e sociale, che deve essere disgiunta dalle pratiche da essa adottate, almeno da quelle che non hanno un valore punitivo ma esclusivamente terapeutico. Per queste ultime vale il principio dell’efficacia provata con i criteri della scienza e non quello della ripulsa scatenata dalle immagini cruente che essi evocano. Il loro contenuto di violenza e di abuso è commisurato unicamente alla loro inutilità e all’arbitrarietà con cui vengono usate.
Purtroppo quando si parla di psichiatria si finisce per considerare un solo aspetto di questa, ed è quello riguardante la seconda parte della biografia di chi è affetto da malattie mentali, quello cioè inerente alla stratificazione della malattia e alle modificazioni irreversibili che essa provoca nella personalità dell’individuo.
Basaglia si è occupato di questo secondo tempo, ed ha ritenuto giustamente che nella fase di cronicità della malattia mentale, l’aspetto preponderante è il recupero della libertà e della dignità dell’individuo, poiché il problema a quel punto è unicamente quello di fare in modo che il malato e la società in cui egli è cresciuto, riescano a convivere nella maniera migliore possibile con ciò che l’individuo stesso è diventato. Lo stigma sociale e l’istituzionalizzazione inoltre, erano considerati essi stessi fattori favorenti l’instaurarsi di processi di cronicizzazione della malattia, da qui l'abolizione dei manicomi.
Si dirà che ciò che uno diventa è anche il frutto del contesto sociale in cui vive, e quindi diventa prioritario cambiare alla radice quello stesso contesto, ma tutto ciò è riduttivo e ci riporta alle sciagurate tesi della malattia mentale come prodotto della divisione in classi della società. L’atteggiamento della società nei confronti della malattia mentale e l'ordinamento sociale su cui essa si regge, condizionano il destino delle persone in maniera decisiva, ma raramente  sono causa diretta di malattia.
I basagliani odierni sono in larga parte ignari dei progressi della ricerca in campo medico-scientifico e sono tremendamente sospettosi verso qualsiasi fenomeno o atteggiamento in odore di organicismo. Se consideriamo la psichiatria come in ogni altra branca medica, non possiamo non tener conto che esiste una fase acuta della malattia e una fase cronica. L’aspetto terziario della malattia coinvolge processi di natura sociale e politica, e qui occorre certamente intervenire, ma l’aspetto primario richiama principalmente l’essenza biologica dell’umano, un’essenza che contiene in fieri la possibilità di ammalarsi a prescindere dalle appartenenze di classe e dal contesto sociale in cui vivi. Non possiamo ignorare quest’aspetto a meno di non voler considerare la cura del malato psichiatrico una ritualità che potrà essere addolcita dall’umanità di psichiatri democratici, ma non porterà mai a nessun reale progresso.
La violenza della malattia non è inferiore alla violenza delle istituzioni, anche se è una violenza neutrale.(F.C.)

sabato 28 luglio 2012

Siria. Madre Agnes: “La realtà non è quella che si vede in Tv"

di Matteo Bernabei da Informare per Resistere


La campagna mediatica in atto contro la Siria è forse l’arma più efficace fin qui utilizzata dall’Occidente nel tentativo di rovesciare il governo del presidente Bashar al Assad. Un’arma che non fa sconti nessuno. Anche la testimonianza di Madre Agnes-Mariam de la Croix, superiora del monastero di Qara e portavoce del Centro di informazione della Diocesi di Homs, che mercoledì ha tenuto un‘incontro a Roma proprio sulla crisi in atto nel Paese arabo, è infatti stata puntualmente ignorata dalle grandi testate nazionali. Una testimonianza scomoda che è andata a toccare tutte le tematiche principali di una rivolata che si dimostra ogni giorno sempre meno spontanea. La religiosa oltre a parlare delle sue esperienze dirette a Homs, dove, ha raccontato,“oltre 130mila cristiani sono stati costretti a fuggire” dalle milizie islamiche che avevano preso il controllo della città, ha messo in risalto il ruolo giocato dalle potenze straniere e dai media nel diffondere un’immagine falsata della Siria.
“Sono in Siria dal 1994 e allora sotto il regime di Assad il Paese aveva una sicurezza invidiabile, certamente per la potenza e un po’ per il timore, ma anche perché la popolazione viveva in base a un patto sociale, che non era il frutto di un regime, ma che al contrario lo sosteneva”, ha spiegato madre Anges, sottolineando come “oggi le grandi potenze hanno deciso di mettere fine a questo regime, dimenticando il patto sociale che è all’origine della maniera di convivere della popolazione siriana”. Una popolazione che, secondo la portavoce della diocesi di Homs, viene ora mostrata all’esterno come debole e incapace di provvedere a se stessa, così da permettere a 120 nazioni che si dicono amiche di interferire “nella realtà di una nazione che è libera, autonoma e indipendente” violando anche “quella che dovrebbe essere la legge delle Nazioni Unite”.
Un’ingerenza coperta da altisonanti parole come indipendenza, libertà e democrazia e dai mezzi di comunicazione internazionali che “hanno una sola voce, fanno un solo discorso e raccontano una sola realtà per convincere il pianeta che questa è la realtà siriana”. “Questo si chiama mentire, è una menzogna una manipolazione mediatica (…) la realtà non è quella che si vede sullo schermo delle televisioni,o sulle pagine dei giornali”, incalza ancora la religiosa, la quale poi rivela che una grande giornalista italiana prima di un’intervista le ha confessato che “non poteva dire quello che vedeva e quello che avrebbe voluto nel suo giornale”.
“Questa non è democrazia, non è libertà, ma propaganda – ha proseguito madre Agnes – la tragedia è che il mondo libero è sotto un’influenza totalitaria per fare di tutti noi un solo pensiero e una sola schiavitù”. Secondo la suora di Homs “moltissime risorse sono investite nei mezzi di comunicazione, nel lavoro diplomatico e anche nella lotta armata per far cadere non solo un regime ma un esempio di convivenza sociale”.
Parlando poi delle violenze la religiosa ha messo in risalto il possibile ruolo giocato dalle grandi potenze internazionali anche nei recenti attentati di Damasco, ponendo l’accento sull’impossibilità dei ribelli di compiere attacchi programmati di grande entità senza l’aiuto di mani esperte.
Madre Agnes è quindi tornata a parlare della minaccia islamista sottolineando come siano state le ingerenze straniere a “importare in Siria la tradizione wahabita, una tradizione che anatematizza: tu non sei come me e quindi ti devo uccidere”. “Questa non è una religione, è un’ideologia”, ha però spiegato la suora che ha inoltre contestato il ruolo di “Paesi guida” per la Siria che Arabia Saudita e Qatar si sono attribuiti senza averne le capacità. Dopo aver rivelato tuttavia un certo ottimismo per la fine della crisi, confidando sulle capacità di convivenza della popolazione del Paese arabo, madre Agnes, rispondendo alle domande dei presenti, ha commentato le dure parole di padre dall’Oglio nei confronti del governo di Damasco.“La sua è una posizione politica – ha spiegato sottolineando la propria stima per il prelato – ma non è la posizione della Chiesa, che ha preso le distanze da quelle dichiarazioni”.

Fonte: Rinascita

venerdì 27 luglio 2012

D’Ambrosio ucciso da Travaglio & Co.”

 di Benny Calasanzio da Micromega


Immagino che alla notizia della prematura dipartita del consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio, i complottisti d’Italia abbiano decretato che l’anello mancante tra Napolitano e Mancino sia sparito al momento giusto, prima che potesse parlare, prima che potesse difendersi, prima che potesse essere “dimesso”. Sono teorie sempre affascinanti.
Quel che mi preme oggi è ricordare che il dispositivo dell’art. 69 del Codice di Procedura Penale prevede che un processo si estingua se risulta la morte dell’imputato, in ogni stato e grado del procedimento. Quello che il Codice invece non cita è l’estinzione delle responsabilità morali, degli errori, degli sbagli. Se muori, per la legge non diventi vergine e puro, ma semplicemente rimani quel che eri. Che tu fossi indagato, imputato o intercettato.
Invece, come era ampiamente prevedibile, alla notizia del decesso dell’uomo che suggeriva a Mancino di mettersi d’accordo con Martelli per evitare l’incriminazione (dicendo di riportare il consiglio ricevuto dell’Intangibile oracolo), molti hanno beatificato il defunto e puntato il dito sulla procura di Palermo e sul Fatto Quotidiano, veri killer morali del D’Ambrosio: “Insieme con l’angoscia per la perdita gravissima che la Presidenza della Repubblica e la magistratura italiana subiscono, atroce è il mio rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose cui era stato di recente pubblicamente esposto, senza alcun rispetto per la sua storia e la sua sensibilità di magistrato intemerato, che ha fatto onore all’amministrazione della giustizia del nostro Paese” ha detto sobriamente Napolitano. Oltre è andata Ubiqua Santanchè, che dalle spiagge di Marina di Pietrasanta, da Twitter ha estivamente sentenziato: “I pm hanno fatto un altro morto: D’Ambrosio. Fermiamoli”. Ricordarle che per le stesse accuse a Caselli nel 1998 Vittorio Sgarbi è stato condannato in primo e secondo grado per diffamazione aggravata (salvato dalla prescrizione) sarebbe come anticiparle la querela che partirà da Palermo; preferisco godermi lo spettacolo. Citazione merita anche il noto cardiologoMaurizio Gasparri, che certifica come ”Questo drammatico evento dovrebbe essere per tutti motivo di profonda riflessione. È difficile considerare questa scomparsa non condizionata dai recenti eventi”, tralasciando il fatto che D’Ambrosio era malato da tempo. A sorpresa chiude la lunga carrellata (che abbrevio per noia) il pm di Milano Ilda Boccassini, che fa presente come “D’Ambrosio ha salvato l’integrità della magistratura eppure è stato oggetto nelle ultime settimane di attacchi ingiusti e violenti”. Perché ingiusti e perché violenti non è dato sapere, ma tant’è.
L’assoluzione mortis causa non fa onore a chi la invoca e tantomeno a Loris D’Ambrosio, magistrato esperto e rispettato che in passato aveva collaborato anche con Giovanni Falcone. Appaiono evidenti, infatti, gli errori di metodo e di valutazione commessi dall’esperto consigliere giuridico, forse schiacciato dall’insostenibile peso di Nicola Mancino; errori che a tratti apparivano come vere istigazioni a delinquere (specie quando suggeriva, come dicevamo, di concordare una versione di comodo al di fuori del processo). Ora la sua morte non può cancellare quelle imbarazzanti telefonate con Nicola “Minuti Gratis” Mancino, né, a maggior ragione, le responsabilità del Capo dello Stato che non ha censurato D’Ambrosio, non gli ha chiesto la rettifica di quanto detto a suo nome a Mancino e non gli ha imposto le dimissioni.
Serviva solo silenzio, per rispettare una vita che finisce, che è sempre un lutto. E invece, ancora una volta, a perdere l’occasione di stare zitto è stato lui, l’uomo che sussurrava agli indagati. L’imparziale, il terzo, il garante della Costituzione. Ma sarà mica preoccupato di dire le stesse cose che dicono la Santanché e Gasparri?

Fragilità e collasso: lentamente all'inizio, poi tutto in una volta


di Dmitri Orlov (da Club Orlov, via Effetto Cassandra)

Traduzione di Massimiliano Rupalti

Ho previsto il collasso per oltre cinque anni. La mia previsione è che gli Stati Uniti collasseranno finanziariamente, economicamente e politicamente in un prevedibile futuro... e questo non è ancora accaduto. Così, inevitabilmente, mi viene fatta la stessa domanda in continuazione: “quando”? E, inevitabilmente, rispondo che non faccio previsioni sulla tempistica. Questo lascia chi mi ha rivolto la domanda insoddisfatto e così penso che dovrei provare a spiegare il perché non faccio previsioni sulla tempistica. Proverò anche a spiegare come si può arrivare a fare certe previsioni, capendo bene e pienamente che il risultato è altamente soggettivo.

Vedete, predire che qualcosa sta per accadere è un po' più facile di predire quando accadrà. Supponete di avere un vecchio ponte: il cemento è spaccato, alcuni pezzi non ci sono più e ci sono ferri arrugginiti che si intravedono. Un ispettore lo dichiara 'strutturalmente a rischio'. Questo ponte cadrà di sicuro a un certo punto, ma in quale data? Questo è qualcosa che nessuno può dirvi. Se insistete per una risposta potreste sentirvi rispondere così: se non cade entro un anno, allora potrebbe rimanere in piedi per altri due. E se ci rimane così a lungo, allora può rimanerci un altro decennio. Ma se rimane in piedi per un intero decennio, allora probabilmente cadrà entro un anno o due, perché, dato il suo tasso di deterioramento, a quel punto non si saprebbe proprio cosa lo tenga ancora su.

La democrazia respira

da soggettopoliticonuovo 

La Corte Costituzionale si pronuncia contro l’obbligo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali difendendo il risultato dei referendum.
Questa è una vittoria politica, non solo giuridica, frutto di un’iniziativa POLITICA di un gruppo di giuristi e sottoscritta da migliaia di italiani nell’agosto 2011, in diretta continuità con la vittoria referendaria.
Questa notizia è passata sottotraccia nella maggior parte dei media, quindi sta a noi, ad ALBA, spiegare ciò che è successo e cosa significa.
Più sotto c’è spiegato il percorso che ha portato a questa vittoria, ma per darci una mano scarica e diffondi fra i tuoi contatti (mail, social network o il caro e vecchio volantinaggio) i materiali che mettiamo a disposizione (li stiamo producendo, quindi li aggiorneremo presto!)
I materiali sono a fondo pagina, mentre potete vedere la video intervista di Alberto Lucarelli su YouTube






La Corte Costituzionale si pronuncia contro l’obbligo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali difendendo il risultato dei referendum.
Questa è una vittoria politica, non solo giuridica, frutto di un’iniziativa POLITICA di un gruppo di giuristi e sottoscritta da migliaia di italiani nell’agosto 2011, in diretta continuità con la vittoria referendaria.
Questa notizia è passata sottotraccia nella maggior parte dei media, quindi sta a noi, ad ALBA, spiegare ciò che è successo e cosa significa.
Più sotto c’è spiegato il percorso che ha portato a questa vittoria
, ma per darci una mano scarica e diffondi fra i tuoi contatti (mail, social network o il caro e vecchio volantinaggio) i materiali che mettiamo a disposizione (li stiamo producendo, quindi li aggiorneremo presto!). I materiali sono a fondo pagina, mentre potete vedere la video intervista di Alberto Lucarelli su YouTube

Cronologia di un percorso politico

agosto 2011 memorandum dell’Europa all’Italia viene resa pubblica la lettera e viene immediamente predisposta una manovra economica, in forma di DECRETO LEGGE: decreto di Ferragosto, che taglia per decine di miliardi e attacca diritti fondamentali (nell’art.4 ribalta il risultato referendario di 2 mesi prima, nell’art. 8- recependo il modello Pomigliano- che gli accordi aziendali possono non rispettare le leggi). Il Decreto viene emanato dal Presidente Napolitano il 13 agosto 2011.
Era la seconda manovra il 20 giorni, all’emanazione della prima il presidente Napolitano dichiarò che era stato un “miracolo”. 14 agosto 2011 fu lanciato un appello contro una manovra incostituzionale promosso dai giuristi estensori dei referendum sull’acqua, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Luca Nivarra e Gaetano
Azzariti.

http://www.siacquapubblica.it/index.php?…
28 agosto 2011 in base a quest’appello due giuristi, da lì a pochi mesi promotori di ALBA, Alberto Lucarelli e Ugo Mattei fecero una lettera aperta a Vendola per “ricevere mandato”, naturalmente a titolo assolutamente gratuito, da soli o insieme ad altri legali di Sua fiducia, a rappresentare la Regione Puglia (ed incidentalmente la
nuova egemonia dei beni comuni) di fronte alla Consulta in un ricorso diretto di incostituzionalità del Decreto 138\2011.

http://www.ilmanifesto.it/…
L’appello del 28 agosto e la proposta di ricorrere alla Corte furono osteggiati da chi non condivideva la critica al presidente Napolitano, che, come garante della costituzione, aveva emanato un testo palesemente in contrasto con la Costituzione.
Non solo, Lucarelli e Mattei furono accusati da parte di alcuni referendari di eccesso di protagonismo per finalità politiciste.

1 settembre 2011 come presidente della Regione Puglia, Vendola rispose positivamente a questa richiesta.
http://www.siacquapubblica.it/…
20 luglio 2012 il giudizio della Consulta, che oltre al merito straordinario della materia, afferma, come oggi dichiara Stefano Rodotà, il rifiuto della logica emergenziale in economia che pretende di travolgere tutto, Costituzione compresa.
Questa sentenza mostra che in nome della crisi e del ritornello L’Europa lo chiede non si può fare tutto.
Possiamo dire che i fautori del pensiero unico in nome de L’Europa lo chiede hanno perso e che questo risultato rappresenta un passaggio fondamentale intorno al quale le forze democratiche di questo Paese dovranno ritrovarsi per indicare strade alternative alle politiche liberiste di Monti per uscire dalla crisi come detto con forza da Lucarelli e Mattei http://www.soggettopoliticonuovo.it/…
Sul valore di questa vittoria riportiamo l’articolo di Lucarelli e Mattei su Il Manifesto
http://www.soggettopoliticonuovo.it/…

La Democrazia Respira – il poster

 

martedì 24 luglio 2012

Riformisti alla rovescia. Il “neoriformismo” nell’analisi di Paolo Favilli

da controlacrisi


A un ventenne di oggi potremmo raccontarla così.
Nella sinistra, un tempo, quando esistevano ancora i partiti socialisti e comunisti, l’Urss e il movimento operaio organizzato, c’erano i riformisti e i rivoluzionari, gli uni e gli altri a loro volta divisi in innumerevoli fazioni, scuole e correnti. Riformisti e rivoluzionari si consideravano, ad ogni modo, due “tribù” diverse, talvolta anche duramente contrapposte.

lunedì 23 luglio 2012

La cura Simoncini: una bufala pericolosa

da Medbunker 





Molti lettori mi hanno chiesto di creare un articolo riassuntivo sulle "cure" del guaritore Tullio Simoncini così da poterlo linkare quando serve e da poter raccogliere in un unico post tutte le informazioni raccolte finora.

Riassumo quindi qui tutte le analisi che ho fatto in questi mesi sulla sua bizzarra teoria. Questo post può servire da riferimento perchè raccoglie i principali dati che ho raccolto sulle idee del singolare guaritore romano. E' necessariamente un articolo molto lungo in quanto raccoglie più di un anno di analisi, documentazione e studio sulle teorie dell'ex medico. Chiunque avesse particolari da aggiungere o correzioni da fare mi contatti.

Perché sono favorevole al matrimonio tra cattolici


di Franco Buffoni da cronachelaiche


Un utile esercizio che consiste nell'invertire censori e censurati, maggioranze e minoranze, discriminanti e discriminati. Non si sa mai.
Sono completamente favorevole al matrimonio tra cattolici. Mi pare un errore e un'ingiustizia cercare di impedirlo. Il cattolicesimo non è una malattia.
I cattolici, nonostante a molti non piacciano o possano sembrare strani, sono persone normali e devono godere degli stessi diritti della maggioranza, come se fossero, ad esempio, informatici od omosessuali.
Siamo coscienti che molti comportamenti e aspetti del carattere delle persone cattoliche, come la loro abitudine a demonizzare il sesso, possono sembrarci strani. Sappiamo che a volte potrebbero emergere questioni di sanità pubblica, a causa del loro pericoloso e deliberato rifiuto all'uso dei profilattici. Sappiamo anche che molti dei loro costumi, come l'esibizione pubblica di immagini di torturati, possono dare fastidio a tanti. Però tutto ciò risponde più a un'immagine mediatica che alla realtà e non è un buon motivo per impedire loro il diritto al matrimonio.

Alcuni potrebbero argomentare che un matrimonio tra cattolici non è un vero matrimonio, perché per loro si tratta di un rito e di un precetto religioso assunto davanti al loro dio, anziché di un contratto tra due persone. Inoltre, dato che i figli nati fuori dal matrimonio sono pesantemente condannati dalla Chiesa cattolica, qualcuno potrebbe ritenere che - permettendo ai cattolici di sposarsi - si incrementerà il numero dei matrimoni "riparatori" o volti alla semplice ricerca del sesso (proibito dalla loro religione fuori dal matrimonio), andando così ad aumentare i casi di violenza familiare e le famiglie problematiche. Bisogna però ricordare che questo non riguarda solo le famiglie cattoliche e che, siccome non possiamo metterci nella testa degli altri, non possiamo giudicare le loro motivazioni.
Inoltre, dire che non si dovrebbe chiamarlo matrimonio, ma in un'altra maniera, non è che la forma, invero un po' meschina, di sviare il problema su questioni lessicali del tutto fuori luogo. Anche se cattolici, un matrimonio è un matrimonio e una famiglia è una famiglia! E con questa allusione alla famiglia, passiamo all'altro tema incandescente, che speriamo non sia troppo radicale: siamo anche favorevoli a che i cattolici adottino bambini. Qualcuno si potrà scandalizzare. È probabile che si risponda con un'affermazione del tipo: "Cattolici che adottano bambini?!? I bambini potrebbero diventare a loro volta cattolici!".

A fronte di queste critiche, possiamo rispondere che è ben vero che i bambini figli di cattolici hanno molte probabilità di diventare a loro volta cattolici (a differenza dei figli degli omosessuali o degli informatici), ma abbiamo già detto che i cattolici sono gente come tutti gli altri. Nonostante le opinioni di qualcuno e alcuni indizi, non ci sono tuttavia prove che dimostrino che i genitori cattolici siano meno preparati di altri a educare figli, né che l'ambiente religiosamente orientato di una casa cattolica abbia un'influenza negativa sul bambino. Infine i tribunali per i minori esprimono pareri sulle singole situazioni, ed è precisamente loro compito determinare l'idoneità dei possibili genitori adottivi In definitiva, nonostante l'opinione contraria di alcuni, credo che bisognerebbe permettere ai cattolici di sposarsi e di adottare dei bambini.
Esattamente come agli informatici e agli omosessuali. 


domenica 22 luglio 2012

Le politiche economiche dell’austerità

Credo valga la pena di postare integralmente questa raccolta di saggi economici proposta da Micromega. Trovo il testo di Massimo Pivetti molto chiaro ed illuminante, anche per chi come me capisce poco di economia

di Massimo Pivetti

“Mit der Dummheit kämpfen
Götter selbst vergebens”
(Schiller)

(“‘Contro la stupidità gli stessi
dei combattono invano”)

 
1. All’interno del capitalismo avanzato, e segnatamente in Europa, fino a una trentina di anni fa era ancora diffusa la consapevolezza che né gli interessi di una nazione né il suo progresso sociale possono essere perseguiti se al potere del denaro non può essere contrapposto quello dello Stato. Questa consapevolezza si è progressivamente persa nel corso dell’ultimo trentennio, derivandone un deterioramento netto delle condizioni di vita
per la maggioranza della popolazione.
 

sabato 21 luglio 2012

Le chiavi di lettura di tutto

di Paolo Barnard da ComeDonChisciotte


Al mondo solo 2 entità possono creare denaro.

1) Lo Stato

2) Le banche

Il dogma del rigore dei conti = rubinetti chiusi dello Stato.

Pareggio di bilancio = lo Stato ci tassa tanto quanto spende x noi, ci lascia zero denaro.

Lo Stato eliminato dalla scena.

Rimangono solo le banche.

Tutti noi abbiamo bisogno di denaro per vivere, produrre. Impossibile far senza.

Adesso dipendiamo tutti dalle banche, l’unica fonte di denaro rimasto.

Banche = governo

Hanno vinto.

Se non capite adesso cosa fanno la UE + Monti e per conto di chi, buttatevi nel pozzo.

Fonte: http://paolobarnard.info/
Link: http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=413

venerdì 20 luglio 2012

Napolitano is not my president 2


Ex stalinista, craxiano, passato al migliorismo, alias liberismo dentro un ex partito comunista, politico di lunghissimo corso, garante della svolta neoliberale italiana per mano di una tecnocrazia fetente. Di chi stiamo parlando? Ovvio, del nostro beneamato presidente. Per fortuna non siamo negli Stati Uniti, sennò gli untuosi corazzieri di regime che fanno da muro a Napolitano, ci riempirebbero di retorica strappalacrime sul valore dell'istituzione che unisce tutto il popolo e ne rappresenta lo spirito eroico e, aggiungerei io, la superiorità morale su tutti gli altri popoli, a prescindere dalla persona che la rappresenta. Ricordo con disgusto il patriottismo di certi americani che alla domanda dell'intervistatore sul perché di tanta foga consumistica, rispondevano con orgoglio:  “spendiamo, perché ce lo ha chiesto il nostro presidente”. Nessuna domanda sull'irrazionalità di un sistema che ti tratta da pollo di allevamento, basta la parola del presidente. Mi viene la pelle d'oca quando nei telefilm americani assisto a scene di patriottismo del tipo “i nostri ragazzi” che vanno a combattere in Iraq per la nostra libertà di pavidi scalda-poltrone. Come dicevo, noi non siamo ancora a quel punto. Ci stiamo arrivando? Ho l'impressione che certi americanofili lo desiderino assai, come desiderano assai un sistema elettorale all'americana, che è tanto più democratico quanto meno sono le persone che votano. Una finzione di democrazia per dare un contentino al popolo e tanto controllo da parte del governo e delle lobbies.
Il destino delle istituzioni e il terrore del caos che ne deriva dal non tutelarle abbastanza, si è impadronito di molti intellettuali italiani, compresi certi tizi che scrivono su un giornale che si definisce comunista, autoelettisi corazzieri. C'è il terrore fantasticato, colpa di una cattiva digestione di testi classici, di un ritorno ad uno stato di natura prehobbesiano, che è costantemente in agguato e che incombe ad ogni parola di Grillo o per causa dello sfrenato attivismo di certi magistrati. Non si accorgono o fanno finta, di non accorgersi, i corazzieri della repubblica presidenziale, che questo leviatano alla matriciana, nato da un patto di ferro fra stato mafia, per mano della politica, è l'artefice principale del disordine e dell'insicurezza in cui viviamo e del disastro imminente che si presenta alle nostre porte. Che patto potremmo aver fatto noi cittadini con questa classe politica e per quale sicurezza? Certo i regimi che si sono succeduti negli ultimi decenni hanno garantito a molti di noi un certo benessere, ma quello che abbiamo lo abbiamo pagato caro. Questa gente ci sparava addosso, con l'indifferenza colpevole di una "maggioranza silenziosa", mentre si spartiva il potere e saccheggiava il territorio. Vogliamo ricordare i governi Tambroni o prima ancora Portella della Ginestra, le stragi di stato e le centinaia di compagni morti ammazzati? E' sicurezza questa? 
Oggi il perno dell'equilibrio è ancora la politica, ma a differenza di ieri, non c'è niente per noi, nemmeno le briciole. Oggi la sicurezza è tutta per la classe politica in sé. A noi rimane solo l'incertezza è la miseria che avanza. 
Napolitano sei tutti noi, gridano ad alta voce i vari D'Alema, Bersani, Letta, Monti, politici e corazzieri servi con il terrore di rimanere disoccupati.
Per questo Napolitano is not my president. Napolitano è il presidente di questi signori della politica che amministra se stessa, è il garante massimo della loro sicurezza, non certo di chi lavora onestamente e si suda la pagnotta.

Vendola al Pd: “Se scappi ti sposo”

Malgrado i democratici facciano asse fisso con l'Udc, Sel continua – a parte qualche dichiarazione – ad essere un fedele alleato. Eppure dentro il partito si iniziano a sentire i primi malcontenti per questa alleanza morbosa con Bersani. Per Vendola è l'ora di decidere.

di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena
da Micromega


La corda è tesa, talmente tesa che alla fine potrebbe pure strozzarti. Ma Nichi Vendola proprio non vuole tagliarla, come se il suo rapporto col Pd fosse legato da un fatto ancestrale.
La scena è questa: Pierluigi Bersani che corre – dalla parte sbagliata, ma corre – verso Pierferdinando Casini, l’ex alleato di Silvio Berlusconi (ci ha governato assieme cinque anni, dal 2001 al 2006, casomai ve lo foste scordati. Anzi, ci governa ancora diverse regioni italiane). Un rapporto politicamente contro natura; lo pensano in molti, lo pensa lo stesso Vendola. Pazienza. Il Pd continua la sua marcia, fedele al teorema di Massimo D’Alema: alleanza con l’Udc, a tutti i costi; sostegno al governo di Mario Monti, a tutti i costi. Di sfondo, il governatore della Puglia che rincorre il segretario Pd, gli chiede di ripensarci, di tornare sui suoi passi. Gli ricorda di Vasto, gli ricorda di Milano, Genova, Cagliari. Niente da fare. Bersani non si schioda. La priorità è l’Udc. E poi Vendola: se ci sta bene, altrimenti ciao.

Fuori l’Italia dei Valori del populista Antonio Di Pietro, fuori i pericolosi comunisti della Federazione della Sinistra, fuori il nuovo soggetto politico Alba, fuori la Fiom, fuori chi non si rassegna al mero governo dell’esistente.
Fossimo in amore, tutto sarebbe più chiaro e anche più plausibile. Per amore ci si va anche a perdere. Ci si abitua a tutto. Si piega la testa e se necessario ci si fa trattare pure da amanti. La politica, però, dovrebbe essere un’altra cosa.

E allora, per capire le ragioni di Vendola, del suo insistere imperterrito in un fantomatico «centrosinistra» che così chiama ma che in un «centro» tout court si traduce, bisogna tornare indietro di qualche anno. Al congresso di Rifondazione Comunista di Chianciano del 2008, perso da Vendola, e alla conseguente scissione e nascita di Sinistra Ecologia e Libertà.

La nascita di Sel altro non fu che un progetto di questo tipo: abbandonare l’intransigenza neocomunista per far nascere qualcosa di nuovo a sinistra. Una sinistra meno ideologica, colorata, vivace, movimentista, radical ma responsabile. Non un partito, ma «una partita da aprire». Per questo Vendola ha sempre lavorato in un’ottica di «centrosinistra» insistendo in maniera martellante sulle primarie quali strumento di democrazia. E magari come mezzo per l’obiettivo più ambizioso: cioè il big bang del centrosinistra. Riuscire a “rompere” il Pd, creando un soggetto nuovo, moderno, postcomunista, a metà in Europa tra i socialisti e il gruppo della sinistra alternativa del Gue. Una sinistra con vocazione maggioritaria, di governo.

Due anni fa, Vendola aveva il vento in poppa, era il nuovo che avanzava. In caso di primarie avrebbe veramente dato del filo da torcere a Bersani. E infatti il Pd non le convocò.
Poi arrivò la foto di Vasto: un’alleanza tra Pd, Sel e Idv. Con la promessa delle primarie. E invece cade Berlusconi e arriva il governo dei tecnici. Che poco hanno di tecnico e molto di ideologico: sorretti dal Pd, assieme a Udc e Pdl, si sono finora contraddistinti per delle politiche di destra e neoliberiste.

Perché in mezzo al caos e alle incertezze della politica italiani, gli ultimi anni sono stati quelli della crisi economica. Che di fatto ha messo in luce le contraddizioni di un sistema capitalistico poggiato sulla finanza e non più sul lavoro. Un’occasione unica per rispolverare e rendere appetibili – dopo decenni di continui cedimenti, politici e culturali alle ragioni del dio mercato – le ricette di una sinistra ancora tale.

In Rete gira – condiviso da migliaia di utenti – un appello di due giovani militanti di Sinistra Ecologia e Libertà. Chiedono un’inversione di rotta. Basta Pd. «Nichi, ripeti spesso che c'è bisogno di sinistra – si legge – ma quale sinistra si può costruire con chi ha portato l'età pensionistica a 67 anni, con chi ha manomesso l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori («Un esempio di riformismo», ha affermato Anna Finocchiaro), con chi vuole il TAV in Val di Susa, con chi ha votato in ogni occasione il rifinanziamento delle missioni militari in Afghanistan, con chi, sui diritti degli omosessuali, attua la politica del cilicio, con chi ha sostenuto il sì al fiscal compact e al pareggio di bilancio, con chi si è pericolosamente diviso su Marchionne e sul reddito minimo garantito, con chi in Sicilia ha appoggiato Lombardo per anni, con chi ha avuto (ed ha tuttora) una posizione ondivaga sui beni comuni, sui temi etici e sulla laicità dello Stato?».

Alle prossime elezioni per Sel trovare un programma nazionale comune col Pd sarà sempre più difficile, soprattutto se di mezzo c’è anche l’Udc. Eppure Vendola sembra vivere una schizofrenia: dice cose di “sinistra” ma politicamente non ha il coraggio né di rompere (sarebbe troppo, un’auto sconfessione rispetto alle scelte di qualche anno fa) né di alzare la voce col Pd. Tanto che il “destro” Enrico Letta («Tra Pdl e Grillo meglio il Pdl», disse al Corriere della Sera) continua a considerare Sel roba sua. La dà per ovvia come alleata alle prossime elezioni. A differenza dell’Idv, che dopo la richiesta di spiegazioni a Giorgio Napolitano sulla trattativa stato-Mafia è sempre più lontana dal Pd.

Gennaro Migliore, tra i fedelissimi di Vendola, non ha perso tempo per bacchettare Di Pietro, il quale in un’intervista al Manifesto difendeva il non aver voluto la commissione d’inchiesta su Genova 2001. Giusto, ma perché con la stessa celerità non si rimproverano Bersani e co. che votano un giorno sì e l’altro pure l’indifendibile in Parlamento?

Il 2013 si avvicina. Se la parola “sinistra” ha un senso, e non è invece un bollino da appiccicarsi addosso il giorno delle elezioni per accaparrarsi voti, allora per Sel la strada è obbligata: o riuscire a concordare con Pd e Udc almeno due o tre impegni di governo precisi, chiari, in caso di vittoria alle elezioni – conoscendo i due soggetti, si rasenta l’utopia; oppure «riaprire la partita» per una sinistra allargata, vera, riconoscibile, concreta e autonoma capace di rendere fattibile un’alternativa di governo. Perché il coraggio, in politica (come in amore), paga.

PS. Oggi il sito Linkiesta pubblica un commento sul bilancio di Sel. Lo fa in toni entusiastici. Un bilancio «pulito e trasparente», scrive Alberto Crepaldi. Segno che la buona politica, fatta con onestà e correttezza, può esistere anche senza i vaffanculo. Sicuri che portare una dote del genere agli amici e compagni dei tanti Lusi, Penati e Cesa, ai parenti dei palazzinari ecc., non rischi di far finire anche Sel nel calderone mediatico della “Casta”? 




mercoledì 18 luglio 2012

Economia e Finanza: CHI SOSTIENE IL DEBITO USA ?

IL RACKET DELLA PROTEZIONE DI WALL STREET E I DERIVATI NASCOSTI. I DERIVATI DELLA JP MORGAN PUNTELLANO IL DEBITO USA E IL SENATO DA' MANO LIBERA A JAMIE DIMON 


Di Ellen Brown da globalresearch.com via ComeDonChisciotte
 

Quando Jamie Dimon, amministratore delegato della JP Morgan Chase Bank, è apparso il 13 giugno davanti alla Commissione per le Attività Bancarie del Senato [Senate Banking Committee], indossava gemelli col sigillo presidenziale. “Dimon stava cercando di inviare un qualche messaggio, indossando quei gemelli?” ha domandato John Carney, redattore della CNBC. “Stava per caso... insinuando che era lui, in realtà, quello che comanda?” [1]

lunedì 16 luglio 2012

Sul fiscal compact

di Paolo Ferrero
FISCAL COMPACT è STANGATA DA IMPEDIRE. BENE LA LINKE SU RICORSO A CORTE COSTITUZIONALE IN GERMANIA. PD FA SCELTA DI CAMPO SCHIERANDOSI CON DESTRA NEOLIBERISTA
Il Fiscal Compact è una stangata pazzesca e va assolutamente bloccato. In Italia, così come in Germania, dove a settembre la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla compatibilità dell’Esm e dello stesso Fiscal Compact con l’ordinamento giuridico tedesco, grazie al ricorso presentato proprio dai rappresentanti della Linke (il partito che fa parte come Rifondazione della Sinistra europea, ndr). Quanto all’Italia, il Partito Democratico fa una scelta di campo pesantissima, schierandosi con la destra neoliberista, nell’appoggiare questo disastro di stangata da 45 miliardi all'anno.
Bene, ma occorre più visibilità nell'agire. La gente è convinta che questo sia il migliore dei mondi possibili e che in tempi di magra l'unica cosa che si può fare è tagliare. Ribaltare questo teorema  sarà dura, ma se la maggioranza delle persone non si convince che l'austerità è una trappola ben congegnata, non ce la faremo. Il conflitto è a zero, la gente è annichilita. Purtroppo l'unica voce dissonante che riesce a superare il filtro del regime e della sua propaganda servile è quella di Grillo. 
La sinistra paga enormi errori e ritardi. Anche ALBA si attarda, impantanata  in fantasiosi marchingegni procedurali, credendo che politica e procedura siano la stessa cosa.
Bisogna fare uno sforzo di fantasia e rendere palese un'alternativa credibile o siamo fritti.(F.C.).
 
 

I falsari, la banda di cretini e Moody’s.

dal Blog di Paolo Barnard
 
Moody’s ci ha declassati a Baa2, che sta solo due scalini sopra al giudizio ‘Spazzatura’ (Junk).
Monti e il suo rigore sono quasi spazzatura, lo dice Moody’s. Aggiungo che Monti e il suo rigore sono anche un piano criminale, come già spiegato da tempo.
Ma la cosa interessante sono le reazioni qui in Italia. Un Paese che fa piangere.
I falsari sono come sempre quelli di Repubblica, veri ratti indecenti, che pubblicano la notizia citando in evidenza come ragione per la bocciatura “l’incertezza politica del dopo Monti”. Cioè: non ci bocciano perché Monti è un fallito in malafede e l’euro un disastro. Noooooo… ci bocciano, scrivono gli epigoni di Scalfari, perché abbiamo troppo poco Monti! Ok.
Se si va a leggere la sentenza di Moody’s, il fattore politica italiana è appena accennato alla fine. Ora leggete cosa invece pesa veramente nel giudizio di Moody’s:
in primissimo luogo la nostra suscettibilità ai danni derivanti dai collassi imminenti di Spagna e Grecia. Poi…
il sostanziale rischio nell’applicare le riforme cioè l’esasperazione per le austerità e per le riforme fra il popolo italiano. Poi…

il rischio crescente dei tassi d’interesse alti che dobbiamo pagare per emettere i nostri titoli di Stato, a causa sempre del fattore crollo Spagna e Grecia e del fatto che non ci sono compratori internazionali per i titoli italiani (e questo è drammatico, signor fallito Monti). Poi…

l’economia italiana che sta crollando. Poi…

la pochezza dei fondi del tanto decantato Fondo salva Stati (MES).
Ma Repubblica dice che “pesa l’incertezza politica del dopo Monti”, pagliacci del giornalismo di puttane vendute a De Benedetti.
Nella realtà ogni singola voce del giudizio negativo di Moody’s fa capo a un solo problema, e sempre quello: l’infermabile spirale distruttiva dell’insostenibile sistema Euro. Già spiegata alla noia. E ci arriva pure Moody’s a preoccuparsi per l’esasperazione per le austerità e per le riforme fra il popolo italiano”. Repubblica zitta.

Ora la banda dei cretini. E chi volete che siano? Ma certo! Il PD. Ecco lo splendido Francesco Boccia, sempre da Repubblica: “Dura la reazione del coordinatore delle commissioni economiche del Gruppo Pd della Camera, Francesco Boccia: "Se un Paese come l'Italia - dice Boccia - fa tutti i sacrifici richiesti dall'Ue e poi un'agenzia di rating declassa addirittura i titoli di Stato definendoli di fatto a rischio, e l'Esma o la Consob non intervengono, allora è la resa della politica".
Non sovviene al luminare che se si fanno i sacrifici e ci bocciano lo stesso forse, dico forse?, c’è qualcosa che non va nei… sacrifici? Eh Einstein? Non sovviene al luminare che la resa della politica c’è già stata, se siamo ridotti a non riuscire in nessun modo a cavarci fuori da questo disastro? Ed è soprattutto la resa degli encefali del PD, questo è certo, che proprio non ce la possono fare a scostarsi dalla scheda prestampata che la parrocchia gli ficca in cranio.
E poi il cretino di scorta, e chi mai sarà? Ma sì, lo Squinzi. Eccolo: "Il numero uno di Confindustria, poi, ha ribadito la necessità di rafforzare l'euro, definendo 'inaccettabile' la messa in discussione della moneta unica e riconoscendo gli sforzi del governo nell'intraprendere la strada giusta: "È doveroso - ha detto - riconoscere a Monti il merito di essersi assunto sulle proprie spalle l'impegno di un nuovo corso. Stiamo facendo sforzi sul fronte del rigore - ha aggiunto - ma per la crescita bisogna fare di più".”
Il rigore genera crescita dice sto scienziato. Ci vuole più euro! Ok, allora togliamo il concime dal campo, che il contadino se lo deve mettere sotto al letto, e vedrete che il campo fiorirà. Ma perché ho studiato Schopenhauer quando cotanti lumi erano fra noi?
Vabbè, mi si perdoni, ma non ce la si fa nel mezzo di sta tragedia* a non mandare almeno a fan culo i falsari e la banda di cretini.
*e la tragedia siete voi che non sapete più reagire. Non l'euro. Quello, gente con le palle, lo spazza via in un pomeriggio.


La povertà nel mondo è diminuita? Le manipolazioni della Banca mondiale


di Vicenç Navarro* (da Investig'Action via Marx21)
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

  
Qualche settimana fa [aprile 2012] la Banca Mondiale ha pubblicato un breve comunicato stampa di sei pagine, che ha fatto scorrere molto inchiostro. La Banca mondiale segnalava che, malgrado la recessione mondiale, la povertà estrema era diminuita nel mondo. Il titolo del comunicato stampa riassumeva tutto: «Nuove stime rivelano una diminuzione della povertà estrema per il periodo dal 2005 al 2010».

Inutile dire che i principali mezzi d'informazione del mondo occidentale, di sensibilità liberale e avidi di buone notizie, hanno ripreso ampiamente il dispaccio. I più grandi quotidiani e settimanali del mondo hanno pubblicato articoli gridando all'unisono la buona notizia. Il titolo del New York Times era rappresentativo: «La povertà mondiale diminuisce malgrado la recessione economica mondiale». Titoli simili sono apparsi sui grandi media, specialmente sulla stampa economica liberale, dal Financial Times passando per The Economist.
Quest'ultimo, con l'esagerazione che lo caratterizza, ha indicato che «per la prima volta il numero dei poveri è diminuito in tutto il mondo». Evidentemente, come si sarebbe potuto prevedere, i mezzi d'informazione dominanti in Spagna hanno ripreso l'informazione con la stessa esultanza.

Il problema di tutta questa mobilitazione mediatica è che i dati, ivi compresi i dati della stessa Banca mondiale, non riflettevano questa realtà. Lo studio della Banca mondiale verte sull'evoluzione della povertà estrema durante il periodo 1981-2008. Pertanto l'ultimo anno analizzato è il 2008, primo anno della recessione. Infatti, nel 2008 la recessione era appena cominciata. Dallo studio della Banca mondiale non si può quindi concludere che la povertà sia diminuita malgrado la recessione, come indicato dalla maggior parte dei media. In realtà, la crisi e la recessione sono iniziate nel 2008 e si intensificano in numerose parti del mondo. Per arrivare alla conclusione a cui sono giunti i media, si sarebbe dovuto focalizzare lo studio sugli anni 2008-2012 e vedere se la povertà fosse diminuita durante questo periodo. La Banca mondiale non ha realizzato un tale studio.

Ciò che la Banca mondiale ha realmente fatto è una stima del calo della povertà per il periodo 2008-2010, stima basata non su dati reali, bensì su dati calcolati secondo molteplici presupposti, taluni dei quali devono essere rimessi seriamente in discussione. Le stime della Banca mondiale sono di fatto note per la loro «creatività», che conduce a valutazioni e proiezioni di scarsa credibilità nella comunità scientifica. Gli unici dati esatti, e non supposizioni, dello studio della Banca mondiale terminano nel 2008, quando la recessione era appena all'inizio.

Inoltre il rapporto della Banca mondiale commette un altro errore che, come il precedente, permette di giungere ad un'errata conclusione. Vi si analizza quanta gente viva nel mondo con meno di 1,25 dollari al giorno e si quantifica come questa cifra si sia evoluta durante il periodo 1981-2008. Secondo i calcoli dello studio, vi erano 662 milioni di persone in meno che vivevano in queste condizioni nel 2008 rispetto al 1981. Da questo si è tratta la conclusione che la povertà fosse diminuita a livello mondiale. Dato che questo periodo è stato soprattutto liberista, ovvero che la maggior parte dei Paesi del mondo, sotto la pressione del FMI e della Banca mondiale, hanno seguito politiche neoliberiste, questa diminuzione è presentata come la prova del grande successo di tali politiche. Si sono visti pubblicare diversi articoli di celebri economisti liberali (in realtà, neoliberisti), che cantavano le lodi del neoliberismo. Ma una tale euforia ignora alcuni fatti elementari.

Uno di questi è che la maggior parte della diminuzione della percentuale di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno si concentra in Cina (e, al secondo posto, in India). Ora la Cina non ha seguito le politiche neoliberiste nel suo processo di sviluppo. Diversamente dal buon senso convenzionale neoliberista degli USA e dell'Unione europea, lo Stato cinese è altamente interventista, con (un esempio fra gli altri) un controllo totale della banca pubblica e del credito. In India la situazione è simile. Al di fuori di questi due Paesi, la percentuale della popolazione che vive in estrema povertà aumenta, anzichè diminuire, particolarmente nei Paesi che hanno seguito con maggiore docilità le ricette neoliberiste.

Quanto agli altri Paesi interessati dal calo di povertà, come per esempio il Venezuela, il Brasile, l'Argentina e altri Paesi dell'America latina, tale diminuzione della povertà è dovuta appunto alla rivolta contro le politiche neoliberiste. Rompendo con queste ultime, le politiche di questi Paesi sono più interventiste e di orientamento ridistributivo, con una partecipazione attiva dello Stato nell'attività economica. Come mostrano i rapporti pubblicati dal «Center for Economic and Policy Research» di Washington, le conseguenze del neoliberismo nel mondo in termini di sviluppo sono negative. I tassi di crescita economica e di produzione d'impiego sono stati più importanti nei Paesi che hanno ignorato le posizioni neoliberiste che in quelli che le hanno seguite. Infatti, uno dei Paesi che ha conosciuto la più grande diminuzione della povertà è proprio il Venezuela, sotto il governo di Hugo Chavez, demonizzato dai media spagnoli a grande diffusione.

Ma il più grande problema del rapporto della Banca mondiale è la definizione stessa che essi dànno della povertà estrema, utilizzando come indicatore il consumo di 1,25 dollari USA come soglia di povertà. Certamente utilizzare 1,25 dollari USA non significa che, nel mondo, sono poveri coloro che consumano meno di 1,25 dollari per abitante. Una simile somma, in dollari USA, potrebbe assere una quantità rispettabile di denaro per un Paese povero. La soglia di povertà estrema non si colloca a 1,25 dollari USA nei Paesi in via di sviluppo. La vera soglia di povertà estrema è piuttosto il potere d'acquisto in moneta locale il cui valore è paragonabile ad un potere d'acquisto di 1,25 dollari negli USA.

Come perfettamente dimostrato da Robin Broad e John Cavanagh nel loro libro Development Redefined. How the Market met it Match, questo indicatore è semplicistico ed estremo. In effetti, esso non tiene conto dei beni di consumo che non sono commercializzati. Per esempio, due Paesi possono essere sulla soglia di 1,25 dollari al giorno per abitante, e tuttavia quello che ha abbondanza di servizi pubblici sarà meno povero di quello che non detiene tali servizi. Il fatto è che la Banca mondiale non valorizza i servizi pubblici, ma piuttosto il settore privato. In tal modo, un simile indicatore sottovaluta deliberatamente l'effetto positivo dei servizi pubblici per quanto riguarda la riduzione della povertà in un Paese.

Ricapitolando, il neoliberismo è un fallimento, anche se la Banca mondiale ed il FMI cercano di salvarlo. Esso ha un impatto devastante sulla povertà e la crisi sta per accentuare ancor più questa situazione. La Spagna è un esempio lampante dei danni del neoliberismo. La povertà si è accentuata e non ridotta. Scrivere il contrario è propaganda neoliberista, tanto più quando si cerca di occultare questa realtà con studi, i quali di scientifico hanno solo l'apparenza.

* Vincenç Navarro, professore di politica [strategia] pubblica presso le università Pompeu Fabra e The Johns Hopkins University

domenica 15 luglio 2012

Ambrose Evans-Pritchard scrive

dai commenti del blog di Gad Lerner

Il danno è stato fatto. Non è possibile riportare l’orologio indietro.
Lo storico Surplus commerciale dell’Italia sulla Germania si è trasformato in un grande deficit strutturale, bloccato in modo definitivo dagli effetti dell’UEM. Hanno poche speranze di recuperare il terreno perduto abbassando i salari o con una “svalutazione interna”, perché comunque si genererà altro caos per la dinamica del debito, se non arriverà prima una rivoluzione.David Woo della Bank of America ha appena scritto una “teoria dei giochi”, è lo studio della zona euro che sostiene che l’Italia trarrebbe vantaggio più di ogni altro paese (eccetto l’Irlanda) liberandosi e riprendendo il controllo sovrano dei suoi strumenti di politica. Questo darebbe all’Italia un leva importante in una prova di forza con la Germania … anche se Wolfgang Schauble capisce che questa è un altra questione.L’analisi dell’avanzo primario del paese rivela che si può lasciare l’UEM in qualsiasi momento (a differenza di Grecia, Spagna o Portogallo); l’Italia è grande abbastanza per farcela da sola. La sua esposizione patrimoniale verso l’estero è solo leggermente negativa (a differenza della Spagna, in rosso per la somma del 92% del PIL).Il tasso molto alto del risparmio in Italia e la ricchezza privata spiegano che qualsiasi shock si abbattesse sul tasso di interesse, questo potrebbe essere ruotato di nuovo nell’economia con pagamenti più alti per gli obbligazionisti italiani. E macro-effetti seguirebbero anche all’estero.Né accetto nemmeno il solito mantra che l’Italia ha i tassi d’interesse che salgono troppo tardi. Sono già saliti in termini reali (anche se oggi sono più bassi in termini nominali che nel periodo in cui c’era ancora la Lira). In effetti, un calcolo di convenienza confermerebbe che l’unico modo per l’Italia per abbattere i costi finanziari reali in questa fase è quello di lasciare immediatamente l’euro.Gli Italiani ovviamente decideranno del loro destino.Durante le mie vacanze in Italia, ho letto un eccellente resoconto di Arrigo Petacco sulla Seconda Guerra Mondiale vista dal punto di vista italiano, “La Nostra Guerra 1940-1945”. Il tema che più mi ha colpito è stato il numero delle sconfitte e dei disastri italiani causati da errori commessi dall’alto comando tedesco stesso, soprattutto da Rommel. I Sub inglesi affondarono l’80% dei convogli di rifornimento italiani che andavano in Nord Africa, perché gli inglesi avevano scoperto i codici segreti tedeschi e gli ufficiali tedeschi non informavano necessariamente di tutti i dettagli sui convogli il proprio quartier generale. Mentre Rommel buttava sempre tutte le colpe su Roma dicendo, ingiustamente, che ci dovevano essere spie nella marina italiana. La storia si ripete – in pace questa volta : L’Italia non ha più nulla da guadagnare dal dare ascolto ai consigli distruttivi dei tedeschi o dal continuare in questa disavventura soffocante. Si sta aspettando un messaggio che somigli a quello inviato da Badoglio l’8 settembre 1943. Tutto ad un tratto, l’Italia avvenne l’impensabile. Gli Italiani che ascoltavano la radio alle 18.15 di quella sera appresero con grande sorpresa – e con un certo sollievo – che non erano più impegnati a seguire ancora quella follia.

La scissione del Pd


Propongo alla sinistra del Pd di operare una scissione e fondersi con SEL, magari in tal caso sarà possibile pensare ad un nuovo partito socialista come nei desiderata di Asor Rosa.
Non è che ci sia tanto da illudersi, perché come dice bene Cremaschi il conflitto è stato annullato dalla crisi e aggiungerei io dalla complicità dei sindacati. Per rinfocolare il conflitto occorre una sola cosa: qualcuno che dica chiaro e tondo che il fiscal compact è una frode e indichi una strada diversa.
La crisi è davvero un'opportunità incredibile per “alleggerire” lo stato sociale e creare una vasta area europea di lavoro low cost, ma la minaccia in essa contenuta è troppo forte perché ci si arrischi nelle strade incerte del conflitto. La crisi ha provocato una rimodulazione cognitiva spaventosa: se battersi significa solo perdere e rischiare la catastrofe, subire è l'unica alternativa. Non vedo purtroppo all'orizzonte una proposta e un soggetto politico in grado di provocare uno shock salutare capace di risvegliare la grande bestia dormiente. Di certo un partito socialista serio su posizioni antiliberiste sarebbe già qualcosa, ma l'ostinazione di tanti intellettuali nel voler dialogare con il Pd e di considerarlo il perno centrale per una qualsivoglia alternativa mi lascia basito. Come si fa a non capire che il Pd è il problema e non la soluzione.

Forse un giorno l'agognato partito socialista rinascerà dalle ceneri della terza, quarta o quinta repubblica, ma non adesso, non con questi zombies in circolazione, a cui è rimasto solo l'istinto di sopravvivenza.

venerdì 13 luglio 2012

Il socialismo liberista di Asor Rosa


Asor Rosa è una persona per bene, ne sono convinto, ma da qualche tempo da segno di una sempre maggiore “concretezza” di pensiero. Il che è un bene si potrebbe dire, ma il pensiero concreto contrariamente a quanto si crede non è un'attitudine mentale che bada al sodo, mettendo da parte l'inessenziale, il pensiero concreto è il sintomo di un'incapacità di astrazione, cioè di una funzione del pensiero che permette la formulazioni di concetti complessi in base alla capacità di utilizzare un linguaggio simbolico. E' un'involuzione cognitiva insomma.
Asor Rosa vorrebbe che il Pd ci facesse uscire dalle secche del montismo e del berlusconismo, ma non si capisce bene come, forse ridiventando per miracolo un partito socialista o forse smentendo la sua natura liberista e il massacro sociale di cui si è reso complice negli ultimi mesi. Asor Rosa boccia qualsiasi ipotesi movimentista e qualsiasi espressione autonoma della società considerata come il segno dell'effimero e di un antipolitica evanescente. L'unica speranza sta nel segno dell'unità che solo un partito socialista può esprimere, magari unitamente ad altre forze politiche (quali?). Il povero professore ha dimenticato che il Pd non solo ha abiurato il comunismo, il che potrebbe essere anche comprensibile, ma anche il socialismo, dacché di definisce “democratico” avendo racchiuso in sé due anime storicamente in conflitto, quella dell'ex PCI e quella della DC. E' ovvio a tutti ormai che il Pd, se non ha aderito appieno ai dettami del liberismo, è quantomeno sotto un forte ricatto, sia esterno che interno, da parte di gruppi di potere molto influenti. Non si spiega altrimenti, a meno di non voler parlare di un partito venduto, il suicidio politico di questa gente, che rinuncia a vincere le elezioni, utilizzando la scusa del “senso di responsabilità nazionale”. Come si può pretendere che Bersani e soci convochino partiti e società civile e indichino la strada per un radioso riformismo del XXI secolo, dopo che hanno gettato la maschera e sono diventati apostoli dell'austerità e del vangelo dell'Europa delle banche?
Chi siamo noi, parlando di coloro che hanno a cuore solidarietà e giustizia sociale, forse non lo sappiamo ancora caro professore, ma certamente non siamo liberisti e non siamo del tutto folli, tanto da credere che un partito che sta svendendo i diritti acquisiti dei lavoratori perché  "ce lo chiede l'Europa", possa essere un faro del riformismo.Tu stesso del resto parli delle responsabilità del liberismo e del governo Monti nel demolire lo stato sociale, ma poi pretendersti che a porvi rimedio sia una forza politica che è più montista di Monti. Uscire dal montismo attraverso il montismo, mi pare una contraddizione in termini. 
Lavoro e ambiente. Già, è sensato affidare l'elaborazione di un nuovo progetto di società fondata su questo binomio ad un partito che da quando è nato non ha fatto altro che demolire sistematicamente le conquiste del lavoro, fino alla famigerata riforma Fornero, e che è  asservito alle lobbies di costruttori rossi e bianchi, tanto da battersi a spada tratta per una cosa del tutto inutile e dannosa come il TAV.
Andiamo avanti per favore, l'alternativa ce l'abbiamo sotto gli occhi, basta solo avere il coraggio di crederci e di scommetterci. Il prossimo parlamento con ogni probabilità sarà pieno di persone per bene che parleranno di beni comuni, di economia sostenibile, di città a misura d'uomo e di ecologia come motore dell'intervento pubblico. Il problema è che queste persone saranno l'espressione di mille anime disperse in un agorà dove anche coloro che parlano la stessa lingua si pestano i piedi a vicenda. La scommessa sarebbe quella di unire queste anime prima delle elezioni e governare davvero questo paese con realismo e "concretezza", ripulendolo sul serio da ogni scoria berlusconiana e montiana.
Altro che Pd, quelli sono morti e tali devono rimanere.


Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...