martedì 29 ottobre 2013

Teorema di Thomas


Per l'amico Tonino devo fare un'eccezione. Riapro la sarracinesca per un attimo.


di Tonino D'Orazio

Questo teorema di Thomas è così incredibilmente semplice che può lasciare scettici e increduli: "Quando la gente vede certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze". Per far apparire il campo di applicazione, il sociologo Robert K. Merton ha parlato di quello che è successo alla Last National Bank, quando il suo direttore Cartwright, incuriosito da un ambiente insolito, ha scoperto che i suoi clienti, allertati dal rumore della sua insolvenza, stavano ritirando i loro beni, provocando il crollo della banca. In altre parole, non è stata l’insolvenza a causare il fallimento, ma la notizia che ha creato l’insolvenza.

Corollario del teorema di Thomas: affinché una situazione sia possibile bisogna crederla e farla credere possibile. L’efficacia riposa in effetti sull’opacità, il diniego e la menzogna ripetuta. Esempio applicabile al cosiddetto “debito pubblico” che sappiamo anche quanto pubblico non è. Eppure …

Appena appare, anzi trapela, la notizia che il governo potrebbe sequestrare, o rubare, il 10% sui conti correnti dei cittadini italiani (ricetta propugnata dal FMI di Lagardère, pagina 49 del Fiscal report di ottobre, che ipotizza una soluzione anti-debito pubblico: un prelievo forzoso del 10% per i paesi in difficoltà) non si tratta più soltanto del teorema ma della drammatica realtà. In genere i suggerimenti del FMI, se non quando sono ipocriti, fanno parte del teorema di Thomas. E’ successo ai greci e soprattutto ai ciprioti (addirittura il 50%). E’ chiaro che si vuole che avvenga una massiccia esportazione illegale di capitali. Capitali neri, utilissimi nei paradisi fiscali, che le solite note banche, e mafie, gestiscono a livello mondiale con flussi inimmaginabili di denaro, ormai si può dire, per “fare danno umanitario” globale. Allora cosa si dice? Rientrano i capitali dall’estero! La bufala è proprio buona. Manco Berlusconi era arrivato a tanto. Come si può portare denaro in un paese avviato scientificamente al fallimento? Si può solo venire a comperare qualche residua eccellenza produttiva.

C’è anche l’altra balla: arrivano risorse dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia che, in un recente articolo, Tito Boeri ( 16 ottobre 2013 in lavoce.info) ne chiama la regia “una associazione a delinquere” e ne spiega l’ulteriore furto bancario ai danni dei cittadini e l’ulteriore indebitamento futuro.

La verità vera è che salta l'aumento della tassa sulle rendite finanziarie, sui grandi patrimoni.

Il teatrino mediatico potrebbe continuare all’infinito. Manovra finanziaria (ogni sei mesi). Se si danno spiccioli ai giovani bisogna togliere agli anziani. Se si danno ai cassintegrati bisogna tagliare la sanità.

E’ sempre credibile la coperta corta addossandone la responsabilità al buon padre di famiglia. Intossicazione delle sigle: Imu, Tares, Tarsu, Sevice Taxe, Trise. Lo Stato dà alla famiglia 98 euro annue (8 euro al mese, manco una pizza e una birra per “fare ripartire l’economia italiana”) e poi ne toglie fino a 900 con la Trise. Mi sembrano piromani incoscienti del sociale che non sanno fin dove si potrà arrivare. “Il governo - affermano in una nota Adusbef e Federconsumatori - aveva promesso una legge di Stabilità in grado di far ripartire l'economia, restituire sollievo a lavoratori e consumatori con la riduzione del cuneo fiscale, ridurre il mare magnum di tasse e balzelli che assilla gli italiani, cancellare la seconda rata dell'Imu prima casa in pagamento a dicembre, appostata a bilancio per 2,4 miliardi di euro”. Tanto si vedrà l’aumento con la riforma del catasto. Solo un carognoso ottimista può dire: “Però qualcosa ce lo ha dato”. Viva Letta. Viso giovane e pulito.

Ha paventato il taglio alla sanità o per così dire l’aumento dei ticket regionali. Poi non l’ha fatto, ancora, ma questo è l’applicazione del suddetto teorema di Thomas. Basta insinuare e aspettare.

Qualcuno immagina che la riduzione del cuneo fiscale possa andare ai lavoratori (20 milioni)? Oppure sarà assorbito tutto dai padroni? (Ricordate il cuneo del democratico Prodi?). Vista la povertà che c’è in giro, non è che quelle 100 euro (anche per i pensionati?) serviranno a riportare soldi all’Enel (elettricità), all’Eni (gas e gasolio), pronta ad essere venduta, per il riscaldamento di questo inverno? Sembra un inarrestabile fiume di denaro che va sempre in una unica direzione.

giovedì 17 ottobre 2013

Il blog chiude

Il blog chiude, se il progetto che abbiamo in mente avrà successo, il blog subirà una trasmutazione e diventerà un sito, altrimenti resterà a languire per un po' nel cyberspace fino all'estinzione. 
30-40 contatti giornalieri sono pochi e fanno passare l'entusiasmo. Malgrado tutto abbiamo avuto dei buoni momenti, con buona visibilità, purtroppo non siamo riusciti a cavalcare l'onda e ad avere un seguito costante. 
Restiamo convinti del'impostazione di fondo, siamo convinti che il fallimento è solo frutto della nostra incapacità di fare di meglio e non dei contenuti e delle idee che abbiamo portato avanti. 
La ragione, una ragione anche calda e piena di sentimento era e resta la nostra guida. 
Buona vita.


mercoledì 16 ottobre 2013

«Questo capitalismo è in guerra e il debito è la sua arma»


Questa economia è fondata sul debito che diventa una leva nello scontro tra modello Usa e modello renano. Parla Alessandro Somma di Insolvenzfest.


di Checchino Antonini da popooffglobalist

«Questo capitalismo è in guerra e il debito è la sua arma». Seconda edizione, stavolta a Ferrara, di "InsolvenzFest - Confronti pubblici interdisciplinari sull'insolvenza". Ancora una rivelazione del diritto dell'insolvenza, da condurre fuori dai suoi confini. Questa la sfida culturale riproposta dall'OCI, l'Osservatorio sulla crisi d'impresa, che attraverso una serie di dialoghi tra giuristi, docenti universitari di economia aziendale, filosofia e diritto comparato, giornalisti ed esperti in altre discipline, propone un incontro trasversale tra mondi - l'impresa, l'etica pubblica, il mercato del lavoro, il credito e la giurisdizione, l'associazionismo consumeristico - che raramente si confrontano, se non per controversie su casi singoli. Un festival in cui i temi dell'insolvenza vengono liberati dal loro tecnicismo ed offerti alla curiosità culturale di tutti, con una particolare apertura verso i giovani e gli studenti delle università.

Tra i Relatori di IF 2013 ci saranno Marco Revelli, il magistrato antimafia Raffaele Cantone, Marco Bersani di Attac, il giornalista Luca Martinelli, Andrea Fumagalli, economista.

Il Coordinamento scientifico del festival è a cura di Massimo Ferro ed Alessandro Somma. Il primo è magistrato, il secondo è professore ordinario di diritto privato comparato a Ferrara, autore - tra l'altro - di "Economia di razza. Dal fascismo alla cittadinanza europea" (2009).

«Insolvenzfest - spiega proprio Somma a Liberazione - serve a comprendere il ruolo del debito nella nostra società, come impatta sulla vita di cittadini e lavoratori. Parleremo di debito pubblico e debito privato. Il debito è centrale per capire le trasformazioni di oggi perché la nostra è un'economia fondata sul debito».

Il ragionamento del docente parte dall'esame dell'«unica fase in cui il capitalismo ha prodotto livelli accettabili di esistenza. E' stato nel secondo dopoguerra quando s'è affermato il modello del fordismo: consumo e produzione di massa». Tutto ciò, in Europa, è stato possibile grazie allo stato sociale che consentiva di liberare reddito per il consumo e, negli Usa, dal credito al consumo anche per i beni primari. «Negli Usa oggi il debito contratto dagli studenti per pagarsi le università ammonta a 700 miliardi di euro, pensa che l'intero debito pubblico italiano è di 2000 miliardi di euro. Questo per dire come una società ha prodotto benessere solo perché c'era credito al consumo oppure un welfare più o meno adeguato. Dunque questa non è una crisi momentanea ma è l'affermazione di un sistema fondato sul debito e questo diventa sempre più grande, gli Usa sono il primo debitore al mondo». L'ipotesi, appunto, è che il debito sia lo strumento di una «guerra tra modelli di capitalismo», spiega ancora Somma che, a If2013, presenterà "Oltre il pubblico e il privato", il libro di Maria Rosaria Marella, docente a Perugia, e dialgherà con Geminello Preterossi, filosofo del diritto, su "Chi è il debitore?". La guerra di cui parla Somma è quella del capitalismo Usa al modello europeo, renano, il debito è lo strumento per questa guerra.

«Non a caso Jp Morgan ha individuato con precisione nelle costituzioni prodotte dalla reazione al fascismo (in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo) un ostacolo per il liberismo. Non solo c'è la democrazia politica, in quelle costituzioni, ma ci sono elementi di democrazia economica. Lo Stato regola sempre il mercato. La differenza è se lo fa per garantire la concorrenza, le guerre per procurare fonti energetiche sono interventi dello Stato, o per bilanciare gli effetti della concorrenza, della disuguaglianza, per combattere con la forza pubblica la debolezza sociale. Anche la miriade di Authority (il mercato senza regole crea un monopolio) sono un intervento dello Stato ma senza emancipare le persone, senza rimuovere le differenze sociali».

Ecco che si sta affermando in Europa il modello americano che deve semplicemente alimentare la concorrenza, «il fascismo è nato da un cocktail di questo tipo, doveva servire a "riformare" il capitalismo senza il vincolo delle libertà politica, del conflitto sociale - avverte Somma - e anche ora si sta sospendendo la democrazia, si impone agli ordinamenti di superare il compromesso keynesiano e questo avviene disprezzando i parlamenti, imponendo il pareggio di bilancio e il rientro dal debito. Da questo punto di vista siamo tutti molto fuori, direi irrecuperabili. L'Italia è 130% per quanto riguarda il rapporto debito/Pil. Ma, come nella logica dell'usura, il creditore non ha interesse a recuperare il credito ma a controllare il debitore mantenendolo indebitato sempre secondo il medesimo schema: prestito in cambio di tagli a salari e diritti e servizi, dismissioni del patrimonio pubblico e liberalizzazioni, sempre cercando di legare salario alla produttività (creare così l'operaio cooperativo non più conflittuale).

E' una trasformazione violenta: i lavoratori non rivendicano più diritti, i cittadini non reclamano più servizi, ecco cosa succede con la leva del debito pubblico». Racconta ancora il docente come anche la Germania sia investita da questo processo: lì la Conferenza contro la povertà (i sindacati, l'associazionismo e le chiese) denuncia da tempo redditi di cittadinanza così bassi da non riuscire a garantire la cittadinanza. «Diciamo che esiste una versione esteticamente più forte in Grecia di questo modello e altre varianti negli altri paesi ma sempre su indicazioni della Troika. L'ultimo suo documento contiene le condizioni per interrompere la procedura di infrazione: la ricetta è quella applicata in Grecia e Portogallo, tagli servizi, dimagrimento della pubblica amministrazione e maggiori entrate da ottenere con le dismissioni nei prossimi vent'anni per un gettito di un miliardo di euro l'anno. In Italia la Cassa depositi e prestiti compra, con soldi pubblici, tutto quello che il mercato non riesce ad assorbire».

Perché i soldi non è vero che non ci sono e sarebbero sufficienti per invertire la rotta ed impostare un nuovo modello sociale, basato sulla riappropriazione sociale dei beni comuni e sulla riconversione ecologica dell'economia. Dodici milioni di persone, infatti, affidano i propri risparmi a Poste Italiane, attraverso i libretti di risparmio postale e i buoni fruttiferi postali. La massa di questi risparmi viene raccolta dalla Cassa Depositi e Prestiti, che, dalla sua nascita nel 1860 e fino al 2003, li utilizzava per permettere agli enti locali territoriali di poter fare investimenti con mutui a tasso agevolato. Nel 2003, la Cdp è stata tramutata in società per azioni e nel suo capitale societario sono entrate (30%) le fondazioni bancarie. Da allora, la Cdp si è progressivamente trasformata in una merchant bank che continua a finanziare gli enti locali ma a tassi di mercato e che investe in diversi fondi con finalità di profitto. La massa di denaro mossa annualmente dalla Cassa Deposti e Prestiti è enorme: circa 250 miliardi di euro, con una liquidità disponibile di quasi 130 miliardi di euro. Soldi con cui si potrebbe immaginare un futuro socialmente diverso, ma l'unica attuale finalizzazione è la produzione di profitti.

Anche di questo si parlerà (specie nel dialogo con Marco Bersani) a Insolvenzfest, un evento attento a ogni aspetto della questione debito: lavoro, crisi di impresa, criminalità economica, qualità del ceto manageriale. Perché il liberismo sta stravolgendo la politica, il diritto e la società: «in una situazione in cui molti hanno debiti, chi ha i soldi? - si chiede infine Somma - la criminalità organizzata (agevolata dal ritiro dello stato), ecco ad esempio una delle conseguenze del credit crunch». Appuntamento a Ferrara, il 25 e 26 ottobre. 


Fonte: Liberazione 

martedì 15 ottobre 2013

Carceri e ipocriti

di Tonino D'Orazio
 
Condono, indulto, amnistia. Re Giorgio II spara subito a zero. Tra poco si occuperà anche dei pannolini Pampers. Per evitare nuove fibrillazioni per il suo protetto Letta, alle prese sul come aumentare delle tasse, deve trovare una soluzione, checché sia, per salvare il condannato Berlusconi. Se si resta dentro il livello consueto dei reati amnistiati, quindi quelli con pene fino a 3 o 4 anni, l'amnistia generale non serve, eccetto per Berlusconi e i suoi prossimi processi, (Ruby e De Gregorio), anche se quest’ultimo dichiara: “Amnistia? Solo fumo, Napolitano mi sta prendendo in giro”. Il gioco solito delle tre carte.

Arrivano gli amici di sempre. Bersani: “Escludo che il messaggio di Napolitano faccia parte di uno scambio sulla giustizia con Berlusconi. È impossibile pensarla così”. Epifani: "Amnistia non c'entra con Berlusconi”.

Dopo le violenti polemiche con Lega e Grillo, Napolitano, alzando la voce e disprezzandoli, si è ulteriormente squalificato. Difficile fare il re in una repubblica. E’ un ossimoro vivente. Anche il Pd prende le distanze, deve farsi perdonare di non voler pretendere tasse Imu dalle case dei ricchi. In Parlamento intanto è passato (con l'ok del governo) un emendamento dei Grillini M5S che abolisce il reato di immigrazione clandestina.

Finalmente si discute di sovraffollamento delle carceri. Capienza regolamentare delle carceri: 47 mila e 615. Detenuti presenti nelle celle italiane: 64 mila e 758. Sovraffollamento che non è nato da solo ma a causa di alcune leggi liberticida precise. La Fini-Giovanardi, per esempio, ha contribuito molto al problema, prevedendo ed equiparando, per esempio, le droghe leggere a quelle pesanti. Migliaia di ragazzi sono in carcere per questo motivo. Allo stesso modo hanno avuto effetti negativi altre leggi arrivate con il governo Berlusconi, vale a dire la ex Cirielli del 2005 e la Bossi-Fini (ancora l’ex neofascista! Le migliori leggi portano la sua firma) del 2002. Sono norme che hanno provocato molti danni. Bisogna ricordarsi che quest’ultima ha soltanto “approfondito” la Napolitano-Turco (1998) che prevedeva carceri speciali e inumani per gli immigrati (CPT), una vergogna internazionale che dura tutt’ora. Mea culpa? Macché, faccia tosta. Napolitano nel suo messaggio alle Camere sull’emergenza carceri: “L’Italia viene a porsi in una condizione umiliante sul piano internazionale per violazione dei principi sul trattamento umano dei detenuti”. Ha ragione, siamo noi a non avere memoria e ignorare i responsabili. Però a Lampedusa non ci va.

La stessa ex-Cirielli modifica il nostro Codice Penale in materia di attenuanti generiche aumentando, moltiplicandole, le pene per recidiva. Un grammo di hashish? Carcere. La seconda volta, recidiva, carcere quasi a vita, aspettando il giudizio. L'applicazione della Cirielli è in contrasto con le convenzioni internazionali dell'Ocse e con le sentenze della Corte per i diritti dell'uomo. Aspettando l’imminente condanna e le sanzioni dell’Unione Europea. E con ciò? Siamo un paese libero e democratico. In questi anni grazie a questa riforma del 2005 si è pianificata nei palazzi di giustizia una strategia del ritardo per impedire che i processi arrivassero a sentenza. I piccoli intrappolati, i ricchi e furbi fuori “in attesa”.

Se la politica avesse veramente voglia di ridimensionare il sovraffollamento nelle carceri dovrebbe avere la capacità e la volontà di modificare profondamente almeno queste tre leggi. Serve una vera ripulitura. Vi pare possibile? Con tutti i pessimi attori legislatori ancora in carica, loro e le loro cordate ideali? Già nel 2006 il Pd votò per l’indulto. Invece del senso del diritto e della giusta pena torna sempre l’appello cattolico al perdono e al condono. Un marchio, una subcultura, quasi una necessità in una fase storica ventennale di basso impero.

È tornato il pentapartito

di Tonino D'Orazio

Un mio amico ne è convinto e le premesse ci sono, nella frammentazione dei poli e dei voltagabbani.

Esempio di voltagabbana: Quagliariello. "Arrivato con Pera, poi rinnega e va con Verdini, poi rinnega anche lui e va direttamente con Berlusconi. Poi lo rinnega e si avvicina a Monti, poi si riallontana da Monti per ottenere la candidatura Pdl e adesso si avvicina a Letta e tradisce Berlusconi". Il tutto con il sostegno appassionato dell’amico Napolitano, anche lui ex di parecchi partiti, che gli ha commissionato una nuova costituzione personale “alla carta”. Una specie di “prestanome” a pizzino variabile.

Finché non torna prepotentemente Berlusconi, il pregiudicato, il ricatto al governo-teatrino Letta sembra essere passato di mano, ma sempre a destra.

Il teatrino del voto di fiducia, e il regolamento dei conti, si svolge adesso dietro le quinte. Nessuno dei pidiellini, siano essi appartenenti a una fazione o all'altra, pronuncia una sola parola contro il governo o Napolitano, ma solo invettive individuali a parlamentari del PD tanto sul M5S c’è ostracismo. Oppure invocando la Costituzione e la democrazia che solo pochi sembrano capire quanto le abbia affossate lui stesso e i suoi amici neofascisti. E’ una fase di grande ipocrisia e gli scissionisti sanno che non sarà facile sopravvivere, a meno di andare via, prima o poi. Un capo è un capo e sanno che Berlusconi non è finito. Ha soldi e amici come imprenditori e, in fondo, anche la troika (FMI.BCE.UE) poiché ne sostiene realmente le tesi facendo finta di essere contro. Funzionerà così anche la sua campagna elettorale alle europee. Anzi sarà l’occasione per vedere quali candidati parlamentari saranno eliminati. Abbiamo scherzato con l’Imu (e continuiamo) mentre stanno regalando interi pezzi del paese, produttivi e dell’erario, cioè di tutti. Con davanti sempre il discorso-programma ambiguo della troika internazionale, ad impoverire il Mediterraneo, e di Letta, dove alla svendita e alla futura certezza di ulteriore disoccupazione sembra garantire lo “sviluppo futuro”: “Il Governo punta ad avviare un importante programma di dismissioni immobiliari e privatizzazioni. Nessuna svendita, ma fondamentali immissioni di nuovi capitali- ha puntualizzato il premier- per evitare delocalizzazioni, che soprattutto nelle regioni del Nord rendono complesso il lavoro delle piccole e medie imprese". Che vuol dire? Che Telecom vada agli squattrinati spagnoli tranquillamente per qualche milioncino? Air France-Klm “prende” l’Alitalia solo con il taglio di 4.000 posti di lavoro, e parte dei debiti ripianati, spostando a Parigi tutto l’apparato tecnico, dimezzando gli aeromobili, e diventando così l’unico hub del Mediterraneo. Addio Roma e Milano, città del terzo mondo, nemmeno in via di sviluppo. A mio avviso conviene essere ricomperati dagli emirati arabi che hanno bisogno di una loro “testa di ponte” in Europa e di svilupparla.

Politicamente avanzerà FI. Vedrete che nelle televisioni di Berlusconi (compresa la Rai) appariranno sempre più i “falchi” che le “colombe” (si fa per dire). Vedrete solo lo staff dei fedelissimi. Sarà un segnale inequivocabile, basterà fare un po’ di attenzione in più per seguire il gioco al tiro a segno nel Pdl. Nel mentre Berlusconi, il pregiudicato, si farà impietosire ai lavori sociali, tutti i giorni, con una potente campagna pre-elettorale.

L’inevitabile corollario della fase più dura del confronto tra 'falchi' e 'colombe' è già previsto. Quando si parla di scissioni e nuovi gruppi parlamentari, è già sul simbolo che si concentra l'attenzione dei contendenti, e si finisce tra carte, avvocati e tribunali. In vista c’è già chi si premunisce. Ed ecco che "l'ex segretario della Dc per le Autonomie, Gianfranco Rotondi, ha affidato all'avv. Dell'Unto del Foro di Roma l'incarico di procedere per tutelare i diritti del proprio partito, socio costituente del Pdl". "Non e' un atto di ostilità - chiarisce l'ufficio stampa di Rotondi - ma i giornali riportano decisioni riguardanti il Popolo della Libertà e, nel caso in cui la vicenda finisca in Tribunale, è corretto compiere atti di tutela a favore dei soci e del personale della Democrazia Cristiana per le Autonomie". Si può anche lasciare marcire un simbolo scottante e riprenderne un altro, più personale e confacente, eliminando gli attori scomodi. Tanto Alfano, da solo, in una eventuale tornata politica, quanto vale? Giusto qualche numero per una coalizione con il Pd sempre contro FI, di cui non è né segretario né assolutamente nulla.

Pensate alle prese di posizioni di Giovanardi, addirittura di Casini che pensavamo scomparso, e Formigoni prossimo agli arresti: "Creiamo comunque un nuovo gruppo". Saranno non solo costretti, anzi a loro questo governo retto da un democristiano e con un programma confacente a una destra democristiana (si sarebbe detto una volta) li rimette di nuovo in gioco. Salvo una riforma elettorale più volte “minacciata” che non vedrà mai il giorno, se non dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull’illegalità del premio di maggioranza, in dicembre (forse, se non modificano la Costituzione prima). Premio che la Bindi, in una splendida scorciatoia, propone anche per il Senato.

Un altro pezzo del nuovo pentapartito è pronto. Il progetto sembra congelato, ma gli scissionisti sono ancora pronti, e forse saranno loro a tenere in ostaggio sia Letta che Berlusconi. Il Pd non ci sta: "C'è una nuova maggioranza politica", un governo che da oggi avrebbe "cambiato natura e numeri". E qual’è? E per fare che? I ministri e lo staff del governo-teatrino Letta è lo stesso di prima, i programmi della troika vanno avanti velocemente, svendendo il paese, impossessandosi di tutto il sistema produttivo e aumentando la disoccupazione, chiacchiere e piagnistei a parte.

Ex socialisti in ambo gli schieramenti, ex repubblicani, ex liberali (Monti), ex democristiani in ambo gli schieramenti, risorti anche gli ex socialdemocratici (giuro!). Manca solo Del Turco. L’idea di Veltroni è che finalmente si sta compiendo la fase definitiva del PD verso il centro, cioè quello che ha sempre governato (e con quali risultati) il paese. Penso che ci siamo, e siccome in Europa siamo sempre politicamente innovativi la grande coalizione è pronta. E’ la riedizione del pentapartito nei fatti, e prima o poi, in un partito unico. Avanza Renzi. Il vecchio che avanza con il viso nuovo. A questo punto potrà non avere bisogno della maggioranza del suo partito. Congresso o non congresso. Il pentapartito ha bisogno di nascondersi dietro una “faccia nuova e giovane” affinché nulla cambi mai, e tutti possano rimanere sulle loro poltrone finché morte non li separi.


lunedì 14 ottobre 2013

Le anime belle della sinistra

Le belle anime della sinistra mi fanno incazzare terribilmente. Malgrado decenni di sconfitte e narrazioni buone solo per ingrassare psicoanalisti da avanspettacolo, si ostinano a non capire che per cambiare il mondo non bastano buone idee e buoni propositi, ma occorre prima di tutto fare i conti con le pulsioni peggiori del popolo. Questo si può fare o blandendolo, ma con il rischio che il lato oscuro della massa prima o poi si rivolga contro di te, o coinvolgendolo nelle decisioni. Si possono anche fare  buone leggi per l'immigrazione, ma se non coinvolgi il popolo queste verranno viste come un'ingiustizia e una prepotenza, scatenando una guerra fra poveri, e alla fine la reazione rialzerà la testa e riporterà indietro la civiltà. Se invece dici alla gente aiutateci a far si che sicurezza e accoglienza siano la stessa cosa, la gente si farà in quattro per dare una mano. Per sconfiggere l'animale individualista che è in noi si deve risvegliare l'istinto cooperativo della specie, non c'è altro mezzo. Abolire la Bossi-Fini è necessario, ma deve essere una decisione che il popolo sente sua, e quindi devi presentargli la cosa come una necessità per il bene di tutti e non come una potenziale minaccia.  Gestire i flussi di immigrati e favorire una loro integrazione è possibile solo se alla comunità viene fatta una richiesta esplicita in tal senso e se la si sostiene con mezzi e persone. Non si può essere "buonisti" e poi lasciare che sorgano ghetti e che la gente di Lampedusa se la cavi da sola. 
La specie umana ha bisogno prima di tutto di sicurezza e questa viene in primo luogo dal non sentirsi soli e dal sentirsi protagonisti.

sabato 12 ottobre 2013

Pensioni d'oro e facce di bronzo

Blocco delle rivalutazioni delle pensioni al di sopra dei tremila euro lordi, nessuno ne parla come non si parla dei contratti bloccati degli "esosi" statali, senza neanche la vacanza contrattuale. Non è questione di piangersi addosso è questione di sconfiggere la logica truffaldina che fa dire a qualcuno: di cosa vi lamentate nella situazione in cui siamo? Ecco la situazione in cui siamo è figlia dell'indifferenza e non è un evento naturale. Questa medicina amara che vogliono farci ingoiare ha controindicazioni per tutti e non solo per i "pensionati d'oro" a tremila euro lordi. L'aver peruaso la gente che la crisi è come la grandine che cade dal cielo, ha portato all'annichilimento delle coscienze e alla rassegnazione.

Rodotà e i sicari del liberismo

Capisco che il Prof. Rodotà, persona mite e liberale d'altri tempi, non voglia confondersi con realtà politiche con un profilo sfrangiato e posizioni poco nette su questioni come la legalità, e sono anche convinto che da un punto di vista tattico, ha le sue fondate ragioni, tanto che il fatto che abbia rinunciato a manifestare il 19 insieme a vari spezzoni del movimento, non desta in me alcun risentimento. In una fase della politica come quella che stiamo attraversando, dove anche a non voler scomodare Marx, i rapporti di forza fra ricchi e poveri sono decisamente a vantaggio dei primi, è comprensibile che non si voglia prestare il fianco agli agguati di sicari al servizio del liberismo, ma qualcosa di chiaro bisognerà pur dirla in materia di economia. I suoi discorsi e quelli di Landini oscillano da un moralismo antispreco e antievasione a generiche invocazioni a diminuire la morsa dell'austerità. Non c'è una via di mezzo professore e il problema non è etico, il problema è di paradigmi. 
Non basta invocare il bene comune, occorre supportare l'azione politica con una visione ben definita dell'economia. Senza non andremo mai da nessuna parte per quante manifestazioni possiamo fare.
Su questo fronte Rifondazione mostra sicuramente maggiore impegno. Dimenticavo lei è solo un “vecchio signore”.
 Detto questo sono contento che la manifestazione di oggi sia andata bene.

venerdì 11 ottobre 2013

Bortolussi e Lanzillotta: l'unico statale buono è uno statale morto

Sono incazzato nero e quindi lascerò da parte le questioni di forma. Ieri ho dovuto assistere a Porta a Porta all'ennesima aggressione verso i dipendenti pubblici da parte del sig. Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre, il quale come un genio del male con la faccia di uno Stan Laurel mestrino, si lamentava che gli stipendi del pubblico erano cresciuti troppo nell'ultimo biennio, passando da 70 mld di spesa complessiva a 110 e rotti miliardi, mentre nel privato non si sono verificati aumenti significativi. Piccolo plauso agli ultimi governi, in particolare quello Monti, che ha portato ad un risparmio di 7 mld. Il sig. Bortolussi ha aggiunto che se non ci fossero stati quegli aumenti, con 40 miliardi risparmiati, altro che finanziaria, ci andava di lusso e potevamo anche risparmiare la carta per scriverla. Tradotto: se avessimo affamato i dipendenti del pubblico come abbiamo affamato quelli del privato adesso i conti sarebbero a posto e pazienza se la gente sarebbe morta di fame. A questo punto, aggiungerei io, bastava non pagarli affatto i dipendenti pubblici e avremmo avuto i conti addirittura in attivo. Il tapino poi si produce in una sfida mortale con il principio logico di non contraddizione e piange perché così non possiamo andare avanti e in perfetta osservanza keynesiana afferma che bisogna dare impulso ai consumi, perché quella è la chiave per rilanciare l'economia, per ché i consumi sono il 70 % del PIL, e quindi dare più soldi in tasca alla gente. Avrei voluto ringhiare sulla crapa pelata di questo grigio mestatore e chiedergli se fosse al corrente che i dipendenti pubblici italiani sono i peggio pagati d'Europa, malgrado siano fra i primi posti(sic) nella produttività. Avrei voluto chiedergli quanto guadagna lui e cosa gli da diritto di guadagnare soldi, in misura sicuramente maggiore di un qualsiasi dipendente pubblico. Avrei voluto dirgli da chi va a farsi curare quando sta male e se va bene che i suoi figli frequentino scuole fatiscenti dove alle famiglie vengono chiesti contributi anche per la manutenzione ordinaria, con professori frustrati e maltrattati da personaggi come lui. Questa gente gioca allo scoperto ormai, ha deciso di succhiarci il midollo e lo sta facendo senza scrupoli. Le dichiarazioni di Bortolussi fanno il paio con quelle dell'On Lanzillotta in un talk show. Ormai è un sentire comune di questi sicari del welfare. Il piano, al di la dei complottismi non è più segreto. La cosa più raccapricciante però è constatare quanto poco riusciamo ad incazzarci ultimamente noi italiani, sembriamo un popolo di lobotomizzati, incapaci di una minima scintilla vitale, incapaci di reagire anche quando ci sputano in faccia. Ormai, anche se fingiamo di indignarci, siamo intimamente convinti che se ci azzannano alla gola lo fanno per il nostro bene, perché ce lo chiede l'Europa. 
Bortolussi è un Giano bifronte, dice e si contraddice, nella convinzione, in tal maniera, di fare meglio i suoi interessi, ma il problema non è lui, il problema siamo noi che siamo diventati sordi.

giovedì 10 ottobre 2013

Un patto per l'Italia

L'espressione patto sociale a mio modo di vedere ha una valenza diversa da contratto sociale. Il patto è figlio di una visione strategica, il contratto è un elemento costitutivo della società. Oggi è di patto che bisogna parlare poiché il contrato rimanda alla filosofia della politica, il patto alla vita reale.  Se la sinistra oggi vuol vincere deve abbandonare propositi pedagogici e riuscire ad immaginare una strategia che contempli il patto sociale come fattore di transizione verso una società diversa e più equa. Il patto è la risposta, la via di uscita da aporie che confinano l'equità e il giusto ai margini della politica, condannandoci (noi sinistrati) a perdere in eterno. Ovviamente il patto si fa fra componenti sociali non omogenee e separati da interessi diversi. Nella situazione italiana questo può significare un patto con una parte della borghesia o della piccola e media impresa o semplicemente con la cittadinanza tutta. Perché si è così titubanti, data l'ineluttabilità di processi produttivi necessari alla nostra economia? Un altro patto è sull'immigrazione. Dobbiamo conciliare le esigenza di giustizia con le resistenze di gran parte della popolazione. Si potrebbe immaginare di organizzare flussi controllati di immigrazione in misura proporzionale alla nostra capacità di accoglienza e di estensione di sistemi di tutela. Ma ci rendiamo conto che questo significa che l'economia deve fondarsi sul reddito garantito e sulla possibilità dello stato di contrarre debiti, necessari a finanziare, lavoro, tutele e welfare? Il nodo è sempre lì. Il liberismo ci riporta verso lo stato di natura. Lo capite perché un'inversione di 180 gradi nell'economia è necessaria come l'aria che respiriamo? 

Barnard alla "Gabbia" - seconda parte -

Barnard alla "Gabbia"

mercoledì 9 ottobre 2013

«La guerra di classe l'hanno stravinta i ricchi»

L'economista anglo-francese Susan George accusa l'Europa di voler togliere di mezzo democrazia e diritti umani per favorire lo status quo voluto dai «nababbi».


 Sottoscrivo anche le virgole di questo articolo

di Susan George da popoffglobalist

La guerra di classe non è morta, ma l'hanno stravinta i ricchi. Anzi, i super ricchi, nuova classe globale che ora si chiama Hnwi, acronimo di High Net Worth Individuals (individui con alto patrimonio finanziario, almeno 30 milioni di euro. Parola di Warren Buffett, re dei mercati finanziari globali, uno degli uomini più facoltosi del pianeta, dunque membro di questo club esclusivo in crescita continua nonostante la crisi, tanto da includere quest'anno la quota record di 200.000 persone e del quale si parla troppo poco.

La lotta di classe al contrario, un mondo paradossale dove si ruba ai poveri per dare ai ricchi, con l'obiettivo di togliere di mezzo i diritti umani e la democrazia, considerati l'ultimo ostacolo (o l'ultimo baluardo) da superare per ricavare profitti più alti senza troppe seccature.

L'establishment economico e finanziario non ha sensi di colpa per quello che è accaduto nel mondo negli ultimi sei-sette anni. È uno dei paradossi di quest'epoca, i neoliberisti hanno capito il significato del concetto di egemonia culturale di Antonio Gramsci e l'hanno applicato benissimo. La loro ideologia è penetrata negli Stati Uniti, poi si è diffusa in tutte le organizzazioni internazionali e vanta un supporto intellettuale mai visto. Prendiamo l'Ue. Sono riusciti a ottenere consenso e supporto proponendo misure di austerità per uscire dalla crisi convincendo tutti che il bilancio di uno Stato e quello di una famiglia sono la stessa cosa per cui si può spendere solo in base alle entrate. Non è così, il debito pubblico storicamente finanzia la crescita, è altra cosa dagli sprechi. Per fare un esempio due economisti della Bocconi di Milano, Alesina e Ardeagna, a mio avviso hanno fornito una errata base teorica alla Banca centrale europea, ai governi e alle istituzioni europee proponendo l'austerità per fronteggiare la depressione. E la gente è stata convinta dell'ineluttabilità delle scelte.

La prova? In Grecia non hanno fatto la rivoluzione. Se tagli gli sprechi, va bene. Ma un euro tagliato ai servizi sociali come alla scuola ha un impatto che produce costi tre volte più alti.

I lavoratori hanno pagato e stanno pagando i costi della crisi provocata da altri. Mi pare obiettivo dire che chi lavora oggi non riesca a guadagnare abbastanza mentre i manager della finanza si sono elargiti subito i lauti bonus derivanti da questi salvataggi. E che la ricchezza accumulata in poche mani ammonti a 35.000 miliardi di euro e sia posseduta, da 200.000 persone. Trovo immorale tutto ciò. Ma è ancor più immorale l'ideologia che consente loro di accumulare queste smisurate ricchezze e di manipolare le persone facendo loro credere che tutto ciò sia giusto e che le ricette per combattere la povertà siano quelle della Banca mondiale o del Fondo monetario.

Si continua a credere che ogni dollaro detassato alle grandi aziende e ai più ricchi venga reinvestito produttivamente. Invece la ricchezza finisce nei paradisi fiscali. E, aldilà dei proclami, nulla è stato fatto per illuminare gli angoli bui di queste giurisdizioni segrete e controllare i profitti di aziende e singoli. Le grandi multinazionali sono ormai troppo forti e determinano il pensiero unico che ci racconta un mondo bello, quello della globalizzazione, che crea occasioni per tutti. Peccato sia così solo sulla carta.

Il movimento di Occupy aveva buoni contenuti, ma è stato anarchico. Hanno consentito a tutti di parlare in un momento di rabbia collettiva, ma non hanno mai preso una sola decisione per passare all'azione. Il problema della società civile è la mancanza di una visione globale: gli ecologisti pensano solo all'ambiente, i sindacati al lavoro, le femministe alle donne, altri a finanza e tasse.

Il pericolo è che la gente, il 99 per cento di chi non detiene nulla, venga convinta dal restante 1 per cento dell'inutilità della politica. Prendiamo l'Unione europea. Credo nell'Unione e nell'euro, ma a patto che siano partecipate dai cittadini. Ormai l'85 per cento delle leggi in Paesi come Italia e Francia recepiscono le direttive della Commissione europea, un organismo non eletto democraticamente e influenzato dalle lobby. Ma gli europei non si ribellano, preferiscono astenersi dal voto. Così garantiscono lunga vita al sistema ingiusto che oggi è al potere.




lunedì 7 ottobre 2013

I poveri per i poveri

di Tonino D’Orazio

In questa guerra che i ricchi stanno vincendo contro i poveri avvengono almeno due fatti importanti.

Uno quello di rendere nobile la povertà, se non valorizzarla. E’ positivo e negativo. Si potrebbe definire una situazione gesuitica. E poi, se i poveri, finalmente, sono contenti che si parli di loro! Si parli, s’intende. L’altro la solidarietà dei poveri verso i poveri. Si tocca il cuore, sapendo che solo loro ce l’hanno e capiscono la solidarietà nella miseria. La Chiesa l’ha sempre saputo.

Da un'idea del Vescovo di Teramo-Atri per cercare di dare una piccola risposta e un segno di speranza, in un periodo in cui la crisi economica sta riversando i suoi effetti negativi alle famiglie e alle comunità civili, nasce il progetto "1 ora X te". In collaborazione con la Banca Popolare di Ancona è stato costituito un fondo per sostenere in maniera concreta le famiglie che a seguito della crisi hanno perso ogni fonte di reddito. Chiunque, con un contratto a tempo indeterminato o occupato in qualsiasi altra forma (artigiano, commerciante, impresa, ecc.), può contribuire ad integrare il fondo versando una somma equivalente ad un'ora della propria retribuzione netta in maniera periodica o attraverso una offerta occasionale. (Abruzzo24ore).

E i ricchi sempre più ricchi? Per il momento si accontentano di recitare la parte dei poveri. D’altronde ci si può dire ricchi solo quando (Rothschild) “non si conosce la quantità di denaro a disposizione e non si debba contarlo”. Quanti possono dichiararsi ricchi se soldi, valori e possedimenti non bastano mai?

In una sorta di rito carnascialesco ribaltato sono adesso loro a mascherarsi da miseri, senza tralasciare le opere di beneficenza che tanto non costano niente a chi è miliardario, ma che fanno scena, oltre a poterle scaricare dalle tasse. Si pensi che proprio i super ricchi, qualche mese fa, si sono inventati il «Live below the line», cioè «Vivi sotto la soglia», per 5 giorni con un solo dollaro e mezzo al giorno. Che brivido! E che presa in giro!

Fa scena e anche i poveri, quelli veri, sembrano mediaticamente apprezzare. Ormai a parlare di lotta di classe si passa per terrorista, ma rimane pur poco credibile, data la sconfitta latente, anche una possibile e socialistica equa ridistribuzione della ricchezza. Meglio assecondare la globalizzazione che avanza: pochi ricchi e sempre più poveri. Magari tutti con la speranza di diventare ricchi un giorno, tanto che ci vuole! Gli esempi-simbolo non mancano. Evviva la maggioranza globale. Eccola la nuova democrazia globale! Meglio se accompagnata da un pater-ave-e-gloria entusiasta … per il regno dei cieli. Sempre per la fase due, ovviamente!

La Verità ed il Potere non hanno mai marciato assieme. “Vengo senza oro né argento, solo con Gesù!” grida Bergoglio. Meno verità di così! (o forse, eccesso di verità. Oro e argento sono ben custoditi altrove e il costo dell’ultimo viaggio in Brasile lo hanno pagato lo Stato e le comunità …). Fingere di tendere alla povertà e valorizzarla, negli odierni frangenti economici sembra una squallida operazione di marketing. Un fiume inesauribile di denaro affluisce in Vaticano dall’Italia e da tutte le nazioni e comunità dove vi sia una maggioranza cattolica: offerte, donazioni, eredità, quote di imposte, finanziamenti pubblici.

Mi direte che d’altronde il Vaticano è uno Stato vero, costruito da secoli, con migliaia di dipendenti, di lavoratori e lavoratrici da mantenere. Soltanto una piccola parte di tali ricchezze finisce direttamente in progetti umanitari. Il resto va alla catechesi nelle parrocchie, all’edilizia di culto, al sostentamento del clero (circa 40.000 preti in Italia), ma anche alle banche amiche e da qui la liquidità si ricicla e si moltiplica in investimenti, in titoli, in immobili, in business disinvolti, in azioni di industrie e quant’altro. Tra uno scandalo finanziario e l’altro (cfr ultimamente quello milionario di due vescovi austriaci) anche i gerarchi della Chiesa sembrano essere completamente autonomi e intraprendenti. Il papa che ‘rischia la vita’ è un subdolo strumento di persuasione occulta, non meno abile a menare il can per l’aia o se sei credente, a portare le pecore all’ovile … del padrone.

Cam­bia­no i go­ver­ni, cam­bia­no i pon­te­fi­ci ma il bu­si­ness del Vaticano con­ti­nua come d’abitudine. E chissà che sot­to l’om­bra del “papa po­ve­ro” gli af­fa­ri in­con­fes­sa­bi­li si pos­sa­no con­clu­de­re an­co­ra me­glio. Ma non di questa diffidenza volevo parlare. Anche questo Papa è un bravo showman, e perché no quando i simboli sembrano viaggiare contro la realtà?

Un amico anarchico mi diceva quanto comunque fosse affascinante, anche perché misteriosa, la magistrale teatralità della liturgia delle funzioni sacre. I colori, la luminosità o la luce diffusa, i profumi orientali come l’incenso o l’odore della cera, le danzanti e inquietanti fiammelle delle candeline nelle zone d’ombra o dei ceri, le statue cariche di maestà, i dipinti con sguardi veritieri, gli scaloni da scendere, i paramenti coreografici e scintillanti degli attori, lo spazio in altezza ridondante di suoni, di voci corali o bianche, di organi tuonanti, di bisbigli e di silenzi. I simboli affettivi, il punto di partenza, la nascita, quello di arrivo, la morte, la consacrazione del sesso, il verginale matrimonio. Ognuno con i propri riti differenziati. Da un punto di vista scenografico perfettamente artistico, minuzioso e accattivante. Mediatici da sempre, da secoli.

Bisogna ammettere che man mano lo Stato abbandona spezzoni di stato sociale alla povertà, il “vuoto”, alla meno peggio e anche con residue somme pubbliche, viene colmato dalle associazioni caritatevoli soprattutto della Chiesa cattolica, ma in genere anche dalle altre associazioni confessionali esistenti sul territorio in modo più pianificato. Si intravvedono travet alla mensa popolare e sempre più gente che fruga nell’immondizia anche alla ricerca di cibo. In Italia, s’intende, dove ancora non si riesce a quantificare le tonnellate di cibo sprecato. I laici sono assenti, aspettano “il diritto”, gli altri svolgono carità, assistenza e sono pragmaticamente credibili.

In Italia dal 2006 al 2013 la povertà sanitaria è aumentata in media del 97%. In sintesi sono aumentati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare i medicinali anche quelli con prescrizione medica. Insomma: se prima la crisi colpiva le famiglie costringendole a fare a meno di alimenti, di vestiario e di generi di consumo, oggi è in difficoltà anche la capacità di procurarsi le medicine. Gli anziani, ma non solo, non possono più permettersi visite specialistiche, alle quali comunque i medici di famiglia indirizzano. Si scivola nella povertà fisica e psicologica. È questo uno dei dati che emerge dal dossier realizzato dalla Fondazione Banco Farmaceutico Onlus e presentato insieme alla Caritas Italiana in occasione della XXXIV edizione del Meeting di Rimini. I dati emersi dal dossier sono il frutto del lavoro svolto da sette anni, dal 2006 al 2013, dalla Fondazione che raccoglie su tutto il territorio nazionale (grazie alla Giornata Nazionale di Raccolta del Farmaco e alle donazioni aziendali) e distribuisce agli enti convenzionati che fanno richiesta di medicinali. Tra questi le Caritas diocesane, il centro Astalli, la Comunità di Sant’Egidio solo per citarne alcuni, tutte realtà che intercettano il disagio sociale in “diretta”. Danno una risposta episodica, necessaria, ma mai risolutiva.

Cresce la povertà, ma aumenta al Nord anche la solidarietà di chi decide di donare un farmaco a chi non se lo può permettere. Nel Centro Italia la richiesta di farmaci in sette anni è cresciuta in maniera esponenziale passando dalle 32.718 confezioni del 2006 alle 188.560 del 2013 (fino al mese di luglio compreso). Un incremento percentuale del 476,32%. “Anche in questo caso abbiamo assistito anche alla crescita corposa della solidarietà che ha fatto registrare l’incremento dei farmaci donati del 94,24% passando dalle 23.670 confezioni alle attuali 46.034”. “Facendo una comparazione dei dati emersi – concludono Banco farmaceutico e Caritas - dobbiamo registrare che il fabbisogno sanitario in percentuale è aumentato, soprattutto, al Centro a causa dei valori bassi di richiesta di partenza. Se invece si valuta l’aumento numerico dei farmaci il Nord è primo in classifica con quasi 200 mila confezioni in più di medicinali richiesti in sette anni. A seguire il Centro Italia e poi il Sud e le Isole”.(Rapporto Fondazione).
“Se le classi infelici non fossero accarezzate dalla carità, non si rassegnerebbero pacificamente al loro destino”. Camillo Benso conte di Cavour, un notorio filantropo.

La scienza del Grillo

Sulla sperimentazione animale e gli xenotrapianti viene fuori l'aspetto più pericoloso dei 5S: l'irrazionalità. Si può accettare tutto come parte di una contraddizione che appartiene al popolo, e su molte questioni Grillo ha ragione da vendere, ma non si può accettare la esiziale stupidità di chi scambia l'irrazionalità con il buon vivere. 
Quella degli xenotrapianti è l'ultima puntata di una serie grottesca di affermazioni e opinioni che arricchiscono la galleria delle bufale grilline. 
L'Aids non esiste, il Prof Di Bella cura il cancro da 30 anni, i vaccini fanno male, il pomodoro geneticamente modificato che ha ucciso 60 ragazzi e per ultimo le bizzarrie del biowashball, la palla che cancella le macchie. Un mare di idiozie, ma nienteaffatto benevole. Posso farmi quattro risate su chi pretende di curare usando i pendolini o dandoti dei fiori magici, tanto alla fine sono inoffensivi, ma non posso accettare che si facciano leggi potenzialmente stragiste come quelle sulla proibizione dei vaccini (mi dicono che in Lombardia ci hanno provato) o sulla sperimentazione animale  e gli xenotrapianti.
Tutto l'universo grillino è impregnato di irrazionalismo e di ammiccamenti a compagni di strada come Simoncini o Mazzucco, nomi ben conosciuti nell'universo cospirazionista  che non meritano commenti. Fatevi un giro per i vari meetup e vi renderete conto.
La politica italiana ci sta mettendo alle strette e l'ultima delle sue vigliaccate è quella di costringerci ad ingoiare il boccone amaro  di un'alternativa rappresentata da questo genere di persone. 

domenica 6 ottobre 2013

Krugman: La triste ma serissima storia del Molto Onorevole Sabotatore

da ilsole24ore

C'era una volta un funzionario pubblico che aveva un piano: era convinto che per rilanciare l'economia bisognasse spedire squadre di sabotatori in tutto il Paese per ostacolare sistematicamente la produzione.
Perché fosse convinto di una cosa del genere non importa: era quello che tutte le Persone Tanto Coscienziose dicevano, vai a sapere perché.
Il piano fu messo in atto, prima con gradualità, poi a ritmo sempre più sostenuto. I sabotatori stavano facendo danni ingenti: secondo le stime più attendibili avevano distrutto circa il 3 per cento della produzione nazionale. Ma dopo tre anni cominciarono a succedere due cose: la prima fu che il Molto Onorevole Sabotatore interruppe l'escalation, anzi cominciò addirittura a rallentare; la seconda fu che il settore privato imparò a fronteggiare in modo più efficace le squadre di sabotatori, limitando i loro danni.

L'economia di conseguenza ricominciò a crescere: anzi, si mise a crescere un po' più velocemente del normale, via via che le fabbriche sabotate si rimettevano in carreggiata.
E a questo punto il Molto Onorevole Sabotatore si mise a cantare vittoria. «Vedete?», disse. «Le mie politiche sono state un successo e i miei detrattori avevano torto».
Sembra una storia idiota, no?
Ma come ha spiegato recentemente l'editorialista del Financial Times Martin Wolf, è la storia di George Osborne, il ministro dell'Economia inglese.
Ma allora qual è il vero oggetto del contendere?

Simon Wren-Lewis, professore di economia a Oxford, recentemente ha pubblicato online alcune osservazioni sull'«illusione dell'austerity», stimolate da un articolo sul The Telegraph del giornalista economico-finanziario inglese Jeremy Warner, che presenta tutto il dibattito sull'austerity come un confronto fra «statalisti» e «liberisti».
L'osservazione di Wren-Lewis è che solo uno degli schieramenti in campo in questo dibattito lo vede in questi termini: chi contesta l'adozione di politiche di austerity in una situazione di depressione economica lo fa perché è convinto che misure del genere possono avere come unico effetto quello di aggravare la depressione (come infatti è stato).
I sostenitori del rigore, invece, non dicono la verità sulle loro motivazioni. Usano parole forti, ma se si guarda alle loro recenti reazioni si capisce chiaramente che tutte le loro tesi sull'austerità espansiva – le soglie del 90 per cento e tutto il resto – erano solo scuse funzionali al loro vero obbiettivo: smantellare lo Stato sociale.
Questo spiega a sua volta perché la Waterloo intellettuale a cui sono andati incontro i loro presunti argomenti non abbia mutato minimamente le loro posizioni.

Un punto interessante che coglie Wren-Lewis, e che anch'io ho sottolineato in altre occasioni, è che le persone schierate in favore del rigore in questo dibattito non sono semplicemente in malafede: è proprio che sembrano non concepire l'idea che qualcun altro possa sostenere una certa posizione in buona fede. Quando l'argomento in discussione erano gli stimoli di bilancio, molte persone a destra – anche economisti come Robert Lucas – davano semplicemente per scontato che gente come Christy Romer, l'ex capo del Consiglio dei consulenti economici dell'amministrazione Obama, fabbricasse dati ad arte per favorire i propri obbiettivi politici.
E ora probabilmente è chiaro perché lo davano per scontato: loro è così che lavorano.
Insomma, si è trattato di un dibattito asimmetrico: per questo la mia parte ha stravinto sui fatti, ma continua a perdere nella sfera politica.


(Traduzione di Fabio Galimberti)


sabato 5 ottobre 2013

Così non va Rodotà 2

Mi scusi se insisto Prof. Rodotà, ma credo che occorra darsi una mossa e dare una messa a punto ai paradigmi. Così non va, glielo detto e glielo ripeto. Così non va. Ho letto il suo intervento dal titolo “ l'agenda politica che serve al paese”. Se l'astrazione fosse un programma politico e i discorsi generici una panacea, saremmo a cavallo. Ma così non è. Se è vero come è vero che la situazione è grave, e che viviamo in seno ad un corpo sociale martoriato e malfermo sulle gambe, tale da farci presagire l'imminente tragedia, occorre qualcosa di più che dichiarazioni di intenti così pregevoli e allo stesso tempo di così poca sostanza. 
Tempo fa scrissi della politica italiana come fonte di “learned helplessness”, cioè di un sentimento che annulla ogni aspettativa positiva dell'azione, condannata ad un'inevitabile fallimento qualunque siano le intenzioni o la perizia, con il risultato di una profonda e insanabile depressione. Ecco la situazione italiana è questa, e a nulla vale esorcizzare il male con parole come gattopardismo. Lei però con le sue parole non mi è di alcun conforto e mi da l'idea di non volere uscire dalle paludi di un politicismo d'antan, giustificandosi con l'alibi della prudenza e della ponderazione. Cambiare registro. Oggi più che mai il decisionismo e il parlare chiaro sono la chiave della strategia. Dica semplicemente: faccio parte di una classe intellettuale che vuol prendersi la briga di cambiare l'Italia per cambiare l'Europa e faccio a tutti questa proposta per un governo del paese, ecc. ecc.

Occorre- metaforicamente parlando- una chiamata alle armi, la formazione di un esercito compatto, ramificato sul territorio, con sue casematte e suoi sottufficiali, che si arruolino non per avidità, ma per l'ideale. Mi creda non voglio qui rispolverare un elitismo d'accatto ed eleggere lei quale “Custode della Costituzione”, ma da che mondo e mondo le masse hanno bisogno di chi gli mostri la via, perché altrimenti non possono fare altro che girarsi attorno e accontentarsi della mera sopravvivenza, limitandosi tuttalpiù ad inseguire sogni, anche questi ormai sempre meno a buon mercato.

Lei Professore come pure il sindacalista Landini, lasciate per un istante da parte la prudenza e la saggezza, abbandonate i toni vaghi, dateci un bel programmino, almeno come esperimento socio-politico, e noi masse ignoranti, forse vi seguiremo.


venerdì 4 ottobre 2013

W il debito pubblico


La sinistra è afasica e Grillo ha preso il pallottoliere per contare i debiti. 

Non sono i debiti caro Grillo è il fatto di non poterne fare.

giovedì 3 ottobre 2013

Nel Canale di Sicilia...

di Franco Berardi

Nel Canale di Sicilia centinaia di migranti oggi sono morti affogati dalla legge Bossi Fini e da una classe politica di mascalzoni.
Oggi è giorno di festa per Letta Alfano e Napolitano.
Festeggiano la sconfitta di Berlusconi, dimenticando un piccolo particolare: il programma con cui Berlusconi venne sulla scena politica nel 1993 si è integralmente realizzato. L’uomo di Mediaset e della P2 voleva che dopo Tangentopoli i democristiani continuassero a governare. Non trovò il democristiano capace di eseguire il suo progetto e allora se ne dovette occupare personalmente. Venti anni dopo, sulla scena politica sono rimasti solo democristiani. Ma soprattutto l’uomo di Mediaset e della P2 voleva distruggere la forza dei lavoratori, ridurre i salari alla metà costringere i lavoratori a sottomettersi al ricatto infinito della precarietà. Anche questo è perfettamente riuscito grazie ai governi di centro sinistra e a quelli di centro destra che si sono succeduti in perfetta coerenza e continuità.

Nel Canale di Sicilia c’è una fossa comune nella quale per sempre giacciono migliaia di uomini donne e bambini che le guerre armate dalla follia economica e religiosa cacciano dalle loro case a cercare lavoro e a trovare morte.
Nelle varie regioni della penisola decine di migliaia di migranti soffrono in campi di concentramento nazisti inventati dai democratici Turco e Napolitano e rinforzati dai non meno democratici Bossi e Fini con l’istigazione al’omicidio che si chiama “respingimento”.

Ma oggi è giorno di festa per una classe politica di mascalzoni e di servi.
Festeggiano la ritrovata forza di governo che permetterà loro di distruggere definitivamente la società italiana, di generalizzare a tutta la forza lavoro il decreto schiavista firmato per i lavoratori dell’EXPO, che prevede l’imposizione di lavoro gratuito.
Festeggiano l’unità che permetterà loro di eseguire i dettati degli speculatori che hanno sottomesso il progetto europeo agli interessi delle grandi banche, e passo passo stanno conducendo l’Europa verso la guerra civile.

A Lampedusa giungono cadaveri dentro buste di plastica azzurra.
Quanti altri migranti devono uccidere ancora gli assassini in festa, prima che qualcuno cancelli l’infamia della loro legge?


Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...