lunedì 27 gennaio 2014

Organismo Internazionale del Lavoro 2013



Tonino D’Orazio.



Le richieste della Confederazione Internazionale dei Sindacati (Ituc-Csi) agli oltre 2.500 partecipanti al World Economic Forum di Davos, in massima parte amministratori e manager di grandi imprese multinazionali, capi di stato e di governo, rappresentanti delle organizzazioni internazionali sono un elenco ingenuo dei mali, cioè dei danni irreversibili delle politiche neoliberiste e di “libero” mercato. Le vittorie vinte dai ricchi in questa guerra contro i poveri esposte ad una assemblea retriva e convinta di andare avanti sulla strada disastrosa intrapresa.

Bastano i titoli a dare una idea della relazione, drammatica sì, ma soffici, analitici, distaccati, senza responsabilità, un elenco:

Nella UE, mancano quasi 6 milioni di posti di lavoro per tornare alla situazione occupazionale pre-crisi… e nel 2013 la disoccupazione continua a peggiorare nella maggior parte dei paesi.. i lavoratori giovani o poco qualificati sono quelli maggiormente colpiti. L’aumento delle forme atipiche di occupazione riflette probabilmente (notate l’eufemismo) l’incertezza delle imprese rispetto alle prospettive della domanda... Il peggioramento della situazione dell’occupazione ha fatto crescere il rischio di disordini sociali. Secondo le ultime stime preparate per la Riunione Regionale Europea dell’ILO, il rischio di disordini sociali nella UE è aumentato di 12. C’è bisogno di strategie favorevoli all’occupazione.

C’è sempre una vera ambiguità nelle parole. Nel quadro giuridico attuale della perdita dei diritti del mondo del lavoro, nell’aumento dei ritmi e dell’orario, non si capisce se le strategie all’occupazioni continuino a contemplare maggior sfruttamento per la competitività oppure “buona” occupazione e dignità di vita dei lavoratori.

In quanto ai prossimi disordini sociali (già bollati in anticipo come sovvertimento, eversione, terrorismo, anarchia) mi sembra che la formula “per ragioni di sicurezza” sia già abbondantemente sfruttata oggi, sino a diventare quasi una tecnica governativa repressiva e permanente nel mondo intero, con formule diverse che rasentano sempre un vero attacco alla democrazia. Se uno vuole vedere.

A livello mondiale c’è stagnazione, anzi nessuna ripresa. Vi sono 200 milioni di disoccupati e probabilmente 250 milioni l’anno prossimo. Insomma alta disoccupazione, tagli ai salari, alti livelli di indebitamento delle famiglie, abbattimento delle tutele previdenziali, sociali e del lavoro. Crescono in modo esponenziale le disuguaglianze e le politiche di austerità stanno disarticolando gli Stati. Parola del FMI. Evviva l’analisi a danno fatto. Può pentirsi e ravvedersi il Word Economic Forum? Qualcuno cita la ridistribuzione delle ricchezze prodotte, visto che le patrimoniali fanno paura anche alla sinistra riformista?

Forse (non sono sicuri della crescita sempre preannunciata ma della disoccupazione sì) è in atto una “crescita senza occupazione”. Il piano per gli investimenti e l'occupazione, i salari e la protezione sociale, elaborato dall'Ituc per Davos 2014, include: investimenti infrastrutturali mirati per migliorare il potenziale produttivo nel lungo termine e andare verso un'economia a bassa emissione di carbonio; aumentare il potere d'acquisto delle famiglie a medio – basso reddito riducendo la disuguaglianza e rafforzando la contrattazione collettiva e il salario minimo; investire nelle politiche attive del mercato del lavoro per aumentare i livelli di competenze e ridurre la disoccupazione giovanile; ridurre l'informalità del lavoro e creare lavoro dignitoso nei Paesi emergenti e in via di sviluppo. Magari anche nel nostro.

Cioè il socialismo minimo di Turati del 1886! Quel socialismo cui sino al suo avvento è bene cooperare con il capitalismo. La linea di avanguardia del PSE.

Chi dovrebbe metterlo in opera questo piano e come? A chi lo sta chiedendo l’organizzazione sindacale mondiale? Al neoliberismo responsabile scientificamente e ideologicamente proprio della disastrata situazione attuale? All’assemblea del capitalismo becero e avanzato (Papa Francesco dixit) presente al WEC di Davos? A quei politici o amministratori presenti in assemblea che svendono i beni comuni o li distruggono per avere in cambio “meriti, plauso” e buone uscite milionarie?

In realtà si limita a chiedere al lupo presente e gongolante di non mangiare l’agnello dopo aver disposto a vista la carne viva nel suo elenco annuale. Elenco molto simile, e in niente risolutivo, di anno in anno dal 2008. Un po’ come dare i dettagli di una casa “sgarrupata” dalle ruspe voraci e lamentarsi dell’ineluttabilità.

domenica 26 gennaio 2014

Una lista per Tsipras alle prossime elezioni europee. Sempre che non sia troppo tardi

Franco Cilli da Italian Bloggers



Una lista per Tsipras sembra una buona idea, una sorta di medicina naturale capace di drenare la bile nera di un popolo deluso, sempre pronto a leccarsi le ferite, sempre in attesa di quell’avvento che realizzi almeno un po’ di giustizia in terra. Il fronte che aderisce alla lista è ampio e va da Flores D’Arcais, ai professori fino a Toni Negri. Da una parte una borghesia illuminata (negli Usa sarebbero iscritti di diritto al fronte liberal), quella dei Revelli, dei Ginsborg, dei Rodotà e compagnia, e dall’altra i reduci di un movimento che affonda le sue radici nel marxismo e nell’operaismo degli anni 60, per approdare a una visione spinoziana delle moltitudini e all’idea del comune come valore fondante di un nuovo soggetto politico, nipote di quel famoso General Intellect marxiano.
Negri parte dalla considerazione che l’Europa è un dato acquisito e che riproporre i nazionalismi, per lui che in fondo è ancora storicista senza volerlo, è un controsenso. Solo all’interno della dimensione Europa ha senso una lotta per i diritti universali. L’Europa è un terreno irrinunciabile ed un trampolino di lancio per nuove lotte all’insegna di un altro mondo possibile. Semmai occorre ripensare l’Europa e rompere quel dispositivo che la rende funzionale alle logiche del mercato, al liberismo.
Flores e compagni concordano con una visione europeista e con un’idea di economia che si smarchi da quell'ideologia liberista che infanga l’onore dei veri liberali come loro. Illuminati si, ma giammai delle bestie senza cuore che si affidano con levità e cinismo agli spiriti animali del mercato. Tsipras mette d’accordo tutti, lui incarna idee buone, ma anche fattibilità di un progetto, visto che è riuscito a conquistare la maggioranza del paese. Quale esempio migliore per sconfiggere il pessimismo, malattia degenerativa del comunismo?
Il problema è solo uno: il tempo. Far metabolizzare questa idea alla maggioranza di quelle persone, davvero un gran massa di gente, che rappresenta il popolo del Bene Comune, e convincerla che non è la solita operazione verticistica destinata all’insuccesso come la fu Sinistra Arcobaleno e la fu Rivoluzione Civile, richiede tempo, passione, sudore. Convincere un popolo paziente ma disilluso significa adottare buone pratiche e spendersi con una presenza costante sul territorio. Dall’altra parte c’è Grillo in agguato, che invece ha mostrato determinazione, volontà ed efficienza, e che offre soluzioni a tutti i mali. Un concorrente temibile, in gradio di polarizzare il consenso di ampia parte della sinistra
Qualcuno afferma che questa è l’ultima occasione per la sinistra.
Difficile dirlo, ma poco importa se consideriamo “sinistra” una categoria dello spirito che come tale potremmo tranquillamente relegare fra i vecchi arnesi del novecento. Di sicuro sappiamo che nessuna persona sensata vuole il futuro rappresentato da questa Europa: smantellamento del welfare, privatizzazione dei servizi pubblici, riduzione dei salari, abolizione delle garanzie del lavoro. Il tutto con l’alibi del pareggio di bilancio, come se la massa multiforme dei cittadini europei fosse un sol uomo, uno avventato che contrae un debito e che per questo è tenuto a pagarlo.
Tsipras è una speranza concreta di cambiamento di rotta. Sempre che non sia troppo tardi.

Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...