sabato 31 maggio 2014

Considerazioni sui dati elettorali 2014


di Tonino D'Orazio 


L’elettore fantasma e il suo movimento sono maggioranza nazionale in quasi tutti i paesi europei.

Rinnovo il mio articolo sulla questione di democrazia e astensione. Intanto perché stupito dalla dichiarazione della Commissione Europea che pur notando che la media europea dei votanti è stata del 43,1% (senza le nulle e le bianche) titolava:”sconfitta l’astensione”. Eppure in molti paesi l’astensione ha superato tranquillamente il 50%. La partecipazione alle votazioni è passata dal 61,9% del 1979, al 58,9% del 1984, al 58,4% del 1989, al 49,5% del 1999, 45,4% del 2004 fino al 43% del 2009. Si può parlare di fallimento della rappresentanza politica in tutta la UE quando nell’arena si presentano ormai meno della metà degli aventi diritto? Lo si può ritenere uno “sciopero bianco” di cittadinanza? Esiste un concetto diverso, non sufficientemente esplorato, tra un’astensione apatica e un’astensione critica?

La crescita degli euroscettitici, parola già morbida se si confronta i loro programmi, è esponenziale. Diventa difficile, se si continua a ragionare solo di destra/e pseudo-sinistra, capire che in realtà il “populismo” complessivo è piuttosto una risposta del basso verso l’alto e verso le ingiustizie sociali che questa Europa sta tranquillamente determinando.

In Italia per le europee 2014: Elettori: 49.256.169 - Votanti: 28.908.004 (58,68 %). Schede bianche 577.856 (1,99%). Schede nulle 954.718 (3,30%) sono quelle “sporcate” dall’elettore. Schede contestate, non assegnate 3.683 (0,01%). Totale 5,29% che vanno aggiunti agli astensionisti. I dati sono del Ministero dell’Interno.

Anche quelli delle europee del 2009: Elettori 49.135.080 – Votanti 32.659.162 (66,46%). Schede bianche 984.156 (3,01%). Schede nulle addirittura 1.134.572 (3,47). Totale 6,48%. Che vanno aggiunti agli astensionisti perché pur sempre di protesta si tratta.

Si registra quindi una diminuzione notevole dei votanti del 7.74%. Cioè grosso modo 3.750.000 di cittadini in più, in rapporto al 2009, che hanno deciso di non andare a votare. Ma in molte regioni e comuni, soprattutto nelle isole e nel meridione sono andati a votare poco più del 40%.

Le percentuali ottenute dai partiti sono in realtà, a questo punto, la metà se tenuto conto di tutti gli elettori. Solo gli Olandesi e i Danesi le danno in quest’ordine. Per cui il PD rappresenta 20,4 cittadini italiani, M5S 10.5; FI 8.4; Lega Nord 3; NCD 2,15; Lista Tsipras 2; Fratelli d’Italia 1,8. Diciamo che c’è poco da rallegrarsi soprattutto pensando che 20/25 cittadini decideranno tramite il loro partito “vincitore” di monopolizzare la vita e il futuro degli altri 75 (25 votanti e 50 no)

Una riflessione sulla politicità del voto va fatta, soprattutto se come ha scritto il Corriere della sera, Renzi (o il PD?) «è votabile da chi non solo non è di sinistra ma è anche contro la sinistra (o il sindacato)». Indubbiamente l’effetto del ceffone alla Cgil, (ma anche agli altri sindacati oggi smarriti perché pensano di non meritarselo essendo stati sempre assecondabili), comunque paradossalmente e indubbiamente gran serbatoio dei suoi voti, sembra aver procurato voti presi alla destra o a FI, non tanto al M5S. Oppure Renzi ha indovinato che parte della popolazione, in catarsi di colpevolezza, ritiene inutili, vecchi e settari i sindacati? Sono colpevoli della perdita dei diritti dei lavoratori, della loro “inamovibilità” e della falsa autonomia ai partiti?

Il poker calato sembra rappresentare al meglio il jobact, altro che “centralità del lavoro”. I lavoratori vengono “regalati” ai padroni senza contropartita. Quindi centralità del mercato e dell’impresa, nella pura continuità del neoliberismo e con il plebiscito dei lavoratori stessi, magari pure del pubblico impiego già deciso alla mattanza (sempre richiesta dalla Confindustria) di Sant’Antonio del 13 giugno prossimo. Quando si dice la sindrome di Stoccolma! O meglio “l’alienazione operaia” già descritta un secolo e mezzo fa da Marx nel Capitale. Forse i famosi 80€ presi a loro stessi, non per tutti ma altri sperano ancora, rappresentano anche la mercificazione del voto, non certamente la sua dignità, ma soprattutto la subalternità ormai ben definita dei lavoratori alla classe dominante. Non basta parlare quindi dello spauracchio Grillo, che pur, media dirigens, a finito per prevalere, malgrado Mediaset (da oggi, piano piano all’opposizione mediatica a Renzie ma non di voto parlamentare garantito dal patto di ferro PD-FI). E se il concetto di o l’uno o l’altro era ben presente a rimetterci è stato soprattutto FI e le destre disunite in genere. Chi di bipolarismo vive di bipolarismo può morire (a proposito dell’Italicum).

Un discorso spurio va fatto sul M5S. E’ un movimento che, volente o nolente, in 18 mesi ha portato 17 parlamentari in Europa oltre ai 130 tra senatori e deputati nel nostro parlamento. Era dato come movimento di semplice protesta con il suo 25%. Bene, scremato dai protestatari (4%) rimane al 21%, secondo solo dopo il PD. E’ un movimento di opposizione, e che questo esista è sempre un bene per la democrazia, checché ne pensino i vari tribuni e talebani dei partiti attuali, e di denuncia di malefatte anche legali dei poteri forti ai danni dei cittadini e dei beni pubblici, che altri, pur non essendone proprietari hanno e stanno svendendo. Rappresentano in gran parte i giovani, né destra né sinistra in termini storici (andava bene per Blair?), ma basso verso l’alto, anche se confusamente. Tutti lodano, nel PD (che usurpa ormai il termine di sinistra) e in FI, il superamento delle ideologie ad uso e consumo proprio, ma per il M5S non vale. Vengono qualificati di fascisti allorché, con il consenso popolare, i veri fascisti (anche se hanno cambiato nome) sono stati al governo per almeno 15 anni (Lega compresa). E se nella mia cultura (Gramsci dixit) i fascisti sono “tutti quelli che tendono a ridurre i diritti e la qualità della vita dei lavoratori, ad impoverirli con le loro famiglie e a soggiogarli”, ognuno, tenuto conto della disastrosa realtà, faccia i conti con la propria coscienza. Il passaggio epocale delle socialdemocrazie europee su posizioni di politiche economiche neoliberiste insieme ai conservatori (sempre Blair e Schröder e non sarà da meno Schulz), in realtà alle destre comprese quelle nord americane immanenti e nascoste, rappresenta la fascistizzazione dell’Europa tramite oligarchie di poteri non elette e quindi antidemocratiche. Straordinariamente se ne lamentano anche le destre europee estreme. Perché il M5S, alternativo, dovrebbe essere buono e unirsi al “grande patto della fame”, che ritengo scellerato per il futuro del mondo del lavoro, per diventare “democratici” come loro, tendenti al partito unico? Perché hanno un leader come tutti gli altri? Il resto sono chiacchiere e sassi di parole lanciate per la gioia degli “incolpevoli”, o chi si ritiene tale, puro e di parte, anche contro se stesso. L’aspetto critico nella fenomenologia della realtà rimane l’unico elemento di onestà intellettuale.

venerdì 16 maggio 2014

Non sparate sulla scheda bianca o sull’astensione

di Tonino D'Orazio

La scheda elettorale bianca non può essere considerata nulla, al pari di quella “sporcata”. Nulla come se l’elettore fosse incapace di votare. E’ un voto vero che indica un atto democratico di rifiuto sia degli uni che degli altri. Deve essere considerato una scelta consapevole, non un’astensione.

Finché le schede bianche non saranno considerate come voto espresso rimarranno inutili e non aumenteranno sensibilmente. Anche se vengono semplicemente conteggiate non intervengono in nessun modo sul risultato. L’elettore vuole “pesare” e una scheda bianca non contabilizzata non pesa nulla. Il computo della percentuale ottenuta dai candidati rimane sempre sul numero dei voti “validi”. In verità le schede bianche, così come l’astensione, rappresentano però una vera scelta elettorale e un vero malessere nell’ambito della democrazia. Soprattutto se la rappresentanza politica è percepita come semplice alternanza (espressione “sono tutti uguali”). E il prodotto offerto, in realtà, è sempre identico.

In un libro straordinario Lucidità, José Saramago sottolineava il potenziale sovversivo della scheda bianca. In una capitale immaginaria le elezioni amministrative danno un risultato sconcertante: “ destra 8 %, centro 8%, sinistra 1%, astenuti 0, nulle 0, schede bianche 83%”. Annunciando il risultato, con il viso livido, il primo ministro ha capito che “queste bianche hanno dato un colpo brutale alla normalità democratica e che 83% degli elettori della città, con una mano poco patriottica, le hanno deposte nelle urne.” (per il seguito il libro vale la pena di essere letto, è lucidissimo e anche divertente).

E’ vero che l’astensione attiva è una posizione politica più coerente, più chiara, con nessuna richiesta di essere considerata dalla politica, alla quale, d’altronde, sembra interessare poco, l’importante è governare con quelli che vogliono esserlo. In realtà l’astensione agisce evitando di partecipare a questa organizzazione politica fondata sull’annullamento totale della rappresentatività e del potere popolare e la presa di possesso delle istituzioni e degli strumenti di democrazia da parte delle oligarchie partitiche. Non voglio votare per qualcuno che mi viene imposto o essere preso costantemente in giro. E’il giusto argomento dell’astensionista, non c’è che dire. Né si può a cuor leggero citare in termini dispregiativi di “populismo” il 50% dei cittadini che non vogliono più votare, che se aggiunti al 25% di altri “populisti” (M5S) e al 3-4% di schede bianche e nulle, il resto democratico fa ridere, nei contenuti e nella rappresentanza. Possiamo dire che la “maggioranza” è una vera “minoranza”. Ma anche se gli astensionisti fossero solo il 30% (cifra endemica e quasi naturale nei paesi a democrazia occidentale) rimarrebbero comunque il “movimento” più rappresentativo dei cittadini.

A livello europeo la paura montante delle destre, soffiata sia dal Partito Popolare che dal PSE in coalizione obbligatoria per sempre contro il “populismo” o il “popolo”, non dovrebbe spaventarci. Per quello che stanno facendo ai lavoratori, tedeschi compresi, più destra di così, nei fatti e nell’abbattimento del welfare, elemento di solidarietà e di dignità di vita del sociale, e nell’impoverimento di milioni di persone, si muore. Anzi, a mio avviso, avranno bisogno di queste destre per continuare il loro deleterio cammino, teatrino a recita dove si stenta a riconoscere le parti vere. I neonazisti ucraini stanno mostrando da che parte sono contro chi non vuole morire o farsi derubare dal, e nel, “migliore dei mondi possibili”, (a ragion veduta e esperienze esposte), sotto i diktat di gruppuscoli non eletti e lobbisti, come nella “normalità democratica” della troika internazionale e dei governi imposti e servi. Né per questi vale l’autodeterminazione dei popoli né i loro referendum “bulgari” che vengono dichiarati “illegali”. Ma da chi? Quando non conviene (di nuovo a chi?) il voto diventa illegale. Sembra esserci una democrazia giusta e una no. Esiste il diritto a resistere a un colpo di stato? Dire che Putin fa il furbo per addossargli la colpa della loro sottovalutazione geopolitica significa che Obama e l’Europa satellite sono proprio degli stupidi. Con il colpo di stato “pacifici” (anzi parecchi) gli occidentali hanno messo in crisi il concetto di democrazia anche a casa loro.

Mentre la scheda bianca significa comunque partecipazione e quindi legittimare queste istituzioni e rimanere nel quadro costituito. Astenersi invece è come superare la linea della disubbidienza del “dovere” del voto in vista di una massa critica, di una grande e vera folla di individui, che intravvede solo idee “sovversive” di cambiamento. Anche se le motivazioni vengono rappresentate più come disinteresse e come disgusto della politica in atto.

In una democrazia, è normale che l'opposizione non si trovi d'accordo con la maggioranza, è normale che non si facciano accordi con chi non condivide il tuo pensiero o azione politica e possa esprimerlo. Il succo della democrazia sta tutto qua. Senza vera opposizione si può tranquillamente dire di essere in “dittatura dolce”.

Chi non vota non ha necessariamente torto; rifiuta democraticamente ciò che gli viene offerto. Ne ha “diritto”? O votare è un “dovere” verso chi ormai ha piegato tutte le istituzioni al proprio comando e resa una scelta possibile una farsa? Tra il popolo e l’elezione dei suoi rappresentanti nelle sedi legislative c’è un passaggio costituzionale. I partiti, tramite i loro segretari, hanno scelto prima loro, e imposto in questo modo due passaggi obbligando il cittadino a un voto subordinato. Diciamo in modo “non ti preoccupare, ci penso prima io a sceglierti i tuoi rappresentanti, tu basta che ci voti”.

Allora non sparate sulle schede bianche e sull’astensione. Come movimento sono la maggioranza vera in tutti i paesi a democrazia occidentale. Pensare di esportarla non vi sembra presunzione?

giovedì 15 maggio 2014

L' "Altra Psichiatria". Le proposte dell'Altra Città per la psichiatria



L'Altra Città: cosa può fare il Comune nel campo della salute mentale

Spostare l'asse dell'intervento riabilitativo nella direzione di una residenzialità a “minore intensità”, ma a maggiore resa in termine di autonomia dei soggetti e di inserimento sociale e lavorativo
Il Comune dovrebbe esigere dalla ASL e dalla Regione che i soldi vengano spesi in maniera appropriata e in grado di dare le risposte migliori. Il Comune dovrebbe individuare e mettere a disposizione immobili per gruppi appartamento e strutture riabilitative.

Quando parliamo di residenzialità psichiatrica intendiamo riferirci a strutture residenziali o semiresidenziali che fanno parte di quella filiera di interventi e tecniche che compongono il percorso riabilitativo psichiatrico. Possiamo sinteticamente classificare le residenze psichiatriche in strutture ad "alta intensità assistenziale” e strutture a “bassa intensità assistenziale". Le strutture comunitarie protette e non protette sono ad alta intensità assistenziale e la maggior parte di loro sono di pertinenza del settore privato. Le case famiglia e i gruppi appartamento sono strutture a bassa intensità assistenziale e sono a carico del pubblico.

Il fabbisogno dei posti letto è stabilito in base a riferimenti normativi che determinano la percentuale di posti letto per 10.000 abitanti. In definitiva in base agli indici presentati nel PSR 2008-2010 (L.R. 5/2008) abbiamo 2 posti letto per 10.000 abitanti!

Il fabbisogno dei setting assistenziali già previsti nel PSR 2008-2010, è così

rideterminato:

�� Residenze riabilitative per la post acuzie 0,6 PL x 10.000 Abitanti

�� Case Famiglia 0.5 PL x 10.000 Abitanti

�� Gruppi Appartamento 0,35 PL x 10.000 Abitanti

�� Residenze Protette 0.55 PL x 10.000 Abitanti

Riguardo ai costi valgono come riferimento i dati pubblicati nel Bura n. 8 della regione Abruzzo del 27/02/2013 che stabilisce un budget per le strutture private. Nella sola provincia di Pescara è previsto un budget per l'anno a cui si fa riferimento di 7.477.383,97 euro così ripartiti: 3.013.438,96 per le strutture di Villa Pini e 4.462.945,01 per Villa Serena. I posti letto sono in totale 226 quindi ognuno costa in media 3.300 euro al mese.

Se guardiamo alla spesa complessiva per la Regione Abruzzo il budget previsto è di 15.965.763,34 euro. Queste spese si riferiscono ovviamente alla spesa per le residenze situate nella Regione Abruzzo a cui vanno sommate le spese per i ricoveri extraregionali di cui non si posseggono dati. E' ragionevole supporre che una struttura riabilitativa in Lazio o in Piemonte abbia un costo relativamente più elevato di quelle abruzzesi.

Per capire i contenuti della nostra proposta occorre aggiungere che alle spese per la residenzialità in campo psichiatrico vanno sommate le spese per i vari progetti riguardanti la salute mentale, per la parte riferita all'inserimento lavorativo dei pazienti con disabilità, come i finanziamenti per il progetto Armonia e le borse lavoro. Valga come dato lo stanziamento approvato nell'Aprile 2009 dalla Regione Abruzzo (Assessore alla sanità Venturoni) di 4 milioni di euro così ripartiti per Asl: Avezzano/Sulmona 412.318,76 euro, Chieti 366.875,55 euro, L'Aquila 386.482,73 euro, Lanciano/Vasto 306.257,85 euro, Pescara 685.565,65 euro, Teramo 842.499,46 euro. Quanto alle borse lavoro: Avezzano/Sulmona 119.800,00 euro, Chieti 81.600,00 euro, L'Aquila 94.500,00 euro, Lanciano/Vasto 116.000,00 euro, Pescara 265.000,00 euro, Teramo 200.100,00 euro.

Ovviamente come lista che concorre alle elezioni del consiglio comunale non possiamo fare riferimento nelle nostre proposte a stanziamenti che sono su base regionale se non in un'ottica di sinergia con la Regione stessa. 
È fondamentale l'intervento dell'istituzione comunale nella ricognizione di strutture alloggiative idonee a svolgere la funzione di strutture riabilitative, così come è fondamentale il ruolo comunale nello stabilire una relazione, in quanto autorità sanitaria, con la ASL di competenza.

L' idea è quella di migliorare l'offerta riabilitativa, razionalizzando gli interventi e nello stesso tempo le spese. Come? Innanzitutto agganciando la residenzialità ad una borsa lavoro, in quei casi in cui il progetto riabilitativo preveda un passaggio a strutture residenziali e nel contempo l'addestramento al lavoro. Tutto ciò mantenendo fermi i capisaldi del percorso riabilitativo che includono, oltre all'acquisizione di competenze sociali, gli assi casa e lavoro. In secondo luogo spostando l'asse dell'intervento riabilitativo, fortemente sbilanciato verso la residenzialità protetta, nella direzione di una residenzialità a “minore intensità”, ma a maggiore resa in termine di autonomia dei soggetti e di inserimento sociale e lavorativo.

Chi opera nel settore sa perfettamente che la soluzione comunità protetta o riabilitativa spesso rappresenta una soluzione che va a supplire la mancanza di risorse e di soluzioni alternative differenti e che invece, in una buona percentuale di casi, il potenziamento dei servizi territoriali e un'offerta di residenzialità “leggera” renderebbero non necessario il ricorso a strutture a elevata intensità. Questo non significa abolire le strutture comunitarie ad elevata intensità di cura ma inserirle in un percorso dove ogni risorsa e ogni mezzo sia utilizzato in modo appropriato. Sappiamo benissimo che spesso i pazienti permangono anni in strutture riabilitative protette per mancanza di soluzioni alternative, con una lievitazione notevole dei costi notevole. Se consideriamo che mediamente un posto letto costa 3-4mila euro mensili, con la stessa cifra potremmo finanziare 4 posti in un gruppo appartamento, abbinando a questo, ove se ne ravvedesse l'opportunità, anche una borsa lavoro.

Un discorso a parte merita Artis, un progetto di integrazione socio-sanitaria, cofinanziato dalla Asl e dal Comune, che prevede l'impiego di figure professionali (psicologi), che fanno riferimento ad Associazioni di familiari di pazienti psichiatrici, come Percorsi e Cosma, i quali si fanno carico, in collaborazione con gli psichiatri della ASL, di progetti riabilitativi individuali, imperniati sull'acquisizione di competenze sociali. Tale progetto rappresenta una risorsa preziosa e va mantenuto e potenziato.


Loredana Di Paola, candidata sindaca L'Altra Città

martedì 13 maggio 2014

Yoani Sánchez, qualcuno la molla

dal blog di Gennaro Crotenuto
 

Sto ricevendo decine di messaggi pubblici e privati su Yoani Sánchez, la sua (presunta) rottura del contratto con La Stampa (quello su Internazionale è già fermo da un anno). Tali messaggi sono causati dall’outing del suo traduttore Gordiano Lupi che ora si sente libero di dirne peste e corna e raccontare quello che in tanti denunciavano da anni: l’avidità maniacale e le balle sulla persecuzione che subirebbe all’Avana.
Alcuni mi fanno i complimenti, ma io non ho fatto nulla né penso che Gordiano dica cose nuove o particolarmente significative. Fa piacere però la memoria lunga di alcuni e il fatto che citino a distanza di anni il mio lavoro. Nello specifico però c’è poco da gioire o pavoneggiarsi. Notizia sarebbe stata se fosse stata La Stampa a rompere il contratto, riconoscendo finalmente in Yoani non un’informatrice credibile, quale è stata fatta passare per anni, ma quel che è: un fenomeno mediatico costruito a tavolino, tanto perfetto da essere incredibile a chiunque avesse una lettura raffinata delle cose.
Anche adesso che Gordiano Lupi arriva a chiedersi se Yoani sia davvero un’agente della CIA o non sia invece al soldo del perfido Fidel (bum!), resta quella sensazione di vuoto pneumatico e di stereotipo ritrito su tutta la storia e sull’informazione anti-latinoamericana proposta dal mainstream.
Quella dei grandi media sull’America latina è una commedia dell’arte per la quale i buoni hanno perfino delle determinate caratteristiche fisiognomiche (come Yoani o Capriles in Venezuela) tali da renderli politicamente spendibili, mentre uno con la faccia di Nicolás Maduro dovrebbe tornare a fare l’autista d’autobus.
È un giornalismo classista ove non razzista ma soprattutto è un giornalismo che manca al proprio ABC, quello di verificare i fatti. Il problema non è infatti mai stato se ci piace o meno la rivoluzione cubana ma se si siano preoccupati di verificare in qualche modo la credibilità di Yoani e cosa stesse davvero apportando sulla comprensione di quell’esperienza. A chi scrive non scandalizza se Yoani abbia guadagnato molti soldi in un paese dove un cardiochirurgo guadagna pochi Euro al mese. A chi scrive scandalizza che ai media abbiano fatto passare per informazione la propaganda anti-castrista aderendo al fine di questa (convincere) ma abdicando al proprio fine (informare).
Quella del mainstream sull’America latina è una grande opera dei pupi che da oltre un anno sta rendendo per esempio impossibile la vita ad un uomo anziano come Pepe Mujíca, presidente di un paese che non interessa a nessuno come l’Uruguay, ma importunato quotidianamente da ogni giornale e televisione del mondo, che vendono la sua bella immagine ma dicono ben poco su cosa sta facendo quell’esperienza di governo (nel bene o nel male) sulla sponda orientale del grande fiume. Pauperismo, marihuana e poco più. Un messaggio reso innocuo se decurtato del resto. È un reality show che rappresenta i presunti studenti venezuelani come buoni e oscura quelli cileni come cattivi (salvo far gallerie di foto per la bella Camila Vallejo). È uno spettacolo dove i contadini e i minatori scompaiono in un continente popolato innanzitutto da contadini e minatori. È sicariato mediatico dove si può stigmatizzare Cristina Fernández per shopping compulsivi inventati di sana pianta e dove se George Bush dice che tutti gli indigeni latinoamericani, dai mapuche agli zapatisti, sono terroristi allora, per i nostri media, gli indigeni latinoamericani andranno trattati come alleati di Al Qaeda.
Non credo che il progetto Yoani sarà particolarmente danneggiato dall’ex-abrupto di Gordiano Lupi né che il mainstream possa fare ammenda o comportarsi più seriamente in futuro. Frequenterà pessima gente (come Aznar nella foto), guadagnerà bene, farà notizia di quando in quando, magari comunicando via Internet da Cuba che a Cuba Internet non funziona. Continuerà a godere di ottima stampa e a fare pessima informazione. Resta per tutti noi la necessità di studiare per capire, senza delegare nessuno, tantomeno Yoani Sánchez.

sabato 10 maggio 2014

Il controllo operaio


di Tonino D’Orazio
 

Cioè degli operai, s’intende. In tutta la storia gli operai non hanno controllato mai nulla. Per controllo intendo gestione. Si sono sempre fatti gestire, non dispiaccia a quelli che hanno sostenuto per decenni il concetto “dell’egemonia culturale della classe operaia”. In maggioranza gli operai hanno sempre votato per i loro padroni. E vale il detto anarchico che: “se con il voto si potesse cambiare qualcosa, i padroni lo avrebbero abolito”. Un po’ quello che succede oggi, democraticamente, sulla scelta dei propri rappresentanti. Altri hanno sempre scelto per loro e i risultati sono eccezionali.

Il controllo dei lavoratori, anche quelli pubblici, (tutti operaizzati), è un problema impellente soprattutto quando si sottraggono loro soldi, diritti e lavoro, e deve essere veramente efficace. Compreso il controllo sul lavoro allargandolo sui tempi di vita. Il lavoratore è una macchina umana di produzione. Si tratta di capire qual è il suo limite. Nel 1987 il Giappone dimostrò che era impossibile per un uomo lavorare dodici o più ore al giorno per sei o sette giorni alla settimana. Anno dopo anno, l'individuo comincia a soffrire di danni permanenti, fisici e psicologici, la cui soluzione estrema è la guolasi, morte per straordinari. Ultimamente, le statistiche elaborate dalla multinazionale Regus e citate dall'agenzia di stampa governativa cinese Xinhua, parlano di 600mila morti all'anno, in prevalenza colletti bianchi, che lavorano nelle grandi città. E bisogna considerare che non ci sono solo le morti. Sintomi acuti di stress da lavoro includono insonnia, anoressia e dolori addominali. Magari assenteismo per legittima difesa. Non è possibile stimare il numero di chi, anche se non muore di lavoro, soffre danni fisici. E pensare che la Direttiva UE prevede la possibilità di lavorare in Europa fino a 58 ore settimanali. La prossima ci avvicinerà sicuramente di più alla Cina. E’ la competitività, bellezza! Devi vivere solo per questo, magari anche oltre 70 anni.

Oggi, la novità, è che esistono efficaci controlli telematici, elettronici. Dopo aver abolito il concetto reale della privacy, per cui nessuno può “nascondersi” e tutti devono essere “visibili” per tutti, altrimenti non potresti essere che un “terrorista” che nasconde qualcosa, il controllo è diventato facilissimo. Per cui siamo tutti spiati e controllati. L’ossimoro? Esistono a pagamento applicazioni che permettono l’anonimato, ma non funzionano sempre bene. Tutto da rifare.

Torniamo in modo specifico ai lavoratori, quelli “in servizio” o quelli che sperano di esserlo.

Delineamento delle attitudini psico-attitudinali prima che professionali. La selezione non viene fatta sulla capacità lavorativa ma in modo specifico se il lavoratore è obbediente e mette la sua creatività (vero plus valore) totalmente a disposizione della ditta, oppure se ha degli hobby che gli farebbero perdere tempo e fantasia per le sue cose. Nei libri però esistono anche delle schede per difendersi e eludere le sottili ingerenze. Ma richiede capacità.

Schede di entrata e uscita dal lavoro, con calcolo automatico di secondi o minuti da “recuperare”, indipendentemente da avvenimenti contraenti. Controllo telemetrico e visivo-sonoro all’entrata e all’uscita. Controllo sul posto di lavoro, sulla pausa sempre più breve (compreso cosa mangi e cosa bevi), se non nei gabinetti. Situazioni scandalose si sono già verificate.

La registrazione del tempo e della performance dei lavoratori permette ai controllori di geolocalizzarli continuamente nell’impresa, di ottenere grafici, curve e storico del loro rendimento ma anche di organizzare la loro messa in concorrenza. E quindi la richiesta di eventuale delazione, mobbing compreso e de-sindacalizzazione.

Quando si entra in fabbrica si perdono tutti i diritti civili. E’ un luogo dove la Costituzione cessa di esistere e l’individuo rimane “a disposizione”. Anzi rimane a disposizione anche quando torna a casa, nella vita privata. Pensate ai contratti a chiamata. Pensate alla moltiplicazione dei turni di lavoro settimanali che disarticolano anche quello che rimane della “sacra” vita di famiglia. E’ un tipo di controllo totale sugli individui, sul sistema sociale e organizzativo di prossimità.

Un altro elemento di peso riguarda la televisione, dove i lavoratori fanno notizia solo per situazioni drammatiche se non morbose, e per pochi secondi. E’ l’arte di nascondere i poveri, e i lavoratori sono diventati poveri. Sono esclusi dal diritto di parola; parlano per loro vari boss, ministri, Confindustria che sanno quale vita devono fare e a volte di loro, per sbaglio, qualche giornalista. Sono assenti dai media ormai da anni. Sono presenti solo nei macro-numeri delle statistiche che li riguardano e che impunemente aumentano sempre di più: povertà, disoccupazione, delocalizzazione e chiusura delle fabbriche, costo della cassa integrazione, devono andare in pensione oltre i 70 anni per non “approfittare” dei loro soldi che hanno versato nei fondi Inps, se si arrampicano sui tetti, ecc… La loro vita viene già gestita con tutte queste paure. Intanto diventano fantasmi e quindi non influenti. Pur essendo la stragrande maggioranza del paese.

Quanti sono quelli che in ufficio, lavorando per ore davanti al monitor, con Skype (occhio elettronico di comunicazione) acceso o sempre in funzione, sono continuamente controllati, fotografati e registrati?

A me viene da sorridere quando penso alla formazione continua di quadri e dirigenti, organizzata dalla pettegola ditta Facebook, per aumentare le loro capacità manageriali. Li mandano in stages di sopravvivenza nelle foreste, con zaino para-militare, strumenti di camuffamento, vestiti da rangers, e dormienti in tende per settimane. Però devono sempre rimanere un po’ boy scout , ubbidienti al gruppo e al capo.

Telematicamente vanno per la maggiore proprio le App (programmi Per iPhone e Android) che sbirciano nella privacy di ognuno di noi. E non solo in ambito familiare, dove la tentazione di tenere sotto controllo i comportamenti del partner e soprattutto dei figli è in costante crescita, ma anche in quello professionale, giacché negli Usa anche i datori di lavoro iniziano ad utilizzarle per “monitorare” i comportamenti dei loro dipendenti. Si chiama Trackerphone app, specificamente studiata per i datori di lavoro che vogliono tenere sotto controllo i propri dipendenti durante le ore lavorative, grazie alla mappatura e alla tecnologia GPS. Trackerphone consente di monitorare il cellulare. Anche restando spento, l'App in questione riesce comunque ad individuare i movimenti della persona nelle ultime 24 ore, nel raggio di 10 metri. Può anche essere programmata per registrare informazioni tra i 2 e i 60 minuti. C’è anche Topspyapp , la vera e propria killer application fra le spy-App, sia per i genitori che per i datori di lavoro. La sua pubblicità: "TopSpyApp è progettata per monitorare i vostri dipendenti, figli o altri su un dispositivo mobile o smartphone che possedete o che avete il diritto e consenso di monitorare". C’è anche un tocco di ipocrita democrazia sul “consenso”.

E’ anche vero che inizia il boom delle applicazioni per salvaguardare la privacy e l’anonimato, sulla scia di Whisper, che li promuove a pagamento. Un po’ la storia del ladro e del poliziotto. Devi pagare per non essere rintracciabile.

A più ampio raggio: su quali criteri deve fondarsi la “normalità sociale”? Si può stare fuori senza essere “puniti”? Chi decide la normalità e per chi? Fin dove l’individuo deve adattarsi alle istituzioni? Più in generale, sono quelle che ha scelto o che altri scelgono sempre più per lui? Che ci fanno i lavoratori in queste trappole?



martedì 6 maggio 2014

È caduto un altro muro


di Tonino D'Orazio
 

Anzi, in questi giorni, stanno cadendo più muri. Mentre Israele costruisce il suo muro di Apartheit (dixit ispettori Onu) di genocidio e di vergogna impunita, altri muri che riguardano questa volta non i comunisti ma la faida dei neoliberisti, o dei poteri forti, stanno cadendo.

Sono quelli che possono fare proprio molto male al supposto impero nord americano. Quelli economici.

Intanto la Cina comunista è diventata la prima economia mondiale. Per i nord americani, dopo aver ridotto l’Europa a serva e larva economica, paralizzata in modo tale da non fare più paura, l’effetto immagine è proprio deleteria. Non si è più primi, quindi nemmeno locomotiva del trenino occidentale-centrico.

L’altro muro è quello che a furia di soffiare tempesta non è detto che vada sempre tutto bene. E’ andata bene, da un colpo di stato ad un altro, in Tunisia, in Egitto, in Libia, in alcuni Stati ex sovietici e in Iugoslavia, non in Georgia e non molto in Ucraina. Persa la Crimea. Carri armati ucraini contro ucraini di etnia russa con inizio di guerra civile e minacce varie, da prendere sul serio, che rischiano di trascinare anche noi di nuovo in qualche avventura all’americana. Inizio di guerra economica con sanzioni ai russi che non c’entrano niente nel golpe organizzato dagli americani e che sta fuggendo loro di mano, pur potenziando amorevolmente gruppuscoli nazisti. Agli americani, dai concetti democratici fluttuanti secondo i loro interessi, sono sempre stati utili. Sanzioni che pagheremo solo noi europei, già in ginocchio. Oltre aver spinto i russi a volgere la loro economia e i loro interessi ad est.

L’altro muro è che è iniziato il depotenziamento del dollaro come valuta e misura internazionale. Visa e Master Card hanno “sanzionato” le transazioni bancarie russe bloccando il sistema. La Russia lancia la sua card e il suo sistema nazionale e anche internazionale, immediatamente accettato da Cina e Iran, aspettando l’India. Clienti potenziali? 3 miliardi di cittadini, la metà della popolazione mondiale che sta per sfuggire alle banche nord americane e inglesi. La minaccia di Putin di non utilizzare più il dollaro in pagamento e in transazioni internazionali delle materie prime, soprattutto energetico-petrolifere, è entrata nella sua fase operativa.

Altri hanno pagato immediatamente con la guerra e l’occupazione del loro paese, quando ci hanno solo provato. Ricordiamo tutti che Saddam aveva iniziato il percorso, il mese dopo gli americani bombardavano, distruggevano l’Iraq e si appropriavano del loro petrolio a “risarcimento”. C’erano le famose “armi di distruzione di massa”. Se qualcuno ha ancora dei dubbi sull’aggressione dovrebbe rimanere alla lettura di Cappuccetto Rosso.

Ghedaffi stava iniziando la stessa operazione, non solo a non volere più il dollaro in pagamento, ma addirittura strutturando una Banca d’Investimento Africana (tipo FMI) basato sul valore oro. Il mese dopo il suo paese veniva bombardato e occupato. Anche lì vi dovevano essere le “armi di distruzione di massa”. I risultati sono sulle nostre coste. Anche lui aveva molto petrolio, che i libici, per “risarcimento” non hanno più. Al mondo rimane il Venezuela e conosciamo tutti il vecchio giochetto in corso. Il Brasile è in difficoltà con il braccio armato degli americani, il FMI, purtroppo incominciano a trovare non poco petrolio.

Però pressare, attaccare, circondare di missili la Russia è un boccone troppo grande. Anche alleandosi con gruppi fascisti e neonazisti ucraini. Tra l’altro non ci sono più nemmeno i vituperati comunisti. Ma per loro tutto fa brodo, dimenticando che in Russia, hanno perso 22 milioni di individui per liberarsi dai nazisti tedeschi. Hanno ancora un ricordo e un sentimento molto vivo su questo argomento, sulla protezione della loro etnia e sul pangermanismo. Un terzo dell’Ucraina è a maggioranza russa, concentrata in aree visibili e confinanti, e non basteranno quattro filo-nazisti a capovolgere il problema prima o poi referendario, o a impedire le elezioni politiche del 25 maggio (anche loro). Guarda un po’ che non tutti vogliono farsi distruggere e derubare dall’euro e dalla BCE o succubi della Germania. Dove sono intervenuti, i nord americani, e gli europei alleati noi compresi, hanno lasciato solo morte, macerie e divisioni etnico-religiose. Possiamo anche noi sostenere un presidente golpista e soprattutto fascista, Iatseniuk? Ma perché no, se piace ai nord americani, come in passato, e attualmente altri dittatori. Renzie, il premier italiano anche lui non eletto da nessuno e messo lì dai poteri forti, gli ha manifestato un forte sostegno al processo di riforme politiche ed economiche del suo governo. Che brivido. Ma se può fare accordi di modifica costituzionale in senso della P2 con un condannato, un delinquente comune, in Italia e con il sostegno di Napolitano, perché non poter aiutare tutti i fascisti del mondo, soprattutto se sono amici degli amici.

Come in Siria dove i nord americani non esitano ad utilizzare la stessa struttura di Al Kaida come alleata. Ritirandosi poi e lasciandoli in guerra civile. Come in Somalia (che purtroppo non aveva niente da farsi rubare), in Afganistan e in Iraq. Ma anche lì un altro muro è caduto. I sistemi antimissile russi hanno abbattuto due missili, lanciati uno dagli americani (probabilmente dalla Sicilia) e uno dal sempre pacifico stato di Israele, che si dirigevano su Damasco. Putin aveva promesso che questa volta non ci sarebbe stato mano libera (no fly zone per bombardare tranquillamente e senza rischi) come in Libia.

Tutti i giornali, sicuramente “imbeccati”, sempre pronti a sostenere le minacce ad un altro paese recalcitrante: Obama, Cameron e Hollande parlano alla Siria perché l´Iran “intenda”. Ma non è minacciare un altro Paese sovrano, è solo consigliare e fare una proposta “che non possono rifiutare”. L’amico Erdogan, neo fascistello turco, malgrado le sue continue provocazioni, pronto ad entrare in guerra, ha dovuto ritirarsi in buon ordine. Non gli bastava l’aver appoggiato i fondamentalisti Fratelli Musulmani in Egitto aiutando a creare anche lui l’esplosiva situazione attuale. Lo stesso socialista francese Hollande che pensava di poter fare il primo della classe e bombardare, come in Libia, sparla di sanzioni solo sui propri telegiornali nazionali e continua a parlare di bambini uccisi. Per noi tutte le televisioni italiane hanno smesso, non hanno più ricevuto disposizioni simili. Per ora. E’ stata una sconfitta per tutti. Ma soprattutto per la prima volta c’è stato uno stop e una mezza soluzione diplomatica. Merito o demerito di Putin? Mica volevano dargli il Nobel per la pace! Magari in anticipo come a quel guerrafondaio di Obama.

Rimane ai cittadini democratici la scelta, cioè sapere se anche al mondo, oltre che in Italia, debba esistere una “opposizione”, una costruttiva e pacifica multipolarità, magari una divergenza di vedute all’impero, al pensiero unico, ai poteri forti, agli assalti armati (compiuti sempre dagli stessi, socialisti o meno) che occupano altri paesi, o lo mettono programmaticamente in caos e guerra civile sempre in nome di una democrazia man mano inesistente, oppure schierarsi sempre e comodamente con i “vincitori” fino al compimento, che comunque sappiamo impossibile, dell’agognato impero unico. Quanti morti sono previsti per l’espansione futura? Non credo pensino di risolvere in questo modo la demografia mondiale galoppante. 

venerdì 2 maggio 2014

Mi candido alle elezioni comunali...


Mi candido con l'Altra Città a Pescara, Loredana di Paola sindaco.
Non la faccio lunga. Mi è sembrato che dare una mano per migliorare le cose nel settore in cui opero, la psichiatria, fosse una buona idea. E quale lista poteva essermi più congegnale di quella che  guarda a Tsipras in Europa, uno che dice chiaro e tondo che le politiche di austerità sono un crimine contro i popoli? 
Vogliamo spendere di più è meglio per il sociale, per scuole, ospedali, servizi per i disabili. Vogliamo spendere senza ritegno e al diavolo il Fiscal Compact, il patto di stabilità e "lo vuole l'Europa". 
Se questa Europa ci vuole morti, vogliamo un'altra Europa, un'altra regione, un'altra città...

Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...