mercoledì 23 aprile 2014

Sorridete, siete sorvegliati.



di Tonino D’Orazio

Diventa sottile il filo che separa la fantascienza, o la scienza vera, dalla realtà, quella sconosciuta. In ogni film di quel tipo il canovaccio è sempre uguale: il dittatore, megalomane dichiarato che vuole governare il mondo, e i metodi sempre più robotici e brutali per riuscirvi. Lo sviluppo delle macchine-uomo, se non degli uomini-macchine. Il falso ideologico? E’ che c’è sempre un uomo, un eroe, un individuo che riesce a vincere. Siamo quindi tranquilli e tranquillizati che il dittatore non ce la farà mai.

C’è oggi una attività scientifica frenetica in molti settori, di macro e di micro conoscenza, di nano tecnologie, di fuga in avanti, che sfugge anche ai cittadini che cercano di seguirla, pur tenendo conto dell’ignoranza complessiva sul suo sviluppo e sulla sua direzione e persino degli strumenti critici di decodificazione necessari. Dico direzione perché questa parola rappresenta regole e quindi democrazia. Libertà individuale e privacy, se si può ancora sperare, perché l’elemento chiave è che tutto si svolge “per il nostro bene” e con il nostro consenso, spesso ignaro o dolcemente estorto, se non addirittura tramite il libero mercato “della paura”, molto efficace e ridondante dopo l’11 settembre nord americano.

Questo articolo sarà un po’ lungo perché esistono molteplici strumenti di controllo e sorveglianza, e penso che molti di noi, normalmente non ne abbiano mai sentito parlare. La divulgazione scientifica avviene solo per esperti e specialisti di settore. Il controllo su di noi è già largamente “accettato” e regolamentato per legge. Carte di credito, conti bancari obbligatori, fascicoli medicali, busta paga, casellario giudiziale, estratti telefonici, fatture di luce gas e acqua, radiografia e biometria dei viaggiatori e del contenuto dei bagagli, digitalizzazione delle impronte digitali, dell’iride e del DNA, presto un microchips sanitario (solo?) sottocutaneo (“Se hai un infarto possiamo salvarti”). Tutto ed altro, in banche dati sui quali non abbiamo nessun controllo sul suo utilizzo, né su chi appartengono.

Anche politicamente non abbiamo più nessun controllo sullo Stato, se mai ne avessimo avuto, sul Parlamento e sul governo, quindi sulle leggi che ci governano. Ormai pochi possono fare tutto, anche nel e per il mondo. Si può pensare al G20, al FMI o anche a “l’anonima a delinquere” del gruppo Bildeberg. Per cui necessitano di un massimo controllo sia degli individui che delle società per imporre il loro volere.

Esiste già un “occhio vigile” che ci spia dappertutto. Telecamere e registrazioni visive e sonore ovunque. Solo a Londra ve ne sono 500.000. In Russia sono obbligatorie sulle macchine pubbliche e private, contro il “vandalismo” e certamente per eventualmente “sventare atti terroristici”. Vi sono droni destinati alla sorveglianza delle manifestazioni, che devono rimanere pacifiche malgrado le provocazioni poliziesche, o alla sorveglianza dei quartieri periferici in fermento costante di tante capitali e città nel mondo. Pensate all’occhio vigile che controlla i lavoratori sui luoghi di lavoro, spesso gabinetti compresi. Merita un discorso a parte.

L’altro occhio vigile “consenziente”, è il nostro “personal” (si fa per dire perché appartiene a tutti) computer, o anche il nostro cellulare, dove qualsiasi nostro interesse o movimento viene spiato, catalogato, controllato e utilizzato. Ovviamente per perseguire gli abietti pedofili, adescatori o terroristi, oppure per perseguire eventuali parolacce contro la Boldrini o l’Italia, ma anche per conoscere i nostri gusti in merito ad acquisti o interessi vari. Abbiamo molti amici intimi come Google, Facebook, Twitter, Amazon, E-bay , Skype, le polizie postali, tutti a nostra disposizione … Perché già tutti considerano la vita privata come un’anomalia. La loro democrazia ha un costo, il nostro. Conoscono meglio di noi i nostri interessi politici, sessuali, religiosi, le amicizie, le letture, i nostri sogni di vacanze, se fumiamo o che tipo di macchina, di birra o di grappa ci piace … Quelli che temono che si voglia controllare internet per legge devono sapere che è già tutto sotto controllo e che nemmeno si sfugge a tutte le invadenti e finalizzate pubblicità sui nostri gusti rilevati e catalogati. Vi sono programmi che “seguono” le tracce (metadati) che lasciamo nella rete.

Il “mercato della paura” è uno dei business più ricco e importante dell’ultimo decennio. Le imprese private e le istituzioni pubbliche hanno scoperto con la gestione della paura una fonte inesauribile di potere, di controllo e di profitto. In fondo un nuovo capitalismo, quello della paura e dei modelli che danno sicurezza a condizione di cedere loro democrazia. Una spinta ideologica in termini giuridici, politici, amministrativi, economici e mediatici per mantenere alta l’angoscia e far accettare un controllo preventivo e generale come se vi fosse una nuova normalità dell’esistenza umana in una nuova organizzazione socio-tecnica della società.

E’ un mercato in forte sviluppo. Alcune sigle. AFIS (Automatic Finger Imaging System) che compare le impronte con altre banche dati. CCTV (Closed Circuit Television) di classica sorveglianza video. EM (Electronic Monitoring) che controlla e ascolta gli individui a distanza. EMHA (Electronic Monitord House Arrest) braccialetti elettronici per arresti domiciliari e non solo. Tutto l’universo dei GPS (Global Positioning System) adatto a seguire lo spostamento delle persone. RFID (Radio Frequency Identification), etichette elettroniche che memorizzano informazioni e li trasferiscono via radio a un lettore. Tutti i tipi di “X-Ray System” adatti a radiografare i passeggeri. ”Palladium”, la pulce di Microsoft capace di gestire dall’esterno tutti i file di tutti i personal computer. Lo Sticky Shocker (arma di “pacificazione”) è un proiettile a elettrochoc che infligge impulsioni di 50 KW e fa perdere il controllo muscolare alla vittima. L’impresa Applied Digital propone la pulce sottocutanea Verichip che permette di seguire gli individui. Il gruppo farmaceutico Eli Lilly ha messo a punto un braccialetto per il controllo a distanza dei detenuti capace di individuare l’eventuale utilizzo di alcool o di cannabis e iniettare quindi una sostanza inibitrice o uno choc elettrico dissuasivo.

“Identificazione” sempre più complessa e precisa. E’ la richiesta di tutte le polizie nazionali con il pretesto di controllo della frode, di controllo degli stranieri e della modernizzazione dello Stato. Noi siamo già al controllo bancario dello “spesometro”. Dei poveri; gli altri hanno già fabbriche e soldi (e tanti!) altrove, mafie comprese. Insomma l’identificazione raggruppa almeno quattro dati in genere separati: il corpo fisico dei portatori, la traccia lasciata da questo corpo, la tessera che combina traccia e informazioni personali, e la banca dati generale che gestisce il tutto. Collegando dati biometrici (nuovo nome inquietante dato all’antropometria) e dati sociali l’individuo non è più nemmeno una persona. La nostra sarà quindi sempre più una “società di controllo”.

In aggiunta possiamo notare come si sia accelerata la combinazione di una civilizzazione delle armate (fino a diventare cooperazione durante le occupazioni) e militarizzazione delle polizie, sia pubbliche che private. La partecipazione di imprese private a missioni pubbliche crea un rapporto di autorità e di potere totalmente illegittimo dal punto di vista del diritto. Si crea un regime autoritario diffuso dove il centro è dappertutto e l’ambito di responsabilità, la circonferenza, in nessun luogo. Solo noi in Italia abbiamo 5 corpi armati per la sicurezza: Guardia di Finanza (non esiste in nessun altro paese europeo in questi termini), Pubblica Sicurezza, Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato, Vigili Regionali Provinciali e Urbani. Senza contare l’Esercito Italiano e una miriade di polizie private. Le innovazioni tecnologiche sulla “sicurezza” ci indicano anche il progetto di società gestito con la collaborazione senza freni e regole tra potenti istituzioni private e le istituzioni pubbliche. Un nuovo capitalismo, che mette in insieme paura del nemico e diffidenza tra cittadini, anche tra i militari e i poliziotti … Indifferentemente sia il personale pubblico che quello privato operano nelle stesse mansioni: sorveglianza dei locali, delle prigioni, guardia del corpo … Le loro uniformi si assomigliano sempre più, anche le armi e gli strumenti di repressione. Sappiamo tutti che soprattutto gli Stati Uniti, ma anche Gran Bretagna e Canada, affittano eserciti paramilitari privati, i famosi contractors che operano sia in territorio occupato, alla luce del giorno (Iraq, Afganistan …), che in modo clandestino per destabilizzare (Egitto, Libia, Ukraina, Georgia, Venezuela, e in quasi tutti i paesi sud americani). Queste multinazionali propongono agli eserciti ufficiali “servizi di grande qualità”, operativi, formativi e con armamenti sofisticati provenienti dalle loro ricerche private, ma spesso sovvenzionate dagli Stati.

Tralascio la parte di spionaggio industriale, ma tutti sanno a cosa servono i satelliti che osservano la Terra quando reperiscono dati sui fiumi, sulle terre agricole, le foreste, e soprattutto le ricchezze naturali del sottosuolo dei vari paesi, aumentandone tra l’altro i rischi di occupazione e di esproprio da parte dei Paesi dei più forti con un motivo o l’altro mascherato da democrazia. Déjà vu ?

Introduco invece, specularmente alle responsabilità altrui, il nostro voyeurismo amorale e consenziente, se non a pagamento. Abbiamo un esempio che prefigura una futura società. E’ il cosiddetto reality televisivo Grande Fratello. Vengono filmati, 24 ore su 24 (c’è anche chi si sveglia di notte per sbirciare, sempre a pagamento) dei giovani partecipanti, tagliati dal resto del mondo, per “vivere” in un’area ristretta, quattro stanze e una doccia. La situazione riprodotta è tipica di un dispositivo di controllo poliziesco, carcerale o militare. Vi è una trasparenza e un possesso totale sulla loro vita personale, di quel che pensano e di quel che fanno, che prima apparteneva sicuramente alla sfera individuale. Si espone tra l’altro, spesso volgarmente e in termini competitivi, quello che una volta si chiamava intimità. Si entra in una arena tutti contro tutti per vincere un premio in denaro dopo aver “ucciso” gli altri. Il “proprio io” diventa possesso dell’impresa commerciale che fa soldi e del pubblico avido di no privacy che vi si specchia.

Possiamo dire che ci avviamo verso il superamento della democrazia liberal-borghese? Parlamenti che non governano ma eseguono, tecnici mai eletti che comandano, popoli con partecipazione reale scippata (il diritto di voto assomiglia sempre più ad un sondaggio d’opinione), piccoli gruppi detentori di poteri forti che piegano gli Stati democratici e se ne appropriano, costituzioni allo sbando con assuefazione incorporata, pensiero unico esportato con le armi. Fine del dissenso.

Ci avviamo verso uno Stato globale che ha bisogno di cittadini sani, ricattabili, docili e ordinati. Sorridete.

lunedì 14 aprile 2014

Hanno ucciso il mio paese (repost)

di Franco Cilli
Hanno ucciso il mio paese. 
Quando percorro la riviera adriatica in macchina o col treno posso vedere chiaramente le ferite mortali inferte al corpo del mio paese. Un’intera costa seppellita sotto il cemento. Per anni durante buona parte della mia infanzia, prima di capire cosa fosse successo, ho creduto che quella immensa colata di cemento fosse una cosa normale, quasi naturale, come le montagne e i fiumi. Non lo è affatto, il cemento ha divorato inutilmente un habitat bellissimo, che tutta l'Europa ci invidiava. Negli anni cinquanta prima della devastazione nelle spiagge della mia regione venivano  turisti da tutto il Nord Europa, gente devota alla  bellezza. Da quando il cemento ha fatto la sua comparsa su quelle  spiagge, sono andati  altrove. Qualcuno adesso ha il coraggio di dire che quel massacro è una sorta di eccellenza italiana. 
Se andate in Francia, soprattutto a Nord, potrete vedere chilometri e chilometri di costa inalterata e selvaggia, senza un caseggiato o un qualsiasi baracchino di gelati. D’accordo anche loro hanno Nizza e la costa azzurra, ma niente a che vedere con lo sfacelo italico. Non è solo la costa, tutta l’Italia è sommersa dal cemento. Le periferie urbane sono orrende, soffocate dai palazzi, nemmeno il più piccolo interstizio di luce e di verde, e l’edilizia italiana è, senza dubbio alcuno, la più brutta al mondo. Almeno su questo Sgarbi ha ragione. Dico cose scontate, lo so, ma è bene fare un ripasso ogni tanto, in modo che tutte le volte che li sentiamo parlare certi personaggi, i responsabili della catastrofe, lo stimolo condizionato agisca e ci faccia percepire chiaramente la loro la vera natura: pescecani che sguazzano in un mare putrido in cerca della preda. 
I responsabili di questo scempio hanno nomi e cognomi: sono i democristiani per primi, che hanno avuto la capacità di stipulare patti trasversali con tutti i ceti sociali in cambio di consenso elettorale: voti in cambio di lavoro e libertà di fare strame del territorio per realizzare profitti enormi. Per controllare interi pezzi della nazione non si sono fatti scrupoli di governare fianco a fianco con le mafie, a volte delegando ad esse il governo di intere regioni. I riottosi fra i politici, i funzionari dello stato e i cittadini comuni sono stati ridotti al silenzio con le minacce e quando queste non bastavano ci hanno pensato le lupare. Il grosso del sistema ad ogni modo ha retto per anni e lo scempio delle cavallette divoratrici di paesaggi e di natura è continuato indisturbato. Ai democristiani si sono accodati tutti gli altri. Ognuno con il suo pezzo di Italia e di natura da rivendicare come bottino, noncuranti né della distruzione né dell’inquinamento (vedi l’ILVA, Marghera e tanti altri esempi). L’importante che il patto con i ceti sociali reggesse e il sistema andasse avanti. 
Malgrado la situazione sia cambiata e i soldi pubblici siano meno, quelli che ci sono costituiscono ancora un bottino allettante per politici e mafie, ma chissà fino a quando. A pensarci non c’è problema, i patti si rinnovano, adeguandosi ai cambiamenti sociali e politici. I vecchi democristiani sono sempre pronti a fare da garanti e se ai devastatori si aggiunge un Vendola, meglio ancora, ci si copre di più a sinistra, basta dargli un contentino e così si mettono insieme diavolo e acqua santa e anche il potere delle tonache vaticane, che da secoli tengono questo paese sotto il loro tallone, è garantito. Possono tranquillamente continuare con i trucchetti delle madonne piangenti e con i loro santi e santini da portare in processione per nutrire l’ignoranza delle masse e rinfocolare un po’ di sanfedismo identitario e possono con altrettanta tranquillità, continuare ad ipotecare  i nostri diritti in nome del loro credo. 
Tutte queste persone andrebbero processate e condannate per strage di civiltà e di bellezza e invece si ripropongono continuamente come i soli salvatori della patria, gli unici che hanno saggezza e polso fermo contro una crisi i cui responsabili alla fine saremmo noi cittadini comuni, che abbiamo vissuto "al disopra delle nostre possibilità”. Ci danno a bere che saggezza e responsabilità si coniugano necessariamente con la spoliazione delle classi povere e incentivi per i ricchi e per le banche. Che bello. Un po' come negli USA dove una propaganda tanto sfacciata quanto pervasiva e fagocitatrice di neuroni, ha convinto molti poveri che la il loro più grande nemico è il socialismo e che la sanità pubblica è cosa da nazisti.
L'Italia, per chi ha viaggiato un po' è (era) fuori da ogni retorica uno dei paesi più belli al mondo, ci è voluto l'impegno e la perseveranza di una classe politica di dottor Stranamore all'amatriciana per provocare una devastazione dagli effetti così drammatici. Il mix perfetto costituito da una sinistra suicida,  un capitalismo straccione, un potere clientelare dei partiti e un' idiozia plebea abilmente alimentata dalle televisioni, ha consentito 20 anni di fascismo, 40 di Democrazia Cristiana e 20 di berlusconismo, oltre che di potere indisturbato di “menti raffinatissime” (e paracule), e ha fatto si che un museo a cielo aperto come l'Italia divenisse nel tempo un fogna a cielo aperto dove cercare tesori nascosti.
Non è colpa del sistema, come ho detto i colpevoli hanno nomi e cognomi, li conosciamo, potremmo nominarli uno per uno. Ma noi siamo buoni, non vogliamo vendette, lasceremo loro anche le pensioni dorate che si sono accaparrati a nostre spese, purché spariscano e non si facciano vedere più in giro. 
Di bruttezza in giro ce n'è già abbastanza.

domenica 13 aprile 2014

Statali, ovvero la cattiveria dei poveri (repost)

 Al di là della sua funzione di riproduzione delle dinamiche del capitale, e della sua rappresentazione più diretta dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, il lavoro può essere considerato una categoria etica indipendente dalle dinamiche sociali. L'attaccamento al lavoro insomma è la manifestazione di una moralità intrinseca, che prescinde dalla valenza sociale e politica del lavoro stesso. 
Quelli della generazione di mio padre, come ho avuto di dire in altre occasioni, consideravano il lavoro come una benedizione e come un dovere imprescindibile. Mio padre bancario non ha mai saltato un giorno di lavoro se non quando si è ammalato seriamente e non ha mai pensato che lavorare in banca significasse essere un servo del capitale. Il lavoro era lavoro e basta. 
L'esempio estremo di questa concezione dell'etica del lavoro ce lo offre il servo fedele di Fëdor Pavlovič, il vecchio Karamazov, Grigorij, che considera la fedeltà al padrone, malgrado le sue nefandezze, come un valore assoluto, e allo stesso tempo considera un'ignominia il venir meno al proprio dovere di servitore. Un po' come un samurai che fa del servire un padrone lo scopo della sua esistenza e della sua realizzazione umana, proprio in forza della purezza assoluta del gesto, indipendente dalle qualità morali del padrone che si è trovato a servire e sufficiente a se stesso. Il dovere per il dovere.
Cosa c'entra tutto ciò con gli statali è presto detto. La maggioranza degli statali lavora sodo e con il suo lavoro fa muovere la macchina dello stato. Senza gli statali sarebbe la paralisi di qualsiasi attività amministrativa. La paralisi totale dello stato insomma, e se consideriamo il welfare nel suo complesso, la morte di qualsiasi garanzia di sicurezza. Oggi però, diversamente da ieri, una parte degli statali e dei lavoratori in generale ha smarrito il senso di un'etica del lavoro, vuoi per l'indebolirsi in sé della fibra morale della società, vuoi per il rifiuto ideologico del lavoro stesso, rifiuto spesso usato goffamente come alibi, senza distinzione fra il lavoro come sfruttamento e il lavoro come auto-realizzazione. A tutto ciò va aggiunto che la forte spinta al consumo, indotta dalla pervasività di modelli di comportamento sociali veicolati dai media e la gratificazione personale ridotta alla pura fruizione di merci, pone il lavoro come un fastidio necessario e mal tollerato, una pausa greve, che si frappone fra la brama di consumo e la merce. 
 
È vero alcuni comportamenti degli statali, come di tutta la classe lavoratrice sono sgradevoli: timbrare il cartellino e poi darsi alla macchia, fare straordinari fasulli per raggranellare qualche lira, mettersi in malattia in giorni strategici per andare in vacanza, fare male il prorpio lavoro scaricandone il peso su altri, timbrare al posto del collega assente ecc. ecc. sono cose irritanti per chi possiede un minimo di etica. Potrei andare avanti a lungo, ma non servirebbe a nulla. Sappiamo tutti di cosa stiamo parlando. Stiamo parlando unicamente della cattiveria dei poveri. Granelli di polvere in un mare di sabbia. Al confronto delle cattiverie dei ricchi queste cattiverie fanno persino sorridere. Il fatto è che i ricchi odiano i poveri, li hanno sempre odiati, li considerano una massa di fannulloni oziosi, ignoranti e neghittosi, che trascorrono il proprio tempo a bearsi nell'inedia o a trastullarsi con le proprie bassezze. Gentaglia che ti striscia ai piedi giurandoti amore e rispetto, ma pronta a pugnalarti alle spalle se poco poco cadi in disgrazia. Questa feccia tecnocratica che ci governa è l'esempio lampante di quest'odio. Sono sempre gli stessi, anche se cambiano le facce e le epoche. Sono i ricchi liberali, gli stessi che hanno considerato e considerano tuttora un dovere colonizzare i selvaggi, specie se hanno la faccia nera, così come considerano un dovere educare i poveri ad una sana moralità, moralità dalla quale ovviamente essi sono esentati.
“Se dessimo un reddito di cittadinanza agli italiani se lo spenderebbero in pastasciutta”. Queste parole descrivono l'odio e il disprezzo dei ricchi verso i poveri meglio di qualsiasi trattato. Ed è così che gente malvagia, che considera la libertà di arricchire come il bene supremo e incondizionato e la proprietà come un legittimo trofeo di chi è più forte e si crede più intelligente, è così che questa gente si attacca alla cattiveria dei poveri come pretesto per smantellare tutte le conquiste che gli stessi poveri hanno ottenuto in secoli di lotte sanguinose, e per rintuzzare il loro potere, sempre eccessivo a parere dei ricchi. Che si credono questi, che il lavoro è un diritto, mangiare, avere una casa, divertirsi, amare è un diritto? No, tutto costa e quindi tutto va guadagnato, eppoi ognuno a casa sua senza disturbare, che la feccia non imbratti il paesaggio.  I ricchi fanno schifo e non ho ritegno a dirlo, né ho il timore di essere ritenuto una sorta di giapponese imprigionato nel novecento. Mi duole soltanto sentire i lavoratori del settore privato compiacersi se gli statali vengono bastonati, facendo il gioco di questi governanti infidi: "perché dobbiamo togliere garanzie e diritti solo ai lavoratori del privato? Non è equo, giusto?", disse la strega cattiva, e i poveri si fecero la guerra.
E' per questo motivo che difendo la cattiveria dei poveri, anche se non mi piace. (F.C.) 

venerdì 11 aprile 2014

Statali se non altro

Statali fannulloni, parassiti, cialtroni. Grazie, grazie! I cattivi statali, poveri con il vizio della 104, affamati di social network antinoia e vaccinati alla muffa delle scrivanie, cittadino che riverberi le litanie del potere sul piattume lucidato della tua indifferenza, sono quelli che ti permettono di esistere. 
Dove vai se non hai insegnanti, medici, impiegati e burocrati che ti complicano la vita? Siamo la linfa, i gangli, il nervo scoperto, il sudore e il sangue di un plantigrado affamato, lento ma inesorabilmente necessario. 
Se non vi va bene cercate un altro modo di scontare gli anni persi a vivere accovacciati nella pancia del mostro, ma non ci rompete. 

Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...