venerdì 20 dicembre 2013

Renzi Gianburrasca

Tonino D’Orazio

In materia di lavoro sicuramente. Precari, disoccupati e reddito. Il mercato del lavoro proposto da Renzi rischia di essere più disastroso di quello messo in atto da queslla falsa incompetente della Fornero, visto che si affida di nuovo a qualche testa d’uovo universitario. Non hanno fatto ancora abbastanza disastri nei loro freddi schemi a tavolino.

Il “suo” progetto di riforma inizia dal precariato. L'obiettivo, ambizioso, è quello di fare del contratto a tempo indeterminato, oggi ridotto al 10% del totale dei lavoratori, una regola. Con un nome preciso quanto indefinito: il contratto indeterminato di inserimento. Ma a un costo: rendere più facili i licenziamenti. Insomma il veleno sta sia nella coda che nell’affabulazione della parola indeterminato mitigato dalla parola inserimento, forse innesto con caratteristiche da apprendistato. Sapevamo che il tempo indeterminato utilizzato oggi in tutta Europa, come una volta in Italia, non ha bisogno di aggiunte. E’ o non è., e il dubbio si insinua.

Più preciso anche Cesare Damiani, ex ministro del lavoro, una precedente vita in Cgil, che si adegua subito alla critica del capo alle organizzazioni sindacali poiché non riescono a rappresentare i lavoratori precari. Sembra sceso dalla luna. La legge Biagi sulla flessibilità, (un supermercato da quaranta tipologie contrattuali) voluta e applicata anche dal suo partito al seguito del geniale Ichino, il Pds-Pd, impedisce di fatto l’iscrizione ai sindacati, pena il licenziamento o il non rinnovo del contratto precario. Nemmeno Mussolini ci aveva pensato, e si capisce, ma possibile che nessuno politico si senta responsabile del disastro attuale? Possibile che quelli oggi altrettanto preoccupati, dopo aver fatto il brutto e cattivo tempo in questi anni, siano quelli della Confindustria? Dopo aver spaccato e boicottato i sindacati si osa chiedere loro la “comprensione” e di smetterla di salire sulle barricate inutili. Un vecchio vizio sovietico quello di dire: ci siamo noi, il sindacato non serve. Il tentativo come d’abitudine è quello di rifare una ennesima riforma del lavoro senza di loro, e non a caso si ricomincia con il giocattolo art.18 che ha funzionato così bene.

La presunzione del ragazzino è quella di gettare la sua riforma, fra un mese, nell'arena del dibattito delle larghe intese per riscrivere le regole del mercato del lavoro e archiviare, o mettere le pezze alla tanto criticata riforma Fornero. Non ha presente che il mercato del lavoro, in assenza di un piano nazionale di reindustrializzazione almeno a medio termine, non può essere profondamente modificato ogni anno, come la riforma delle pensioni, salvo un ulteriore disfacimento come quello in atto. Non può ignorare, visto le sue visite ravvicinate in ambasciata, che gli elementi liberisti potentemente in atto sono quelli per cui “la politica del lavoro americanizzato debba diffondersi in Europa” (New York Times).

Renzi prevede di introdurre il cosiddetto contratto indeterminato d'inserimento, che abolirebbe i contratti a progetto (introdotti appunto dalla legge Biagi); varrebbe per chi è al di sotto di una determinata soglia di età e non prevedrebbe la tutela dell'articolo 18 sulla dignità del lavoratore. Un contratto flessibile che varrebbe solo per i futuri ingressi dei giovani nel mercato del lavoro e non per i vecchi contratti. L'articolo 18, già menomato, resterebbe dunque valido per tutti i contratti in essere e quelli futuri (?!) al di sopra di una certa soglia d'età, in alternativa a quelli flessibili. Con buona pace dell’approfondimento del divario generazionale. E’ comunque roba vecchia e riciclata da un idea di Ichino, giuslavorista che passa a destra e a sinistra pur di portare avanti le sue disastrose proposte. Abbiamo già visto i risultati dell’ambiguità fatta accettare ai sindacati sulla flessibilità come si sia tradotta in precarietà. Anzi il consiglio di Damiano al sindacato confederale è quello che non debba necessariamente rappresentare questo nuovo mondo del lavoro, ma possono farlo anche le associazioni autonome o a carattere professionale. Insomma lobbie, ordini e corporazioni.

Non basta, dice Renzi. Il lavoratore potrebbe accettare dal datore meno protezioni in cambio di una retribuzione più alta. Insomma “à la carte”, senza il Contratto Collettivo Nazionale (che felicità per i sindacati!), con uno scambio-vendita diritti/denaro, a tu per tu. Più facilità nei licenziamenti, “du déjà vu” rivoluzionario. Quando si dice la parità sociale tra debole e forte.

Siccome lo stato sociale avanza sempre più in positivo, visti gli immensi fondi disponibili, si va verso la flexsecurity modello danese, quello più costoso in Europa, dove la protezione sociale per i lavoratori disoccupati è particolarmente elevata. Instaurare quindi un reddito minimo che chiederebbe in cambio, ai beneficiari senza lavoro, di partecipare a corsi di riqualificazione, di formazione o altri programmi di incentivazione all'occupazione, magari in direzione del prossimo pieno impiego. Positivo se per tutti i disoccupati e i senza lavoro dai 18 anni a 68 circa. Diciamo alcuni milioni di cittadini. I soldi che già non bastano si prendono abolendo le varie casse integrazioni. Per il tentativo di elemosina si può anche provare. Anzi, questo reddito minimo non potrebbe rimpiazzare, in un prossimo futuro, anche le pensioni?

Non basta ancora, dice sempre Renzi. Siccome la giurisprudenza lavorativa ha costruito una storica rete giuridica di tutela (circa un migliaio di atti normativi) si tratta di eliminarla semplificando il codice del lavoro. Secondo Renzi l'obiettivo è quello di arrivare a "70 articoli leggibili anche da un quindicenne e facilmente traducibili in inglese". Immagino che i datoriali, tramite la contrattazione delle larghe intese, riusciranno a limare e assottigliare un po’ di più, in questo modo, l’art.3 della Costituzione.

Il neosegretario del Pd ha più volte ripetuto che i centri per l'impiego non funzionano. Sono pubblici. Quelli privati funzionano meglio perché tutti i datoriali, ideologicamente, vi attingo personale. I ”risultati positivi”, ovviamente, sono talmente evidenti che la stessa Commissione Europea ha appena aperto un bando milionario (Programma PROGRESS: PARES: analisi comparative tra i vari servizi all’impiego. VP/2013/013) affinché i centri pubblici collaborino sempre di più con quelli privati e del terzo settore, più efficaci nel cercare il lavoro, anche quello che non c’è, e soprattutto mal pagato.

Infine, dopo che il suo partito ha distrutto la scuola e l’università insieme alle destre, il segretario del Pd vuole intervenire sul sistema complessivo di formazione del lavoro e dar luogo ad investimenti mirati, ma non a pioggia, per far ripartire la crescita del Paese. Tre o quattro sperimentazioni, giusto per non essere tacciati di spergiuro, e tenuto conto della ricchezza disponibile, si può sempre iniziare, magari con i salesiani e gli oratori.

mercoledì 18 dicembre 2013

La Protesta rubata

Di Tonino D'Orazio

Che la “lotta” contro questa Europa e la trappola dell’Euro avrebbero scatenato una recriminazione popolare era evidente a tutti, anche ai più miopi. Ogni responsabile politico o di partito, da anni, ha necessità di nascondere l’appiattimento e la manipolazione operata contro i valori civici provenienti dalla nostra sana Costituzione repubblicana e antifascista.

Era più facile modificare la Costituzione che applicarla. Era più facile per i partiti occupare le Istituzioni repubblicane piuttosto che considerarle proprietà pubbliche, non privatamente disponibili. Le hanno ideologicamente mercificate, corrotte, e infine regalate ad organismi non elettivi (il minimo, anche in uno Stato borghese), a tecnocratici, che ne hanno sopraffatto la democrazia, che non potrà che appartenere sempre al popolo.

Questo popolo ha diritto di arrabbiarsi e magari di protestare? Cosa deve fare se viene intrappolato dai “poteri forti” sopraffattori, a ricordo di un altro ventennio? Quale nuova Resistenza, questa volta non armata, deve inventarsi per uscire dalla trappola dei nuovi “fascisti”?

Perché tali sono, a detta di Berlinguer, “quelli che opprimono, impoveriscono, sottomettono e sfruttano la classe operaia”, e sono sempre da considerarsi fascisti, neo o meno.

Posso citare Lucio Sergio Catilina (Roma, 108 a.C.–Pistoia, 62 a.C.)? "Ora che il governo della repubblica è caduto nel pieno arbitrio di pochi prepotenti … noi altri tutti, valorosi, valenti, nobili e plebei, non fummo che volgo, senza considerazione senza autorità, schiavi di coloro cui faremmo paura sol che la repubblica esistesse davvero".

Giustamente, già nell'800, si chiamava il popolo «le classi pericolose». Erano quelle classi, dai proletari in giù, che costituivano un pericolo per l'ordine borghese e la sua polizia. Oggi anche la piccola borghesia sembra proletarizzata nella macina dell’austerità, o meglio della guerra dei ricchi contro i poveri. Alla polizia la “legge di stabilità” ha aggiunto un po’ di soldini affinché non prendessero freddo cacciandosi i caschi.

Sicuramente si dovrà cominciare a progettare l'antagonismo al dominio criminale del neoliberismo in termini di internazionale. L’area internazionale più vicina sono le elezioni europee. Un sussulto democratico verso una istituzione di secondo o terzo livello, ma che sola può dare l’idea della volontà di una Europa diversa, cioè non questa sicuramente fallimentare, e che fa salire un livello intollerabile di razzismo tra i suoi popoli.

Allora tutti contro l’Europa. Si tratta di aggiungere polverone per poter parlare a tutti. Tutti hanno bisogno dei prossimi voti, di protesta o di assenso. Un polverone mai visto.

Una estrema destra italiana che si fa sorpassare dalla Lega Nord che cita pubblicamente come criminali i tecnocrati di Bruxelles. Chissà dov’erano in questi ultimi anni, diciamo da Lisbona in poi. La rinata camaleontica Forza Italia si schiera contro l’Europa e contro l’euro sperando di raccogliere i voti di protesta andati al Movimento 5 Stelle. Nessuno sembra porsi il problema di dove sono stati e cos’hanno fatto in questo ultimo ventennio. Se fossero all’origine della protesta dei “forconi”, partiti dalla Sicilia ma organizzati e forti in Lombardia (ma guarda!) non mi stupirebbe, visto che chiedono il voto anticipato e lo scioglimento di un parlamento oggi incostituzionale. Anzi il dubbio viene dalla ridondanza che i media stanno dando a gruppuscoli che fanno finta di bloccare il traffico sotto l’occhio paterno della polizia. Addirittura una diretta non stop di Rai Uno. Altra cosa il massacro degli studenti che guarda caso protestavano per le stesse cose. Ma c’è chi può e chi non può.

Poi ci sono un PD e un Renzi che minacciano Letta su varie cose e sfidano Grillo dall’alto del loro potere parlamentare con proposte inaccettabili. Per essere sicuri scippano la riforma elettorale al Senato per proporlo in Parlamento. Ma sicuramente, checché ne dica Sel di Vendola, con Napolitano in testa e Bildeberg dietro, è il partito che annuncia che vorrebbe una Europa diversa ma purtroppo questa è la realtà, così come ha annunciato per anni la riforma elettorale della quale ancora non si vede la luce. Ma per modificare la Costituzione a favore dei tecnocrati di Bruxelles hanno facilmente trovato i voti del centro e di tutte le destre parlamentari. Insomma si predica bene e si razzola male.

Nel momento in cui il capitalismo attraversa la più grave delle sue crisi, perché di questo si tratta, dopo quella degli anni '30, i principali partiti che si dichiarano di sinistra rimangono muti e imbarazzati. Nel migliore dei casi promettono di rabberciare il sistema, ma più spesso cercano di dar prova dì senso dì responsabilità raccomandando a loro volta purghe liberiste. Sono stati i governi a conduzione socialista a negoziare i piani di austerità dell’Unione Europea. E non temono le elezioni europee, tanto sono garantiti dal centrodestra, dimostrando, con la grande coalizione, che si può sempre fare due contro uno, rappresentando impropriamente questi ultimi gli “antieuropeisti” e i populisti. Il declino dell'Europa è anche il crepuscolo dell'influenza ideologica del continente che vide nascere il sindacalismo, il socialismo e il comunismo, e sembra oggi più disposto di altri a rassegnarsi alla loro scomparsa. Sembra che il socialismo abbia cambiato continente e si sia spostato in America Latina.

Ci sono i partiti della sinistra storica che però contano ormai così poco che nessuno li sta a sentire, eppure il loro gruppo, a livello europeo, ma anche italiano, ha sempre protestato contro le direttive che affossavano il nostro paese, il mondo del lavoro e del welfare.

Poi ci sono i giovani del M5S che da molto tempo sono i veri paladini di una riforma dei trattati europei in senso di partecipazione democratica e di consenso popolare, fino a chiedere con referendum se uscire o meno dall’euro. Forse hanno tutti contro e li si fa parlare poco, li si interpella con poca dignità giornalistica e li si intervista sempre possibilmente in negativo. Però hanno ottenuto il 30% dei voti, e non immischiandosi con i partiti del sistema mantengono intatta, se non la accrescono, la loro reputazione di vera e unica capacità di poter modificare il sistema strangolatore del popolo. Anche perché il sistema continua a girare a vuoto, cioè no, allo stesso modo di quando c’era Berlusconi e Monti, da una promessa all’altra, mentre si stanno svendendo e mangiando l’Italia e le sue possibilità di ripresa. L’ossimoro, e lo sfottò di Letta, del mangiare sta anche nel panettone che mangeremo l’anno prossimo, fatevi una ragione per quest’anno, come per tutte le balle della ripresa.

Allora tutti “rivoluzionari”, nessun “rivoluzionario”.

Infatti, il polverone si è alzato e ci accompagnerà fino a maggio 2014, poi si vedrà.

Quanto potrà durare in Europa questa blindatura del sistema politico, mentre la rabbia sociale continua a salire?

martedì 10 dicembre 2013

Ma quale scissione!

di Tonino D’Orazio




Le scene teatrali o i film sono il nerbo delle nostre società. Basta immedesimarsi per correre dietro una realtà vista da altri. Vi sono maestri e attori così bravi che per un momento, più o meno lungo, ci permettono di estraniarci dal “quotidiano”, come una valvola di sicurezza detta “sociale”. Una realtà virtuale costruita per modificare quella vera. Dov’è il limite invalicabile? Ognuno pensi a sé stesso.

Ma se i progetti politici di società sono gli stessi di quale scissione si parla. Come se tutto si trasforma ma la sostanza resta identica.

Chi scissa chi? Un Pdl diviso in NCD e Nuova-vecchia FI? Divisi dalle poltrone? Uno sostiene il governo per tenere sotto controllo un Letta accondiscendente e falso nel suo facile ottimismo? L’altro a sostegno di un condannato, scampato dai tribunali con stupenda furbizia da venti anni, che continua a fare il primo attore di uno spettacolo privato, indecente e ricattatorio? Divisi per stare insieme nello stesso progetto di società: arricchire i ricchi e impoverire i poveri. In questo non c’è scissione in tutto l’arco governativo. Nei risultati c’è identità di programma e di conduzione della società.

Scissione nel Pd? Per fare che? Strano che D’Alema possa sbagliare tanto solo adombrandola prima delle primarie del suo partito. Ci sarà, forse, solo una ridistribuzione di poltrone. Meno per i discendenti annacquati del PCI, un po’ di più per i discendenti scampati della DC. Assolutamente niente di sinistra in vista tenuto conto della percentuale bassa di Civati. Forse la messa a riposo di “vecchie glorie” che sono state utilissime alla transizione verso il centrismo. Ma sarà difficile anche questo perché alcune sono già sul nuovo carro. La parabola si è chiusa, gli eredi del PCI sono scomparsi o diventati completamente altro, ingoiati da una nuova democrazia cristiana lanciata liberamente e senza opposizione nella scia filoamericana. Renzi potrà anche essere eletto segretario e avere la maggioranza nel Direttivo, ma poi i conti dovranno tornare per un eventuale “nuovo governo”, dove si presume ci sarà qualche problema in più. Intanto gioca il suo teatrino di governo e opposizione, senza programma serio, slogan a parte, ma per questo sappiamo che non può che condividere il progetto di società attuale della “grossa coalizione” imposta dall’Europa e dai tedeschi, con attacchi alle persone del suo stesso partito e al suo stesso presidente del consiglio. Una prova è la proposta di aprire all’ingresso del suo PD, nel Partito Socialista Europeo, un vero allineamento. In pratica contro tutti e contro se stesso; una scissione intima, sicuramente senza vere conseguenze storiche, malgrado i propositi. In pratica, sottilmente, la sostanza della natura politica degli italiani, cioè contro tutti i politici, ma poi li si rivota. Qualcuno pensa che Renzi o il Pd possa tornare indietro sulla famigerata legge Fornero su pensioni e mercato del lavoro, sulle imposizioni europee? Oppure possa aumentare le tasse ai ricchi e diminuirle ai poveri? Alla Cgil che mantiene il punto sulla patrimoniale ha già chiesto di stare calmi e stare a posto loro. E poi Napolitano vigila e il capitalismo ha necessità del centrosinistra per imporre le peggiori porcherie, anche anti-costituzionali, senza doversi scontrare efficacemente con i sindacati.

Il fatto vero è che le “primarie” interne (non elettorali!) al PD, in televisione ha interessato pochissima gente. Abbiamo imparato che la televisione serve ad altro. Il confronto a tre dei candidati alla segreteria ha generato scarso interesse. Tra l’altro questo metodo porta ognuno a smarcarsi dall’altro dicendo qualcosa di diverso, e il risultato potrebbe far sembrare un PD veramente incasinato. Lo share è stato del 2,7%, di cui 1,7% su Cielo e 1% su Sky TG24 HD. Lo speciale Post Confronto in onda dalle 22.30 circa su Sky TG24 HD ha fatto registrare un ascolto medio di 130.000 spettatori. Malgrado il tam-tam mediatico favorevole a Renzi. E’ l’uomo utile e nuovo affinché fondamentalmente nulla cambi. Interesse televisivo veramente inferiore alle loro attese e contraddittoria se poi quasi 3 milioni di persone hanno partecipato alle loro primarie. La rivoluzione arancione-americana avanza, ma in mano alla Toika.(Bce,Fmi,UE).

Dal dopoguerra mai nessun governo è nato in Italia senza il consenso nord americano. Ricordiamo tutti la “visita” di D’Alema, ex comunista, a Washington prima di diventare Presidente del Consiglio. Vale per tutti, anche per Renzi, se ciò non è già avvenuto, e probabilmente lo sarà anche per il M5S. I rottamatori sono in genere sempre apprezzati da Washington quando i cambi generazionali non avvengono a loro gusto e si stancano di avere sempre i soliti interlocutori. Forse non ci sono riusciti con “mani pulite” nel ’92 (permettetemi questo dubbio che mi trascino da anni) perché parecchi “vecchi” si sono dimostrati più coriacei e camaleontici di quanto si aspettassero. Ma l’occasione nuova sembra ripresentarsi.

Diciamo anche che lo sciopero ad oltranza di alcune sigle di autotrasportatori, con richieste politiche piuttosto che di categoria, pur rilanciando tematiche considerate “populistiche”, non ha nulla a che vedere con il blocco che mise in ginocchio il governo cileno di Allende. Ma se anche i poliziotti si tolgono il casco durante le manifestazioni-scontro siamo ad un punto di non ritorno. Nelle rivolte i simboli acquisiscono sempre valori sconcertanti.

Pensate invece allo share del VD-3 a Genova di Beppe Grillo in diretta su La7! 200.000 in piazza, con il vento freddo tipico di Genova. E’ la prima volta che la questura non fornisce dati. Pudore o calcolo?

Cosa poteva guadagnare La7 ,per tutto il pomeriggio in diretta, oltre lo share? Valutare appunto con lo share l’interesse dei cittadini verso il movimento? Verificare i punti programmatici di forza del M5S e la loro popolarità o condivisione? Forse fare semplicemente informazione con un movimento che li disprezza? Concesso.
 

I Socialisti attuali sono scissi da tempo ma sono sempre al governo, da Craxi in poi, con ex democristiani ed ex fascisti, lasciando un drappello coraggioso di socialisti veri a futura memoria, come frangia di amici magari utili e ponte in governi differenti. Anche loro hanno partecipato e governato il nostro paese dai primi governi di centrosinistra degli anni sessanta. Intanto non si sono sciolti nel Pd, ovviamente perché non era più “socialista”, ma anche perché sono utili per formare una coalizione, visto il metodo della legge elettorale ormai anticostituzionale, a detta della Consulta.

Si rilancia quindi una riforma elettorale mai condivisa in questi anni ma ormai obbligatoria. L’accordo, Renzi, potrà farlo solo con il centrodestra. Insomma già una continuità.

martedì 5 novembre 2013

Estrema destra e paure ragionate



di Tonino D'Orazio 



La salita elettorale, in percentuale a volte bulgara, delle destre vere, cioè estremiste, è utilissima a fomentare la paura del fascismo e dell’autoritarismo nelle popolazioni europee. I sondaggi aiutano i governi a organizzarsi al centro, in una sempre più spesso grande coalizione. La paura dei comunisti è passata, un po’, si fa per dire perché sempre utile. Per stare al centro bisogna isolare parimenti le aree politiche laterali, facendole vivere ma demonizzandole. Democraticamente. In modalità bipolare prima.

L’esempio lampante ultimo è quello della Germania. Si poteva fare un governo Spd-Verdi-Linke. Troppo radicale. Sarebbe andato contro il Pensiero Unico globale finanziario. Meglio adeguarsi e non essere alternativi. La Spd non poteva essere coraggiosa. Ormai, da tempo, non ha più un progetto di società diversa e sembra aver imposto questa nozione a tutto il PSE.

Nel momento in cui il capitalismo attraversa la più grave delle sue crisi dopo quella degli anni '30, i principali partiti di sinistra rimangono muti e imbarazzati. Nel migliore dei casi promettono di rabberciare il sistema, ma più spesso cercano di dar prova dì senso dì responsabilità raccomandando a loro volta purghe liberiste. Quanto potrà durare questa blindatura del sistema politico, mentre la rabbia sociale continua a salire? Ma sale veramente o semplicemente ci piacerebbe? O vince la paura?

La rabbia però sembra canalizzata in vicoli mediatici ciechi. In paure varie. Individualizzate. Sostenute e ripetute. I cattivi Black Blok (sicuramente collusi con i servizi deviati e sicuramente destroidi), quei facinorosi della Tav e dei centri sociali, quei rivoluzionari nichilisti della Fiom che non accettano di farsi super sfruttare e schiavizzare (lo sfruttamento “normale” è già diffuso e legalizzato), ecc …

La paura è stata l’asso nella manica del neoliberismo globale, innescato dall’ancora misteriosa distruzione delle torri gemelle di New York, e dall’utilizzo della forza cieca verso qualsiasi “terrorismo”, anche di pensiero.

Più sottile ancora. Apro ogni mattina il sito della mia mail in Libero. Sono aggredito. “Hai l’amante? Rischi l’infarto”; “E’ iniziata la nuova piccola era glaciale”; “Un asteroide di 50Km di diametro è lanciato sulla scia della Terra e, nell’eventuale impatto, avrebbe l’effetto di cento bombe atomiche distruggendo la vita sulla terra”; “Ecco che fine farà il nostro pianeta”; “Avremo l’inverno più rigido degli ultimi cento anni” (caspita, non ho soldi per un tale necessario riscaldamento, come farò? Angoscia e paura); “Arriva la super stangata Irpef”; “E’ scientifico: il cancro si sviluppa anche con l’aria che respiriamo”; horror: “Renzi incontra Napolitano”; “Stress da lavoro. Malattia del millennio” (figuriamoci senza!); “Dormono e mangiano in servizio. Lasciano incustodita la bomba atomica”; “Aumenta il terrorismo nel mondo”; “Terremoti prossimi. Ecco la mappa in Italia”; “Lo spread risale vorticosamente”; “Su ogni figlio grava 35.000 euro di debito pubblico”. “Tagliare Pubblica Amministrazione, sanità, salari, pensioni”.

Ancora più sottile: come stiamo meglio, anche con il fango alla gola, in confronto ad altri paesi! Afganistan:”decapitati due fidanzatini” (il nostro femminicidio è una bazzecola di fronte a civiltà così barbare); “Rubano pacemaker dalle salme”; “Vuole uccidere la compagna. Accoltella il figlio”; “Facebook cambia: autorizzati video con decapitazioni, violenze e atti terroristici”; “Picchiata dal figlio muore dopo 5 giorni di agonia”; “Se non paghi ti violento”; “L’aneurisma, una bomba pronta a esplodere”; “Tra pochi anni un bambino su 2 soffrirà di rinite allergica”; “Il cancro al polmone è in continua crescita”; “L’Italia è coperta di eternit. Aumento dell’amianto mortale nell’aria”; “La pausa caffè riduce lo stress” (eccetto a Marchionne ovviamente); “Le venti cause di morte più probabili”. Si può continuare all’infinito, ogni mattina è una litania di pericoli vari, di fobie individuali, di omicidi, di insicurezza ben alimentata (anche dalle TV, pubbliche, si fa per dire, e private), di sospetti, di giustizialismo populista (tipo “dagli all’untore”, “dallo sguardo si capisce che è colpevole”), tutte dichiarazioni scientifiche esposte dal severo e incredibile professore universitario di turno.

Più realistico, vivace e scandalistico, è il materiale, più tocca gli elementi culturali base, come genitori, famiglia, bambini, patria, salute. Il tutto diventa psicologicamente distruttivo e può lasciare una traccia permanente, compresa di indefinita paura, sulla scomparsa di valori “tradizionali” confortanti. Disarticolare le certezze. Gli immigrati sono un ottimo e costante elemento.

E vuoi preoccuparti perché sei disoccupato, non trovi lavoro e intravvedi una vita di miseria? Non vedi come sei fortunato ad essere vivo?

Posso accostare l’estrema destra ad un concetto permanente di pericolo e di paura? Cosa ci tramanda la storia sulla libertà? Se sì, diventa chiaro per i normali conservatori di centro e di centrosinistra fomentare ulteriormente questo timore che non può che portar loro benefici. In Italia, dove conservatori e destra sono considerati storicamente uguali nei propositi e nei fatti, il problema sussiste meno. L’estrema destra italiana nascosta dietro il berlusconismo, governa di nuovo l’Italia ufficialmente da vent’anni, ma ufficiosamente da cinquanta almeno. Basta vedere come è riuscita a ridurre la classe lavoratrice e ad arricchire i padroni e i già ricchi. E come, complice il PD, a distruggere la Costituzione antifascista e compiere definitivamente il programma eversivo della P2. Ma lo Stato potrà ricorrere alla forza contro una vera massa di cittadini arrabbiati perché derubati socialmente? Intanto si insinua il timore che sia possibile un atto di forza. Teorema di Thomas: intanto è più potente l’insinuazione che la possibile realtà.

Non è la stessa cosa in Germania, dove l’estrema destra è rinata e sembra ripercorrere le strade della repubblica di Weimar e di dolorosi ricordi, ancora troppo recenti. La sua demonizzazione porta acqua al mulino del centro, ma anche al nazionalismo infido e colonizzatore della Merkel. La Spd sembra combattere la stessa cosa alla sua sinistra. Questa estrema destra diventa a loro necessaria a mettere paura e al voto utile.

Non è la stessa cosa in Francia, dove l’estrema destra lepennista viene da sempre bloccata a livello di legge elettorale per un accesso proporzionale all’Assemblea Nazionale, ma non potrà esserla per le europee. Il timore sembra riavvicinare sempre più i conservatori con il PS di Hollande. Nei programmi e nei fatti. Tanto che la sinistra unita, intelligentemente, non ha voluto partecipare a questo tipo di governo pilotato comunque dalla Troika neoliberista, che vede il sociale come fumo negli occhi. D’altronde possono combattere la destra a fianco di “compagni” conquistati dal liberismo?

In seno all'Unione europea, nota Benoìt Hamon (porta voce del PS francese) nel suo ultimo libro, il Partito socialista europeo (Pse) è storicamente associato, grazie ai compromessi che lo lega alla democrazia cristiana, alla strategia di liberalizzazione del mercato interno e alle sue conseguenze sui diritti sociali e sui servizi pubblici. Sono stati i governi socialisti a negoziare i piani d'austerità voluti dall'Unione europea e dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Sia in Spagna, che in Portogallo che in Grecia. Se consideriamo il Pd come “associato esterno” (o aderente, o nella famiglia, boh!) del Pse, possiamo dire che per l’Italia vale Monti-Letta. Anche se il compromesso italiano, sempre all’avanguardia in Europa, si è costruito direttamente all’interno del Pd, lasciando scoperta alla sua sinistra una possibile logica socialista o socialdemocratica alternativa. Alternativa che però non riesce ad esistere, anche perché bloccata da una legge elettorale anticostituzionale, definita ipocritamente “una porcata”, ma molto utile a due blocchi oggi unificati in “larghe (o infinite) intese”.

Il paradosso? I Popolari e i Socialisti europei, anche loro in un sodalizio di centro, sostengono questo tipo di “costruzione” (o distruzione) dell’Unione e dell’euro. Hanno lo stesso progetto di società, non certamente solidale e di comunità, ma di estrema competitività, di disgregazione sociale e di super sfruttamento dei più deboli. Volenti o nolenti è comunque questo il risultato. Si coalizzeranno in “larghe intese” (Ah le parole!) contro gli “altri” e presto o tardi aboliranno tutti le elezioni proporzionali, a cautela, probabilmente anche quelle europee se dovessero contraddirli o rappresentare un “problema” reale.

A destra e a sinistra le prossime elezioni decideranno dell’assalto. Con una variante, la destra farà moina perché legata comunque al padronato più cinico, in funzione anti-lavoratori, e con grande populismo sociale e nazionalista; la sinistra, senza grandi speranze di alternatività perché, proponendo una rottura vera con questa Europa in mano alle banche e ai tecnocrati, non sembrano credibili.

La paura generale del cambiamento radicale, pur necessario per rompere la suddetta logica, è dilagante e ben alimentata. Le destre populistiche aiutano non poco. La miseria, la povertà e la paura aumentano.

martedì 29 ottobre 2013

Teorema di Thomas


Per l'amico Tonino devo fare un'eccezione. Riapro la sarracinesca per un attimo.


di Tonino D'Orazio

Questo teorema di Thomas è così incredibilmente semplice che può lasciare scettici e increduli: "Quando la gente vede certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze". Per far apparire il campo di applicazione, il sociologo Robert K. Merton ha parlato di quello che è successo alla Last National Bank, quando il suo direttore Cartwright, incuriosito da un ambiente insolito, ha scoperto che i suoi clienti, allertati dal rumore della sua insolvenza, stavano ritirando i loro beni, provocando il crollo della banca. In altre parole, non è stata l’insolvenza a causare il fallimento, ma la notizia che ha creato l’insolvenza.

Corollario del teorema di Thomas: affinché una situazione sia possibile bisogna crederla e farla credere possibile. L’efficacia riposa in effetti sull’opacità, il diniego e la menzogna ripetuta. Esempio applicabile al cosiddetto “debito pubblico” che sappiamo anche quanto pubblico non è. Eppure …

Appena appare, anzi trapela, la notizia che il governo potrebbe sequestrare, o rubare, il 10% sui conti correnti dei cittadini italiani (ricetta propugnata dal FMI di Lagardère, pagina 49 del Fiscal report di ottobre, che ipotizza una soluzione anti-debito pubblico: un prelievo forzoso del 10% per i paesi in difficoltà) non si tratta più soltanto del teorema ma della drammatica realtà. In genere i suggerimenti del FMI, se non quando sono ipocriti, fanno parte del teorema di Thomas. E’ successo ai greci e soprattutto ai ciprioti (addirittura il 50%). E’ chiaro che si vuole che avvenga una massiccia esportazione illegale di capitali. Capitali neri, utilissimi nei paradisi fiscali, che le solite note banche, e mafie, gestiscono a livello mondiale con flussi inimmaginabili di denaro, ormai si può dire, per “fare danno umanitario” globale. Allora cosa si dice? Rientrano i capitali dall’estero! La bufala è proprio buona. Manco Berlusconi era arrivato a tanto. Come si può portare denaro in un paese avviato scientificamente al fallimento? Si può solo venire a comperare qualche residua eccellenza produttiva.

C’è anche l’altra balla: arrivano risorse dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia che, in un recente articolo, Tito Boeri ( 16 ottobre 2013 in lavoce.info) ne chiama la regia “una associazione a delinquere” e ne spiega l’ulteriore furto bancario ai danni dei cittadini e l’ulteriore indebitamento futuro.

La verità vera è che salta l'aumento della tassa sulle rendite finanziarie, sui grandi patrimoni.

Il teatrino mediatico potrebbe continuare all’infinito. Manovra finanziaria (ogni sei mesi). Se si danno spiccioli ai giovani bisogna togliere agli anziani. Se si danno ai cassintegrati bisogna tagliare la sanità.

E’ sempre credibile la coperta corta addossandone la responsabilità al buon padre di famiglia. Intossicazione delle sigle: Imu, Tares, Tarsu, Sevice Taxe, Trise. Lo Stato dà alla famiglia 98 euro annue (8 euro al mese, manco una pizza e una birra per “fare ripartire l’economia italiana”) e poi ne toglie fino a 900 con la Trise. Mi sembrano piromani incoscienti del sociale che non sanno fin dove si potrà arrivare. “Il governo - affermano in una nota Adusbef e Federconsumatori - aveva promesso una legge di Stabilità in grado di far ripartire l'economia, restituire sollievo a lavoratori e consumatori con la riduzione del cuneo fiscale, ridurre il mare magnum di tasse e balzelli che assilla gli italiani, cancellare la seconda rata dell'Imu prima casa in pagamento a dicembre, appostata a bilancio per 2,4 miliardi di euro”. Tanto si vedrà l’aumento con la riforma del catasto. Solo un carognoso ottimista può dire: “Però qualcosa ce lo ha dato”. Viva Letta. Viso giovane e pulito.

Ha paventato il taglio alla sanità o per così dire l’aumento dei ticket regionali. Poi non l’ha fatto, ancora, ma questo è l’applicazione del suddetto teorema di Thomas. Basta insinuare e aspettare.

Qualcuno immagina che la riduzione del cuneo fiscale possa andare ai lavoratori (20 milioni)? Oppure sarà assorbito tutto dai padroni? (Ricordate il cuneo del democratico Prodi?). Vista la povertà che c’è in giro, non è che quelle 100 euro (anche per i pensionati?) serviranno a riportare soldi all’Enel (elettricità), all’Eni (gas e gasolio), pronta ad essere venduta, per il riscaldamento di questo inverno? Sembra un inarrestabile fiume di denaro che va sempre in una unica direzione.

giovedì 17 ottobre 2013

Il blog chiude

Il blog chiude, se il progetto che abbiamo in mente avrà successo, il blog subirà una trasmutazione e diventerà un sito, altrimenti resterà a languire per un po' nel cyberspace fino all'estinzione. 
30-40 contatti giornalieri sono pochi e fanno passare l'entusiasmo. Malgrado tutto abbiamo avuto dei buoni momenti, con buona visibilità, purtroppo non siamo riusciti a cavalcare l'onda e ad avere un seguito costante. 
Restiamo convinti del'impostazione di fondo, siamo convinti che il fallimento è solo frutto della nostra incapacità di fare di meglio e non dei contenuti e delle idee che abbiamo portato avanti. 
La ragione, una ragione anche calda e piena di sentimento era e resta la nostra guida. 
Buona vita.


mercoledì 16 ottobre 2013

«Questo capitalismo è in guerra e il debito è la sua arma»


Questa economia è fondata sul debito che diventa una leva nello scontro tra modello Usa e modello renano. Parla Alessandro Somma di Insolvenzfest.


di Checchino Antonini da popooffglobalist

«Questo capitalismo è in guerra e il debito è la sua arma». Seconda edizione, stavolta a Ferrara, di "InsolvenzFest - Confronti pubblici interdisciplinari sull'insolvenza". Ancora una rivelazione del diritto dell'insolvenza, da condurre fuori dai suoi confini. Questa la sfida culturale riproposta dall'OCI, l'Osservatorio sulla crisi d'impresa, che attraverso una serie di dialoghi tra giuristi, docenti universitari di economia aziendale, filosofia e diritto comparato, giornalisti ed esperti in altre discipline, propone un incontro trasversale tra mondi - l'impresa, l'etica pubblica, il mercato del lavoro, il credito e la giurisdizione, l'associazionismo consumeristico - che raramente si confrontano, se non per controversie su casi singoli. Un festival in cui i temi dell'insolvenza vengono liberati dal loro tecnicismo ed offerti alla curiosità culturale di tutti, con una particolare apertura verso i giovani e gli studenti delle università.

Tra i Relatori di IF 2013 ci saranno Marco Revelli, il magistrato antimafia Raffaele Cantone, Marco Bersani di Attac, il giornalista Luca Martinelli, Andrea Fumagalli, economista.

Il Coordinamento scientifico del festival è a cura di Massimo Ferro ed Alessandro Somma. Il primo è magistrato, il secondo è professore ordinario di diritto privato comparato a Ferrara, autore - tra l'altro - di "Economia di razza. Dal fascismo alla cittadinanza europea" (2009).

«Insolvenzfest - spiega proprio Somma a Liberazione - serve a comprendere il ruolo del debito nella nostra società, come impatta sulla vita di cittadini e lavoratori. Parleremo di debito pubblico e debito privato. Il debito è centrale per capire le trasformazioni di oggi perché la nostra è un'economia fondata sul debito».

Il ragionamento del docente parte dall'esame dell'«unica fase in cui il capitalismo ha prodotto livelli accettabili di esistenza. E' stato nel secondo dopoguerra quando s'è affermato il modello del fordismo: consumo e produzione di massa». Tutto ciò, in Europa, è stato possibile grazie allo stato sociale che consentiva di liberare reddito per il consumo e, negli Usa, dal credito al consumo anche per i beni primari. «Negli Usa oggi il debito contratto dagli studenti per pagarsi le università ammonta a 700 miliardi di euro, pensa che l'intero debito pubblico italiano è di 2000 miliardi di euro. Questo per dire come una società ha prodotto benessere solo perché c'era credito al consumo oppure un welfare più o meno adeguato. Dunque questa non è una crisi momentanea ma è l'affermazione di un sistema fondato sul debito e questo diventa sempre più grande, gli Usa sono il primo debitore al mondo». L'ipotesi, appunto, è che il debito sia lo strumento di una «guerra tra modelli di capitalismo», spiega ancora Somma che, a If2013, presenterà "Oltre il pubblico e il privato", il libro di Maria Rosaria Marella, docente a Perugia, e dialgherà con Geminello Preterossi, filosofo del diritto, su "Chi è il debitore?". La guerra di cui parla Somma è quella del capitalismo Usa al modello europeo, renano, il debito è lo strumento per questa guerra.

«Non a caso Jp Morgan ha individuato con precisione nelle costituzioni prodotte dalla reazione al fascismo (in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo) un ostacolo per il liberismo. Non solo c'è la democrazia politica, in quelle costituzioni, ma ci sono elementi di democrazia economica. Lo Stato regola sempre il mercato. La differenza è se lo fa per garantire la concorrenza, le guerre per procurare fonti energetiche sono interventi dello Stato, o per bilanciare gli effetti della concorrenza, della disuguaglianza, per combattere con la forza pubblica la debolezza sociale. Anche la miriade di Authority (il mercato senza regole crea un monopolio) sono un intervento dello Stato ma senza emancipare le persone, senza rimuovere le differenze sociali».

Ecco che si sta affermando in Europa il modello americano che deve semplicemente alimentare la concorrenza, «il fascismo è nato da un cocktail di questo tipo, doveva servire a "riformare" il capitalismo senza il vincolo delle libertà politica, del conflitto sociale - avverte Somma - e anche ora si sta sospendendo la democrazia, si impone agli ordinamenti di superare il compromesso keynesiano e questo avviene disprezzando i parlamenti, imponendo il pareggio di bilancio e il rientro dal debito. Da questo punto di vista siamo tutti molto fuori, direi irrecuperabili. L'Italia è 130% per quanto riguarda il rapporto debito/Pil. Ma, come nella logica dell'usura, il creditore non ha interesse a recuperare il credito ma a controllare il debitore mantenendolo indebitato sempre secondo il medesimo schema: prestito in cambio di tagli a salari e diritti e servizi, dismissioni del patrimonio pubblico e liberalizzazioni, sempre cercando di legare salario alla produttività (creare così l'operaio cooperativo non più conflittuale).

E' una trasformazione violenta: i lavoratori non rivendicano più diritti, i cittadini non reclamano più servizi, ecco cosa succede con la leva del debito pubblico». Racconta ancora il docente come anche la Germania sia investita da questo processo: lì la Conferenza contro la povertà (i sindacati, l'associazionismo e le chiese) denuncia da tempo redditi di cittadinanza così bassi da non riuscire a garantire la cittadinanza. «Diciamo che esiste una versione esteticamente più forte in Grecia di questo modello e altre varianti negli altri paesi ma sempre su indicazioni della Troika. L'ultimo suo documento contiene le condizioni per interrompere la procedura di infrazione: la ricetta è quella applicata in Grecia e Portogallo, tagli servizi, dimagrimento della pubblica amministrazione e maggiori entrate da ottenere con le dismissioni nei prossimi vent'anni per un gettito di un miliardo di euro l'anno. In Italia la Cassa depositi e prestiti compra, con soldi pubblici, tutto quello che il mercato non riesce ad assorbire».

Perché i soldi non è vero che non ci sono e sarebbero sufficienti per invertire la rotta ed impostare un nuovo modello sociale, basato sulla riappropriazione sociale dei beni comuni e sulla riconversione ecologica dell'economia. Dodici milioni di persone, infatti, affidano i propri risparmi a Poste Italiane, attraverso i libretti di risparmio postale e i buoni fruttiferi postali. La massa di questi risparmi viene raccolta dalla Cassa Depositi e Prestiti, che, dalla sua nascita nel 1860 e fino al 2003, li utilizzava per permettere agli enti locali territoriali di poter fare investimenti con mutui a tasso agevolato. Nel 2003, la Cdp è stata tramutata in società per azioni e nel suo capitale societario sono entrate (30%) le fondazioni bancarie. Da allora, la Cdp si è progressivamente trasformata in una merchant bank che continua a finanziare gli enti locali ma a tassi di mercato e che investe in diversi fondi con finalità di profitto. La massa di denaro mossa annualmente dalla Cassa Deposti e Prestiti è enorme: circa 250 miliardi di euro, con una liquidità disponibile di quasi 130 miliardi di euro. Soldi con cui si potrebbe immaginare un futuro socialmente diverso, ma l'unica attuale finalizzazione è la produzione di profitti.

Anche di questo si parlerà (specie nel dialogo con Marco Bersani) a Insolvenzfest, un evento attento a ogni aspetto della questione debito: lavoro, crisi di impresa, criminalità economica, qualità del ceto manageriale. Perché il liberismo sta stravolgendo la politica, il diritto e la società: «in una situazione in cui molti hanno debiti, chi ha i soldi? - si chiede infine Somma - la criminalità organizzata (agevolata dal ritiro dello stato), ecco ad esempio una delle conseguenze del credit crunch». Appuntamento a Ferrara, il 25 e 26 ottobre. 


Fonte: Liberazione 

martedì 15 ottobre 2013

Carceri e ipocriti

di Tonino D'Orazio
 
Condono, indulto, amnistia. Re Giorgio II spara subito a zero. Tra poco si occuperà anche dei pannolini Pampers. Per evitare nuove fibrillazioni per il suo protetto Letta, alle prese sul come aumentare delle tasse, deve trovare una soluzione, checché sia, per salvare il condannato Berlusconi. Se si resta dentro il livello consueto dei reati amnistiati, quindi quelli con pene fino a 3 o 4 anni, l'amnistia generale non serve, eccetto per Berlusconi e i suoi prossimi processi, (Ruby e De Gregorio), anche se quest’ultimo dichiara: “Amnistia? Solo fumo, Napolitano mi sta prendendo in giro”. Il gioco solito delle tre carte.

Arrivano gli amici di sempre. Bersani: “Escludo che il messaggio di Napolitano faccia parte di uno scambio sulla giustizia con Berlusconi. È impossibile pensarla così”. Epifani: "Amnistia non c'entra con Berlusconi”.

Dopo le violenti polemiche con Lega e Grillo, Napolitano, alzando la voce e disprezzandoli, si è ulteriormente squalificato. Difficile fare il re in una repubblica. E’ un ossimoro vivente. Anche il Pd prende le distanze, deve farsi perdonare di non voler pretendere tasse Imu dalle case dei ricchi. In Parlamento intanto è passato (con l'ok del governo) un emendamento dei Grillini M5S che abolisce il reato di immigrazione clandestina.

Finalmente si discute di sovraffollamento delle carceri. Capienza regolamentare delle carceri: 47 mila e 615. Detenuti presenti nelle celle italiane: 64 mila e 758. Sovraffollamento che non è nato da solo ma a causa di alcune leggi liberticida precise. La Fini-Giovanardi, per esempio, ha contribuito molto al problema, prevedendo ed equiparando, per esempio, le droghe leggere a quelle pesanti. Migliaia di ragazzi sono in carcere per questo motivo. Allo stesso modo hanno avuto effetti negativi altre leggi arrivate con il governo Berlusconi, vale a dire la ex Cirielli del 2005 e la Bossi-Fini (ancora l’ex neofascista! Le migliori leggi portano la sua firma) del 2002. Sono norme che hanno provocato molti danni. Bisogna ricordarsi che quest’ultima ha soltanto “approfondito” la Napolitano-Turco (1998) che prevedeva carceri speciali e inumani per gli immigrati (CPT), una vergogna internazionale che dura tutt’ora. Mea culpa? Macché, faccia tosta. Napolitano nel suo messaggio alle Camere sull’emergenza carceri: “L’Italia viene a porsi in una condizione umiliante sul piano internazionale per violazione dei principi sul trattamento umano dei detenuti”. Ha ragione, siamo noi a non avere memoria e ignorare i responsabili. Però a Lampedusa non ci va.

La stessa ex-Cirielli modifica il nostro Codice Penale in materia di attenuanti generiche aumentando, moltiplicandole, le pene per recidiva. Un grammo di hashish? Carcere. La seconda volta, recidiva, carcere quasi a vita, aspettando il giudizio. L'applicazione della Cirielli è in contrasto con le convenzioni internazionali dell'Ocse e con le sentenze della Corte per i diritti dell'uomo. Aspettando l’imminente condanna e le sanzioni dell’Unione Europea. E con ciò? Siamo un paese libero e democratico. In questi anni grazie a questa riforma del 2005 si è pianificata nei palazzi di giustizia una strategia del ritardo per impedire che i processi arrivassero a sentenza. I piccoli intrappolati, i ricchi e furbi fuori “in attesa”.

Se la politica avesse veramente voglia di ridimensionare il sovraffollamento nelle carceri dovrebbe avere la capacità e la volontà di modificare profondamente almeno queste tre leggi. Serve una vera ripulitura. Vi pare possibile? Con tutti i pessimi attori legislatori ancora in carica, loro e le loro cordate ideali? Già nel 2006 il Pd votò per l’indulto. Invece del senso del diritto e della giusta pena torna sempre l’appello cattolico al perdono e al condono. Un marchio, una subcultura, quasi una necessità in una fase storica ventennale di basso impero.

È tornato il pentapartito

di Tonino D'Orazio

Un mio amico ne è convinto e le premesse ci sono, nella frammentazione dei poli e dei voltagabbani.

Esempio di voltagabbana: Quagliariello. "Arrivato con Pera, poi rinnega e va con Verdini, poi rinnega anche lui e va direttamente con Berlusconi. Poi lo rinnega e si avvicina a Monti, poi si riallontana da Monti per ottenere la candidatura Pdl e adesso si avvicina a Letta e tradisce Berlusconi". Il tutto con il sostegno appassionato dell’amico Napolitano, anche lui ex di parecchi partiti, che gli ha commissionato una nuova costituzione personale “alla carta”. Una specie di “prestanome” a pizzino variabile.

Finché non torna prepotentemente Berlusconi, il pregiudicato, il ricatto al governo-teatrino Letta sembra essere passato di mano, ma sempre a destra.

Il teatrino del voto di fiducia, e il regolamento dei conti, si svolge adesso dietro le quinte. Nessuno dei pidiellini, siano essi appartenenti a una fazione o all'altra, pronuncia una sola parola contro il governo o Napolitano, ma solo invettive individuali a parlamentari del PD tanto sul M5S c’è ostracismo. Oppure invocando la Costituzione e la democrazia che solo pochi sembrano capire quanto le abbia affossate lui stesso e i suoi amici neofascisti. E’ una fase di grande ipocrisia e gli scissionisti sanno che non sarà facile sopravvivere, a meno di andare via, prima o poi. Un capo è un capo e sanno che Berlusconi non è finito. Ha soldi e amici come imprenditori e, in fondo, anche la troika (FMI.BCE.UE) poiché ne sostiene realmente le tesi facendo finta di essere contro. Funzionerà così anche la sua campagna elettorale alle europee. Anzi sarà l’occasione per vedere quali candidati parlamentari saranno eliminati. Abbiamo scherzato con l’Imu (e continuiamo) mentre stanno regalando interi pezzi del paese, produttivi e dell’erario, cioè di tutti. Con davanti sempre il discorso-programma ambiguo della troika internazionale, ad impoverire il Mediterraneo, e di Letta, dove alla svendita e alla futura certezza di ulteriore disoccupazione sembra garantire lo “sviluppo futuro”: “Il Governo punta ad avviare un importante programma di dismissioni immobiliari e privatizzazioni. Nessuna svendita, ma fondamentali immissioni di nuovi capitali- ha puntualizzato il premier- per evitare delocalizzazioni, che soprattutto nelle regioni del Nord rendono complesso il lavoro delle piccole e medie imprese". Che vuol dire? Che Telecom vada agli squattrinati spagnoli tranquillamente per qualche milioncino? Air France-Klm “prende” l’Alitalia solo con il taglio di 4.000 posti di lavoro, e parte dei debiti ripianati, spostando a Parigi tutto l’apparato tecnico, dimezzando gli aeromobili, e diventando così l’unico hub del Mediterraneo. Addio Roma e Milano, città del terzo mondo, nemmeno in via di sviluppo. A mio avviso conviene essere ricomperati dagli emirati arabi che hanno bisogno di una loro “testa di ponte” in Europa e di svilupparla.

Politicamente avanzerà FI. Vedrete che nelle televisioni di Berlusconi (compresa la Rai) appariranno sempre più i “falchi” che le “colombe” (si fa per dire). Vedrete solo lo staff dei fedelissimi. Sarà un segnale inequivocabile, basterà fare un po’ di attenzione in più per seguire il gioco al tiro a segno nel Pdl. Nel mentre Berlusconi, il pregiudicato, si farà impietosire ai lavori sociali, tutti i giorni, con una potente campagna pre-elettorale.

L’inevitabile corollario della fase più dura del confronto tra 'falchi' e 'colombe' è già previsto. Quando si parla di scissioni e nuovi gruppi parlamentari, è già sul simbolo che si concentra l'attenzione dei contendenti, e si finisce tra carte, avvocati e tribunali. In vista c’è già chi si premunisce. Ed ecco che "l'ex segretario della Dc per le Autonomie, Gianfranco Rotondi, ha affidato all'avv. Dell'Unto del Foro di Roma l'incarico di procedere per tutelare i diritti del proprio partito, socio costituente del Pdl". "Non e' un atto di ostilità - chiarisce l'ufficio stampa di Rotondi - ma i giornali riportano decisioni riguardanti il Popolo della Libertà e, nel caso in cui la vicenda finisca in Tribunale, è corretto compiere atti di tutela a favore dei soci e del personale della Democrazia Cristiana per le Autonomie". Si può anche lasciare marcire un simbolo scottante e riprenderne un altro, più personale e confacente, eliminando gli attori scomodi. Tanto Alfano, da solo, in una eventuale tornata politica, quanto vale? Giusto qualche numero per una coalizione con il Pd sempre contro FI, di cui non è né segretario né assolutamente nulla.

Pensate alle prese di posizioni di Giovanardi, addirittura di Casini che pensavamo scomparso, e Formigoni prossimo agli arresti: "Creiamo comunque un nuovo gruppo". Saranno non solo costretti, anzi a loro questo governo retto da un democristiano e con un programma confacente a una destra democristiana (si sarebbe detto una volta) li rimette di nuovo in gioco. Salvo una riforma elettorale più volte “minacciata” che non vedrà mai il giorno, se non dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull’illegalità del premio di maggioranza, in dicembre (forse, se non modificano la Costituzione prima). Premio che la Bindi, in una splendida scorciatoia, propone anche per il Senato.

Un altro pezzo del nuovo pentapartito è pronto. Il progetto sembra congelato, ma gli scissionisti sono ancora pronti, e forse saranno loro a tenere in ostaggio sia Letta che Berlusconi. Il Pd non ci sta: "C'è una nuova maggioranza politica", un governo che da oggi avrebbe "cambiato natura e numeri". E qual’è? E per fare che? I ministri e lo staff del governo-teatrino Letta è lo stesso di prima, i programmi della troika vanno avanti velocemente, svendendo il paese, impossessandosi di tutto il sistema produttivo e aumentando la disoccupazione, chiacchiere e piagnistei a parte.

Ex socialisti in ambo gli schieramenti, ex repubblicani, ex liberali (Monti), ex democristiani in ambo gli schieramenti, risorti anche gli ex socialdemocratici (giuro!). Manca solo Del Turco. L’idea di Veltroni è che finalmente si sta compiendo la fase definitiva del PD verso il centro, cioè quello che ha sempre governato (e con quali risultati) il paese. Penso che ci siamo, e siccome in Europa siamo sempre politicamente innovativi la grande coalizione è pronta. E’ la riedizione del pentapartito nei fatti, e prima o poi, in un partito unico. Avanza Renzi. Il vecchio che avanza con il viso nuovo. A questo punto potrà non avere bisogno della maggioranza del suo partito. Congresso o non congresso. Il pentapartito ha bisogno di nascondersi dietro una “faccia nuova e giovane” affinché nulla cambi mai, e tutti possano rimanere sulle loro poltrone finché morte non li separi.


lunedì 14 ottobre 2013

Le anime belle della sinistra

Le belle anime della sinistra mi fanno incazzare terribilmente. Malgrado decenni di sconfitte e narrazioni buone solo per ingrassare psicoanalisti da avanspettacolo, si ostinano a non capire che per cambiare il mondo non bastano buone idee e buoni propositi, ma occorre prima di tutto fare i conti con le pulsioni peggiori del popolo. Questo si può fare o blandendolo, ma con il rischio che il lato oscuro della massa prima o poi si rivolga contro di te, o coinvolgendolo nelle decisioni. Si possono anche fare  buone leggi per l'immigrazione, ma se non coinvolgi il popolo queste verranno viste come un'ingiustizia e una prepotenza, scatenando una guerra fra poveri, e alla fine la reazione rialzerà la testa e riporterà indietro la civiltà. Se invece dici alla gente aiutateci a far si che sicurezza e accoglienza siano la stessa cosa, la gente si farà in quattro per dare una mano. Per sconfiggere l'animale individualista che è in noi si deve risvegliare l'istinto cooperativo della specie, non c'è altro mezzo. Abolire la Bossi-Fini è necessario, ma deve essere una decisione che il popolo sente sua, e quindi devi presentargli la cosa come una necessità per il bene di tutti e non come una potenziale minaccia.  Gestire i flussi di immigrati e favorire una loro integrazione è possibile solo se alla comunità viene fatta una richiesta esplicita in tal senso e se la si sostiene con mezzi e persone. Non si può essere "buonisti" e poi lasciare che sorgano ghetti e che la gente di Lampedusa se la cavi da sola. 
La specie umana ha bisogno prima di tutto di sicurezza e questa viene in primo luogo dal non sentirsi soli e dal sentirsi protagonisti.

sabato 12 ottobre 2013

Pensioni d'oro e facce di bronzo

Blocco delle rivalutazioni delle pensioni al di sopra dei tremila euro lordi, nessuno ne parla come non si parla dei contratti bloccati degli "esosi" statali, senza neanche la vacanza contrattuale. Non è questione di piangersi addosso è questione di sconfiggere la logica truffaldina che fa dire a qualcuno: di cosa vi lamentate nella situazione in cui siamo? Ecco la situazione in cui siamo è figlia dell'indifferenza e non è un evento naturale. Questa medicina amara che vogliono farci ingoiare ha controindicazioni per tutti e non solo per i "pensionati d'oro" a tremila euro lordi. L'aver peruaso la gente che la crisi è come la grandine che cade dal cielo, ha portato all'annichilimento delle coscienze e alla rassegnazione.

Rodotà e i sicari del liberismo

Capisco che il Prof. Rodotà, persona mite e liberale d'altri tempi, non voglia confondersi con realtà politiche con un profilo sfrangiato e posizioni poco nette su questioni come la legalità, e sono anche convinto che da un punto di vista tattico, ha le sue fondate ragioni, tanto che il fatto che abbia rinunciato a manifestare il 19 insieme a vari spezzoni del movimento, non desta in me alcun risentimento. In una fase della politica come quella che stiamo attraversando, dove anche a non voler scomodare Marx, i rapporti di forza fra ricchi e poveri sono decisamente a vantaggio dei primi, è comprensibile che non si voglia prestare il fianco agli agguati di sicari al servizio del liberismo, ma qualcosa di chiaro bisognerà pur dirla in materia di economia. I suoi discorsi e quelli di Landini oscillano da un moralismo antispreco e antievasione a generiche invocazioni a diminuire la morsa dell'austerità. Non c'è una via di mezzo professore e il problema non è etico, il problema è di paradigmi. 
Non basta invocare il bene comune, occorre supportare l'azione politica con una visione ben definita dell'economia. Senza non andremo mai da nessuna parte per quante manifestazioni possiamo fare.
Su questo fronte Rifondazione mostra sicuramente maggiore impegno. Dimenticavo lei è solo un “vecchio signore”.
 Detto questo sono contento che la manifestazione di oggi sia andata bene.

venerdì 11 ottobre 2013

Bortolussi e Lanzillotta: l'unico statale buono è uno statale morto

Sono incazzato nero e quindi lascerò da parte le questioni di forma. Ieri ho dovuto assistere a Porta a Porta all'ennesima aggressione verso i dipendenti pubblici da parte del sig. Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre, il quale come un genio del male con la faccia di uno Stan Laurel mestrino, si lamentava che gli stipendi del pubblico erano cresciuti troppo nell'ultimo biennio, passando da 70 mld di spesa complessiva a 110 e rotti miliardi, mentre nel privato non si sono verificati aumenti significativi. Piccolo plauso agli ultimi governi, in particolare quello Monti, che ha portato ad un risparmio di 7 mld. Il sig. Bortolussi ha aggiunto che se non ci fossero stati quegli aumenti, con 40 miliardi risparmiati, altro che finanziaria, ci andava di lusso e potevamo anche risparmiare la carta per scriverla. Tradotto: se avessimo affamato i dipendenti del pubblico come abbiamo affamato quelli del privato adesso i conti sarebbero a posto e pazienza se la gente sarebbe morta di fame. A questo punto, aggiungerei io, bastava non pagarli affatto i dipendenti pubblici e avremmo avuto i conti addirittura in attivo. Il tapino poi si produce in una sfida mortale con il principio logico di non contraddizione e piange perché così non possiamo andare avanti e in perfetta osservanza keynesiana afferma che bisogna dare impulso ai consumi, perché quella è la chiave per rilanciare l'economia, per ché i consumi sono il 70 % del PIL, e quindi dare più soldi in tasca alla gente. Avrei voluto ringhiare sulla crapa pelata di questo grigio mestatore e chiedergli se fosse al corrente che i dipendenti pubblici italiani sono i peggio pagati d'Europa, malgrado siano fra i primi posti(sic) nella produttività. Avrei voluto chiedergli quanto guadagna lui e cosa gli da diritto di guadagnare soldi, in misura sicuramente maggiore di un qualsiasi dipendente pubblico. Avrei voluto dirgli da chi va a farsi curare quando sta male e se va bene che i suoi figli frequentino scuole fatiscenti dove alle famiglie vengono chiesti contributi anche per la manutenzione ordinaria, con professori frustrati e maltrattati da personaggi come lui. Questa gente gioca allo scoperto ormai, ha deciso di succhiarci il midollo e lo sta facendo senza scrupoli. Le dichiarazioni di Bortolussi fanno il paio con quelle dell'On Lanzillotta in un talk show. Ormai è un sentire comune di questi sicari del welfare. Il piano, al di la dei complottismi non è più segreto. La cosa più raccapricciante però è constatare quanto poco riusciamo ad incazzarci ultimamente noi italiani, sembriamo un popolo di lobotomizzati, incapaci di una minima scintilla vitale, incapaci di reagire anche quando ci sputano in faccia. Ormai, anche se fingiamo di indignarci, siamo intimamente convinti che se ci azzannano alla gola lo fanno per il nostro bene, perché ce lo chiede l'Europa. 
Bortolussi è un Giano bifronte, dice e si contraddice, nella convinzione, in tal maniera, di fare meglio i suoi interessi, ma il problema non è lui, il problema siamo noi che siamo diventati sordi.

giovedì 10 ottobre 2013

Un patto per l'Italia

L'espressione patto sociale a mio modo di vedere ha una valenza diversa da contratto sociale. Il patto è figlio di una visione strategica, il contratto è un elemento costitutivo della società. Oggi è di patto che bisogna parlare poiché il contrato rimanda alla filosofia della politica, il patto alla vita reale.  Se la sinistra oggi vuol vincere deve abbandonare propositi pedagogici e riuscire ad immaginare una strategia che contempli il patto sociale come fattore di transizione verso una società diversa e più equa. Il patto è la risposta, la via di uscita da aporie che confinano l'equità e il giusto ai margini della politica, condannandoci (noi sinistrati) a perdere in eterno. Ovviamente il patto si fa fra componenti sociali non omogenee e separati da interessi diversi. Nella situazione italiana questo può significare un patto con una parte della borghesia o della piccola e media impresa o semplicemente con la cittadinanza tutta. Perché si è così titubanti, data l'ineluttabilità di processi produttivi necessari alla nostra economia? Un altro patto è sull'immigrazione. Dobbiamo conciliare le esigenza di giustizia con le resistenze di gran parte della popolazione. Si potrebbe immaginare di organizzare flussi controllati di immigrazione in misura proporzionale alla nostra capacità di accoglienza e di estensione di sistemi di tutela. Ma ci rendiamo conto che questo significa che l'economia deve fondarsi sul reddito garantito e sulla possibilità dello stato di contrarre debiti, necessari a finanziare, lavoro, tutele e welfare? Il nodo è sempre lì. Il liberismo ci riporta verso lo stato di natura. Lo capite perché un'inversione di 180 gradi nell'economia è necessaria come l'aria che respiriamo? 

Barnard alla "Gabbia" - seconda parte -

Barnard alla "Gabbia"

mercoledì 9 ottobre 2013

«La guerra di classe l'hanno stravinta i ricchi»

L'economista anglo-francese Susan George accusa l'Europa di voler togliere di mezzo democrazia e diritti umani per favorire lo status quo voluto dai «nababbi».


 Sottoscrivo anche le virgole di questo articolo

di Susan George da popoffglobalist

La guerra di classe non è morta, ma l'hanno stravinta i ricchi. Anzi, i super ricchi, nuova classe globale che ora si chiama Hnwi, acronimo di High Net Worth Individuals (individui con alto patrimonio finanziario, almeno 30 milioni di euro. Parola di Warren Buffett, re dei mercati finanziari globali, uno degli uomini più facoltosi del pianeta, dunque membro di questo club esclusivo in crescita continua nonostante la crisi, tanto da includere quest'anno la quota record di 200.000 persone e del quale si parla troppo poco.

La lotta di classe al contrario, un mondo paradossale dove si ruba ai poveri per dare ai ricchi, con l'obiettivo di togliere di mezzo i diritti umani e la democrazia, considerati l'ultimo ostacolo (o l'ultimo baluardo) da superare per ricavare profitti più alti senza troppe seccature.

L'establishment economico e finanziario non ha sensi di colpa per quello che è accaduto nel mondo negli ultimi sei-sette anni. È uno dei paradossi di quest'epoca, i neoliberisti hanno capito il significato del concetto di egemonia culturale di Antonio Gramsci e l'hanno applicato benissimo. La loro ideologia è penetrata negli Stati Uniti, poi si è diffusa in tutte le organizzazioni internazionali e vanta un supporto intellettuale mai visto. Prendiamo l'Ue. Sono riusciti a ottenere consenso e supporto proponendo misure di austerità per uscire dalla crisi convincendo tutti che il bilancio di uno Stato e quello di una famiglia sono la stessa cosa per cui si può spendere solo in base alle entrate. Non è così, il debito pubblico storicamente finanzia la crescita, è altra cosa dagli sprechi. Per fare un esempio due economisti della Bocconi di Milano, Alesina e Ardeagna, a mio avviso hanno fornito una errata base teorica alla Banca centrale europea, ai governi e alle istituzioni europee proponendo l'austerità per fronteggiare la depressione. E la gente è stata convinta dell'ineluttabilità delle scelte.

La prova? In Grecia non hanno fatto la rivoluzione. Se tagli gli sprechi, va bene. Ma un euro tagliato ai servizi sociali come alla scuola ha un impatto che produce costi tre volte più alti.

I lavoratori hanno pagato e stanno pagando i costi della crisi provocata da altri. Mi pare obiettivo dire che chi lavora oggi non riesca a guadagnare abbastanza mentre i manager della finanza si sono elargiti subito i lauti bonus derivanti da questi salvataggi. E che la ricchezza accumulata in poche mani ammonti a 35.000 miliardi di euro e sia posseduta, da 200.000 persone. Trovo immorale tutto ciò. Ma è ancor più immorale l'ideologia che consente loro di accumulare queste smisurate ricchezze e di manipolare le persone facendo loro credere che tutto ciò sia giusto e che le ricette per combattere la povertà siano quelle della Banca mondiale o del Fondo monetario.

Si continua a credere che ogni dollaro detassato alle grandi aziende e ai più ricchi venga reinvestito produttivamente. Invece la ricchezza finisce nei paradisi fiscali. E, aldilà dei proclami, nulla è stato fatto per illuminare gli angoli bui di queste giurisdizioni segrete e controllare i profitti di aziende e singoli. Le grandi multinazionali sono ormai troppo forti e determinano il pensiero unico che ci racconta un mondo bello, quello della globalizzazione, che crea occasioni per tutti. Peccato sia così solo sulla carta.

Il movimento di Occupy aveva buoni contenuti, ma è stato anarchico. Hanno consentito a tutti di parlare in un momento di rabbia collettiva, ma non hanno mai preso una sola decisione per passare all'azione. Il problema della società civile è la mancanza di una visione globale: gli ecologisti pensano solo all'ambiente, i sindacati al lavoro, le femministe alle donne, altri a finanza e tasse.

Il pericolo è che la gente, il 99 per cento di chi non detiene nulla, venga convinta dal restante 1 per cento dell'inutilità della politica. Prendiamo l'Unione europea. Credo nell'Unione e nell'euro, ma a patto che siano partecipate dai cittadini. Ormai l'85 per cento delle leggi in Paesi come Italia e Francia recepiscono le direttive della Commissione europea, un organismo non eletto democraticamente e influenzato dalle lobby. Ma gli europei non si ribellano, preferiscono astenersi dal voto. Così garantiscono lunga vita al sistema ingiusto che oggi è al potere.




lunedì 7 ottobre 2013

I poveri per i poveri

di Tonino D’Orazio

In questa guerra che i ricchi stanno vincendo contro i poveri avvengono almeno due fatti importanti.

Uno quello di rendere nobile la povertà, se non valorizzarla. E’ positivo e negativo. Si potrebbe definire una situazione gesuitica. E poi, se i poveri, finalmente, sono contenti che si parli di loro! Si parli, s’intende. L’altro la solidarietà dei poveri verso i poveri. Si tocca il cuore, sapendo che solo loro ce l’hanno e capiscono la solidarietà nella miseria. La Chiesa l’ha sempre saputo.

Da un'idea del Vescovo di Teramo-Atri per cercare di dare una piccola risposta e un segno di speranza, in un periodo in cui la crisi economica sta riversando i suoi effetti negativi alle famiglie e alle comunità civili, nasce il progetto "1 ora X te". In collaborazione con la Banca Popolare di Ancona è stato costituito un fondo per sostenere in maniera concreta le famiglie che a seguito della crisi hanno perso ogni fonte di reddito. Chiunque, con un contratto a tempo indeterminato o occupato in qualsiasi altra forma (artigiano, commerciante, impresa, ecc.), può contribuire ad integrare il fondo versando una somma equivalente ad un'ora della propria retribuzione netta in maniera periodica o attraverso una offerta occasionale. (Abruzzo24ore).

E i ricchi sempre più ricchi? Per il momento si accontentano di recitare la parte dei poveri. D’altronde ci si può dire ricchi solo quando (Rothschild) “non si conosce la quantità di denaro a disposizione e non si debba contarlo”. Quanti possono dichiararsi ricchi se soldi, valori e possedimenti non bastano mai?

In una sorta di rito carnascialesco ribaltato sono adesso loro a mascherarsi da miseri, senza tralasciare le opere di beneficenza che tanto non costano niente a chi è miliardario, ma che fanno scena, oltre a poterle scaricare dalle tasse. Si pensi che proprio i super ricchi, qualche mese fa, si sono inventati il «Live below the line», cioè «Vivi sotto la soglia», per 5 giorni con un solo dollaro e mezzo al giorno. Che brivido! E che presa in giro!

Fa scena e anche i poveri, quelli veri, sembrano mediaticamente apprezzare. Ormai a parlare di lotta di classe si passa per terrorista, ma rimane pur poco credibile, data la sconfitta latente, anche una possibile e socialistica equa ridistribuzione della ricchezza. Meglio assecondare la globalizzazione che avanza: pochi ricchi e sempre più poveri. Magari tutti con la speranza di diventare ricchi un giorno, tanto che ci vuole! Gli esempi-simbolo non mancano. Evviva la maggioranza globale. Eccola la nuova democrazia globale! Meglio se accompagnata da un pater-ave-e-gloria entusiasta … per il regno dei cieli. Sempre per la fase due, ovviamente!

La Verità ed il Potere non hanno mai marciato assieme. “Vengo senza oro né argento, solo con Gesù!” grida Bergoglio. Meno verità di così! (o forse, eccesso di verità. Oro e argento sono ben custoditi altrove e il costo dell’ultimo viaggio in Brasile lo hanno pagato lo Stato e le comunità …). Fingere di tendere alla povertà e valorizzarla, negli odierni frangenti economici sembra una squallida operazione di marketing. Un fiume inesauribile di denaro affluisce in Vaticano dall’Italia e da tutte le nazioni e comunità dove vi sia una maggioranza cattolica: offerte, donazioni, eredità, quote di imposte, finanziamenti pubblici.

Mi direte che d’altronde il Vaticano è uno Stato vero, costruito da secoli, con migliaia di dipendenti, di lavoratori e lavoratrici da mantenere. Soltanto una piccola parte di tali ricchezze finisce direttamente in progetti umanitari. Il resto va alla catechesi nelle parrocchie, all’edilizia di culto, al sostentamento del clero (circa 40.000 preti in Italia), ma anche alle banche amiche e da qui la liquidità si ricicla e si moltiplica in investimenti, in titoli, in immobili, in business disinvolti, in azioni di industrie e quant’altro. Tra uno scandalo finanziario e l’altro (cfr ultimamente quello milionario di due vescovi austriaci) anche i gerarchi della Chiesa sembrano essere completamente autonomi e intraprendenti. Il papa che ‘rischia la vita’ è un subdolo strumento di persuasione occulta, non meno abile a menare il can per l’aia o se sei credente, a portare le pecore all’ovile … del padrone.

Cam­bia­no i go­ver­ni, cam­bia­no i pon­te­fi­ci ma il bu­si­ness del Vaticano con­ti­nua come d’abitudine. E chissà che sot­to l’om­bra del “papa po­ve­ro” gli af­fa­ri in­con­fes­sa­bi­li si pos­sa­no con­clu­de­re an­co­ra me­glio. Ma non di questa diffidenza volevo parlare. Anche questo Papa è un bravo showman, e perché no quando i simboli sembrano viaggiare contro la realtà?

Un amico anarchico mi diceva quanto comunque fosse affascinante, anche perché misteriosa, la magistrale teatralità della liturgia delle funzioni sacre. I colori, la luminosità o la luce diffusa, i profumi orientali come l’incenso o l’odore della cera, le danzanti e inquietanti fiammelle delle candeline nelle zone d’ombra o dei ceri, le statue cariche di maestà, i dipinti con sguardi veritieri, gli scaloni da scendere, i paramenti coreografici e scintillanti degli attori, lo spazio in altezza ridondante di suoni, di voci corali o bianche, di organi tuonanti, di bisbigli e di silenzi. I simboli affettivi, il punto di partenza, la nascita, quello di arrivo, la morte, la consacrazione del sesso, il verginale matrimonio. Ognuno con i propri riti differenziati. Da un punto di vista scenografico perfettamente artistico, minuzioso e accattivante. Mediatici da sempre, da secoli.

Bisogna ammettere che man mano lo Stato abbandona spezzoni di stato sociale alla povertà, il “vuoto”, alla meno peggio e anche con residue somme pubbliche, viene colmato dalle associazioni caritatevoli soprattutto della Chiesa cattolica, ma in genere anche dalle altre associazioni confessionali esistenti sul territorio in modo più pianificato. Si intravvedono travet alla mensa popolare e sempre più gente che fruga nell’immondizia anche alla ricerca di cibo. In Italia, s’intende, dove ancora non si riesce a quantificare le tonnellate di cibo sprecato. I laici sono assenti, aspettano “il diritto”, gli altri svolgono carità, assistenza e sono pragmaticamente credibili.

In Italia dal 2006 al 2013 la povertà sanitaria è aumentata in media del 97%. In sintesi sono aumentati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare i medicinali anche quelli con prescrizione medica. Insomma: se prima la crisi colpiva le famiglie costringendole a fare a meno di alimenti, di vestiario e di generi di consumo, oggi è in difficoltà anche la capacità di procurarsi le medicine. Gli anziani, ma non solo, non possono più permettersi visite specialistiche, alle quali comunque i medici di famiglia indirizzano. Si scivola nella povertà fisica e psicologica. È questo uno dei dati che emerge dal dossier realizzato dalla Fondazione Banco Farmaceutico Onlus e presentato insieme alla Caritas Italiana in occasione della XXXIV edizione del Meeting di Rimini. I dati emersi dal dossier sono il frutto del lavoro svolto da sette anni, dal 2006 al 2013, dalla Fondazione che raccoglie su tutto il territorio nazionale (grazie alla Giornata Nazionale di Raccolta del Farmaco e alle donazioni aziendali) e distribuisce agli enti convenzionati che fanno richiesta di medicinali. Tra questi le Caritas diocesane, il centro Astalli, la Comunità di Sant’Egidio solo per citarne alcuni, tutte realtà che intercettano il disagio sociale in “diretta”. Danno una risposta episodica, necessaria, ma mai risolutiva.

Cresce la povertà, ma aumenta al Nord anche la solidarietà di chi decide di donare un farmaco a chi non se lo può permettere. Nel Centro Italia la richiesta di farmaci in sette anni è cresciuta in maniera esponenziale passando dalle 32.718 confezioni del 2006 alle 188.560 del 2013 (fino al mese di luglio compreso). Un incremento percentuale del 476,32%. “Anche in questo caso abbiamo assistito anche alla crescita corposa della solidarietà che ha fatto registrare l’incremento dei farmaci donati del 94,24% passando dalle 23.670 confezioni alle attuali 46.034”. “Facendo una comparazione dei dati emersi – concludono Banco farmaceutico e Caritas - dobbiamo registrare che il fabbisogno sanitario in percentuale è aumentato, soprattutto, al Centro a causa dei valori bassi di richiesta di partenza. Se invece si valuta l’aumento numerico dei farmaci il Nord è primo in classifica con quasi 200 mila confezioni in più di medicinali richiesti in sette anni. A seguire il Centro Italia e poi il Sud e le Isole”.(Rapporto Fondazione).
“Se le classi infelici non fossero accarezzate dalla carità, non si rassegnerebbero pacificamente al loro destino”. Camillo Benso conte di Cavour, un notorio filantropo.

La scienza del Grillo

Sulla sperimentazione animale e gli xenotrapianti viene fuori l'aspetto più pericoloso dei 5S: l'irrazionalità. Si può accettare tutto come parte di una contraddizione che appartiene al popolo, e su molte questioni Grillo ha ragione da vendere, ma non si può accettare la esiziale stupidità di chi scambia l'irrazionalità con il buon vivere. 
Quella degli xenotrapianti è l'ultima puntata di una serie grottesca di affermazioni e opinioni che arricchiscono la galleria delle bufale grilline. 
L'Aids non esiste, il Prof Di Bella cura il cancro da 30 anni, i vaccini fanno male, il pomodoro geneticamente modificato che ha ucciso 60 ragazzi e per ultimo le bizzarrie del biowashball, la palla che cancella le macchie. Un mare di idiozie, ma nienteaffatto benevole. Posso farmi quattro risate su chi pretende di curare usando i pendolini o dandoti dei fiori magici, tanto alla fine sono inoffensivi, ma non posso accettare che si facciano leggi potenzialmente stragiste come quelle sulla proibizione dei vaccini (mi dicono che in Lombardia ci hanno provato) o sulla sperimentazione animale  e gli xenotrapianti.
Tutto l'universo grillino è impregnato di irrazionalismo e di ammiccamenti a compagni di strada come Simoncini o Mazzucco, nomi ben conosciuti nell'universo cospirazionista  che non meritano commenti. Fatevi un giro per i vari meetup e vi renderete conto.
La politica italiana ci sta mettendo alle strette e l'ultima delle sue vigliaccate è quella di costringerci ad ingoiare il boccone amaro  di un'alternativa rappresentata da questo genere di persone. 

domenica 6 ottobre 2013

Krugman: La triste ma serissima storia del Molto Onorevole Sabotatore

da ilsole24ore

C'era una volta un funzionario pubblico che aveva un piano: era convinto che per rilanciare l'economia bisognasse spedire squadre di sabotatori in tutto il Paese per ostacolare sistematicamente la produzione.
Perché fosse convinto di una cosa del genere non importa: era quello che tutte le Persone Tanto Coscienziose dicevano, vai a sapere perché.
Il piano fu messo in atto, prima con gradualità, poi a ritmo sempre più sostenuto. I sabotatori stavano facendo danni ingenti: secondo le stime più attendibili avevano distrutto circa il 3 per cento della produzione nazionale. Ma dopo tre anni cominciarono a succedere due cose: la prima fu che il Molto Onorevole Sabotatore interruppe l'escalation, anzi cominciò addirittura a rallentare; la seconda fu che il settore privato imparò a fronteggiare in modo più efficace le squadre di sabotatori, limitando i loro danni.

L'economia di conseguenza ricominciò a crescere: anzi, si mise a crescere un po' più velocemente del normale, via via che le fabbriche sabotate si rimettevano in carreggiata.
E a questo punto il Molto Onorevole Sabotatore si mise a cantare vittoria. «Vedete?», disse. «Le mie politiche sono state un successo e i miei detrattori avevano torto».
Sembra una storia idiota, no?
Ma come ha spiegato recentemente l'editorialista del Financial Times Martin Wolf, è la storia di George Osborne, il ministro dell'Economia inglese.
Ma allora qual è il vero oggetto del contendere?

Simon Wren-Lewis, professore di economia a Oxford, recentemente ha pubblicato online alcune osservazioni sull'«illusione dell'austerity», stimolate da un articolo sul The Telegraph del giornalista economico-finanziario inglese Jeremy Warner, che presenta tutto il dibattito sull'austerity come un confronto fra «statalisti» e «liberisti».
L'osservazione di Wren-Lewis è che solo uno degli schieramenti in campo in questo dibattito lo vede in questi termini: chi contesta l'adozione di politiche di austerity in una situazione di depressione economica lo fa perché è convinto che misure del genere possono avere come unico effetto quello di aggravare la depressione (come infatti è stato).
I sostenitori del rigore, invece, non dicono la verità sulle loro motivazioni. Usano parole forti, ma se si guarda alle loro recenti reazioni si capisce chiaramente che tutte le loro tesi sull'austerità espansiva – le soglie del 90 per cento e tutto il resto – erano solo scuse funzionali al loro vero obbiettivo: smantellare lo Stato sociale.
Questo spiega a sua volta perché la Waterloo intellettuale a cui sono andati incontro i loro presunti argomenti non abbia mutato minimamente le loro posizioni.

Un punto interessante che coglie Wren-Lewis, e che anch'io ho sottolineato in altre occasioni, è che le persone schierate in favore del rigore in questo dibattito non sono semplicemente in malafede: è proprio che sembrano non concepire l'idea che qualcun altro possa sostenere una certa posizione in buona fede. Quando l'argomento in discussione erano gli stimoli di bilancio, molte persone a destra – anche economisti come Robert Lucas – davano semplicemente per scontato che gente come Christy Romer, l'ex capo del Consiglio dei consulenti economici dell'amministrazione Obama, fabbricasse dati ad arte per favorire i propri obbiettivi politici.
E ora probabilmente è chiaro perché lo davano per scontato: loro è così che lavorano.
Insomma, si è trattato di un dibattito asimmetrico: per questo la mia parte ha stravinto sui fatti, ma continua a perdere nella sfera politica.


(Traduzione di Fabio Galimberti)


sabato 5 ottobre 2013

Così non va Rodotà 2

Mi scusi se insisto Prof. Rodotà, ma credo che occorra darsi una mossa e dare una messa a punto ai paradigmi. Così non va, glielo detto e glielo ripeto. Così non va. Ho letto il suo intervento dal titolo “ l'agenda politica che serve al paese”. Se l'astrazione fosse un programma politico e i discorsi generici una panacea, saremmo a cavallo. Ma così non è. Se è vero come è vero che la situazione è grave, e che viviamo in seno ad un corpo sociale martoriato e malfermo sulle gambe, tale da farci presagire l'imminente tragedia, occorre qualcosa di più che dichiarazioni di intenti così pregevoli e allo stesso tempo di così poca sostanza. 
Tempo fa scrissi della politica italiana come fonte di “learned helplessness”, cioè di un sentimento che annulla ogni aspettativa positiva dell'azione, condannata ad un'inevitabile fallimento qualunque siano le intenzioni o la perizia, con il risultato di una profonda e insanabile depressione. Ecco la situazione italiana è questa, e a nulla vale esorcizzare il male con parole come gattopardismo. Lei però con le sue parole non mi è di alcun conforto e mi da l'idea di non volere uscire dalle paludi di un politicismo d'antan, giustificandosi con l'alibi della prudenza e della ponderazione. Cambiare registro. Oggi più che mai il decisionismo e il parlare chiaro sono la chiave della strategia. Dica semplicemente: faccio parte di una classe intellettuale che vuol prendersi la briga di cambiare l'Italia per cambiare l'Europa e faccio a tutti questa proposta per un governo del paese, ecc. ecc.

Occorre- metaforicamente parlando- una chiamata alle armi, la formazione di un esercito compatto, ramificato sul territorio, con sue casematte e suoi sottufficiali, che si arruolino non per avidità, ma per l'ideale. Mi creda non voglio qui rispolverare un elitismo d'accatto ed eleggere lei quale “Custode della Costituzione”, ma da che mondo e mondo le masse hanno bisogno di chi gli mostri la via, perché altrimenti non possono fare altro che girarsi attorno e accontentarsi della mera sopravvivenza, limitandosi tuttalpiù ad inseguire sogni, anche questi ormai sempre meno a buon mercato.

Lei Professore come pure il sindacalista Landini, lasciate per un istante da parte la prudenza e la saggezza, abbandonate i toni vaghi, dateci un bel programmino, almeno come esperimento socio-politico, e noi masse ignoranti, forse vi seguiremo.


venerdì 4 ottobre 2013

W il debito pubblico


La sinistra è afasica e Grillo ha preso il pallottoliere per contare i debiti. 

Non sono i debiti caro Grillo è il fatto di non poterne fare.

giovedì 3 ottobre 2013

Nel Canale di Sicilia...

di Franco Berardi

Nel Canale di Sicilia centinaia di migranti oggi sono morti affogati dalla legge Bossi Fini e da una classe politica di mascalzoni.
Oggi è giorno di festa per Letta Alfano e Napolitano.
Festeggiano la sconfitta di Berlusconi, dimenticando un piccolo particolare: il programma con cui Berlusconi venne sulla scena politica nel 1993 si è integralmente realizzato. L’uomo di Mediaset e della P2 voleva che dopo Tangentopoli i democristiani continuassero a governare. Non trovò il democristiano capace di eseguire il suo progetto e allora se ne dovette occupare personalmente. Venti anni dopo, sulla scena politica sono rimasti solo democristiani. Ma soprattutto l’uomo di Mediaset e della P2 voleva distruggere la forza dei lavoratori, ridurre i salari alla metà costringere i lavoratori a sottomettersi al ricatto infinito della precarietà. Anche questo è perfettamente riuscito grazie ai governi di centro sinistra e a quelli di centro destra che si sono succeduti in perfetta coerenza e continuità.

Nel Canale di Sicilia c’è una fossa comune nella quale per sempre giacciono migliaia di uomini donne e bambini che le guerre armate dalla follia economica e religiosa cacciano dalle loro case a cercare lavoro e a trovare morte.
Nelle varie regioni della penisola decine di migliaia di migranti soffrono in campi di concentramento nazisti inventati dai democratici Turco e Napolitano e rinforzati dai non meno democratici Bossi e Fini con l’istigazione al’omicidio che si chiama “respingimento”.

Ma oggi è giorno di festa per una classe politica di mascalzoni e di servi.
Festeggiano la ritrovata forza di governo che permetterà loro di distruggere definitivamente la società italiana, di generalizzare a tutta la forza lavoro il decreto schiavista firmato per i lavoratori dell’EXPO, che prevede l’imposizione di lavoro gratuito.
Festeggiano l’unità che permetterà loro di eseguire i dettati degli speculatori che hanno sottomesso il progetto europeo agli interessi delle grandi banche, e passo passo stanno conducendo l’Europa verso la guerra civile.

A Lampedusa giungono cadaveri dentro buste di plastica azzurra.
Quanti altri migranti devono uccidere ancora gli assassini in festa, prima che qualcuno cancelli l’infamia della loro legge?


sabato 28 settembre 2013

Cambiamo i trattati UE

di Luciano Gallino da  Repubblica


Poco prima delle elezioni, una nota rivista tedesca di studi politici ha pubblicato un articolo intitolato "Quattro anni di Merkel, quattro anni di crisi europea". L'autore, Andreas Fisahn, non si riferiva affatto al rinnovo ch'era ormai certo del mandato alla Cancelliera, bensì al precedente periodo 2010-2013, in cui l'austerità imposta da Berlino tramite Angela Merkel ha rovinato i paesi Ue. Ma la sua diagnosi ci porta a dire che la riconferma di quest'ultima assicura che senza mutamenti di rilievo nelle politiche dell'Unione il prossimo quadriennio potrebbe essere anche peggio.

Sui guasti pan-europei delle politiche di austerità come ricetta per risolvere la crisi, in nome della stabilità dei bilanci pubblici, non ci possono essere dubbi. I disoccupati nella Ue hanno superato i 25 milioni, di cui oltre 19 nella sola zona euro, e 4 in Italia. La compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori ha creato decine di milioni di lavoratori poveri, a cominciare dalla Germania dove i salari reali, caso unico in Europa, sono oggi inferiori a quelli del 2000. Quasi ovunque sono stati brutalmente tagliati i trattamenti pensionistici  -  da noi ne sanno qualcosa gli esodati, ma non soltanto loro  -  insieme con i fondi per l'istruzione, la sanità, i trasporti pubblici. Paesi quali la Grecia e il Portogallo sono stati letteralmente strangolati dalle prescrizioni della troika venuta dal Nord, senza che esse abbiano minimamente giovato ai loro bilanci. In tutta la Ue i comuni devono fronteggiare difficoltà di bilancio mai viste per continuare ad assicurare i servizi locali ai residenti.

Codesti risultati delle politiche di austerità, imposte alla fine dalla Germania, dovrebbero bastare per concludere che è necessario cambiare strada. Per contro i governi europei insistono sul sentiero battuto, a riprova del fatto che gli dèi fanno prima uscire di senno coloro che vogliono abbattere. La loro persistenza nell'errore ha preso sempre più forma di misure autoritarie, ideate e avallate da Berlino, Francoforte e Bruxelles. Hanno stanziato quattromila miliardi per salvare le banche, di cui oltre duemila impiegati soltanto nel 2008-2010, ma se i cittadini provano a dire che con 500 euro di pensione o 800 di cassa integrazione non si vive li mettono a tacere con cipiglio affermando che i tagli è l'Europa a chiederli. Come si legge in un altro articolo della stessa rivista citata sopra (firmato da H.-J. Urban), l'autoritarismo dei governi Ue trova un solido alimento nella retorica in tema di sorveglianza e disciplina finanziaria della Bce. La quale parla, nei suoi documenti ufficiali, di "processi di comando permanente"; "regole rigorose e vincolanti di disciplina politico-fiscale"; "credibilità ottenuta tramite sanzioni"; "sorveglianza rafforzata sui bilanci pubblici", nonché di "robusti meccanismi di correzione" (leggasi pesanti sanzioni) che dovrebbero scattare in modo automatico. Giusto quelli che nei giorni scorsi han messo in fibrillazione il nostro governo, perché forse il bilancio dello Stato ha superato il fatidico limite del 3 per cento sul Pil di un decimo di punto percentuale.

Allo scopo di contrastare sia le politiche dissennate che pretendono di curare la crisi ricorrendo alle stesse dottrine che l'hanno causata, sia il crescente autoritarismo con cui i governi Ue le impongono sotto la sferza costruita da Berlino ma brandita ogni giorno dalla troika di Bruxelles (che in realtà è un quartetto, poiché molte delle sue più aspre prescrizioni sono elaborate dal Consiglio europeo, di cui fanno parte i capi di Stato e di governo dei paesi Ue), esiste una sola strada: la riforma dei trattati Ue, ovvero dei trattati di Maastricht, Lisbona ecc. oggi ricompresi nella versione consolidata che comprende le norme di funzionamento dell'Unione. I trattati particolari che ne sono discesi, fino all'ultimo dissennato "Patto fiscale", che se fosse mai rispettato assicurerebbe all'Italia una o due generazioni di miseria, hanno come base il Trattato Ue, per cui da questo bisognerebbe partire.

Tra le revisioni principali da apportare al Trattato (alcune delle quali sono prospettate anche da Fisahn, l'autore citato all'inizio: ma articoli e libri che avanzano proposte a tale scopo, in quel tanto di pensiero critico che sopravvive in Europa, sono dozzine) la prima sarebbe di attribuire al Parlamento Europeo dei poteri reali, laddove oggi chi elabora i veri atti di governo è un organo del tutto irresponsabile, non eletto da nessuno, quale è la Commissione europea. Lo statuto della Bce dovrebbe includere la facoltà, sia pure a certe condizioni, di prestare denaro direttamente ai governi, rimuovendo l'assurdità per cui è l'unica banca centrale del mondo cui è vietato di farlo. Inoltre, esso dovrebbe porre accanto alla stabilità dei prezzi, quale finalità primaria delle sue azioni, un vincolo miope imposto a suo tempo dalla Germania che non ha ancora elaborato il lutto per l'inflazione del 1923, lo scopo di promuovere la piena occupazione. Dovrebbe altresì prevedere, la revisione del Trattato Ue, una graduale riforma radicale del sistema finanziario europeo volta a ridurre i suoi difetti strutturali, cioè l'eccesso di dimensioni, complessità, opacità (il sistema bancario ombra pesa nella Ue quanto il totale degli attivi delle banche), di facoltà di creare denaro dal nulla mediante il debito; laddove nella versione attuale il Trattato si preoccupa soprattutto di liberalizzare ogni aspetto del sistema stesso, con i risultati disastrosi che si sono visti dal 2008 in avanti: in special modo in Germania. A fronte di tale indispensabile riforma, gli interventi in atto o in gestazione, tipo il Servizio europeo di vigilanza bancaria o l'unione bancaria, sono palliativi da commedia di Molière. Infine l'intero trattato dovrebbe essere riveduto in modo da prevedere modalità concrete di partecipazione democratica dei cittadini a diversi livelli di decisione, dai comuni ai massimi organi di governo dell'Unione. Come diceva Hannah Arendt, senza tale partecipazione la democrazia non è niente.

So bene che a questo punto chi legge sta pensando che tutto ciò è impossibile. Stante la situazione politica attuale, nel nostro paese come in altri e specialmente in Germania, non ho dubbi al riguardo. Ma forse si potrebbe cominciare a discuterne. Ci sarebbe un politico italiano volonteroso e capace di avviare simile discussione? Anche perché l'alternativa è quella di continuare a discutere per altri venti o trent'anni, intanto che il paese crolla, di come fare a ridurre il deficit di un decimo dell'un per cento.


Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...