di Franco Cilli
Come si poteva prevedere Potere la Popolo ha scatenato un bel po' di polemiche da parte di molti intellettuali di area, che reagiscono con un riflesso pavloviano a qualsiasi fenomeno politico riguardante un movimento di sinistra, prontamente vivisezionato e messo in controluce con riserva di pena se non rispecchia i canoni di un'ortodossia immaginaria. Che non si dia inavvertitamente l'assenso o la non dovuta attenzione a un fenomeno potenzialmente eretico e pericoloso. A cominiciare dal nome, che contiene un segno ambiguo e gravido di echi malsani come "popolo", per finire alla accuse di stalinismo, sovranismo, nazionalismo e nostalgie togliattian-belingueriane. A Potere al Popolo non si è risparmiato nulla.
Potere al Popolo ha il pregio e il difetto di raggruppare nuovi e vecchi soggetti della politica. La presenza di partiti comunisti garantisce capillarità ed efficenza proprie di un'organizzazione partitica ramificata sul territorio e in possesso di una cultura politica solida e ancorata a solide tradizioni, ma appesantisce il movimento con ritualità consunte e nostalgie che esigono l'ostensione di simboli e icone classiche del pantheon comunista. Residui di una sacralità che a mio parere non ha più molto senso, ma che per alcuni costituisce il segno distintivo di un'identità storica irrinunciabile e di un corpus teorico non esposto alle contaminazioni di un pensiero borghese infido e variamente mascherato. Fortunatamente a vecchie gloriose formazioni si associano masse di giovani scafati e dallo spirito profondamente laico, che dietro quell'aria apparentemente ingenua e sorniona nascondono molta più saggezza e astuzia di quanto si immagini.
Potere al Popolo è una scommessa, una sfida giustamente spavalda e carica di passioni romantiche che non disdegnano la giusta razionalità. Può essere la scintilla che accende l'incendio di una ribellione su vasta scala. Tutto dipenderà dalla capacità di intercettare il malcontento diffuso trasversalmente in ogni settore della società e dal bisogno di una politica partecipata e in grado di fugare passioni tristi e divoratrici di speranza.
Per non smentire il suo nome il movimento dovrà essere davvero "populista", cioè a dire avere lo stomaco di accogliere anche quelle istanze che ci appaiono indigeste e ridefinirle secondo le proprie esigenze strategiche. Il popolo si esprime in maniera irrituale perchè l'indifferenza e talora il disprezzo nei riguardi della politica si traducono in linguaggi viscerali. Sappiamo però che l'impatto ravvicinato con certe realtà modifica la percezione della realtà stessa. I compagni di Je So Pazzo sanno benissimo che il migrante invasore diventa oggetto di solidarietà e compassione quando acquista sembianze umane.
Potere al Popolo dovrà necessariamente attraversare una fase di maturazione che segnerà il passaggio dal brodo di coltura di una fase caotica e generatrice di nuovi organismi ad una fase di assetto organizzato e maturo. Spero che ciò avvenga in tempi rapidi, la necessità di rappresentare parti della società escluse dai processi decisionali e caricate brutalmente dai costi della crisi deve tramutarsi nella capacità di plasmare attivamente il corpo sociale, risolvendo finalmente il plurisecolare dilemma fra la scelta di prendere il potere e governare e quella di condizionare il potere dall'esterno. Bisognerà diventare adulti e superare il puro ribellismo. Governare esige scienza del potere e capacità di utilizzare la scienza stessa per il bene comune. Tempo al tempo.
martedì 2 gennaio 2018
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