di Giovanna Cracco da rivistapaginauno
La farsa del Parlamento
europeo
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Ci sono immagini che
colgono l’essenza delle cose, e in pochi secondi cristallizzano
un momento di verità: le istantanee di un’Aula deserta,
quella del Parlamento europeo durante il discorso di Renzi per la
chiusura del semestre Ue il 13 gennaio scorso, sono fra queste. L’etica
non ufficiale che per un momento fa capolino sul proscenio di quella
ufficiale, svelandosi suo malgrado. Come se i 751 parlamentari, consapevoli
di non avere alcun peso all’interno dell’Unione europea,
si rifiutassero, per una volta (un rigurgito di onesta intellettuale?),
di presenziare a una farsa.
La questione Europa-democrazia non è nuova;
a sinistra fa parte della storia dei diversi partiti, a destra è
stata cavalcata dopo la crisi economica. La cultura politica europea
si basa sui concetti di Stato di diritto – l’esistenza
di una Carta costituzionale scritta che lo stesso Stato deve rispettare
nel proprio agire – e di democrazia – la sovranità
appartiene al popolo, che la esercita in modo diretto o indiretto.
Uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto è la separazione dei poteri – legislativo, esecutivo e giudiziario. Dunque, lasciando da parte il campo giudiziario, uno Stato di diritto a regime democratico è caratterizzato da una Costituzione che non può essere violata, da un Parlamento, eletto dal popolo e suo rappresentante, con il potere di emanare le leggi, e da un governo, espressione della maggioranza politica, a cui spetta il compito di governare. (Non ci interessa in questa sede analizzare quanto la sovrastruttura democratica sia effettivamente inattuata in uno Stato di diritto, per motivi economici, sociali, a causa della struttura capitalistica ecc.; prendiamo per buono il principio democratico e ragioniamo su questo.)
Uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto è la separazione dei poteri – legislativo, esecutivo e giudiziario. Dunque, lasciando da parte il campo giudiziario, uno Stato di diritto a regime democratico è caratterizzato da una Costituzione che non può essere violata, da un Parlamento, eletto dal popolo e suo rappresentante, con il potere di emanare le leggi, e da un governo, espressione della maggioranza politica, a cui spetta il compito di governare. (Non ci interessa in questa sede analizzare quanto la sovrastruttura democratica sia effettivamente inattuata in uno Stato di diritto, per motivi economici, sociali, a causa della struttura capitalistica ecc.; prendiamo per buono il principio democratico e ragioniamo su questo.)
La democratizzazione delle istituzioni europee è
stato uno dei punti focali del programma politico della sinistra,
soprattutto italiana, a partire dagli anni Sessanta quando, abbandonata
la prima fase del rifiuto, il Pci si è arreso all’esistenza
della Ue e ha cominciato a discutere su come modificarla dall’interno.
Questione centrale della lotta politica è diventata trasformare
il Parlamento europeo in un organo elettivo, espressione della sovranità
popolare.
Il Parlamento nasce infatti come Assemblea comune
della Ceca nel 1951, con 78 membri nominati dai governi nazionali
con l’approvazione dei rispettivi Parlamenti; nel 1957, con
il Trattato di Roma, i membri diventano 142 e nel 1962 il nome muta
in Parlamento europeo e si allarga a 198 delegati; solo nel 1976 l’assemblea
diviene elettiva, a suffragio universale diretto, e le elezioni del
1979 portano in Europa 410 parlamentari.
Alla fine degli anni Settanta dunque, formalmente,
l’obiettivo è raggiunto. Il problema è che nella
sostanza, il Parlamento eletto dai cittadini non esercita alcun potere
legislativo, il quale resta nelle mani dell’esecutivo, nella
fattispecie la Commissione europea (1) e il Consiglio (2): la prima
propone il testo di legge, il secondo lo approva o respinge; il Parlamento ha il solo potere di emettere un parere non vincolante.
propone il testo di legge, il secondo lo approva o respinge; il Parlamento ha il solo potere di emettere un parere non vincolante.
Negli anni l’iter legislativo viene modificato,
fino al Trattato di Maastricht del 1992 che introduce la ‘codecisione’:
Parlamento e Consiglio votano su un piano di parità le proposte
di legge della Commissione. La nuova procedura si applica solo in
quarantaquattro settori di intervento, e occorre attendere il Trattato
di Lisbona (2007) perché i settori siano portati a ottantacinque,
in quella che oggi viene definita “procedura legislativa ordinaria”.
Ne restano significativamente esclusi ambiti quali le liberalizzazioni
di servizi, la concorrenza, le imposte, l’occupazione, in cui
il Parlamento è tuttora confinato nell’inutile azione
consultiva di un parere non vincolante. In aggiunta, la Commissione
è ancora oggi l’unica detentrice del “diritto di
iniziativa”: il Parlamento non può proporre una legge,
al massimo può chiedere (!) alla Commissione di presentare
una sua proposta.
Ottantacinque settori quindi, nei quali attualmente
i parlamentari sembrerebbero avere perlomeno voce in capitolo. L’Unione
europea si fa forza dell’esistenza di un’Assemblea elettiva:
“Il fatto che si tratti di un organo eletto direttamente dai
cittadini garantisce la legittimità democratica del diritto
europeo” si legge in una delle tante pubblicazioni che mirano
ad avvicinare i cittadini alla Ue (3).
Legittimità democratica, dunque. Per verificare quanto essa sia reale, o sia propaganda, occorre a questo punto intraprendere l’irta via delle procedure europee, che paiono scritte con l’intento di far desistere chiunque intenda cimentarsi nel tentativo di comprenderle.
Legittimità democratica, dunque. Per verificare quanto essa sia reale, o sia propaganda, occorre a questo punto intraprendere l’irta via delle procedure europee, che paiono scritte con l’intento di far desistere chiunque intenda cimentarsi nel tentativo di comprenderle.
La codecisione prevede tre possibili letture in
Aula e un meccanismo di conciliazione tra Commissione, Consiglio e
Parlamento, che si apre quando fallisce il passaggio della seconda
lettura e mira a trovare un compromesso prima di arrivare alla terza
e ultima (per i dettagli della procedura si rimanda alla Figura 1:
descriverla a parole è impresa dai contorni kafkiani).
Figura
1. Procedura legislativa ordinaria Unione europea. Fonte: Unione Europea,
Codecisione e conciliazione. Guida a come il Parlamento colegifera
nel quadro del Trattato di Lisbona, gennaio 2012
Secondo la “Relazione di attività sulla
codecisione e la conciliazione” dell’ultima legislatura
(2009-2014), redatta dai vicepresidenti competenti per la conciliazione
(Gianni Pittella, Alejo Vidal-Quadras e Georgios Papastamkos), “rispetto
alle due legislature precedenti (1999-2004 e 2004-2009), il numero
di accordi raggiunti nella fase iniziale ha registrato un sensibile
aumento […] Per un numero molto elevato di fascicoli (455 [su
488, n.d.a.]) sono stati raggiunti accordi nella fase iniziale
(vale a dire in prima lettura o all’inizio della seconda lettura).
Questo numero rappresenta il 93% di tutti i fascicoli di codecisione
approvati, rispetto al 54% e all’82% rispettivamente durante
la quinta e la sesta legislatura. […] solo 9 fascicoli sono
stati oggetto di conciliazione, di cui 8 sono stati approvati in terza
lettura”.
Il Parlamento europeo quindi, tra il 2009 e il 2014
è riuscito ad approvare il 93% delle proposte di legge tra
la prima e la seconda lettura, senza dover arrivare al passaggio ristretto
della conciliazione. Parrebbe positivo: l’attività di
dibattito, confronto, compromesso tra le varie anime politiche all’interno
dell’Assemblea ha prodotto nuova legislazione (non entriamo
nel merito delle norme approvate, di stampo neoliberista: ancora una
volta sottolineiamo che qui ci interessa analizzare solo l’aspetto
‘democratico’ delle istituzioni europee). In realtà
le cose stanno diversamente: la maggiore attività e rapidità
legislativa è dovuta all’espansione dei ‘triloghi’.
Procedura informale non prevista in alcun trattato
europeo, ma via via istituzionalizzata con il suo inserimento nelle
‘modalità pratiche’ della codecisione e successivamente
nel regolamento del Parlamento, i triloghi sono riunioni ad accesso
ristretto tra Commissione, Consiglio e Parlamento, a cui partecipano
tre gruppi negoziali composti ciascuno da non più di dieci
persone: trenta persone in tutto quindi, che a porte chiuse –
nessuna trascrizione né relazione ufficiale esce da questi
consessi – cercano la quadra di una proposta di legge, spesso
già in fase di prima lettura. Trovato il compromesso, 751 parlamentari
ricevono le istruzioni di voto, e pigiano il relativo bottone.
Figura
2. Percentuale dei fascicoli di codecisione approvati in prima, inizio
seconda e terza lettura nel periodo 2009-2014 per commissione parlamentare;
tra parentesi è indicato il numero dei fascicoli approvati
dalla commissione durante la legislatura europea. Fonte: Unione europea,
Relazione di attività sulla codecisione e la conciliazione,
14 luglio 2009/30 giugno 2014, settima legislatura
Per il quinquennio 2009-2014 la Relazione segnala
la messa in piedi di 1.500 triloghi su circa 350 proposte di legge,
e arriva a definirli “una caratteristica distintiva della procedura
legislativa ordinaria”. Poche righe dopo, la stessa Relazione
lancia un allarme: “Dati l’aumento del numero di fascicoli
di codecisione adottati nelle fasi iniziali e il parallelo aumento
dei negoziati interistituzionali ‘dietro le quinte’, le
preoccupazioni circa la trasparenza e il rendiconto del processo legislativo
sono continuate sotto la legislatura 2009-2014”.
In chiusura, il testo arriva addirittura a suggerire
delle proposte per cercare di rendere i triloghi più “trasparenti”:
“Inevitabilmente, i timori circa la trasparenza della procedura
di codecisione continuano a essere una delle principali priorità
dell’agenda politica […] tra gli esperti della codecisione
l’impressione generale è che la procedura sia efficiente
ed efficace e in grado di offrire normative importanti e di qualità
ai propri cittadini. Tuttavia si riconosce nel contempo che, mentre
la trasparenza al 100% dei negoziati non è né possibile,
né necessaria [!], si potrebbero prevedere alcune misure concrete
per migliorare la trasparenza e la pubblicità dei negoziati
e dei fascicoli adottati. Per esempio, alla Conferenza il vicepresidente
della Commissione Šefcovic ha proposto che le istituzioni prendano
in considerazione la creazione di un registro pubblico sui triloghi
che potrebbe essere reso pubblico e contenere, tra l’altro,
informazioni sui fascicoli oggetto di negoziato e la composizione
delle squadre negoziali e, una volta raggiunto l’accordo su
un fascicolo specifico, tutta la relativa documentazione. Si tratta
di un’idea sulla quale le istituzioni potrebbero riflettere
ulteriormente insieme”.
Dal suggerimento della Relazione si possono trarre
alcune considerazioni: non è possibile sapere pubblicamente
quali proposte di legge siano oggetto di negoziazione nei triloghi;
non è possibile conoscere pubblicamente la composizione dei
tre gruppi di lavoro (Commissione, Consiglio, Parlamento) che vi partecipano;
tutta la documentazione, come già accennato, è riservata.
Infine: è evidente che la parola ‘trasparenza’
è un surrogato del termine ‘democrazia’, la cui
assenza non può certo essere evidenziata in una relazione ufficiale;
ma per quanto si scelga di usare un linguaggio mediato, la denuncia
è forte, se si pensa l’ambito da cui proviene.
Significa che il meccanismo dei triloghi ha raggiunto livelli a tal punto preoccupanti da mettere in allarme la stessa classe dirigente; non tanto per il venir meno del principio democratico – difficile immaginarla affaccendata in simili angustie – quanto per la gestione interna dell’equilibro di potere tra le diverse formazioni politiche, divenuta probabilmente più ardua.
Significa che il meccanismo dei triloghi ha raggiunto livelli a tal punto preoccupanti da mettere in allarme la stessa classe dirigente; non tanto per il venir meno del principio democratico – difficile immaginarla affaccendata in simili angustie – quanto per la gestione interna dell’equilibro di potere tra le diverse formazioni politiche, divenuta probabilmente più ardua.
E in effetti, se si entra nel dettaglio delle varie
commissioni parlamentari, specializzate nei diversi settori (economico,
ambiente, sanità, agricoltura ecc.), si comprende immediatamente
l’apprensione manifestata nella Relazione (figure 2 e 3). La
commissione per i problemi economici e monetari (ECON), che ha portato
il Parlamento ad approvare il 100% delle proposte di legge tra la
prima (98%) e la seconda (2%) lettura, ha avuto il più alto
numero di triloghi (331, per 54 leggi approvate); la commissione per
l’ambiente, la sanita pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI)
registra il 98% delle proposte legislative approvate tra la prima
(84%) e la seconda (14%) lettura, con 172 triloghi su 70 fascicoli
di legge; la commissione per le libertà pubbliche, la giustizia
e gli affari interni (LIBE) e riuscita a far approvare il 100% delle
proposte legislative tra la prima (86%) e la seconda (14%) lettura,
con 155 triloghi su 50 fascicoli di legge; e via a seguire (rimandiamo
alle tabelle, per una lettura più immediata dei dati).
Figura
3. Percentuale di triloghi per commissione parlamentare durante la
settima legislatura europea (2009-2014). Fonte: Unione europea, Relazione
di attività sulla codecisione e la conciliazione, 14 luglio
2009/30 giugno 2014 settima legislatura
In sostanza, l’alto numero di triloghi ha
portato a una più rapida approvazione delle leggi da parte
del Parlamento, attraverso un meccanismo estremamente semplice: la
sua esautorazione.
La trasformazione dei parlamentari in utili idioti – non se ne abbiano a male, ma a questa stregua non si sa che altro ruolo attribuirgli, non certo quello di legislatori – che votano a comando.
La trasformazione dei parlamentari in utili idioti – non se ne abbiano a male, ma a questa stregua non si sa che altro ruolo attribuirgli, non certo quello di legislatori – che votano a comando.
Stato di diritto, dunque, si diceva, separazione
dei poteri, e democrazia. Possiamo considerare i trattati istitutivi
dell’Unione come la sua Carta costituzionale, e i triloghi non
sono contemplati all’interno della procedura legislativa di
codecisione – l’Unione non è dunque uno Stato di
diritto. Commissione e Consiglio sono organi esecutivi, eppure detengono
anche il potere legislativo – l’Unione quindi non rispetta
la separazione dei poteri. Il Parlamento è l’istituzione
espressione della sovranità popolare, ma non ha il diritto
di iniziativa legislativa ed è di fatto estromesso dall’esercizio
del proprio potere – l’Unione quindi non è democratica.
Si ribatterà che la Ue, come tipologia di istituzione, non
è uno Stato, e questo è certo: nasce come un insieme
di trattati economici di impostazione liberista, e tuttora non è
nulla più di questo (4). Niente quindi le impone di rispettare
principi come Stato di diritto, separazione dei poteri, democrazia.
Soprattutto nel momento in cui quest’ultima, per il pensiero
neoliberista, è un ostacolo. Ma a questo punto il quesito fondamentale
è: per quanto tempo ancora i cittadini europei accetteranno
di essere rimbecilliti dalla propaganda?
1) Organo esecutivo in cui siede
un rappresentante per ogni Stato membro dell’Unione, designato
dal presidente della Commissione in accordo con i governi dei diversi
Paesi; il Parlamento europeo deve approvare l’elezione del Presidente
– il cui nome, per la prima volta nelle elezioni del 2014, è
stato preventivamente indicato nella scheda elettorale accanto al
simbolo dei diversi partiti politici – e dei 27 commissari. Attualmente il presidente è Jean-Claude Juncker, e il commissario italiano è Federica Mogherini
2) Composto da un ministro per ogni Paese, competente per il tema trattato (trasporti, giustizia, ambiente, affari economici ecc.
3) Come funziona l’Unione europea. Guida del cittadino alle istituzioni dell’Ue, Pubblicazioni dell’Unione europea, 2013
4) Cfr. Giovanna Cracco, L’Europa vista da sinistra, Paginauno n. 39/2014
simbolo dei diversi partiti politici – e dei 27 commissari. Attualmente il presidente è Jean-Claude Juncker, e il commissario italiano è Federica Mogherini
2) Composto da un ministro per ogni Paese, competente per il tema trattato (trasporti, giustizia, ambiente, affari economici ecc.
3) Come funziona l’Unione europea. Guida del cittadino alle istituzioni dell’Ue, Pubblicazioni dell’Unione europea, 2013
4) Cfr. Giovanna Cracco, L’Europa vista da sinistra, Paginauno n. 39/2014