di Tonino D’Orazio 1 luglio 2016
Anche perché mai come adesso è
uscito fuori cosa pensa veramente la borghesia del popolo. Anche la piccola
borghesia intellettualoide, pur in uno stato di sindrome di Stoccolma (la vittima
che ama l’aguzzino), quasi come il “popolo”. I perdenti insultano, negano,
minacciano, fanno persino ostruzione, bisogna rivotare (si cercano i cavilli) e
ognuno si riprende i propri giocattoli. Tutti in coro, a reti e giornali
unificati e in tutte le lingue. Compresa la paura scatenata nel voto spagnolo
dalle minacce nemmeno velate della troika di Bruxelles sul Brexit. E per gli
altri a seguire. Alla ola del:”Brexit? Britannici fuori e subito!”. Allora è
veramente successo qualcosa. Si è sgretolato uno strano edificio, si è spezzato
un cerchio magico che sembrava senza alternativa. Eppure abbiamo già visto che
i referendum popolari non vengono mai applicati e spesso subdolamente elusi in
un modo o in un altro. Tutti.
L’elemento principale è che il
referendum non serve quando si perde e che a votarlo sono spesso degli
ignoranti da educare. Questi propositi indicano a che punto il regime totalitario
è arrivato culturalmente, senza che nessuno si stupisca più di tanto.
La crema degli intellettuali
europei ciancia di “calda Europa” dei popoli, luminosa e democratica, magari il
popolo, più realisticamente, subisce la fredda Europa dei tecnocrati,
autoritaria e burocratica sulla propria pelle. Altrimenti perché metà della
popolazione europea (sondaggi paese per paese) vorrebbe uscire dalla dittatura
del quarto reich? E statene certi che alla fine ci riuscirà, anche se con le
ossa rotte.
I benestanti che
dall’ineguaglianza istaurata da questa Unione, in fondo, ne traggono vantaggio
e non sono masochisti, trovano che il Brexit è banalmente il risultato di un uso irresponsabile del voto. Plaudiranno
al suo imbrigliamento, o dilazionamento tecnico, parimenti alla concezione che
hanno del popolo. Mica gli si può lasciar fare o pensare quello che vuole al
popolo. Addirittura qualcuno, indecentemente, sul Fatto Quotidiano, che in
genere non è tenero contro la politica dell’austerity
inutile e dannosa della Troika di Bruxelles (motivo principe della decisione
popolare, ma un po’ scomparso dal dibattito e rimpiazzato dai banditori con la
paura degli immigrati), cito: “Si può chiedere un maggiore ricorso al voto popolare soltanto se gli elettori prendono sul
serio il proprio compito, se danno un
voto consapevole, faticoso. In caso contrario la democrazia diretta
diventa circonvenzione di incapace”.
Lasciamo fare a chi è capace
e competente, oppure a chi, da minoranza da almeno 20 anni, pensa di modificare
l’Unione dall’interno (compreso il Labour),
ma soprattutto è meglio non analizzare realisticamente i risultati. Che
addirittura il referendum non si dovesse proprio fare si sono schierati, in
Italia, i peggior politici oligarchici e autoreferenziali di questi ultimi
anni: Napolitano, Monti, la Fornero, la liberaldemocratica Repubblica e tutti i
giornali e le reti televisive, i rappresentanti della Confindustria, intellettuali
prezzolati, in pippe di commi e controcommi, Renzi (che è stato obbligato a
indirne uno – ah santi Padri Costituzionali!- e sentito l’aria che tira non sa
più cosa fare). Anche qualcuno a “sinistra”, ma sarà un ultimo retaggio del
sistema della “rappresentanza” oligarchica e illuminata del vecchio PCUS, risultata
storicamente abbastanza lontana dal popolo.
Insomma questo abbindolabile popolo bue, insultato e impoverito, operaista e ubriacone (è stato scritto anche questo), senza speranza di futuro e che aspetta la “fine del tunnel” promesso da almeno un decennio, in tutta Europa, ha avuto l’ardire di pensare, di non crederci più e di non essere d’accordo, e in fondo di disdire la loro fiducia ai partiti tradizionali e alle istituzioni dell’Unione. In fondo anche alla “sinistra” che lo dovrebbe, storicamente rappresentare. Che roba contessa! Non ha più voluto votare contro i propri interessi. La maggioranza, seppur risicata, del popolo britannico ha votato contro una Europa neoliberale, contro una oligarchia di burocrati al servizio del capitale, anche se si cerca di nasconderlo il più possibile con altri argomenti non di fondo. Che tenerezza Cameron che dopo aver “combinato questo gran casino” per uso politico personale (è quello che gli rimproverano i suoi) chiede le dimissioni del presidente del Labour, Corbyn (“Per l’amore del cielo, vattene!”). Ha ragione Corbyn a non dimettersi, a ricominciare dalla base, scremando tutti i “mediatori” blairiani ancora ancorati a concezioni e mediazioni centriste, e tentando di ricostruire un rapporto con il popolo, i diseredati, frutto delle politiche della Troika, e il mondo del lavoro. Negli ultimi discorsi Corbyn e il suo stretto alleato, il cancelliere ombra, John McDonnell, hanno presentato una posizione molto forte per la sinistra di “rimanere” e di lottare per un radicale cambiamento economico, sociale e democratico nella UE. Strano, subentrata la paura alla spagnola, la stessa cosa sembrano dire oggi i 5Stelle, tra l’ironia dell’alleato separatista inglese Nigel Farage. E’ possibile togliere il potere dall’interno ad una oligarchia di non eletti, imposti dall’esterno (aggregati bancari multinazionali), che non rispondono a nessuna istituzione democraticamente eletta, che smantella tutta la storia sociale europea con l’acquiescenza blindata e la partecipazione della “sinistra” europea? Ma il problema di un referendum è quello di cancellare destra e sinistra o opzioni preconfezionate su un unico tema, senza mediazioni, perché in queste vincono sempre i più forti. In questo caso è valido il tema del basso contro l’alto? E’ successo veramente?
La reazione dei ricchi,
delle oligarchie finanziarie e bancarie, pronte a “punire” un popolo intero, a
tagliargli, da strozzini, eventuali risorse, sembra non colpire nessun intellettualmente
onesto liberaldemocratico. Già prima
del referendum Standard & Poor's
aveva “avvertito”, senza pizzino, che
in caso di Brexit la Gran Bretagna avrebbe potuto perdere il fantomatico rating AAA. Prontamente effettuato il
giorno dopo. Moody's ha annunciato che il credit rating britannico è stato appena
ridotto da “stabile” a “negativo”. Poteva
mancare al coro il compare Ficht? Parigi
e Berlino (ma anche Milano, “proprietà” della City, e questo non fa ancora ridere
nessuno) si sono offerti ad ospitare le società e le multinazionali che forse vorrebbero
“scappare” dalla Borsa di Londra. Penso però che la Gran Bretagna non sia la
Grecia, la Spagna e altri paesi impauriti e proni davanti ai padroni
internazionali. Il commercio e il mercantilismo appianeranno gli scogli,
altrimenti è a perdere per tutti e per oggi bastano le perdite per le sanzioni
alla Russia. E poi, chi impedisce più di rendere veramente la City ancora più area
free tax? La Merkel, Hollande o Renzie?
L’esperienza ci dice: che la
Troika non mollerà, perché per sua esistenza non può riconoscere i referendum, che si troverà un nuovo sistema di relazioni
commerciali privilegiate (la Germania già piange per l’esportazione futura
delle sue macchine), come quello Efta preesistente all’Unione, che la Nato
supplirà la “difesa comune” insieme alla Gran Bretagna contro il nemico comune,
insieme agli americani, la sempiterna Russia, che per il passaggio delle
frontiere per gli europei, forse solo turisti, è bastato il commento rassicurante
di Cameron nel dire che non cambierà nulla, ecc… Che i tagli allo stato sociale
se li faranno da soli. Il referendum è quasi recuperato di fatto.
Non si può che augurare il bene
possibile al popolo, ai popoli. La democrazia
è il governo del popolo, attraverso il popolo, per il popolo. Il resto è altro,
anche se ben nascosto e travestito da grande idea generosa, umanista e
progressista, l’Unione. L’altra idea, scippata e distrutta, era la Comunità
Europea dei popoli fino al Libro bianco
di Delors, della pace, del sociale e del lavoro, di 30 anni fa.
Si può ricominciare, se si vuole o si deve, solo da
lì. Se non è troppo tardi.
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