sabato 31 maggio 2014
Considerazioni sui dati elettorali 2014
di Tonino D'Orazio
L’elettore fantasma e il suo movimento sono maggioranza nazionale in quasi tutti i paesi europei.
Rinnovo il mio articolo sulla questione di democrazia e astensione. Intanto perché stupito dalla dichiarazione della Commissione Europea che pur notando che la media europea dei votanti è stata del 43,1% (senza le nulle e le bianche) titolava:”sconfitta l’astensione”. Eppure in molti paesi l’astensione ha superato tranquillamente il 50%. La partecipazione alle votazioni è passata dal 61,9% del 1979, al 58,9% del 1984, al 58,4% del 1989, al 49,5% del 1999, 45,4% del 2004 fino al 43% del 2009. Si può parlare di fallimento della rappresentanza politica in tutta la UE quando nell’arena si presentano ormai meno della metà degli aventi diritto? Lo si può ritenere uno “sciopero bianco” di cittadinanza? Esiste un concetto diverso, non sufficientemente esplorato, tra un’astensione apatica e un’astensione critica?
La crescita degli euroscettitici, parola già morbida se si confronta i loro programmi, è esponenziale. Diventa difficile, se si continua a ragionare solo di destra/e pseudo-sinistra, capire che in realtà il “populismo” complessivo è piuttosto una risposta del basso verso l’alto e verso le ingiustizie sociali che questa Europa sta tranquillamente determinando.
In Italia per le europee 2014: Elettori: 49.256.169 - Votanti: 28.908.004 (58,68 %). Schede bianche 577.856 (1,99%). Schede nulle 954.718 (3,30%) sono quelle “sporcate” dall’elettore. Schede contestate, non assegnate 3.683 (0,01%). Totale 5,29% che vanno aggiunti agli astensionisti. I dati sono del Ministero dell’Interno.
Anche quelli delle europee del 2009: Elettori 49.135.080 – Votanti 32.659.162 (66,46%). Schede bianche 984.156 (3,01%). Schede nulle addirittura 1.134.572 (3,47). Totale 6,48%. Che vanno aggiunti agli astensionisti perché pur sempre di protesta si tratta.
Si registra quindi una diminuzione notevole dei votanti del 7.74%. Cioè grosso modo 3.750.000 di cittadini in più, in rapporto al 2009, che hanno deciso di non andare a votare. Ma in molte regioni e comuni, soprattutto nelle isole e nel meridione sono andati a votare poco più del 40%.
Le percentuali ottenute dai partiti sono in realtà, a questo punto, la metà se tenuto conto di tutti gli elettori. Solo gli Olandesi e i Danesi le danno in quest’ordine. Per cui il PD rappresenta 20,4 cittadini italiani, M5S 10.5; FI 8.4; Lega Nord 3; NCD 2,15; Lista Tsipras 2; Fratelli d’Italia 1,8. Diciamo che c’è poco da rallegrarsi soprattutto pensando che 20/25 cittadini decideranno tramite il loro partito “vincitore” di monopolizzare la vita e il futuro degli altri 75 (25 votanti e 50 no)
Una riflessione sulla politicità del voto va fatta, soprattutto se come ha scritto il Corriere della sera, Renzi (o il PD?) «è votabile da chi non solo non è di sinistra ma è anche contro la sinistra (o il sindacato)». Indubbiamente l’effetto del ceffone alla Cgil, (ma anche agli altri sindacati oggi smarriti perché pensano di non meritarselo essendo stati sempre assecondabili), comunque paradossalmente e indubbiamente gran serbatoio dei suoi voti, sembra aver procurato voti presi alla destra o a FI, non tanto al M5S. Oppure Renzi ha indovinato che parte della popolazione, in catarsi di colpevolezza, ritiene inutili, vecchi e settari i sindacati? Sono colpevoli della perdita dei diritti dei lavoratori, della loro “inamovibilità” e della falsa autonomia ai partiti?
Il poker calato sembra rappresentare al meglio il jobact, altro che “centralità del lavoro”. I lavoratori vengono “regalati” ai padroni senza contropartita. Quindi centralità del mercato e dell’impresa, nella pura continuità del neoliberismo e con il plebiscito dei lavoratori stessi, magari pure del pubblico impiego già deciso alla mattanza (sempre richiesta dalla Confindustria) di Sant’Antonio del 13 giugno prossimo. Quando si dice la sindrome di Stoccolma! O meglio “l’alienazione operaia” già descritta un secolo e mezzo fa da Marx nel Capitale. Forse i famosi 80€ presi a loro stessi, non per tutti ma altri sperano ancora, rappresentano anche la mercificazione del voto, non certamente la sua dignità, ma soprattutto la subalternità ormai ben definita dei lavoratori alla classe dominante. Non basta parlare quindi dello spauracchio Grillo, che pur, media dirigens, a finito per prevalere, malgrado Mediaset (da oggi, piano piano all’opposizione mediatica a Renzie ma non di voto parlamentare garantito dal patto di ferro PD-FI). E se il concetto di o l’uno o l’altro era ben presente a rimetterci è stato soprattutto FI e le destre disunite in genere. Chi di bipolarismo vive di bipolarismo può morire (a proposito dell’Italicum).
Un discorso spurio va fatto sul M5S. E’ un movimento che, volente o nolente, in 18 mesi ha portato 17 parlamentari in Europa oltre ai 130 tra senatori e deputati nel nostro parlamento. Era dato come movimento di semplice protesta con il suo 25%. Bene, scremato dai protestatari (4%) rimane al 21%, secondo solo dopo il PD. E’ un movimento di opposizione, e che questo esista è sempre un bene per la democrazia, checché ne pensino i vari tribuni e talebani dei partiti attuali, e di denuncia di malefatte anche legali dei poteri forti ai danni dei cittadini e dei beni pubblici, che altri, pur non essendone proprietari hanno e stanno svendendo. Rappresentano in gran parte i giovani, né destra né sinistra in termini storici (andava bene per Blair?), ma basso verso l’alto, anche se confusamente. Tutti lodano, nel PD (che usurpa ormai il termine di sinistra) e in FI, il superamento delle ideologie ad uso e consumo proprio, ma per il M5S non vale. Vengono qualificati di fascisti allorché, con il consenso popolare, i veri fascisti (anche se hanno cambiato nome) sono stati al governo per almeno 15 anni (Lega compresa). E se nella mia cultura (Gramsci dixit) i fascisti sono “tutti quelli che tendono a ridurre i diritti e la qualità della vita dei lavoratori, ad impoverirli con le loro famiglie e a soggiogarli”, ognuno, tenuto conto della disastrosa realtà, faccia i conti con la propria coscienza. Il passaggio epocale delle socialdemocrazie europee su posizioni di politiche economiche neoliberiste insieme ai conservatori (sempre Blair e Schröder e non sarà da meno Schulz), in realtà alle destre comprese quelle nord americane immanenti e nascoste, rappresenta la fascistizzazione dell’Europa tramite oligarchie di poteri non elette e quindi antidemocratiche. Straordinariamente se ne lamentano anche le destre europee estreme. Perché il M5S, alternativo, dovrebbe essere buono e unirsi al “grande patto della fame”, che ritengo scellerato per il futuro del mondo del lavoro, per diventare “democratici” come loro, tendenti al partito unico? Perché hanno un leader come tutti gli altri? Il resto sono chiacchiere e sassi di parole lanciate per la gioia degli “incolpevoli”, o chi si ritiene tale, puro e di parte, anche contro se stesso. L’aspetto critico nella fenomenologia della realtà rimane l’unico elemento di onestà intellettuale.
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