Franco Cilli da ildiariodispinoza
Partiamo dalla consapevolezza che la
sinistra è una realtà
multiforme e ibrida e che sinora non è mai riuscita a valorizzare le
diversità, ponendosi queste
più come conflitto insolubile e criterio ad excludendum che come valore
aggiunto. Occorre prendere atto che se tale nodo gordiano non verrà
sciolto non
ci sarà mai una sinistra maggioritaria. Appare inoltre evidente che
sussiste
una territorializzazione delle culture in seno alla sinistra, dove
ognuno occupa un terreno concettuale, perimetrando ogni orizzonte di
senso e rimandando all'altro l'idea dello sconfinamento verso territori
eretici, piuttosto che cercare
un’integrazione di ambiti differenti. Oggi assistiamo all'ennesimo
tentativo, da parte di attori meno vincolati alla storia della vecchia
sinistra, di unificare una sinistra diffusa sotto la bandiera della
costituzione. La costituzione è importante, importante
è il richiamo ai suoi valori di giustizia e libertà, ma tale richiamo
non può
affiancarsi ad un’analisi dilettantesca e approssimativa delle cause
economiche
della crisi e della sostanza del liberismo. L’analisi risulta monca e
parziale
quando non è decisamente distorta. Far risalire il problema del bilancio
e
dell’austerità all’elusione e all’evasione fiscale è un’ingenuità
grossolana,
che elude il discorso della svalutazione del costo del lavoro imposto
dai
trattati europei come conseguenza del suo impianto liberista e
difficilmente
modificabile con le sole buone intenzioni. Questa visione ingenua
dell’economia alienerà una buona parte di soggetti politici e di singoli
compagni, che leggeranno in ciò la dimostrazione di un inevitabile
approdo
acritico nei confronti dell’europeismo, se non addirittura di una presa
di
posizione dogmatica e non negoziabile nei confronti dello stesso.
Nessuno vuole
ripetere una nuova Grecia, il problema dei rapporti con l'Europa va
posto, senza aut aut da una parte e dall'altra. Altro nodo è il
conflitto non dichiarato, sebbene
palese, fra le istanze diciamo così “globaliste” e quelle “sovraniste”.
Anche
qui la dicotomia è una divaricazione che scava un fossato dove tutti i
ponti
vengono tagliati allo scopo (da parte dei globalisti) di non contagiare
la
purezza ontologica dei processi di soggettivazione, perno irrinunciabile
di
qualsiasi orizzonte politico e strategia, sostenuto da un riduzionismo
astratto
e di stampo nominalista, ma di poca sostanza. Una visione che appare
francamente datata rispetto a un’analisi di fase che suggerirebbe
perlomeno un
passo indietro per riflettere piuttosto che perseverare su vecchi schemi
che
poco hanno prodotto in passato. Mia opinione che metto sul banco, senza
farla diventare l'ennesima irrinunciabile discriminante.
Stare insieme pur nell’apparente
inconciliabilità delle posizioni serve per ricalibrare le proprie
coordinate di
tiro e cercare una sintesi utile allo scopo. Condannare l’ipotesi
sovranista
come estratto di un’ideologia puramente regressiva, agitando lo spettro
dell’eresia
nazionalista, è folle. Nessuno vede il
ripristino della sovranità quale premessa per un ritorno ai vecchi stati
nazione e della retorica patriottica, bensì come premessa essenziale e
come
insieme di dispositivi necessari per ricacciare il liberismo in gola a
chi lo
ha congegnato per i propri fini particolari. Chi vede la globalizzazione
come incarnazione dello spirito della storia sbaglia, la globalizzazone
non è che una variante di un processo storico non lineare, così come la
sovranità non può che essere una delle tante variabili simboliche
plausibili di un universo logico e posta al vaglio di una critica
razionale. Nessuna religione dello stato o della nazione, nessuno
spiritualismo globalista.
Il mio appello hegeliano è
all’unità degli opposti e alla sintesi di tutte le forze antiliberiste e di
chiara ispirazione socialista e comunista.
Per ultimo occorre prendere atto
che la sinistra non è sufficiente a se stessa. Ipotizzare un accordo
seppure
improbabile con i 5S è giusto è doveroso se si vuole governare entro un
periodo storico inferiore a un'era geologica. Anche qui la contesa non
può essere
dottrinaria e nemmeno possiamo soffermarci su posizioni specifiche che
certamente sono in contrasto con una visione di sinistra, come talune
dichiarazioni a sfondo xenofobo, ma costituiscono un dato che o viene
preso di
petto e contrastato su un piano di confronto dialettico e di peso
specifico
delle singole posizioni o è destinato a replicare l’ennesima insanabile
dicotomia,
che porterà a irrigidimenti e incistamenti delle posizioni politiche di
ampie
parti dell’elettorato o se preferite del popolo, visto come plebe
ignorante e
indomita.
Insomma si all'assemblea unitaria del 18
Giugno, ognuno con il coltello in bocca, ma sempre disposti a cercare
un'unità d'intenti.
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