giovedì 18 marzo 2010

Un Pd da rottamare

C'è un'umanità dotata di slancio creativo, di competenze politiche e di entusiasmo, nelle società italiana, in grado di crearsela da sola l'alternativa.

Il Veneto come la Lombardia è dato per perso. Abbandonato.
Una sorta di fatalismo che sembra pregustare l'apocalisse prossima ventura, ha di fatto consegnato questa regione alla barbarie senza battere ciglio.
Certo Massimo Carlotto ha ragione nel dire che i Lanzichenecchi in Veneto sono arrivati già prima dell'arrivo di Bossi, con Galan e la sua banda, ma ora sembra doversi compiere una specie di parabola, che dalla Serenissima, passando per gli austriaci prima e l'unità d'Italia dopo, approdi finalmente allo stato padano-veneto di Zaia.
Siamo talmente dominati da questo fatalismo che nessuno ne parla, nessuno a parte rare eccezioni, tenta una reazione.
Non vorrei sembrare ripetitivo, ma la colpa di tutto ciò è in gran parte del Pd, degli eredi del fu Partito Comunista. Lasciamo stare le analisi delle cause che hanno portato il partito di Berlinguer a diventare una sorta di chimera politica democristiana socialista, molto democristiana e molto poco socialista. Stiamo ai fatti. Un’opposizione ridicola e direi persino dilettantesca al regime berlusconiano. Una tremenda smania autolesionistica che solo la reazione della società civile riesce a tratti a tamponare. Un apparato i cui gangli vitali e le cui fibre nervose si intrecciano in maniera inestricabile con quelli di un regime partitocratico di cui ormai volenti o nolenti sono diventati parte.
Guardiamo queste elezioni regionali. La Calabria e la Campania, che avrebbero potuto essere conquistate agevolmente con un candidato unitario decente, perse quasi sicuramente.  Lazio e la Puglia consegnate a candidati acefali e frutto di strategie politiche da bar dello sport, riprese per il rotto della cuffia dalla sfrontatezza della Bonino e dalla tenacia di Nichi Vendola.
In Veneto e Lombardia neanche a parlarne. A Formigoni si oppone un Penati, in accordo con la leggenda che per battere un tizio di destra, che gode di un enorme consenso anche fra i ceti popolari, devi opporgli uno che è la sua esatta fotocopia, ma soltanto un po' più basso. A Zaia, guai a opporgli una Laura Puppato, una tizia un pelo più agguerrita di uno sbiaditissimo Bortolussi. Si potrebbe rischiare di pestare i piedi a qualcuno. Duole, in questa circostanza, constatare che nemmeno la società civile e i movimenti hanno saputo proporre un candidato alternativo, non fosse altro che per inviare un segnale serio di volontà di cambiamento.
Le astute mosse del Pd sono dettate da una provvidenziale illuminazione, arrivata mentre D'Alema e Bersani giocavano col pallottoliere: non si vince senza i numeri dell'UDC e quindi se c'è da sacrificare qualcuno lo si fa per un bene superiore. Geniale. Mi rincresce che anche una persona intelligente come Cacciari si sia fatto prendere la mano da questo pragmatismo di bassa lega. Cosa si vince con l'UDC? Il ricatto costante che se non fai come dico io, tutti a casa? Il Vaticano? Cuffaro? Qualche carrozzone clientelare che prima o poi creerà problemi giudiziari?
La morale della storia è che non dobbiamo più permettere al Pd di dettare alcuna strategia politica per un'alternativa al regime, alla quale accodarsi per amor di patria. C'è un'umanità dotata di slancio creativo, di competenze politiche e di entusiasmo, nelle società italiana, in grado di crearsela da sola l'alternativa. Al Pd deve essere permesso unicamente di assecondare l'impulso che viene dalla società civile, e non certo per la considerazione verso i suoi dirigenti, ma per rispetto verso i suoi militanti, che meriterebbero un partito migliore.
Se non fosse per loro, il Pd sarebbe un partito da rottamare all'istante.

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