martedì 12 giugno 2018

Perché Venezuela e Siria Non Possono Cadere

di Andre Vltchek (da New Eastern Outlook)
traduzione di Domenico D'Amico

Con l'Occidente e il suo fascismo non si può venire a patti, si può solo combattere


Malgrado le terribili avversità che il popolo del Venezuela deve affrontare, malgrado le sanzioni e le intimidazioni provenienti dall'estero, il presidente Nicolás Maduro ha ottenuto un secondo mandato di sei anni.
Due settimane fa, presso l'ambasciata venezuelana a Nairobi, Kenya, dove mi stavo rivolgendo a svariati leader dell'opposizione di sinistra est-africana, un incaricato d'affari, Jose Avila Torres, ha dichiarato: “Il popolo del Venezuela sta vivendo una situazione simile a quella del popolo siriano”.
Ed è vero. Le due nazioni, Venezuela e Siria, sono separate da un'enorme distanza geografica, ma condividono lo stesso destino, la stessa determinazione e lo stesso coraggio.
Durante la Guerra Civile Spagnola, i combattenti antifascisti cechi, volontari nelle Brigate Internazionali, dicevano spesso: “A Madrid noi combattiamo per Praga”. Madrid cadde nelle mani dei fascisti di Franco nell'ottobre del 1939. Praga era stata occupata dalle truppe tedesche vari mesi prima, nel marzo del 1939. Fu la cecità e la codardia dei leader europei, insieme all'appoggio dato alle orde assassine fasciste da popolazioni di ogni angolo del continente, che condusse a una delle più grandi tragedie dell'epoca moderna – una tragedia che ebbe fine solo il 9 maggio 1945, quando le truppe sovietiche liberarono Praga, sconfiggendo la Germania nazista e di fatto salvando il mondo.
Più di settant'anni dopo, il mondo deve affrontare un'altra calamità. L'Occidente, mentalmente incapace di porre termine pacificamente al suo plurisecolare e omicida dominio sul pianeta – un dominio che ha già consumato centinaia di milioni di vite umane – mostra i denti, avventandosi da ogni parte, provocando e inimicandosi o perfino attaccando direttamente paesi come la Corea del Nord (RPDC), la Cina, l'Iran, la Siria e il Venezuela.
Quello in corso non viene chiamato fascismo o nazismo, ma è precisamente quello che chiaramente è, dato che tale barbaro dominio è basato su un profondo disprezzo per le vite dei non europei, su fanatici dogmi di estrema destra maleodoranti di eccezionalismo, e sullo sfrenato desiderio di controllare il mondo.
Molti dei paesi che si sono rifiutati di piegarsi dinanzi alla forza bruta dell'Occidente, negli ultimi tempi sono stati letteralmente rasi al suolo, come l'Afghanistan, la Libia e l'Iraq. Nel caso di molti altri, i governi sono stati rovesciati con interventi diretti e indiretti, o con la frode, come è successo nel paese più potente dell'America Latina, il Brasile. Innumerevoli rivoluzioni “colorate” o “degli ombrelli”, insieme a svariate “primavere”, sono state sponsorizzate da Washington, Londra e altre capitali occidentali.
Ma il mondo si sta risvegliando, in maniera lenta ma irreversibile, e la lotta per la sopravvivenza della razza umana è già cominciata.
Venezuela e Siria, senza dubbio, si trovano sulla prima linea di questa battaglia. Contro ogni aspettativa, feriti ma eroicamente ancora in piedi, resistono contro forze superiori in maniera schiacciante, e si rifiutano di cedere.
Qui nessuno si arrende!” gridava Hugo Chavez, coi capelli già radi per la chemioterapia, mentre moriva per un tumore che molti, in America Latina, ritengono gli sia stato procurato dagli Stati Uniti. Il suo pugno era serrato, e una fitta pioggia gli inondava il volto. È così che moriva uno dei più grandi rivoluzionari dei nostri tempi. Ma la sua rivoluzione è sopravvissuta, e continua!
*
Del fatto che molti dei miei lettori sono occidentali, me ne rendo conto benissimo. In qualche modo, in particolare in Europa, ho l'impressione di non essere più in grado di spiegare cosa voglia dire essere rivoluzionari. Di recente ho parlato a un folto pubblico di insegnanti “progressisti”, in Scandinavia. Ho cercato di infiammare il loro animo, di spiegargli quali crimini mostruosi l'Occidente abbia perpetrato in tutto il mondo, per secoli.
Ho provato, e fallito. Quando si sono riaccese le luci, centinaia di sguardi mi hanno trafitto. Certo, c'è stato un applauso, e molti si sono alzati nel falso cliché della standing ovation. Ma sapevo che i nostri erano mondi separati.
Poi sono arrivate domande superficiali e prefabbricate sui diritti umani in Cina, a proposito del “regime di Assad”, ma nessuna sulle responsabilità collettive dei popoli dell'Occidente.
Per comprendere quel che sta succedendo in Siria e Venezuela bisogna uscire dalla forma mentis occidentale. E questo non lo possono fare menti egoistiche che pensano solo alla sessualità e agli orientamenti sessuali e all'interesse personale.
In Siria e Venezuela quello che sta accadendo è qualcosa di essenziale, qualcosa di molto basilare e umano. Si tratta di orgoglio, si tratta della propria terra madre, dell'amore per la giustizia e del sogno di un migliore sistema globale. Non è poca cosa, anzi, è qualcosa di enorme, qualcosa per cui si può lottare e perfino morire.
In entrambi questi luoghi l'Occidente ha fatto male i conti, così come ha fatto in altri “casi” quali Cuba, Russia, Cina, Iran, RPDC.
Patria no se vende!” l'hanno ripetuto per decenni a Cuba - “La patria non è in vendita!”
Il profitto non è tutto. Il vantaggio personale non è tutto. Egoismo e personalità microscopiche gonfiate come palloni non sono tutto. Giustizia e dignità sono superiori. Gli ideali umani sono superiori. Per alcuni è così. Lo è davvero, fidatevi – non importa come possa sembrare irreale in Occidente.
La Siria sanguina, ma si rifiuta di arrendersi al terrorismo scatenato dall'Occidente e dai suoi alleati. Aleppo è stata trasformata in una Stalingrado dei nostri giorni. Pagando un alto prezzo, la città ha resistito a tutti gli assalti, è riuscita a invertire il corso della guerra, e come conseguenza ha salvato il paese.
Il Venezuela, come Cuba nei primi anni 90, si è trovato solo, abbandonato, disprezzato e demonizzato. Ma non è caduto in ginocchio.
In Europa e in Nord America le analisi su ciò che accade da quelle parti vengono condotte “logicamente” e “razionalmente”. Oppure no?
Lo sanno i popoli occidentali cosa vuol dire essere colonizzati? Lo sanno cos'è l'”opposizione venezuelana”?
Conoscono l'entità del terrore scatenato per secoli dall'Occidente contro tutta l'America Latina, da posti come la Repubblica Dominicana e l'Honduras, giù giù fino a Cile ed Argentina?
No, non ne sanno niente, o quantomeno ne sanno ben poco, come quei tedeschi che vivevano a un passo dai campi di sterminio, e che dopo la guerra dicevano di non aver mai avuto la minima idea di cosa fosse quel fumo che veniva su dai camini.
È improbabile ci sia, in Centro o Sud America, un solo paese il cui governo non sia stato almeno una volta rovesciato dal Nord, questo ogni volta che il governo decideva di operare a beneficio del suo popolo.
E il Brasile, l'anno scorso, è diventato l'ultima edizione degli incubi, delle campagne di disinformazione, “fake news” e golpe – dispiegati coi complimenti del Nord, per mezzo delle élite locali.
*
Cercate di capire, non serve davvero a nulla di continuare a discutere con le “opposizioni” in paesi come il Venezuela, Cuba o Bolivia. Quello che c'era da dire è stato detto.
Quella che è in corso non è materia da centro studi, ma una guerra; un'autentica e brutale guerra civile.
Io conosco le “opposizioni” dei paesi sudamericani, e conosco le loro élite. Certo, conosco molti dei miei compagni, i rivoluzionari, è naturale, ma anche le élite mi sono familiari.
A scopo illustrativo, permettetemi di rievocare una conversazione che ebbi una volta in Bolivia col figlio di un potente senatore di destra, per di più ras dei media. Leggermente brillo, non faceva che ripetermi:

Presto cacceremo a calci in culo quell'indio di merda [il presidente Evo Morales] (…) Credi che ce ne freghi qualcosa dei soldi? Ne abbiamo a vagoni! Non importa se perdiamo milioni di dollari, e nemmeno decine di milioni! Diffonderemo insicurezza, incertezza, paura, indebitamento, e se dobbiamo farlo, anche la fame... Li faremo sanguinare a morte, quegli indios!”

Tutto ciò potrebbe suonare “irrazionale”, perfino contrario al loro vangelo capitalista. Ma a loro non interessa la razionalità, solo il potere. E comunque i loro mandanti del Nord compenseranno le eventuali perdite.
Non c'è modo di negoziare, di discutere con questo genere di persone. Sono traditori, ladri e assassini.
Per anni, per decenni hanno utilizzato la stessa strategia, scommettere sul cuore tenero e i sentimenti umanitari dei loro avversari sociali. Hanno trascinato i governi progressisti in dibattiti interminabili e vani, per poi usare i loro media (e quelli occidentali) per infangarli. Se questo non funzionava, sabotavano la loro stessa economia, creando deficit di bilancio, come in Cile prima del golpe di Pinochet nel 1973. Se anche questo non funzionava, passavano al terrorismo – puro e semplice e spietato. E alla fine, l'ultima risorsa – l'intervento diretto dell'Occidente. I loro scopi non hanno niente a che fare con la “democrazia” o il “libero mercato”. Essi sono al servizio dei loro padroni occidentali e dei loro stessi interessi feudali.
Negoziare con loro significa essere sconfitti in partenza. Significa giocare con le loro regole. Perché alle loro spalle c'è l'intera propaganda occidentale, insieme al sistema finanziario e militare.
L'unico maniera per sopravvivere è diventare più duri, stringere i denti e combattere. Come ha fatto Cuba per decenni e, sì, come fa ora il Venezuela. È un approccio per nulla “gradevole”, e nemmeno “pulito”, ma è l'unico che faccia andare avanti, l'unico modo che rivoluzione e progresso hanno di sopravvivere.
Prima che Dilma venisse destituita da un branco di quaquaraquà filo-occidentali, in un mio scritto (censurato da Counterpunch, ma pubblicato su varie piattaforme e in svariate traduzioni) avevo suggerito che inviasse i carri armati nelle strade di Brasilia. Affermavo che questo era il suo dovere, nel nome del popolo brasiliano, che aveva votato per lei e che molti benefici aveva ottenuto dal governo PT (Partido dos Trabalhadores).
Lei non l'ha fatto, e sono quasi sicuro che adesso se ne sta pentendo. Il suo popolo viene di nuovo derubato, e sta soffrendo. E l'intero Sud America, come risultato, è nel caos!
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Corruzione? Malgoverno? Per decenni, per secoli i popoli dell'America Latina sono stati dominati e derubati da una banda di corrotti, che utilizzavano il loro continente come una vacca da mungere, e intanto sguazzavano nel lusso osceno delle aristocrazie occidentali. E tutto questo, naturalmente, nel nome della “democrazia”, una farsa totale.
Il Venezuela è ancora qui – il popolo si muove a sostegno del governo – soffrendo terribilmente, mezzo affamato, ma comunque si muove. Questo perché per molte di quelle persone gli interessi personali sono secondari. Quello che conta è il loro paese, l'ideologia socialista e la grande patria sudamericana. Patria grande.
È impossibile da spiegare. Non è razionale, è intuitivo, profondo, fondamentale e umano.
Coloro che non possiedono l'ideologia o la capacità di impegnarsi, non potranno capire. E che lo facciano o meno, francamente, chi se ne frega.
C'è da sperare che presto sia il Brasile sia il Messico – le due nazioni più popolose dell'America Latina – eleggano governi di sinistra. In tal modo, le cose cambieranno, e in meglio, per il Venezuela.
Fino ad allora, Caracas dovrà fare affidamento sui vicini (seppur lontani) amici e compagni, la Cina, l'Iran e la Russia, così come sulla sua bellissima e coraggiosa sorella – Cuba.
Evo Morales ha di recente preavvisato che l'Occidente sta organizzando un golpe in Venezuela. Il governo di Maduro deve reggere ancora per qualche mese. Prima del ritorno [a sinistra] del Brasile, prima dell'avvento del Messico.
Sarà una lotta dura, forse anche sanguinosa. Ma la Storia non si fa con i compromessi e le capitolazioni. Non si può negoziare col fascismo. La Francia ci ha provato, prima della Seconda Guerra Mondiale, e tutti conosciamo i risultati.
Con l'Occidente e il suo fascismo non si può venire a patti, si può solo combattere.
Quando si difende il proprio paese, le cose non possono mai essere pulite e ordinate. Nessuno è un santo. La santità porta alla sconfitta. I santi arrivano dopo, quando si è ottenuta la vittoria e la nazione se li può permettere.
Il Venezuela e la Siria devono essere sostenuti, con tutti i mezzi. Questi splendidi popoli ora stanno sanguinando, combattendo in nome di tutto l'oppresso mondo non-occidentale. A Caracas e a Damasco il popolo lotta, combatte e muore per l'Honduras e l'Iran, per l'Afghanistan e l'Africa Occidentale.
I loro nemici si possono fermare solo con la forza.
*
Durante il dibattito in Scandinavia, un gusano [castigliano per “verme”, i.e. Controrivoluzionario, neofascista – ndt] siriano, che vive in Occidente e diffama, ben compensato, il presidente Assad, contestava me, il “regime” siriano e l'Iran. Ho detto che mi rifiutavo di discutere con lui, perché anche se avessimo passato due ore a gridarci in faccia pubblicamente, non avremmo mai trovato un terreno comune [di discussione]. Sono quelli come lui che hanno iniziato la guerra, e guerra dovrebbero avere. Gli ho detto che sicuramente viene ben pagato per il suo lavoro, e che l'unico modo di sistemare la questione, per noi, sarebbe stato “fuori”, per strada.
Venezuela e Siria non possono cadere. Troppo alta è la posta in gioco. Entrambi i paesi sono adesso in lotta contro qualcosa di smisurato e sinistro – stanno combattendo contro l'intero imperialismo occidentale. Non si tratta di una qualche “opposizione”, o addirittura di elementi traditori all'interno delle loro società. È in gioco qualcosa di più grande. Si tratta del futuro, si tratta della sopravvivenza dell'umanità.
In tutto il mondo, miliardi di persone hanno seguito da vicino le elezioni nella Repubblica Bolivariana. E il popolo ha votato. E il presidente Maduro ha vinto. Di nuovo. Con tanto di ferite e cicatrici, ma ha vinto. Ancora una volta, il socialismo ha sconfitto il fascismo. E lunga vita al Venezuela, dannazione!

Andre Vltchek è filosofo, romanziere, filmmaker e giornalista investigativo. È uno dei creatori di Vtlchek's World in Word and Images, autore del romanzo rivoluzionario Aurora e di molti altri volumi. Scrive in particolare per la rivista online New Eastern Outlook.


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