mercoledì 8 luglio 2009

Gramsci è armato e pericoloso

di Domenico D'Amico
 

Gramsci che impugna due MP5K (ma senza dito sul grilletto) sembrerebbe una visione inquietante per qualcuno.
Il punto non erano le armi, ma la sovrapposizione (suggerita dal pezzo per cui ho fatto il photoshopping) tra Gramsci e il personaggio fittizio Morpheus (dalla trilogia The Matrix). Come dire: abbiamo bisogno di una figura autorevole (e magari, perché no, carismatica) che possa offrire, e soprattutto diffondere, una narrativa disvelatrice del reale. Questo comporta che i ragionamenti, le analisi, gli approfondimenti sono importanti, sì, ma una percezione alternativa della realtà non si fa strada attraverso la riflessione, ma attraverso il simbolico, o addirittura il mitologico.
Non si tratta di fare l'apologia dell'irrazionalismo, si tratta della banale constatazione del fatto che il sistema imperiale liberale utilizza magistralmente la propaganda e l'indottrinamento per fare appello alle budella delle masse, in modo che esse abbiano sempre un qualche capro espiatorio per le mazzate che ricevono.
Per scuotere quelle interiora non basta la ragionevolezza. Occorrono simboli.
Ma questo riguarda noi, pidocchi sul dorso peloso e unticcio del Leviatano.
Noi possiamo gingillarci con concetti quasi totalmente privi di consistenza come quello che probabilmente avrà allarmato il nostro anonimo lettore alla vista di un Gramsci pronto a far fuoco sui nemici del proletariato.
Questo concetto è la nonviolenza.
Feticcio inane di neoliberali e Radicali (per non parlare delle penose conversioni bertinottiane), la nonviolenza, nella sua efficacia come pratica di lotta politica, è in effetti un puro costrutto ideologico.
Come spiega William P. Meyers, la nonviolenza non viene predicata ai governi o alle forze di polizia (cioè alle entità che utilizzano la violenza in modo sistematico), ma ai movimenti di opposizione.
Spassoso.
Meyers sottolinea anche la totale falsità dell'efficacia della lotta nonviolenta, proprio negli esempi più citati, Gandhi e Martin Luther King. La storia dell'indipendenza indiana è lunga e complessa, e la pratica nonviolenta di Gandhi (quando la praticò) vi ebbe un ruolo marginale. Quanto a King e alle leggi Jim Crow, occorre ricordare che fu la Guardia Nazionale a far entrare gli studenti neri nelle scuole segregazioniste?
In breve: al meglio, la nonviolenza è un sistema di pressione psicologica e morale per far sì che qualcun altro (di solito i governi) utilizzino la violenza ad un certo fine; al peggio, è una favoletta per tener buoni i facinorosi con troppi grilli per la testa (con l'aggravante che, in ogni caso, i No dal Molin di turno verranno comunque manganellati ed etichettati come sovversivi, qualsiasi scelta tattica pratichino).
Non esiste pratica politica di opposizione al potere stabilito che non implichi violenza, per il semplice fatto che il potere stabilito, di per sé, è violenza legittimata.
Bloccare il traffico (su una strada o una ferrovia), spargere letame, fare un picchettaggio, sono atti di violenza tanto quanto incendiare cassonetti o spaccare vetrine. Lo stesso sciopero in sé è un atto violento, ed è proprio per questo che liberisti e libertarian lo odiano tanto: per loro l'unica violenza è quella dell'individuo contro l'individuo e quella dello Stato contro l'individuo entrepreneur, la violenza economica (a cui lo sciopero risponde con un'azione di legittima difesa) rimane al di là della loro sfera percettiva.
La nonviolenza di stampo neoliberale e Radicale è ben lieta di ignorare i secoli di lotte violente e sanguinose che hanno permesso, in occidente, la conquista della giornata lavorativa di otto ore e tanti di quei "diritti umani" la cui difesa, ovviamente, neoliberali e Radicali sono prontissimi ad affidare alle bombe dell'Impero. Questo perché la nonviolenza neoliberale e Radicale è totalmente integrata con la violenza imperiale. Difatti, a chi vanno i consigli sulla lotta nonviolenta? A palestinesi e iracheni (o meglio, al massimo ai primi: l'invasione di un paese e la macellazione di centinaia di migliaia di persone non turba la sensibilità neoliberale e Radicale sufficientemente da far loro ipotizzare che gli iracheni possano "resistere"). Già, se vengo invaso militarmente, occupato, colonizzato, oppresso e umiliato e ammazzato ogni santo giorno, il mio primo pensiero è resistere e contrattaccare, ma devo essere un imbecille: la risposta è la pratica nonviolenta. Oh, gli occupanti se la stanno già facendo sotto!
Come disse un resistente guatemalteco: "Il 3 per cento dei proprietari terrieri possiede il 65 per cento della terra. Negli ultimi quindici anni ci sono stati 150.000 omicidi politici e sparizioni... Non mi parlare di Gandhi: qui non sarebbe sopravvissuto nemmeno una settimana. Un movimento progressista pacifico ce l'avevamo. È stato distrutto. Noi siamo stati distrutti. Perché il metodo di Gandhi funzioni ci dev'essere un governo capace di provare vergogna. Qui non l'abbiamo."

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