sabato 12 settembre 2009

Della fastidiosa insignificanza dei Radicali


I radicali non contano niente. Non fanno che ripetere che senza di loro l’Italia non avrebbe avuto il divorzio né l’aborto, ma è falso. Il divorzio fu una naturale conseguenza dell’evolversi di una società arretrata, che non poteva continuare a tollerare il clericalismo medievale dei cattolici italiani e fu il socialista Loris Fortuna e non  i radicali a promuovere la legge per il divorzio, sottoposta poi a referendum. I radicali semplicemente si accodarono e successivamente arruolarono  Loris Fortuna fra le loro fila, che prese la doppia tessera.
Per quanto riguarda l’aborto giova ricordare che i radicali promossero un referendum volto ad abrogare l’attuale legge, perché ritenuta troppo blanda. Adesso la difendono a spada tratta. Quello sull’aborto fu un movimento  grande e variegato, fatto di donne e uomini di svariata provenienza politica e i  seguaci di Pannella, Bonino e soci rappresentarono solo una delle tante  componenti in campo.
Questi signori non sono stati mai artefici di nessun cambiamento serio nella società italiana, al contrario hanno concorso ad imbarbarirla promuovendo con un fanatismo becero e urticante il pensiero unico in economia, canonizzato in tutto l’occidente e riassunto nel loro catechismo personale con la dichiarazione di fede: “ liberali, liberisti, libertari”.
L’identificazione di liberismo e libertà li ha portati a considerare  antidemocratici tutti quei leaders che non accettavano che il loro paese fosse accluso nel cortile di casa degli Usa o che non approvavano il “Washington consensus”,  coloro che cioè rifiutavano di privatizzare i servizi pubblici, la deregulation, tassi di intereresse reali elevati, liberalizzazione del commercio e delle importazioni ecc., cercando di promuovere invece un’economia che fosse centrata sugli interessi delle popolazioni locali, con sviluppo e protezione di un mercato interno, e non su quelli delle multinazionali, imposti attraverso il WTO.  
Allende era uno di questi e per quanto mi sforzo di ricordare non mi viene in mente  una sola parola di condanna dei radicali nei riguardi del golpe cileno orchestrato dagli americani con la ormai ben acclarata responsabilità di Nixon. Non parliamo poi di manifestazioni davanti all’ambasciata americana.
Il liberismo per i "liberali, liberisti libertari" non rappresenta solo uno dei tanti filoni di pensiero in economia, ma lo sbocco naturale del progresso umano e intellettuale e chiunque lo ostacola è destinato a soccombere. Gli americani sono solo lo strumento di cui la storia si serve per realizzare il suo disegno. Se ci si oppone a tale disegno ci si oppone alla storia, non c’è alternativa. Uno storicismo al cui confronto quello marxista impallidirebbe.
Chávez, Morales, Lugo, Correa, Lula sono nomi che fanno storcere il naso a questi fanatici della religione di mercato, per non parlare di Fidel Castro. Stiano attenti.
Giorni fa, ascoltando la rassegna stampa di Radio Radicale ho udito le parole del bronchitico direttore,  Massimo Bordin, che parlando del festival di Venezia si esprimeva con questi toni: “quest’anno ne abbiamo viste di tutte al festival veneziano, dittatori sudamericani, pessimi film su ’68 ecc". Ovviamente  si riferiva a Hugo Chávez. Non voglio qui riassumere le vicende legate a Chávez, espresse in maniera esauriente da Gianni Minà su “Manifesto”, da Maurizio Matteuzzi sullo stesso giornale e da Gennaro Carotenuto nel suo Blog, “Giornalismo Partecipativo”. Voglio solo ricordare che Chávez è stato democraticamente eletto alla carica che attualmente riveste, rispettando i canoni delle democrazie parlamentari, per ben tre volte. Lo stesso ex presidente Carter  Ã¨ stato  testimone della correttezza delle elezioni. Inoltre il 90 % delle televisioni venezuelane è ancora in mano all’opposizione, quelle stesse TV che nei momenti caldi dello scontro politico, in occasione della sua rielezione, aizzavano la folla a fare fuori Chávez e gli davano del negroide. Vi immaginate se in Italia il TG3 aizzasse le masse italiche a sbarazzarsi di Berlusconi?
Ma questo evidentemente ai radicali non basta. Non hanno mai parlato di dittatori sudamericani riferendosi ai vari Uribe, Fujimori, Collor de Mello e tanti altri fantocci sponsorizzati dagli USA. Che importa se usavano squadroni della morte come in Salvador o in Colombia per trucidare i loro oppositori interni?  No, la cosa importante era che fossero alleati degli americani e che avessero abbracciato il credo liberista.
Queste persone possono essere definite in una sola maniera: pezzi di merda ipocriti. Lo sono per la spocchia che li contraddistingue, per la loro presunzione, per la loro cecità in fatti gravissimi che hanno insanguinato il mondo intero a cominciare dall’America Latina e dal Medio Oriente, per aver taciuto quando avrebbero dovuto urlare all’ingiustizia come in Cile, in Salvador, in Iraq e in Palestina, e per aver contrabbandato la loro infamia per coraggio civile come quando  manifestarono a sostegno degli americani, bandiere stelle e strisce in spalla, in occasione della seconda guerra in Iraq. “Bush ha le mani grondanti di sangue”, disse qualcuno, quando le sue menzogne e i suoi crimini erano evidenti a tutto il mondo, ma persino in quella circostanza i radicali non trovarono di meglio che indignarsi, scandalizzati per quelle parole che dissacravano il capo della “più grande democrazia occidentale”. 
I radicali non contano nulla nella vita politica italiana, non conterebbero nulla nemmeno se fossero realmente gli eredi di quella tradizione che tanto  è a loro cara, quale quella dei fratelli Rosselli, degli Ernesto Rossi, dei Gobetti ecc, i quali sicuramente si rivolteranno nella tomba a sentirsi nominare da simili personaggi. Figuriamoci se possono contare qualcosa quattro gatti in pieno delirio di onnipotenza, convinti che tutti prima o poi la penseranno come loro e si convertiranno al pensiero unico. Ricordano quei pazzoidi che salgono su sgabelli sbilenchi nei parchi delle metropoli americane, biascicando le loro incontestabili verità a distratti passanti.


Dottor Nicodemo

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