giovedì 17 settembre 2009

Destra decente o sinistra indecente?

Questa sera c'è poco da dire, hanno detto già tutto su Berlusconi e i "farabutti" della stampa.
Prima o poi Berlusconi finirà, tutto finisce, ci mancherebbe che credessimo davvero che Scapagnini lo abbia reso  immortale.
Il problema che dobbiamo cominciare a porci è il dopo Berlusconi. Vogliamo continuare con la storia del Gattopardo o cambiare questo paese sul serio? Già perché le soluzioni che si prospettano per il dopo non sono molto incoraggianti. Sembrerebbe che Fini e Casini si stiano scaldando, offrendo un'alternativa che accontenta tutti: la lobby vaticana, quella del nucleare, la CONFINDUSTRIA e la super lobby che vuole tutte queste cose insieme dentro la cornice di una destra presentabile nei salotti europei, che offra garanzie alla grande finanza senza mostrarsi becera né razzista.
Io personalmente non ho mai creduto che esista una destra decente, non ho mai creduto che la coerenza sia una virtù in assoluto. Il fatto che uno di destra sia coerente non depone a suo favore, se la coerenza consiste nel disprezzare le minoranze, affermare che gli omosessuali sono dei malati, che il colonialismo fosse  giusto perché portatore di civiltà, e professare il credo del capitalismo come dottrina che rende merito alla virtù dei migliori e pone ai margini gli inferiori per carattere e nerbo morale, oltreché per difetto di natura. Per la destra classica poi l'etica era quella idea del mondo, emanazione diretta dallo spirito assoluto, cioè a dire dalla mente bacata di qualche bizzarro pensatore dall'aria   grigia e austera, che  autorizzava a mettere le catene ad un negro o invadere un altro stato. Bisogna dire che questa destra è un po' tramontata negli ultimi decenni ed è stata soppiantata da almeno un paio di destre differenti. Se vogliamo una è la destra alla Berlusconi, e sta a rappresentare il puro esercizio del potere e  la pura ricerca e del profitto personale con ogni mezzo. In questo caso l'etica è come un vestito buono da mettere in pubblico la Domenica, ma troppo stretto e troppo scomodo se vuoi fare il porco in privato.  L'altra destra, quella che vorrebbe incarnare Fini è una destra di stampo gollista in chiave moderna,  ragionevole e incline ad accogliere parte delle conquiste ottenute proprio per merito di coloro che hanno lottato nei secoli  contro la destra classica. Parliamo dei diritti delle minoranze - anche se magari storcono un po' il naso per quanto riguarda gli omosessuali, non per la frociaggine in sé, ma perché demoliscono la famiglia tradizionale - un po' di laicità in onore ai valori della repubblica, niente razzismo, perlomeno  quello troppo esplicito,  qualche concessione sulla bioetica e così via. A questo punto ci sarebbe da porsi la domanda: cosa differenzia il centrosinistra incarnato dal Pd, dalla destra "decente" alla Fini? Questa è una domanda a cui è difficile rispondere. Direi che in definitiva li distingue il modo di  proporsi ai gruppi sociali dominanti, cioè a dire la garanzia che riescono a dare della difesa sostanziale dello status quo necessario perché chi deve fare affari continui a farli e coloro che rappresentano le elite non siano troppo disturbati. Insomma la differenza sta nella qualità della merce in vendita e nella capacità del just in time rispetto ad un mercato dominato da poche persone.
Abbiamo bisogno di un'alternativa e non di una semplice alternanza che sa di rimpiazzo della variabile impazzita col papalino di turno. Sembrerà paradossale, ma proprio per questo c'è bisogno di un fronte unitario di opposizione che sappia mediare su un terreno di scelte "moderate", ma di sostanziale rottura dello status quo. Invertire la politica liberistica senza l'obbligo di dover fare una rivoluzione comunista, accentuare l'impronta ecologica dell'agire di governo, fare dei passi avanti sul terreno dei diritti e della laicità, liberarsi del peso regressivo e barbaro delle mafie, sarebbe un vero cambiamento. La rivoluzione, cioè il cambiamento radicale degli assetti sociali e del sistema di rappresentanza deve per forza di cose viaggiare su piani dimensionali diversi rispetto alla necessità di riforme immediate. Bella scoperta mi si dirà, questa si chiama semplicemente "socialdemocrazia", la vecchia socialdemocrazia un po' rifatta e magari con un nome diverso, ma sempre di socialdemocrazia si tratta. Può darsi, ma non credo ci sia niente di meglio al momento, inoltre mentre qualche decennio fa la socialdemocrazia era considerata un tradimento, oggi col liberismo imperante sarebbe una manna dal cielo. In definitiva si tratta solo di parole, quello che vogliamo è una società solidale che non si autodistrugga sull’altare del dio mercato.
Ci si può mettere d'accordo su un programma riformista senza sconfessare nulla e senza abiure. Se non lo faremo ci sarà sempre un Casini o un Fini come soluzione di ricambio di una destra più "decente" e più moderna di quella che l'ha preceduta

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