domenica 11 gennaio 2015
Non è sangue sulla libertà.
di Tonino D'Orazio
E’ sangue sull’ineguaglianza. Non è possibile ad una mente critica confondere i due concetti.
Dire che, in pagina di copertina e a caratteri cubitali, (cfr google) il Corano è una merda non rileva molto della satira. Diciamo non fa né ridere né sorridere. Come in genere nessun linguaggio escrementizio.
Immaginate su un nostro settimanale scrivere in pagina di copertina, almeno dieci volte all’anno, che il Vangelo è una merda. Oppure la Bibbia, questa strana raccolta di storie di violenza, di sopraffazione, di genocidi a fil di spada, di meretrici all’opera, di un maschilismo esacerbato e predominante, di un dio padre spesso umanamente vendicativo, rabbioso e di parte, di una continuità storica immorale fino al genocidio palestinese attuale nel suo nome, immaginate insomma che questa Bibbia venga trascinata nello sterco. Ci sarebbe subito del penale e del vilipendio. Oppure provate a bestemmiare, atto inutile e per questo stupido o perlomeno provocatorio, e una multa dal garante dell’ordine pubblico non ve la leva nessuno. Come dire che per le religioni invece c’è chi può e chi non può.
Certamente quello dei redattori di Charlie Hebdo è un vigliacco assassinio, e va fermamente condannato, ma non possiamo dimenticare o pensare che le centinaia, migliaia ormai di civili musulmani morti (donne e bambini) sotto i nostri bombardamenti occidentali, siano solo effetti collaterali della benemerita e bombarola politica di esportazione armata della nostra letale democrazia. Sarebbe, come predica la Bibbia, un occhio per un occhio, una vita per una vita? O magari dieci o cento vite palestinesi per una ebrea? Mille vite musulmane per un bianco cristiano? In nome dello stesso dio? Tutto regolare, eccetto per chi non può decidere nulla perché c’è chi è più uguale di un altro.
L’Islam è compatibile con la democrazia? Tanto quanto il cristianesimo prevaricante o fondamentalista. In epoca romana (e per quattro secoli) il cristianesimo era totalmente incompatibile con la concezione generale dello stato e del diritto romano, e dopo una certa ambigua fase storica di fondamentalismo, fu dichiarato religione ufficiale dell’impero romano morente. Da allora ha sostituito lo Stato e la democrazia, imponendo la sua visione, oltre le minacce per l’eventuale “al di là”, anche degli affari terreni, fino a crimini orrendi di ignoranza e di strapotere. Ancora oggi i dieci comandamenti sono il fulcro dei codici, sia civile che penale, dell’occidente. Gli illuministi, i razionalisti e gli atei possono stare all’angolo, non sono liberi, oppure lo sono finché non danno fastidio e non cerchino di costruire la loro visione del mondo su valori non religiosi. Non sono uguali agli altri per libertà di pensiero. L’Islam è compatibile con la democrazia tanto quanto viene accettato da quasi due miliardi di individui, né più né meno ignoranti di noi, e tradotto in pratica di governo delle loro società. Forse abbiamo qualche responsabilità nell’aver, dividit et imperat, creato e sostenuto (e armato) i loro filoni più estremistici a noi confacenti e utili per interventi umanitari armati e per derubarli. L’attacco vigliacco a Charlie Hebdo si sta traducendo proprio in una maggior accettazione del corso storico da noi creato in quelle aree; in un rinsaldamento della nostra occidentalità cristiana (Salvini: “torniamo alle radici”); in una guerra di religioni appena repressa dalle Crociate ad oggi (guerra potente, ma la voglio tralasciare in questo articolo); in un mai sopito e sempre reiterato appello alla pena di morte; in un potenziamento dei filoni culturali e politici razzisti, destre tanto utili al sostegno neoliberista europeo e nord americano per continuare a costruire ingiustizia, ineguaglianza e appropriazione indebita; in un razzismo populista strisciante e ben orchestrato, con venti di guerra e di vendetta (Hollande). La nostra, la loro non è uguale, e “pagheranno” (chi?). Noi no, mai.
Per avere sempre ragione abbiamo costruito un sembiante di diritto internazionale addomesticato ai nostri voleri, diciamo alle nostre armi, la Nato che ormai si espande oltre i suoi confini e i suoi compiti, il Tribunale Internazionale Penale (di cui giustamente non fanno parte né Israele né gli Stati Uniti) per punire i genocidi non nostri e solo i mostri che non ci piacciono e non ci ubbidiscono, l’Onu che ratifica sempre più la sua dipendenza dagli Stati forti, quelli con l’atomica. L’ineguaglianza e l’ingiustizia regnano dappertutto sul globo. E volete che non succeda nulla?
La rivoluzione francese è stata fondamentale per i concetti sociali, per niente religiosi, espressi in tre parole, “liberté, egalité e fraternité”. A queste parole il popolo parigino, da allora, associa una manifestazione tematica. Si riunisce automaticamente a Place de la République quando si minaccia lo Stato complessivamente, a Place de la Bastille quando si minaccia la libertà o lo stato sociale. Fraternité non è riferita alla fratellanza cristiana ma a quella umana illuministica e utopica espressa successivamente con la parola solidarietà che ha permesso il diritto allo stato sociale. Ma include anche le altre due parole chiavi e viceversa, in modo indissolubile. Non esiste l’una senza le altre.
A mio avviso quindi non hanno percepito solo un attacco alla libertà ma soprattutto quello allo Stato, alla Francia, come in fase di guerra, anche religiosa s’intende.
L’uguaglianza è la condizione di esistenza della giustizia in seno alle comunità umane. Non v’è giustizia senza uguaglianza. Già le classi sociali rappresentano la sconfitta di tutti e due i concetti. La lotta per l’eliminazione delle ineguaglianze rispetto ai diritti è stata nel passato il motore e l’assioma della Rivoluzione Francese e delle principali rivolte, insurrezioni e rivoluzioni sociali e politiche, insieme alla lotta per le libertà collettive. Una società con l’una, l’uguaglianza (tentativo del socialismo reale) senza l’altra, la libertà generale e degli individui, non può essere che totalitaria, anche se “dolce” e condivisa, come sta capitando alle nostre, gestite sempre più dai “poteri forti”, occulti o sfacciati. Non abbiamo più un granché da insegnare al mondo. Anzi dovremmo proprio ricominciare dalla tematica égalité per riconquistare noi stessi libertà e democrazia. E’ l’unico programma socialista possibile.
Ecco perché non è sangue sulla libertà, ma sull’ineguaglianza e l’ingiustizia globale.
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