martedì 29 novembre 2011

L'insostenibile leggerezza del male necessario.

di Nicodemo

Sarà vero che il governo Monti è un male necessario? Ne sembra convinto persino Marco Revelli, un tipo che ho sempre conosciuto come uno tosto, di idee “radicali”, che non si piega alle logiche del mercato e non si fa incantare dalla sirene liberiste. Adesso non riesce a nascondere la sua soddisfazione per l'avvento di Monti. Mah! La metafora è quella della nave che affonda: sarà una nave che fa schifo e ti porta alla deriva, ma ci siamo sopra e se c'è una falla, questa va tappata o si affonda, ci dicono, non c'è n'è, zitto e tappa. Che dire poi dello spettro della repubblica di Weimer che ti agitano sempre sotto il naso per farti paura ? Quello fu un perio do nero e forse paradigmatico del comportamento dei mercati, d'accordo. Costretta dal trattato di Versaille a riparare i danni della I guerra mondiale con la devoluzione di ingenti risorse economiche, la Repubblica tedesca si è trovò di fronte ad una inflazione stellare e una massiccia disoccupazione, che spianarono la strada al nazismo. Ma se dobbiamo imparare dalla storia, impariamola tutta allora. Il fatto assolutamente paradossale, almeno secondo la mia personale visione delle cose, è che si cerca di scacciare il fantasma delle Repubblica di Wieimer adottando le stesse misure che ne hanno determinato il fallimento e la caduta.

Le misure imposta a Grecia e Italia non assomigliano a una sorta di risarcimento danno? “Abbiamo vissuto per anni al di sopra delle nostre possibilità e adesso paghiamo!” ci rimproverano le cassandre del regime. Ma che cazzo vuol dire? Chi ha vissuto al disopra delle proprie possibilità? La maggioranza di noi ha semplicemente vissuto e basta, abbiamo vissuto con i nostri salari sempre inadeguati, siamo andati a scuola, siamo stati curati nei nostri ospedali, a volte bene a volte male, abbiamo speso, abbiamo risparmiato, abbiamo vissuto guardando con un po' di rabbia a chi sopra di noi se la spassava e ci siamo rattristati per quelli sotto di noi che pativano la fame. Ditemi in che modo abbiamo scialacquato. Coloro che hanno davvero scialacquato grazie alla politica e all'inganno continuano a farlo tuttora e ci fanno la morale, chiedendoci “sacrifici necessari”. Poi c'è il ritornello della crescita, che palle: “il guaio vero è che non c'è crescita e quindi non c'è ricchezza da redistribuire”, chiosano i professori. Idee bizzarre amalgamate con la favoletta del buon padre di famiglia che con giudizio lavora e risparmia. Risparmio e crescita. Ma in cosa dobbiamo crescere, e per arrivare dove? Dobbiamo produrre di più ci dicono. Cosa? Più automobili? Più ponti sullo stretto? Più TAV? Più palazzi? Dobbiamo bruciare più boschi per far crescere il PIL? Che dobbiamo fare? Domande semplici, imposte da una logica elementare, che non trovano risposta alcuna. Dobbiamo crescere, all'infinito, punto, chissenefreega se le risorse sono per loro natura, finite.

Non vorrei passare per irresponsabile vetero-marxista cospirazionista, ma Monti mi sembra la solita vecchia storia del capitalismo che si salva il culo con il sudore e il sangue dei proletari, anche se la retorica patriottica riesce sempre a farti sentire in colpa e a ingentilirti l'anima, tanto da non farti vedere che per tappare la falla della nave che affonda usano le pensioni degli operai e il futuro delle nuove generazioni.
 

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