Caro Presidente, grazie a lei e ad una
classe politica che definire indecente è fare un'offesa
all'indecenza, ho perso la voglia di scrivere e persino commentare i fatti della politica con gli amici, ma adesso che si mette a difendere i
sovversivi, lei mi istilla nuovo vigore e mi sollecita a prendere la
parola spinto dalla nostalgia dei vecchi tempi, quando anch'io ero o
presumevo di essere un sovversivo. Si, lei con i suoi discorsi: " spegnere nell'interesse del paese il conflitto fra politica e giustizia", "la spirale di contrapposizione fra politica e giustizia che da troppi anni imperversa in Italia", difende neanche tanto implicitamente, uno che
ha violato la legge (chi altri potrebbe essere il soggetto di tale conflitto se non un tale signore condannato per frode fiscale?), e che pretende in coscienza di far valere la propria valutazione soggettiva dei fatti, all'oggettività del giudizio penale, dando involontariaomente legittimità all'idea del conflitto fra
legge e coscienza individuale, un conflitto che nella maggioranza dei casi si risolve
nella giustificazione alla violazione delle legge stessa e in una ridefinizione del
diritto su basi più confacenti ai rapporti di forza in campo fra
classi e ceti sociali. Insomma lei difende un sovversivo. In linea di principio sarei d'accordo con
questa visione delle cose. Io credo che la coscienza sia l'unica
entità, al di fuori della normativa del diritto e di una
ipostatizzazione dello stesso, che ci autorizza a violare la legge, a
patto che se ne paghino le conseguenze. La coscienza è guidata
dall'indignazione o da un senso di missione della storia e spesso lo
riconosco è cattiva consigliera, ma senza di questa saremmo ancora
alla servitù della gleba, gli operai lavorerebbero 12 ore al giorno
per paghe misere e i neri non avrebbero diritto di sedere a fianco a
un bianco in un autobus. Ma questo è il punto: c'è la sovversione
del povero e la sovversione del ricco. Quella del povero interroga la
mia coscienza, quello del ricco mi fa rabbia, perché utilizza la
propria forza per scardinare un potere che gli è di intralcio, solo
ed esclusivamente per i propri fini. Lei mi
sembra decisamente propenso a condannare la
sovversione del povero e molto più incline a tollerare al
sovversione del ricco, in nome della salvaguardia di una presunta
stabilità che puzza tanto di difesa delle oligarchie.
Bene la mia coscienza a questo punto mi
costringe ad un atto para sovversivo: dato che io considero la
sovversione del ricco un'ingiustizia e un arretramento dei diritto
stesso, poiché l'interesse del ricco non ha alcun carattere
universale, ma bensì puramente egoistico, e dato che io credo che la
sovversione sia legittima solo se porta ad una ridefinizione del
diritto che va incontro al bene comune, la disconosco da mio
presidente, poiché la sua presa di posizione è lesiva
dell'interesse generale.
Distinti saluti
Franco Cilli
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