mercoledì 11 settembre 2013

Così non va, Rodotà

di Franco Cilli

Caro professor Rodotà, chi scrive è fondamentalmente un ignorante che sa poco di storia e di materia politica, ma credo di potere dire con buona approssimazione che lei sia l'erede di quell'ambiente liberale rappresentato dal mondo di Pannunzio, ingiustamente usurpato al giorno d'oggi da tristi personaggi alla Pannella. Se stiamo qui a discutere di vie maestre però, ciò significa che la storia, parafrasando Lenin, ha fatto un passo avanti e due indietro o forse sarebbe meglio dire che ha fatto due passi indietro per fare un passo avanti. Viene da pensare che contrariamente a quanto si dice e si pensa persone come lei rappresentino davvero il superamento del novecento. Perché dico questo. Perché nella mia rozza analisi deduco che dopo aver attraversato un'epoca in cui la forza evocativa delle narrazioni novecentesche e la fede messianica verso il nuovo avvento simboleggiato dal sol dell'avvenire, fungevano da motore della storia,  oggi siamo tornati al vecchio e caro riformismo social-liberale, dei vari Rossi, Pannunzio, dei fratelli Rosselli e forse anche dei Gobetti, una cultura e un orientamento politico dei più nobili, finalmente riabilitato dall'infamante accusa di “socialfascismo” e pronto per un nuovo inizio. Insomma è finito un ciclo, nella maniera in cui sappiamo, è finita l'epoca delle favole e del fideismo, e avvinti dal disincanto, siamo tornati alla materia sociale percepita come oggetto e non come incarnazione della soggettività che si fa storia. Niente di male se si pensa che oggi vogliono spacciare per riformismo lo smantellamento del welfare, la fine dei diritti del lavoro e il dimagrimento degli stipendi pubblici. Il riformismo alla Pannunzio tutto sommato oggi sarebbe grasso che cola, ma mi permetta, è pur sempre un vecchio arnese, con il rischio che in quest'epoca così avventata e poco incline alla riflessione, risulti troppo arrugginito, inoltre è un arnese si porta dietro altri vecchi arnesi, che a suo dire volete lasciarvi alle spalle: “non siamo una zattera per profughi”. Certo i movimenti. Quest'ultimi sarebbero una sorta di alibi intellettuale, poiché veicolando linguaggi nuovi in grado di decodificare la realtà attuale, dovrebbero fornirci la chiave per un rinnovato spirito del riformismo. Bella idea, ma rimane il grosso problema di rendere questo movimenti realmente efficaci nell'agire e dotati di un potere reale. Considerando che le oceaniche manifestazioni della pace non hanno sortito il benché minimo effetto nel cambiare le sorti delle varie guerre, direi che c'è un bel lavoro da fare. Come dice lei occorre che acquistiamo la capacità di essere ascoltati, di far sì che 500.000 mila persone che mettono una firma abbiano il loro peso corrispondente nelle decisioni politiche, ma come? Il problema, caro Professor Rodotà e che lei ha un bel dire che “non dobbiamo avere fretta”, “non dobbiamo essere approssimativi” “dobbiamo creare uno spazio di discussione” e via discorrendo, ma oggi non c'è più tempo, non abbiamo la possibilità di dilatare l'azione politica in tempi storici, viviamo nell'emergenza sociale, demografica e ambientale e alle emergenze si risponde oggi non domani o dopodomani. Se la fretta “è cattiva consigliera”, la mancanza di tempo è una tomba. Lei vuol procedere con il senso di una saggezza antica che pondera ogni passo in base da un'esperienza della storia e ad un senso atavico di giustizia, ma a mio avviso lei possiede un senso del progredire degli eventi del tutto arbitrario, che antepone le categorie politiche all'effectivness (mi si perdoni l'anglicismo) dell'agire. Vero è che l'efficacia spesso si coniuga con l'esemplificazione, ma chi l'ha detto che non si può essere efficaci senza essere semplicistici? Cerco di spiegarmi meglio facendo un parallelo fra lei e Casaleggio ( mi perdoni l'accostamento ardito). Casaleggio si è mosso da solo come un intero Think Thank, ossia ha elaborato una strategia politica di medio lungo periodo corredandola di un impianto filosofico snello, ma fortemente evocativo ed ha utilizzato tutti gli strumenti adatti alla scopo, mutuandoli da moderne tecniche aziendali. Ha sfrondato il discorso da riferimenti ideologici e troppo intellettuali (si certo ha detto anche delle cose folli, ma sono marginali rispetto all'insieme). Ha capito perfettamente che se voleva fare massa critica doveva parlare a un pubblico trasversale, stipulare alleanze anche con ceti sociali tradizionalmente ostili alla sinistra, trattare argomenti come l'immigrazione in maniera non univoca in modo che si prestassero ad interpretazioni volutamente ambigue, ha realizzato uno spazio di discussione dove la lingua parlata fosse quella del popolo, e non quella di un soggetto particolare, una lingua immediata e non particolarmente ideologizzata. È stato un lavoro lungo, ma non lunghissimo, e alla fine direi che che ha vinto almeno la prima parte della sua scommessa. Lei invece professore come ho detto rimane nel solco di una tradizione secolare poco avvezza a parlare di strategie, di uso di cose come la rete (certo ha ragione nel dire che la rete non è tutto, ma è molto mi creda e sempre più sarà), di tecniche di comunicazione ecc. Ma soprattutto nella sua estenuante saggezza lei è poco adatto a scaldare un numero sufficiente di cuori. Lei si muove sul velluto, mentre qui dobbiamo muoverci sull'asfalto. Dovrebbe (avrebbe dovuto) esplicitare la sua strategia, dire chiaramente parole del tipo: vogliamo costruire una formazione politica maggioritaria che si riproponga di fare piazza pulita di questa classe politica orrenda, vogliamo bonificare amministrazioni comunali, province, regioni, enti, istituzioni pubbliche e private, vogliamo aumentare gli investimenti per il lavoro per la scuola per la sanità, vogliamo opporci con tutte le nostre forze alle logiche criminali dell'austerità, impostaci da un'oligarchia odiosa e vorace. Vogliamo il potere, per rendere il posto in cui viviamo un posto migliore. Certo queste cose le sentiamo dire da qualcuno, ma in modo sommesso e senza troppa convinzione. E dire che in fin dei conti i numeri dalla vostra/nostra parte ci sarebbero, considerando i milioni di cittadini che hanno appoggiato le lotte per il bene comune. Basterebbe solo stipulare dei patti onesti e sinceri con la parte migliore della “borghesia” italiana (ammesso che esista) e con la piccola impresa e le chance di vittoria sarebbero elevatissime. Dico basterebbe, ma come dicevo adesso è troppo tardi. Se vent'anni fa lei e altri rappresentanti della società civile vi foste presentati agli italiani con un progetto di uscita dal berlusconismo e dal liberismo, con parole nette e un messaggio forte, adesso non saremmo a questo punto, vent'anni di ritardo sono molti e difficili da colmare. Purtuttavia se riuscirà a convincermi che il suo progetto può avere una qualche possibilità di vittoria la sosterrò, ma sarà dura.
Credo che al punto in cui siamo si stia imponendo la logica grillina del fare appello al popolo sovrano, una categoria vecchia quella del popolo, ma mai morta e sempre in grado di rinnovarsi, ma soprattutto una categoria  flessibile, o se si preferisce un insieme con elementi molto numerosi al suo interno. Certo nei comportamenti del popolo non c'è solo il giusto, ci sono spesso cose sbagliate. Il popolo è un'anima bianca e nera, è un insieme di umori, pulsioni, interessi, istinti e comportamenti dei più disparati, ma è qualcosa di drammaticamente reale, e piaccia o non piaccia occorre farci i conti, pena il fallimento di qualsiasi progetto o impresa politica. 
Lo so anche la categoria popolo è vecchia ed evoca lo spettro della reazione, ma si può sempre cambiargli nome.


2 commenti:

  1. Mi è chiara la parte critica del discorso, meno quella propositiva.

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  2. In realtà non ho le idee molto chiare in proposito. Aspetto le prossime uscite di Rodotà e compagnia per vedere cosa esce fuori dal cilindro e sebbene come ho già detto credo che il ritardo non sia facilemnte recuperabile, mi riservo di decidere quando ci saranno proposte più chiare. Auspico una sinergia con i grillini, perché sarebbe l'unica cosa ragionevole e in grado di produrre i numeri necessari, ma mi rendo conto che la strategia dei 5 stelle non prevede accordi con nessuno. Vedremo

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