di Tonino D’Orazio 23 settembre 2016.
Bratislava (summit
dei leader europei) sancisce con profonde divergenze una ulteriore spaccatura
di questa Unione. Il non aver capito che la “risoluzione” dei rapporti con
l’Urss dei cosiddetti paesi del’est passasse soprattutto tramite una forte
concezione di identità nazionale, sembra un grosso sbaglio. Prodi compreso che
facendo di tutto per inglobarli urgentemente nell’Unione, seguendo un “forte
consiglio” della Nato, ha tentato di barare sui tempi necessari. Non si sono
sganciati da una Urss prepotente per infilarsi in una Europa altrettanto
irrispettosa. Che questa Unione stia
arrivando alla fine per implosione interna, avendo messi tutti i paesi uno
contro l’altro in una competitività dissennata e sotto una regia unica e ferrea
tedesca (bisogna ribadire che i francesi non contano), che fa solo i propri
interessi di classe (con gran parte dei lavoratori tedeschi che si avviano alla
povertà), lo ha sancito la riunione di Bratislava. Basta vedere i dati di
Eurostat invece di sentire i luoghi comuni sul benessere generale del popolo tedesco
o di qualche premio annuale solo nelle grandi industrie automobilistiche. Ma
principalmente la “salita” a due decimali (aspettando l’Austria) delle
formazioni politiche di “ultra-destra” rivendicative di identità. Il rifiuto di
ubbidire ai mille laccioli di Bruxelles ( che non sono “regole” e che
nascondono interessi tedesco-francesi precisi, dallo zucchero nei mosti ai
formaggi con polvere di latte ecc…), con i polacchi in testa (hanno appena dato
il loro premio nazionale al migliore politico europeo all’ungherese Orban) e a
seguire anche gli altri. Il Brexit è già fatto. Soldi (e armi Nato) contro
servitù non è sufficiente, come non lo era con l’Urss.
Le scintille? L’immigrazione incontrollata (o auspicata) e
l’austerity della Troika di Bruxelles. Alle prime elezioni che si presentano
(cioè a quelle in cui ancora si riescono a votare), in tutti i paesi della
cosiddetta Unione arriva, in un modo o nell’altro, una profonda protesta “contro”
i propri governi, anche se le maggioranze innaturali tengono. Persino Renzi lo
ha capito e con la solita giravolta, tornando da Bratislava, si scaglia a
parole contro l’austerity che invece persegue nei fatti, aspettando il prossimo
voto del popolo italiano. Il primo, oltre alcune grosse sconfitte
amministrative, è quello sulla sua nuova costituzione autoritaria che inficia
la sovranità popolare, come richiestogli dai poteri oligarchici e “forti”, cioè
non democratici, esterni al nostro paese.
Una volta capito questo, e le pressioni internazionali
arrivano forti e puntuali, a dire il vero manca all’elenco qualche piccola strage
(sempre arrivata puntuale nei momenti di svolta dell’Italia) che rimetta il
popolo nella sua iconoclastica paura, diventa difficile non individuare in
questo voto, procrastinato e allontanato al limite, è pur vero con tutti i vari
regolamenti vigenti, ma già con un parere tardivo della Cassazione che glielo
permette, un NO onnicomprensivo di tutti i problemi e gli scempi politici ed
economici tragici sul tappeto. Può essere un NO cosiddetto “della pancia”. E
forse più che altro dalle menzogne continue del governo (“punti di vista
diversi sui dati”), su tutto, puntualmente scoperte da altre informazioni.
Lavoro, jobs act fallito, emigrazione alle stelle (250/300.000 all’anno, come
nel 1890 e più del dopoguerra), voucher invece di retribuzione e previdenza corrette
tali da affossare anche il futuro dell’Inps, (tra l’altro continuamente
derubato dal governo), disoccupazione giovanile e non, pensionati alla fame,
come gran parte delle famiglie italiane, neo-pensionati nelle mani delle banche(da
piangere per il ridicolo, se non fosse che sarà un altro flop), correntisti timorosi
e allo sbando per i propri soldi (bail in), saccheggio della Cassa Depositi e
Prestiti per regalare alle banche i risparmi degli italiani, tassazioni dirette
e indirette alle stelle e sempre insufficienti, sanità allo sbando (cioè
avviata alla privatizzazione) e specialistica vitale inaccessibile a molti, insegnanti
che “viaggiano” in tutta Italia spaccando la vantata e non più reale sacralità
della “famiglia”, privatizzazioni del pubblico a cooperative per pagare i
lavoratori al ribasso, alta mortalità sul lavoro malgrado una enorme massa in
disoccupazione. Paura dell’immigrazione, problema snobbato dall’Unione e
gestito solo con il nostro pietismo francescano, che però ha anche un limite
prima o poi. Tutti i giorni ci vengono forniti dai mass media informazioni
sulla povertà degli italiani e il “benessere” degli immigrati, quanto costano
al giorno, di sfratti e hotel, in un crescendo di irrazionalità rabbiosa. (Vedi
soprattutto la Lega di Salvini ma sarei curioso di sentire il “popolo
silenzioso”). Il problema andrà al voto come sta succedendo in tutti gli altri
paesi europei?
Mi dite, in questo mix, perché se l’occasione si presenta (e
sembra proprio l’ultima, date le deforme previste dalla nuova costituzione dei
ragazzini sotto l’ombrello di un ultra decano ancora in fase di disastri
politici) di mandare possibilmente a casa gran parte di questa fallita dirigenza
politica con un NO pesante, non lo si debba fare? Non mischiamo le cose? Le
cose sono mischiate e diventa difficile anche a quelli del Sì uscirne fuori. E’
come se sostenessero questa impossibilità di sperare in un futuro migliore.
Anzi, da Ciampi in poi, tutti hanno mentito, e Padoan continua imperterrito,
sulla “riduzione delle tasse”, nemmeno su una sua migliore gradualità. Sono
diminuite solo quelle delle imprese. Le grandi però, quelle appetibili
dall’estero, perché le piccole (con 85% della manodopera italiana) continuano a
fallire. C’è una menzogna enorme sul
debito “pubblico” dove lo stato è obbligato a prendere i soldi al 5% dalle
banche private, in funzione di strozzinaggio, che invece lo prendono a 0,5%
dalla Bce. Non è ineluttabile, è semplicemente un furto ai danni del popolo che
aggrava scientificamente “il debito pubblico” e lo tiene “prigioniero” da anni
e per anni. Se ne è accorto?
Forse da noi non sarà un NO esplicito contro l’Unione, e
molti tenderanno a minimizzare, ma poco ci manca, soprattutto se dovesse
vincere. Il Sì è la continuità del disastro, velenosamente sancito nella
deforma, perché chiude all’angolo con vari sofismi, proprio la pericolosa sovranità
popolare. La popolazione che andrà a votare percepisce questo? Se sì, allora hanno ragione le oligarchie
politico-bancarie internazionali a preoccuparsi di un successivo Italexit,
sicuramente più disastroso del Brexit, che pur ha fatto tremare l’establishment
e continua a dimostrare contro tutti e contro tutto, una rinnovata vitalità di
quel paese. Era solo un problema di identità di quel Regno confederale mai
realmente Unito? O le imposizioni dell’Unione a egoistica trazione tedesca
avevano creato un mix economico-finanziario altrettanto asfissiante di quello
italiano, dei paesi mediterranei o dei paesi dell’est, tipo colonie? Hanno
votato “con la pancia” contro i neoliberisti i lavoratori britannici,
considerati dalle oligarchie della City “ignoranti e ubriaconi”? La mappa del
voto dà una netta vittoria del Brexit nei quartieri popolari e dove il degrado
e la povertà erano maggiori e non per grazia ricevuta.
A questo si può aggiungere che ogni partito (o spezzoni)
rifiuta le modifiche perché ritiene le proprie prioritarie. In genere la
destra, compresa F.I. e pezzi del NCD, dicono NO e chiedono il presidenzialismo (così caro a Berlusconi
e a Napolitano che l’ha esercitato senza “permesso” costituzionale per 10 anni),
la Lega un nuovo federalismo (con l’arma “di pancia” dell’immigrazione così
redditizia in tutta l’Unione), il M5S il decentramento e un ritorno al
proporzionale per ribadire la sovranità popolare e di partecipazione il più
diretta possibile, il PD francamente difende il suo segretario, e la troika di
Bruxelles (con “ce lo chiede l’Europa” con ulteriore cessione di sovranità),
con il Sì mentre una parte più tradizionale difende il NO. La Sinistra,tutti
compresi, difendono la Costituzione così come definita dalla Resistenza, pur
ritenendo parti tecniche migliorabili ma non sui principi generali di
rappresentanza e dei diritti.
Certamente, se il NO si carica anche di tutte le
frustrazioni nazionali, se non individuali, della difficoltà di vivere e meno
sulla valutazione di merito, articolo su articolo, possiamo anche dire che sarà
di “protesta”, e Renzi dovrà andare via, insieme al suo governo verdiniano e
ambiguo, lasciando una scia terremotata con problemi di “ricostruzione”. Allora,
affinché tutto cambi e niente cambi, invece di andare al voto, (anche perché
l’Italicum è in fase di aggiustamento per l’asso piglia tutto, come la legge
ungherese, controllate per favore), si dovrà designare un altro “tecnico” di
“provata esperienza”, e non potrà essere che un banchiere di Goldman Sachs, Padoan,
o qualche altro genio bancario.
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