di Enrico Grazzini da Micromega
Ebbene sì, lo
confesso: sono un convinto nazionalista! La grande maggioranza dei
politici e degli intellettuali invoca più Europa per uscire dalla crisi
in cui l'Unione Europea è precipitata: chiede una Europa federale perché
teme il ritorno dei nazionalismi nel vecchio continente. Per combattere
il risorgere degli spettri del nazionalismo molti (soprattutto a
sinistra) chiedono più UE e più federalismo. A mio parere la rottura
dell'eurozona prima o poi è inevitabile e la UE dell'euro è entrata in
coma politico. Occorre allora innanzitutto difendere decisamente
l'interesse nazionale. E introdurre anche forme di autonomia monetaria.
La battaglia contro lo sciovinismo e la xenofobia è sacrosanta e la
minaccia è purtroppo tanto reale quanto pericolosa. Credo però che siano
proprio le politiche liberiste e neo-colonialiste della UE ad
alimentare il peggior nazionalismo, a gettare benzina sul fuoco del
populismo. E' la feroce e inutile austerità dell'euro che genera, per
reazione difensiva, il nazionalismo esasperato. E quindi penso che
occorra contrastare apertamente l'Unione Europea, la moneta unica per 19
diversi Paesi, e l'ideologia federalista che legittima la UE e
l'eurozona, la sostiene e la promuove.
Il sogno federalista
degli Stati Uniti d'Europa è condiviso in Italia da un ampio
schieramento, che va dalla Confindustria ai sindacati, da settori del
centro-destra al centro-sinistra e alla sinistra: ma è una
fantasticheria del tutto irrealistica. Germania e Francia non
rinunceranno assolutamente mai (e insisto: proprio mai!!!) alla loro
sovranità per condividerla con altri paesi, e non si sobbarcheranno mai i
debiti dell'Europa del sud! Inoltre l'Europa federata sarebbe
anti-democratica: infatti comporterebbe una centralizzazione estrema del
potere statale. La guida sarebbe inevitabilmente tedesca. L'utopia
degli Stati Uniti d'Europa è quindi, oltre che fantastica,
intrinsecamente autoritaria.
Gli Stati Uniti d'Europa sono un
sogno ma, se questo per assurdo si avverasse, diventerebbe un incubo:
l'Europa unita sarebbe dominata dalla Germania. Per contrastare questa
UE e il suo fanatico programma di attacco ai diritti sociali e alla
spesa pubblica, occorre promuovere con forza il nazionalismo
democratico, il nazionalismo partecipativo, l'unico realmente rispettoso
della sovranità popolare. Infatti la sovranità del popolo non si
esercita mai al di fuori delle frontiere territoriali, linguistiche e
culturali degli stati nazionali.
Susan Strange, l'economista donna che per prima denunciò il casinò capitalism,
aveva già indicato che tutte le strutture sovranazionali nate dai
governi (anche quelle più necessarie e utili, come l'ONU) non sono mai
realmente al di sopra delle nazioni, ma sono sempre lo schermo
dell'egemonia delle nazioni più forti[1].
L'ONU è dominata da Usa, Russia e Cina mentre la UE dalla Germania
riunificata, con l'alleanza complice e subalterna della Francia di
Francois Hollande.
La Strange aveva già previsto anche
l'insostenibilità dell'euro. Una moneta unica – che impone a 19
diversissimi paesi europei un unico tasso di interesse, un unico tasso
di cambio, e una unica politica di regolazione della massa monetaria e
del credito bancario – è infatti palesemente assurda. Da qui la
necessità di recuperare forme sostanziali di sovranità nazionale, e
anche di sovranità monetaria, grazie (come vedremo) alla moneta
complementare.
La sovranità popolare non si esprime mai al di
fuori delle istituzioni che gli stessi popoli si sono dati, e non si
esercita certamente nelle istituzioni intergovernative. La storia non
può essere scavalcata: le nazioni sono state costruite in secoli di
lotte e di compromessi sociali; e dentro i confini nazionali sono nate
le democrazie e il welfare. L'Unione Europea si propone proprio di
cancellare le autonomie nazionali, le sovranità statali, in nome della
libertà dei capitali e della deregulation.
Il progetto di
un'Europa federale vorrebbe sorpassare la sovranità dei singoli stati
per trasferirla a istituzioni centralizzate a livello europeo. Questa UE
dimostra chiaramente di essere il “comitato d'affari della borghesia”,
anzi della grande finanza parassitaria. Perché volerla rafforzare?
Il neo-colonialismo non si esprime più, in Europa come in altre parti
del mondo, a livello militare e politico, e con l'occupazione
territoriale, ma si afferma utilizzando strumenti monetari e finanziari.
Il neo-colonialismo toglie moneta ai paesi subalterni e specula sul
loro debito. Il nuovo capitalismo speculativo non produce niente, ma
come un vero e proprio parassita si alimenta delle attività produttive e
del lavoro altrui. Chi non si sottomette viene tagliato fuori dal
mercato mondiale dei capitali, non ha più accesso ai mercato finanziari
(ricordate l'Argentina e la crisi del 2001?). Chi tenta di ribellarsi è
privato della moneta (ricordate la Grecia, quando la BCE chiuse il
rubinetto dei bancomat una settimana prima del referendum?).
Il
progetto di un'Europa politicamente omogenea e federata non solo è
impraticabile e anti-storico ma è anche intrinsecamente autoritario. Mi
sfugge come lo stato federale europeo potrebbe decidere con giustizia ed
efficacia contemporaneamente sull'agricoltura finlandese, l'industria
francese, l'energia atomica in Germania e quella a carbone in Polonia.
Mi sfugge come e perché i cittadini italiani, per esempio, dovrebbero
essere coinvolti nelle decisioni relative alle politiche portoghesi; e
come 28 Paesi potrebbero decidere a maggioranza quale politica estera
avviare con la Russia.
Il coordinamento a livello europeo è
indispensabile, forme flessibili e confederate di partnership europea
sono necessarie, ma le democrazie possono vivere solo in un ambito
nazionale. La democrazia non può essere esportata nelle istituzioni
intergovernative come la UE.
L'Europa è un insieme di
situazioni, di istituzioni, di popoli, di storie e di interessi troppo
diversi per essere rigidamente ricondotti a un unico fattore comune.
L'Europa è oggi, oltre che un'espressione geografica, un unico grande
mercato. Non esistono sindacati e partiti europei, non c'è un'opinione
pubblica europea, non ci sono neppure lotte sindacali o politiche che
unificano l'Europa.
Le due forze che oggi maggiormente
unificano il vecchio continente sono la Nato e il consumismo: ma ambedue
fanno capo agli USA. Non a caso per comunicare in Europa si usa la
lingua americana- inglese. Nessuna forza sociale europea – nonostante i
desideri di Yanis Varoufakis di democratizzare l'intero continente – è
davvero in grado di incidere sulla UE. L’europeismo “internazionalista” è
una astrazione velleitaria, vuota retorica astratta coltivata da una
sinistra ingenua, impotente e talvolta collusa.
Purtroppo anche
il sindacato italiano è europeista, certamente per generoso idealismo:
ma l'europeismo è controproducente dal momento che l'euro è stato creato
proprio per indebolire il movimento dei lavoratori e la sinistra.
L'adesione dell'Italia all'euro è avvenuta proprio per battere la forza
dei sindacati e dei lavoratori. E la UE e la BCE vogliono tuttora
imporre politiche liberiste pro deregulation, di deregolamentazione del
mercato del lavoro contro i sindacati e la partecipazione dei
lavoratori.
Occorre opporsi all'Unione Europea e alla moneta
unica. Anche in Italia occorre ristabilire la sovranità nazionale (per
quanto possibile nel quadro attuale): una sovranità democratica,
partecipata e conflittuale. Bisogna reclamare con forza l'intervento
pubblico a favore degli interessi del nostro Paese, della nostra
industria, dell'occupazione dei giovani e dei lavoratori. Per
rivendicare la legittimità e la necessità del nazionalismo democratico
non dovrebbe essere necessario evocare figure come Enrico Mattei e
Raffaele Mattioli, o i partigiani che si battevano per l'Italia liberata
dal nazi-fascismo.
La libera circolazione dei capitali è il fondamento della UE
La UE nata a Maastricht e guidata da Berlino si fonda sulla libera circolazione dei capitali (Articoli da 63 a 66 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), integrati dagli articoli 75 e 215 del TFUE).
Alla base delle istituzioni e della politica dell'Unione Europea c'è la
piena e completa libertà del capitale finanziario. Chiedere la
limitazione alla libertà di movimento dei capitali significa quindi
chiedere anche l'abolizione di Maastricht. Un obiettivo legittimo, ma
astratto, ovvero politicamente attualmente irraggiungibile.
La
UE non incoraggia gli investimenti produttivi e la piena occupazione ma
tutela innanzitutto la finanza speculativa che vive e prospera come un
parassita sui debiti delle nazioni, sulle attività produttive e le
famiglie. La UE favorisce sfacciatamente gli stati creditori (in primis
la Germania) e penalizza quelli debitori (a cui le banche di Germania e
Francia hanno prestato irresponsabilmente troppi soldi).
Questa
Unione Europea, nata con la riunificazione della Grande Germania sotto
il segno dell'euro, è in crisi praticamente irreversibile perché è la
forma continentale della globalizzazione del capitale, e perché impone
alle nazioni più deboli, forme insopportabili di sfruttamento
finanziario, di subordinazione neo-coloniale, di impoverimento. Il caso
della Grecia è assolutamente esemplare.
L'economia europea è
dissanguata e i Paesi sono sempre più disuniti: quelli del nord Europa
contro quelli del sud, quelli dell'est contro quelli dell'ovest. In nome
dell'illusione disastrosa degli Stati Uniti d'Europa, i cittadini
italiani sono costretti ad accettare di diventare più poveri.
Sull'altare dell'utopia lontana e impossibile di una Europa federata
viene sacrificata un'intera generazione di giovani senza lavoro e senza
prospettive!
La UE, agli occhi del mondo, per il governo
americano, quello cinese, quello russo, è ormai diventata uno zombie, un
morto vivente che cammina nella nebbia senza più alcuna direzione
precisa. Gli unici che credono testardamente all'Europa unita sono gli
ingenui della sinistra e qualche romantico idealista. La UE si sta
disintegrando ma mantiene un unico orientamento: l'Unione Europea a
guida tedesca attua volontariamente e coscientemente una politica di
strangolamento deflattivo dell'economia! Lo strumento principale di
questa politica è l'euro.
Riformare l'Europa, cioè rivedere i
trattati europei e spostarli a sinistra, è pura utopia. Dovrebbe essere
chiaro che solo lottando innanzitutto e soprattutto a livello nazionale
si può tentare di battere l'austerità europea, l'attacco europeo ai
diritti e ai servizi sociali. Lo stato nazionale è e rimane la
principale arena della lotta politica e sociale. Ed è l'unico che può
opporre alla moneta unica europea forme di moneta complementare come la
moneta fiscale.
Purtroppo la sinistra italiana, dopo il crollo
del comunismo, ha adottato acriticamente la generosa ideologia
europeista di Altiero Spinelli, che considerava gli stati nazionali un
relitto della storia da superare con gli Stati Uniti d'Europa. L'utopia
di Spinelli nasceva da nobili esigenze di pace e solidarietà ma è
ingenuo, irrealistico e sbagliato cancellare gli stati nazionali, cioè i
luoghi storici della democrazia e dei conflitti sociali.
Se
vogliamo assicurarci la democrazia e limitare i danni della
globalizzazione, cogliendo invece i frutti positivi dell'apertura dei
mercati, dobbiamo quindi recuperare innanzitutto sovranità nazionale. E
poi trovare i punti di incontro con gli altri paesi europei, in
direzione di una Confederazione europea assai più flessibile dell'Unione
Europea attuale.
La crisi italiana e le timide trattative sulla flessibilità
La UE doveva procurare benessere, sviluppo e solidarietà, e doveva
farci diventare più competitivi nell'economia globalizzata. Non ha
mantenuto nessuna promessa. Secondo il Fondo Monetario Internazionale
l'eurozona è il pericolo principale per l'economia mondiale! La moneta
unica impone austerità ma resta fragilissima: molti continuano a
dubitare che sopravviverà alla prossima crisi. La Banca Centrale Europea
non potrà sostenerla per sempre.
L'economia italiana, dopo
venti anni di stagnazione, grazie alla cura europea si avvia al
disastro: il Fondo Monetario Internazionale indica che, continuando con
l'austerità, l'Italia ritornerà alla situazione pre-crisi solo tra 20
anni. Ma non è detto che l'economia nazionale non inciampi prima.
Occorre una svolta. Il governo di Matteo Renzi comincia a mostrare
qualche timida insofferenza verso la UE, ma si sforza inutilmente di
rispettare i vincoli europei e continua a implorare più flessibilità.
Se l'Italia continuerà a seguire le politiche dettate da Bruxelles e
Berlino diventerà la prima vittima della prossima crisi europea e
globale! Parlano da soli i drammatici dati (dati ISTAT a prezzi costanti
2015, miliardi di euro) della recessione italiana, cominciata nel 2008
con la crisi dei subprime, mal gestita dai governi italiani, ma
aggravata pesantemente dalla politica europea di austerità.
2007 2015
PIL 1.783 1.642 Disoccupati
(mni) 1,151 2, 965 Consumi
1.385 1.313 Investimenti 386
273 Esportazioni 478 494
Importazioni 475 442
Il PIL reale è
inferiore di oltre 140 miliardi di euro rispetto ai livelli del 2007; e i
disoccupati sono aumentati di quasi due milioni. Mentre i paesi fuori
dall'eurozona sono riusciti a risalire la china, l'Italia con
l'austerità dell'euro non esce dalla crisi. Se fosse possibile il
governo italiano dovrebbe staccare subito la spina allo zombie UE. Ma
non è così facile uscire dall'imbuto in cui l'europeismo servile dei
governi italiani (di centrosinistra soprattutto) ci hanno cacciato.
Il ministro delle Finanze, l'europeista Padoan, si confronta con timore
ed ossequio con istituzioni nominate dagli altri governi. La nostra
principale legge di bilancio, la legge finanziaria, può passare solo se
approvata da politici europei nominati da altri governi, come il
lussemburghese Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione UE. Ma
il Lussemburgo è un piccolo stato di poco più di 500 mila abitanti
(nemmeno la metà degli abitanti di Milano) noto solo per essere uno dei
maggiori paradisi fiscali del mondo.
Tuttavia è proprio Juncker
che comanda sul nostro bilancio, ovvero sulle nostre tasse e sulle
spese pubbliche nazionali. E non basta: più di lui conta il ministro
tedesco delle finanze Wolfgang Schaeuble: è lui che decide davvero sul
nostro bilancio pubblico. Schaeuble conta certamente più di Renzi, di
Padoan, di Juncker e forse anche più del premier tedesco Angela Merkel..
Mi chiedo dove stia la democrazia in tutto questo! Il Parlamento e
perfino il governo Renzi sono esautorati. Contano come il due di picche.
Senza democrazia (e senza una moneta nazionale) l'economia,
l'occupazione e il lavoro italiano non ripartiranno mai.
L'Europa vuole infilarci in un tunnel senza uscita. Diventa infatti
sempre più difficile ripagare i debiti se la UE ci impone una politica
deflattiva e quindi il PIL ovvero il reddito nazionale con cui pagare il
debito si riduce o stagna. Anche la crisi bancaria italiana è di
difficile soluzione senza l'intervento dello stato, che però è proibito
dalla UE per volontà della Germania. Il sogno segreto di buona parte
dell'establishment tedesco è evidentemente di costringerci a chiedere l'
“aiuto europeo”, cioè di farci commissariare dalla Troika, come la
Grecia.
L'Italia è considerata il punto debole dell'eurozona.
La politica dell'austerità avvicina pericolosamente il nostro Paese al
cosiddetto “Minsky moment”, il momento del default. Se non ci fosse la
BCE ad acquistare (ma per quanto?) i titoli italiani e dei paesi
mediterranei, i rendimenti del debito pubblico sarebbero già saliti alle
stelle e l'Italia quasi certamente dovrebbe chiedere la
ristrutturazione dei debiti o dichiarare fallimento. Ma se fallisse
l'Italia, la moneta unica crollerebbe come un castello di carta.
Nazionalismo democratico versus nazionalismo tedesco
L'euro, con la sua architettura deflattiva, non penalizza però tutti
gli stati europei. Grazie all'euro la Germania e i paesi forti, quelli
della cosiddetta (ex) area del marco, acquistano sostanziali vantaggi
competitivi. La Germania mercantilista – e il mercantilismo in economia è
l'equivalente dello sciovinismo in campo politico – esporta contro le
regole UE il 9% del suo PIL, esportando anche deflazione e
disoccupazione nei paesi europei. In questo modo “fotte i suoi vicini”.
La Germania chiede agli altri paesi di fare i compiti a casa ma in casa
sua non applica le regole europee. Quando ha voluto ha sforato il tetto
del deficit pubblico e ha salvato le sue banche con 250 miliardi di
aiuti statali. Tuttavia impedisce agli altri paesi di intervenire nelle
crisi bancarie, mettendoli in crisi perenne. E rifiuta qualsiasi momento
di cooperazione – come la realizzazione di un fondo federale europeo,
gli eurobond, forme iniziali di mutualizzazione dei debiti, ecc -
ponendo come pre-condizione agli altri paesi il pareggio di bilancio,
ovvero il soffocamento della loro economia mediante il taglio della
spesa pubblica. Come Reagan, la UE di Berlino si propone di “affamare la
bestia”, lo stato sociale.
In Italia dovremmo allora diventare
“nazionalisti” e difendere la nostra industria, le nostre banche
(magari nazionalizzandone alcune e buttando fuori i manager incapaci e
corrotti), la nostra democrazia parlamentare, il nostro lavoro, il
nostro welfare, la nostra Costituzione che le grandi banche d'affari
internazionali e le istituzioni europee vorrebbero fosse abbattuta e
stravolta in senso autoritario e decisionista.
Occorre
rivalutare il nazionalismo democratico, anche contro quella parte di
grande borghesia cosmopolita e “senza patria” (vedi per esempio la Fiat,
la maggiore industria ex nazionale che ha abbandonato l'Italia) che
promuove le politiche liberiste e antipopolari delle istituzioni
sovranazionali. Se le forze progressiste e nazionali – quelle che
pretendono di rappresentare i lavoratori, il ceto medio produttivo,
l'imprenditoria sana, non venduta alla grande finanza – non difenderanno
il loro Paese, allora i popoli si rivolgeranno inevitabilmente alle
formazioni populiste di destra, e al peggior nazionalismo xenofobo.
Questo è purtroppo quanto sta già accadendo in molti paesi europei. Ma
la responsabilità è anche e soprattutto della sinistra e dei verdi
europeisti. In questo senso per fortuna che in Italia c'è Grillo, il
quale fin dall'inizio ha denunciato l'imperialismo economico e
finanziario della UE. Tuttavia c'è da chiedersi come i 5 stelle vogliono
concretamente portare avanti la battaglia per uscire dalla crisi. La
durissima sconfitta di Tsipras in Grecia ha in effetti avuto ricadute
negative in tutto il continente, e ha mostrato che non è facile
sganciarsi dall'eurozona.
Superare l'euro con la Moneta Fiscale
La moneta unica non è neutra, ha un'architettura depressiva,
costituisce il principale strumento dell'egemonia tedesca ed è l'arma
più efficace in mano al capitale finanziario. Non per caso l'economista
Robert Mundell, considerato il padre della moneta unica, è stato anche
uno degli artefici principali della Reaganomics.
La moneta
unica ha tre difetti congeniti: 1) impedisce politiche espansive a causa
dei vincoli automatici sul debito e sul deficit; 2) impedisce le
svalutazioni, ovvero il riallineamento dei prezzi da parte delle nazioni
meno competitive; 3) obbliga i singoli stati a pagare i loro debiti in
una moneta straniera (l'euro, appunto) sulla quale non hanno alcun
controllo. Alla BCE è proibito finanziare i deficit pubblici dei paesi
dell'euro. Così i Paesi europei corrono il rischio di non potere pagare i
loro debiti in valuta estera, in euro. Il default è sempre possibile.
Non esiste ormai più alcun motivo di seguire le regole dell'eurozona,
se non l'estrema difficoltà a uscire dalla stretta gabbia costruita su
queste regole. Uscire oggi unilateralmente dall'euro sarebbe
un'avventura rischiosissima. Provocherebbe un'altra crisi difficilmente
sopportabile per i lavoratori e il ceto medio, già stremati dalla
recessione. Spaccherebbe il Paese.
Nonostante quello che predica l'economista Alberto Bagnai, uscire dall'euro non è facile[2].
E' stato relativamente semplice uscire dallo SME, dal sistema monetario
europeo, un sistema di cambi semi-fissi tra le valute europee. Allora
l'Italia aveva ancora la lira, la sua moneta, e una banca centrale
autonoma. Bastava non difendere la lira per tornare a un sistema
flessibile di cambio. Oggi invece noi non abbiamo una moneta e dovremmo
crearne una nazionale per uscire dall'eurozona. L'euro cesserebbe di
esistere e l'uscita unilaterale dall'eurozona provocherebbe sconquassi a
livello globale anche e soprattutto sul piano geopolitico. Avremmo
contro USA, Cina e Russia. I risultati finali sarebbero probabilmente
estremamente pesanti. Anche l'alleanza con la Francia per rovesciare
l'austerità teutonica è improbabile perché la Francia teme la rottura
con la Germania, il suo più potente partner. Inoltre concordare uno
scioglimento equilibrato dell'euro con la Germania è una pura illusione.
Che fare allora? Non dovremmo rassegnarci alla passività e
alla rassegnazione. Pur restando nel quadro dell'euro, l'unica soluzione
viabile e concreta è affiancare all'euro forme di moneta nazionale,
come la Moneta Fiscale proposta tra gli altri dal compianto Luciano
Gallino[3]. Solo così si potrà finanziare una politica espansiva a favore del lavoro e dell'occupazione.
La Moneta Fiscale è un titolo denominato in euro e convertibile in euro
utilizzabile per pagare le tasse dopo due anni dall'emissione. E' del
tutto compatibile con i trattati e le norme europee, perché in campo
fiscale lo stato italiano è ancora sovrano e perché l'emissione di
questi titoli di credito non crea debito pubblico. La moneta fiscale si
autofinanzia grazie alla crescita del PIL.
Il governo italiano
potrebbe e dovrebbe emetterli in piena autonomia per rilanciare
l'economia e l'occupazione in Italia, sfuggendo alla terribile morsa di
Bruxelles e Berlino. Grazie alla moneta fiscale si potrebbero finanziare
le famiglie (soprattutto quelle a basso reddito) e le imprese. Si
potrebbero alimentare i consumi e gli investimenti.
Con la
moneta fiscale si potrebbero finalmente effettuare investimenti pubblici
per istruzione, ricerca, sanità, riassetto idrogeologico, ecc, fare
politica industriale e mantenere le industrie strategiche sotto il
controllo nazionale. Sarebbe possibile incentivare uno sviluppo
economico sano, fondato sulla conoscenza e sulle energie pulite.
L'ossigeno monetario ci farebbe uscire dalla trappola della liquidità, e
grazie al moltiplicatore keynesiano, il debito pubblico non
aumenterebbe: con la crescita del PIL, diminuirebbe il rapporto
debito/PIL. La moneta complementare potrebbe poi essere adottata dagli
altri paesi europei.
Un fatto è certo: se gli stati europei
continueranno a seguire passivamente e docilmente le politiche suicide
dell'Unione Europea, la crisi continuerà fino a precipitare. E, senza
opposizione efficace e proposte concrete da parte delle forze
progressiste, senza politiche di riscossa nazionale, le destre
scioviniste e xenofobe domineranno minacciosamente la rivolta contro
questa Europa della finanza speculativa.
Enrico Grazzini
NOTE
[1]
Susan Strange “Denaro impazzito. I mercati finanziari: presente e
futuro”, edito da Einaudi, 1999; e “Chi governa l'economia mondiale?
Crisi dello Stato e dispersione del potere”, edito da Il Mulino, 1998
[2] “Alberto Bagnai “Il tramonto dell'euro” Imprimatur Editore, 2012
[3] Vedi eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro”, 2015, a cura di Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Enrico Grazzini e Stefano Sylos Labini, con la prefazione di Luciano Gallino.
(19 ottobre 2016)
mercoledì 19 ottobre 2016
Viva il nazionalismo democratico. Contro l'ideologia dello stato federale europeo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Il racconto truccato del conflitto previdenziale
di Matteo Bortolon da Il Manifesto Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...
-
di Domenico D'Amico Repetita iuvant , ho pensato di fronte al libro di Michel Floquet ( Triste America , Neri Pozza 2016, pagg. 2...
-
di Franco Cilli Hanno ucciso il mio paese. Quando percorro la riviera adriatica in macchina o col treno posso vedere chiarament...
Nessun commento:
Posta un commento