giovedì 19 giugno 2008

Madre Teresa. Il supplizio delle creature: parte III

UN MIRACOLO

Gli sconvolgimenti naturali, gli elementi di disordine, i prodigi e i miracoli, nonostante siano proprio i fatti più contrari a un piano di saggezza superiore, impressionano l'umanità suggerendo i più forti sentimenti religiosi.
David Hume, La religione naturale
Nel complesso, i misteri, i miracoli e le profezie sono ap pendici che appartengono al favoloso e non alla vera reli gione. Sono i mezzi con cui tanti "Mirate di qua!" e "Mira te di là!" sono stati diffusi per il mondo, e la religione è sta ta trasformata in un commercio. Il successo di un imposto re ha incoraggiato un altro, e la scusa tranquillizzante di fare del bene tenendo in piedi un pietoso inganno, li ha pro tetti dal rimorso.
Tom Paine, The Age of Reason
Diciamo dunque che una credenza è un' illusione qualora nella sua motivazione prevalga l'appagamento di deside rio, e prescindiamo perciò dal suo rapporto con la realtà, proprio come l'illusione stessa rinuncia alla propria con valida.
Sigmund Freud, L'avvenire di un 'illusione 
L'intercessione, la caratteristica distintiva della santità, richiede la certificazione di un miracolo. Madre Teresa è già venerata come qualcosa che va al di là dell'umano, ma non ha trasceso il nostro comune destino al punto da essere citata come taumaturgo dalla santa Madre Chiesa. La stampata dei titoli fornitami dalla Biblioteca del Congresso rivelava che questi erano stati quasi tutti scritti negli anni Ottanta e Novanta, e solo dopo aver scorso la lista ho notato quello che mancava: un libro del 1971 di Malcolm Muggeridge, in cui l'autore sosteneva, tra l'altro, che Madre Teresa il miracolo lo aveva già compiuto.
Il libro di Muggeridge, Qualcosa di bello per Dio, fu il risultato di un documentario dallo stesso titolo, realizzato per la BBC e trasmesso nel 1969. Muggeridge, che aveva fatto una bella carriera ridicolizzando i valori della tv e del mondo dello spettacolo, sostiene di aver iniziato il progetto senza avere la più pallida idea dell' impressione che avrebbe contribuito a creare. «Il modo in cui Madre Teresa concepisce la vita è un terreno sterile per i copywriter», dice, «e i più poveri tra i poveri da lei tanto amati, hanno ben poco da offrire in termini di indici d'ascolto». Se quella falsa dichiarazione era vera al momento di iniziare le riprese, cessò di esserlo pochissimo tempo dopo la messa in onda; infatti, proprio da questo film e da questo libro possiamo datare l'impatto dell'immagine di Madre Teresa sulla retina internazionale.
Essenziale per il progetto di Muggeridge, addirittura essenziale per l'intero culto di Madre Teresa, è l'idea di Calcutta come di un girone infernale:
Si da il caso che abbia vissuto a Calcutta per un anno e mezzo, a metà degli anni Trenta, quando lavoravo per il quoti diano locale «Statesman». Trovai il posto, pur con tutte le comodità della vita europea - la ghiacciaia, la servitù, la galoppata mattutina in giro per il Maidam o giù allo Jodhpur Club, e compagnia bella - appena sopportabile.
Dai tempi di Muggeridge, la città non solo ha dovuto misurarsi con le enormi difficoltà esistenti, ma è anche stata teatro di tre grandi migrazioni causate dalla miseria. Dopo che una stupida decisione dei colonizzatori britannici 1'aveva diviso prima dell'indipendenza, il Bengala ha sostenuto il peso maggiore della divisione di tutta l'India in India e Pakistan, avvenuta nel 1947. La guerra del Bangladesh del 1971 e, più tardi, le scaramucce religiose di Assam, hanno portato la popolazione di Calcutta a un numero di gran lunga maggiore di quello che può sperare di accogliere. Foto grafie di gente che vive sui marciapiedi sono diventate simboli dell'indigenza riconosciuti a livello internazionale. L'enfasi data da Madre Teresa ai «più poveri tra i poveri e ai più umili tra gli umili» è servita a rafforzare l'impressione di Calcutta come di una città di tenebre terribili, un' impressione che giustamente irrita molti bengalesi.
La piacevole sorpresa che attende il visitatore di Calcutta è questa: sì, è povera, affollata e sporca, a livelli tali che difficilmente è possibile esagerare, ma è tutt'altro che degradata.I suoi abitanti non sono indolenti né tengono la te sta china. Lavorano e lottano, e generalmente (soprattutto se si fa il paragone con città apparentemente più ricche come Bombay) non mendicano. Questa è la città di Tagore, di Ray, Bose e Mrinal Sen, e di un grande fiorire della cultura e del nazionalismo. Ci sono studi cinematografici, teatri, facoltà universitarie e riviste, tutti di alta qualità. Le foto grafie di Raghubir Singh sono un tributo tanto alla vitalità della sua gente, quanto alla bellezza e alla varietà dell' architettura. Predomina la politica laica di sinistra, caratterizzata da un internazionalismo molto forte: tutt'altro che invisa a un' area tanto avvelenata dalla bruta religione.
Quando alcuni anni fa visitai personalmente la città, mi sentii subito alquanto ingannato dalla propaganda anti-Calcutta promossa dai vari Muggeridge del mondo. E quando mi diressi verso la sede delle Missionarie della Carità in Bose Road, ebbi un vero e proprio shock. Tanto per cominciare c'era quell'iscrizione sopra la porta: Chi ama la correzione ama il sapere. Non conosco l'origine della citazione, ma sapeva di riformatorio. Madre Teresa in persona mi fece da guida. Non mi piacque molto il modo in cui accettava di farsi baciare i piedi calzati di sandali come se fosse un gesto dovuto, ma decisi di sospendere il mio giudizio in proposito: forse era un'usanza locale a cui non davo la corretta interpretazione. L'orfanotrofio, comunque, era commovente e toccante.
Molto piccolo (e questa non è una vergogna) e molto pulito, aveva un ' atmosfera incoraggiante e sembrava gestito da persone simpatiche e devote. C'era un solo minuscolo lettino vuoto: il suo occupante aveva cessato di vivere durante la notte, e imperversava un'animata discussione sul posto da riempire. Avevo cominciato a frugarmi in tasca per dare un contributo quando Madre Teresa si voltò verso di me e disse, con un gesto che voleva abbracciare l'intera scena: "Guardi, ecco come combattiamo 1'aborto e la contraccezione".
Se non fosse per questa affermazione, sarebbe stato superfluo porre in rilievo il contributo infinitesimale che un'istituzione così piccola da per risolvere un problema di pro porzioni tanto gigantesche. Ma è difficile passare anche poco tempo a Calcutta e concludere che una campagna contro il controllo demografico è ciò di cui ha più bisogno. E, naturalmente, Madre Teresa non basa questo giudizio sulla situazione locale. Già molto tempo prima di arrivare qui era contraria per principio all'aborto e al controllo delle nasci te. Per lei Calcutta non è che il fronte di una guerra molto più grande.
L'avversione fatalistica di Muggeridge per la vera Calcutta lo rese ancora più sensibile alla diagnosi mistica di Madre Teresa per la città, ossia che soffre perché troppo lontana da Gesù. Di conseguenza, la sua ingenuità lo indusse a scrivere il seguente brano, che merita di essere citato per esteso. (Dovrei introdurre la citazione dicendo che della troupe televisiva di Muggeridge faceva parte un cameraman molto conosciuto di nome Ken Macmillan, il quale si era guadagnato una grande fama per il lavoro svolto nella serie di storia dell'arte di Lord Clark, Civilisation).
Questa Casa dei Moribondi è fiocamente illuminata da piccole finestre situate molto in alto, e Ken fu irremovibile: secondo lui era praticamente impossibile fare delle riprese. Avevamo solo un piccolo riflettore, ed era assoluta mente impossibile illuminare il posto in maniera adeguata nel tempo che avevamo a disposizione. Tuttavia, decidemmo che Ken doveva fare comunque un tentativo, ma per sicurezza fece anche qualche ripresa in esterno, in un cortile dove alcuni ospiti stavano seduti al sole. Nella pellicola sviluppata, le riprese fatte in interno avevano una luce tenue particolarmente bella, mentre quelle realizzate fuori erano piuttosto scure e confuse. [...] Per quanto mi riguarda, sono assolutamente convinto che quella luce, inspiegabile dal punto di vista tecnico è, di fatto, la Luce Benigna cui [il cardinale] Newman si riferisce nel suo splendido e famoso inno.
Muggeridge non cercava di parlare in senso metaforico. Dell' amore che aveva notato nell' istituto, scrisse che era
radioso, come le aureole che gli artisti hanno visto e reso visibili intorno alle teste dei santi. Non mi sorprende affatto che quella luminosità si sia impressa su una pellicola fotografica. Il soprannaturale non è che una proiezione infinita del naturale, così come l'orizzonte estremo è un'immagine dell'eternità. Gesù applicò del fango sugli occhi di un cieco e gli diede la vista.
Dopo aver continuato per un po' in questo tenore, Muggeridge concludeva:
Proprio per questo esistono i miracoli : per rivelare la realtà riposta della creazione visibile di Dio. Sono personalmente convinto che Ken abbia registrato il primo autentico miracolo fotografico. [Il corsivo è mio]
Muggeridge non esagerava quando scrisse: «Temo di averne parlato e scritto fino alla noia». Perciò è interessante avere la testimonianza diretta dello stesso Ken Macmillan:
Durante le riprese di Qualcosa di bello per Dio, un giorno ci portarono in un edificio che Madre Teresa chiamava la Casa dei Moribondi. Peter Chafer, il regista, disse: "Be', è molto buio qua dentro. Secondo te riusciamo a tirarci fuori qualcosa?" La BBC ci aveva appena dato un nuovo tipo di pellicola della Kodak, che non avevamo avuto il tempo di provare prima di partire, così dissi a Peter: "Be', tanto vale provare". E così la usammo. Una volta tornati, diverse settimane dopo, uno o due mesi più tardi, ci trovammo nella saletta delle copie rapide alla Ealings Studios, e alla fine ecco apparire le riprese della Casa dei Moribondi. Fu una grande sorpresa. Si vedeva ogni dettaglio. Allora dissi: "È sorprendente. È straordinario". E stavo per dire qualcosa tipo "evviva la Kodak". Però non ne ebbi la possibilità per ché Malcolm, seduto in prima fila, si girò e disse: "È la luce divina! E Madre Teresa. Scoprirai che è la luce divina, caro mio". E dopo tre o quattro giorni ricevetti delle telefonate da alcuni giornalisti dei quotidiani di Londra che mi dice vano cose di questo genere: "Abbiamo saputo che sei appena tornato dall'India insieme a Malcolm Muggeridge e che sei stato testimone di un miracolo".
Era nata una stella. La testimonianza di Ken Macmillan arrivò troppo, troppo tardi per impedire la diffusione, soprattutto per mezzo di quei sistemi televisivi e mediatici che Muggeridge faceva mostra di disprezzare, del "miracolo" annunciato. Più che «il primo autentico miracolo fotografico» questo episodio costituisce di fatto qualcosa di molto più importante. È la prima, indiscutibile confutazione di un ipotetico miracolo a venire non semplicemente da un altro presunto testimone del suddetto miracolo, bensì dal suo vero e proprio autore in tempo reale. In quanto tale, merita maggiore diffusione di quanta non ne abbia avuta. Invece, la tecnologia e i sistemi di comunicazione moderni hanno fatto sì che le dicerie e i miti possano essere trasmessi con rapidità ed efficienza ancora maggiore agli occhi e alle orecchie degli ingenui. Facciamo davvero grandi progressi. Dai tempi di Qualcosa di bello per Dio, le critiche a Madre Teresa, nelle cose piccole come in quelle grandi, hanno dovuto lottare contro un peso enorme di opinioni invalse, un peso reso ancora più difficile da sopportare dal fatto di essere costituito, praticamente in senso letterale, da illusione.
Nel suo film e nel suo libro Muggeridge ha affidato molti altri pegni alla sorte. Per esempio, solo il suo sguardo adorante gli ha impedito di scorgere l'interpretazione che poteva essere data al seguente aneddoto:
Come dice Simone Weil, il Cristianesimo è una religione per schiavi; dobbiamo farci schiavi e mendicanti per seguire Cristo. A dispetto delle croniche ristrettezze finanziarie delle Missionarie della Carità, quando agii da strumento per convogliare qualche centinaio di sterline all'indirizzo di Madre Teresa, questa mi stupì, anzi, mi incantò, spendendole per l'acquisto di un calice e di un ciborio per il suo nuovo noviziato.[...] Il suo gesto può, immagino, essere criticato alla stessa stregua dello spreco dell'unguento di nardo, ma mi procurò un grande senso di soddisfazione, allora e in seguito.
Naturalmente, se lo scopo dell'operato di Madre Teresa è un rigoroso proselitismo religioso e la fondazione di un or dine volto a quel fine, non ci possono essere obiezioni concepibili al fatto che impieghi donazioni benefiche per decorare un altare con le cose di questo mondo. Ma coloro che fanno le donazioni non sono, a quanto pare, sempre consapevoli che questo è il punto fondamentale. Madre Teresa, va detto a suo merito, non ha mai affermato il contrario. Non si è nemmeno data la briga di tirare in causa la storia biblica dell'unguento di nardo per rassicurare Muggeridge, dicendogli invece: "Lei sarà ogni giorno sull'altare, vicino al Corpo di Cristo". Allora Muggeridge non era cattolico, quindi non aveva motivo di obiettare che quello era un impiego doppiamente astuto del concetto di transustanziazione. L'alibi del nardo era frutto esclusivo della sua mente - è il passo in cui Gesù rompe un prezioso vasetto di unguento per cospargerlo tutto sui propri piedi. All'obiezione ingenua che sarebbe stato più utile vendere l'articolo di lusso per dare sollievo ai bisognosi, ribatte: "I poveri li avete sempre con voi". Ricordo che da piccolo ero molto insoddisfatto di questa famosa frase. O si rifugge il lusso e si aiutano i poveri, oppure non lo si fa. D ' altro canto, però, se i poveri sono sempre con noi, allora non c'è nessuna fretta, e possono sempre essere utilizzati per illustrare raccontini morali. In tal caso, sarebbe più onesto per i loro profetici benefattori ammette re che i poveri hanno sempre noi con sé.
Sebbene la modestia e l'umiltà siano comunemente considerate attributi dei santi, Madre Teresa quasi non riesce a salutare un pubblico senza rivendicare un rapporto speciale e personale con Gesù Cristo. Nel seguente dialogo tra Muggeridge e la sua stella, chi da una dimostrazione di modestia e abnegazione?
MUGGERIDGE: Se penso a Calcutta e alla spaventosità di gran parte di questa città, mi sembra straordinario che una sola persona sia semplicemente uscita in strada, così, e abbia deciso di affrontare la situazione.
MADRE teresa: Ne ero sicura allora, e ne sono tuttora con vinta, che fu Lui e non io.
Ecco un connubio perfetto tra intervistatore e intervista ta: secondo Muggeridge i poveri di Calcutta abbondano di "spaventosità", e Madre Teresa afferma che sarebbe inutile tentare se non si avesse il mandato del cielo. Poco più avanti nell'intervista, Muggeridge le rivolge la seguente domanda:
Quindi lei non sarebbe d'accordo con quanti sostengono che in India ci sono troppi bambini?
MADRE teresa: No, non sono d'accordo perché Dio provvede sempre. Provvede per i fiori e gli uccelli, per tutte le cose del mondo che ha creato. E quei piccoli bambini sono la sua vita. Non potranno mai essercene abbastanza.
Muggeridge approva questa risposta, dicendo lacrimevolmente che sarebbe la stessa cosa chiedere a Madre Teresa se ci sono troppe stelle nel cielo. Tutto il dialogo è condotto su un piano semi-surreale, come se nessuno avesse mai fatto alcun ragionamento in materia di pianificazione famigliare e politica demografica. Dire che ci sono troppi bambini significa non afferrare il punto della questione, perché sono già nati. Ma dire che le persone non potranno mai essere troppe significa come minimo (e non solo in India) peccare di superbia. Indira Gandhi - che, per inciso, era una protettrice politica di Madre Teresa - una volta si cimentò in una criminale campagna di sterilizzazione coatta in India. Chiaramente, esistono molti modi di travisare la questione della popolazione . D'altro canto, però, non esiste un modo razionale per affermare che la questione non si presenta. E se fosse vero che Dio «provvede sempre» allora, ovviamente, tanto per cominciare non ci sarebbe bisogno delle Missionarie della Carità.
Prima di lasciarci alle spalle la pietra miliare di Muggeridge è necessario riportare ancora un altro scambio di idee tra lui e la sua guru:
MUGGERIDGE: Secondo lei non c'è pericolo che la gente possa scambiare il mezzo per il fine, e pensare che aiutare i propri fratelli uomini sia un fine di per sé? Secondo lei esiste questo pericolo?
madre teresa: Corriamo sempre il pericolo di diventare semplici operatori sociali o di svolgere il lavoro solo per amore del lavoro. [...] Sì, è un pericolo, se dimentichiamo per chi lo facciamo. Le nostre opere non sono che l'espressione del nostro amore per Cristo. I nostri cuori hanno bisogno di essere ricolmi di amore per Lui, e siccome dobbiamo esprimere quell'amore con l'azione, allora, naturalmente, i più poveri tra i poveri costituiscono il mezzo per esprimere il nostro amore per Dio.
Nella versione televisiva di Qualcosa di bello per Dio c'è una sequenza in cui Madre Teresa prende in braccio una bambina abbandonata e denutrita. La piccola ha un'aria malaticcia, è tutta rugosa e praticamente priva della bellezza propria dei bambini di quell'età, ma l'anziana donna la guarda con incoraggiamento ed entusiasmo impavidi, e dice: "Guardi. C'è vita in lei". È un momento innegabilmente affermativo. Non ci farebbe male se ce ne fossero molti di più. Ma, proprio come ha perso parecchi punti ai miei occhi implicando che 1'operato di tutta la sua vita non è stato altro che un mero esercizio di propaganda per la politica demografica del Vaticano, Madre Teresa scredita il proprio esempio dicendoci, come sopra, che l'umanesimo e l'altruismo sono pencoli da evitare con scrupolo. Madre Teresa non ha mai preteso che la sua opera non fosse una vera e propria campagna religiosa fondamentalista. E nel brano riportato sopra abbiamo appreso dalla sua stessa testimonianza che «i più poveri tra i poveri» ne sono lo strumento: un'occasione per esercitare la pietà.
prima parte seconda parte

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