lunedì 8 febbraio 2010

Ciancimino: "Forza Italia è nata grazie alla trattativa mafia-Stato"

Finalmente il segreto di pulcinella è svelato. Quello che i cittadini accorti sapevano da tempo e i disonesti fingevano di ignorare è venuto finalmente a galla. Ma da dove poteva provenire un partito del genere se non da un sottobosco mafioso? A chi poteva dare i voti la mafia se non a Forza Italia?
Adesso ovviamente ribadiranno che lui non è il vero Ciancimino, che quello vero è suo padre, cioè quello che non parla, Vito buonanima. Diranno che vuole difendere solo il suo tesoro nascosto (il famoso tesoro di Ciancimino). Naturalmente Minzolini ci metterà la pezza, affermando che sono tutte calunnie prive di riscontri (se dirà qualcosa), un gradino al di sotto del gossip. Ci saranno i soliti  garantisti e i grilli parlanti  di turno che ci dispenseranno le loro analisi pacate, ispirate per carità solo alla ragionevolezza e non alla partigianeria, per dimostrarci che il giustizialismo se applicato ai potenti e non agli immigrati può danneggiare il dialogo fra maggioranza e opposizione e arrecare gravi danni al tessuto democratico. Già me li vedo i Panebianco e i Pierluigi Battista.
C'è da sperare che almeno se ne parli e che tale notizia non scompaia in fretta dai telegiornali.
Ovviamente Ingroia è una "toga rossa". 

Massimo Ciancimino torna in aula, al processo che vede imputato il generale Mario Mori di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano, e accusa: "La trattativa Stato mafia proseguì anche dopo il 1992". Un pizzino di Provenzano diretto a Dell'Utri e Berlusconi.
di Salvo Palazzolo da Repubblica

"Nel 1994, l'ingegner Lo Verde, alias Bernardo Provenzano, mi fece avere tramite il suo entourage una lettera destinata a Dell'Utri e Berlusconi. Io la portai subito a mio padre, che all'epoca era in carcere. Mi disse che con quella lettera si voleva richiamare Berlusconi e Dell'Utri, perché ritornassero nei ranghi. Mio padre mi diceva che il partito di Forza Italia era nato grazie alla trattativa e che Berlusconi era il frutto di tutti questi accordi".  Massimo Ciancimino torna nell'aula bunker di Palermo, al processo che vede imputato l'ex generale del Ros ed ex capo dei servizi segreti Mario Mori di aver protetto la latitanza del capomafia Bernardo Provenzano. Rispondendo alle domande del pubblico ministero Antonio Ingroia, il figlio dell'ex sindaco, ha ripercorso il contenuto di un pizzino che ha consegnato nei mesi scorsi ai magistrati di Palermo.
"E' rimasta solo una parte di quella lettera - dice Ciancimino - eppure, fino a pochi giorni prima della perquisizione fatta dai carabinieri nel 2005 a casa mia, nell'ambito di un'altra indagine, il documento era intero. Ne sono sicuro. Non so cosa sia successo dopo".
In ciò che è rimasto nella lettera si legge: «... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive». Massimo Ciancimino spiega: "Provenzano voleva una sorta di consulenza da parte di mio padre. In fondo, questo concetto di mettere a disposizione le reti televisive l'aveva suggerito lo stesso mio padre a Provenzano, qualche tempo prima. Mio padre si ricordava di quando Berlusconi aveva rilasciato un'intervista al quotidiano Repubblica. Diceva che se un suo amico fosse sceso in politica lui non avrebbe avuto problemi a mettere a disposizione una delle sue reti".
Insorge in aula l'avvocato Piero Milio, uno dei legali del generale Mori: "Cosa c'entrano questi argomenti con il processo, che si occupa della presunta mancata cattura di Provenzano nel 1995 a Mezzojuso?". Il presidente della quarta sezione del tribunale, Mario Fontana, respinge l'opposizione e invita il pubblico ministero Ingroia a proseguire nelle domande: «E' comunque importante accertare cosa sia avvenuto eventualmente prima o dopo», dice.
Secondo la ricostruzione di Massimo Ciancimino, fatta propria dalla Procura, la trattativa fra mafia e Stato condotta durante le stragi del 1992 avrebbe avuto una «terza fase»: «A Ciancimino, nel rapporto con Cosa nostra, si sarebbe sostituito Marcello Dell'Utri», è l'accusa del figlio dell'ex sindaco.

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