martedì 10 gennaio 2012

Mitt Romney, il favorito che può solo perdere

0 gennaio 2012
Nelle primarie di oggi in New Hampshire l’ex governatore del Massachusetts deve cogliere un successo netto dopo una settimana piuttosto difficile

da Giornalettismo


Iniziano oggi le prime, vere, primarie della lunga stagione presidenziale degli Stati Uniti. Dopo i caucus dell’Iowa, i cittadini del New Hampshire, senza distinzione di partito, potranno scegliere il loro candidato preferito per la Casa Bianca. Se in casa democratica l’esito è scontato, tra i repubblicani la battaglia è molto vivace, anche se Romney è il chiaro favorito. Gli ultimi sondaggi però non fanno presagire però quel trionfo che servirebbe al governatore del Massachusetts per chiudere in anticipo la corsa alla nomination.
NEW HAMPSHIRE, IL PRIMO STATO – Una legge del New Hampshire, introdotta nel 1977, ha stabilito che il piccolo Stato del New England, poco meno di un milione e mezzo di abitanti, deve essere il primo Stato a svolgere le elezioni primarie nella stagione presidenziale. Il primato del New Hampshire è sempre stato rispettato dai comitati nazionali delle formazioni politiche statunitensi, e insieme all’Iowa i due Stati hanno così acquisito un indubbio privilegio. Già nel 1916, sulla spinta del movimento progressive che aveva già introdotto queste consultazioni per i Rappresentanti della Camera, il New Hampshire organizzò elezioni primarie per le presidenziali, le seconde in assolute dopo quelle dell’Indiana. Quattro anni dopo, conclusa la prima guerra mondiale, nel New Hampshire si svolsero a marzo le prime elezioni primarie per le presidenziali, una tradizione che dura ormai da quasi cent’anni. All’epoca queste consultazioni avevano minore valore nella selezione della nomination, visto che il potere era ancora in mano ai boss dei partiti locali. Nel 1952 però, nonostante il loro valore non così significativo come oggi, il presidente Truman decise di non ricandidarsi proprio a causa della sua sconfitta subita dal senatore Ester Kefauver nelle primarie del New Hampshire. Il presidente della bomba atomica pagava l’impopolarità della guerra coreana, e un simile destino colpì un altro inquilino democratico della Casa Bianca impantanato in un conflitto bellico asiatico, Lyndon Johnson. Il senatore pacifista Eugene McCarthy sfidò il presidente in carica per ottenere la nomination del partito democratico, fatto assolutamente inusuale nella politica americana quando una formazione esprime il capo dello Stato, e arrivò a pochi punti percentuali da LBJ. Il risultato del New Hampshire convinse Robert Kennedy a candidarsi, e poche settimane dopo un amareggiato Lyndon Johnson dichiarò la sua indisponibilità ad una nuovo mandato, preannunciando il suo ritiro dalla vita politica. Esiti così drammatici non saranno certo ripetuti nelle primarie di oggi, ma qualche ritiro in casa repubblicana potrebbe anche verificarsi.
 
IL GOP DOPO L’IOWA – Tutta l’attenzione dei media è concentrata sulla corsa del Gop, dato che in casa democratica nessuno o quasi ha sfidato Obama, che passeggerà senza problemi per la ricandidatura. I caucus dell’Iowa hanno registrato la vittoria di Mitt Romney in coabitazione con Rick Santorum, dato che l’ex governatore del Massachusetts ha strappato il successo per soli otto voti. A livello di delegati, la posta in palio alle primarie, la situazione si è conclusa in perfetto pareggio. Sia Romney, che Santorum, stando ai calcoli del network MSNBC, dovrebbero aver conquistato 11 delegati a testa per la Convention di Tampa. L’Associated Press, la principale agenzia di stampa degli Usa, ha invece escluso dalla ripartizione dei delegati Ron Paul, così che Romney ne avrebbe conquistato uno in più. Differenze minime, visto che un candidato deve superare abbondantemente quota mille per ottenere la nomination. In New Hampshire i delegati in palio saranno invece solo 12, a causa dello spostamento a gennaio delle primarie, che il comitato nazionale del Gop aveva previsto inizialmente per febbraio. I primi Stati hanno un impatto mediatico molto significativo, ed eliminano i candidati più deboli tra quelli ancora in corsa dopo la conclusione della ormai lunghissima stagione delle primarie invisibili. Dopo l’Iowa Michelle Bachmann ha annunciato la conclusione della sua campagna, mentre il governatore del Texas è rimasto ancora in corsa nonostante molti pensassero ad un suo ritiro dopo il flop nei caucus. Mitt Romney ha consolidato il suo stato di favorito, ma la sua vittoria in Iowa non è stata celebrata dai media. Il successo morale è stato colto indubbiamente da Rick Santorum, che grazie alla sua brillante performance nelle novantanove contee dello Stato del Midwest ha risollevato una campagna che molti davano per mai partita in realtà. Ammaccato ma non distrutto è invece Newt Gingrich. L’ex speaker della Camera ha ormai perso definitivamente il ruolo di alternativa conservatrice a Romney, ma ha iniziato a profilarsi come il principale antagonista sui media del frontrunner del Gop.
 NEW ENGLAND, TERRA DIVERSA – Per un curioso caso della storia le primarie del New Hampshire, che sono probabilmente le più seguite a livello mediatico contando i molti mesi di campagna elettorale che le precedono, si svolgono in uno Stato che ha scarsa attinenza con l’elettorato dei due principali partiti americani. Il New England, la regione che comprende gli Stati a nord di New York City che si trovano tra le sponde dell’Atlantico e il confine con il Canada, è uno dei territori più progressisti degli interi Stati Uniti. In New Hampshire vige però una forte tradizione libertaria che rende l’elettorato di Manchester assolutamente peculiare, anche alla luce dell’assenza del melting pot che contraddistingue l’America contemporanea. Spesso le primarie, che sono aperte anche a chi non è registrato come elettore democratico o repubblicano, sono state vinte da candidati partiti come sfavoriti alla vigilia. Quattro anni fa Hillary Clinton sorprese il mondo intero risollevandosi dopo la batosta subita da Obama in Iowa. L’attuale presidente cesellò proprio allora, in quello che doveva essere il suo discorso della vittoria, il famoso Yes We Can che poi accompagnò la sua fortunata corsa verso la Casa Bianca. In passato ci sono stati altri episodi molto sorprendenti, oltre ai già citati casi di Truman e Johnson. Il frontrunner democratico delle presidenziali del 1972 Ed Muskie trovò proprio in New Hampshire la fine della sua campagna: vinse le primarie in modo deludente, e pianse – o così sembrò vista la neve che gli rigava il volto – in pubblico per un piccolo scandalo. Da quel momento in poi  i consensi di Muskie collassarono, mentre il senatore Gary Hart riuscì a  contendere la nomination fino all’ultimo a Mondale proprio grazie alla sua sorprendente vittoria in New Hampshire. A volte infatti non è necessario vincere, come scoprì Bill Clinton nel 1992, che risollevò la sua campagna, già allora piegata da scandali di natura sessuale, con un sorprendente secondo posto che gli valse il suo soprannome più celebre, The Comeback Kid. Anche John McCain ritornò in vita nel 2008 grazie al suo successo nel suo amato New Hampshire, dove otto anni prima aveva umiliato il favoritissimo Bush, mentre nel 1996 Pat Buchanan sconvolse il mondo battendo il favoritissimo Bob Dole. Già nel 1992 l’arciconservatore Buchanan aveva ottenuto un risultato brillantissimo che aveva evidenziato i limiti della popolarità di Bush padre. Il New Hampshire dunque ha una lunga serie di risultati sorprendenti, e non è detto che anche domani la stampa e gli osservatori si stupiranno dell’esito delle primarie repubblicane.

ROMNEY IN TESTA – L’elettorato dello Stato che voterà alle primarie repubblicane è sicuramente più moderato sui temi etici rispetto alla destra religiosa che è parte cospicua del Gop in altre parti d’America. E’ il terreno ideale per il conservatorismo economico di Mitt Romney, che infatti trasformato il New Hampshire nella base della sua strategia. Ex governatore del vicino Massachusetts, e piuttosto popolare visto il discreto risultato di quattro anni fa, Romney dovrebbe conseguire una vittoria che consoliderebbe il suo ruolo di favorito. Gli attuali sondaggi evidenziano un netto vantaggio demoscopico dell’ex governatore del Massachusetts, che però appare in calo. Nel tracking quotidiano dall’Università di Suffolk, della vicina Boston, Mitt Romney ha perso dieci punti in cinque giorni, partendo da 43% di consensi e arrivando a 33%. Una traiettoria in netto declino, che però pone il favorito di oggi su valori demoscopici simili a quelli rilevati da Public Policy Polling. Altri istituti, come Rasmussen Reports, danno invece Romney sopra a quota 40, un risultato che certo sarebbe poco diverso per quanto riguarda i delegati ma che avrebbe un impatto mediatico più rilevante. Nella prima fase delle primarie contano più le aspettative e la gestione del risultato, di conseguenza per l’ex governatore del Massachusetts margini di distacco sui suoi avversari sconfitti inferiori ai dieci punti rappresenterebbero un vero e proprio passo indietro.
LOTTA NELLE RETROVIE – Ottenere un solido secondo posto dietro a Romney potrebbe rappresentare un grande successo per la campagna di Jon Huntsman. L’ex governatore dello Utah non è mai stato in grado di sfondare nei cuori dell’elettorato repubblicano, a causa delle sue posizioni moderate su alcun temi molto sensibili per i conservatori, come le unioni gay o il riscaldamento globale. Huntsman ha pagato soprattutto la sua nomina a ambasciatore della Cina da parte di Obama: aver fatto parte dell’Amministrazione non è certo un buon biglietto da visita per una base repubblicana ansiosa di cacciare il presidente attuale. Attualmente l’ex governatore dello Utah si trova dietro a Ron Paul. Il Dottor No ha molti elettori indipendenti e libertari sui quali fare affidamento, ma la sua campagna non ha trovato il momentum, l’accelerazione auspicata nei caucus dell’Iowa. Se ci dovesse essere un vincitore a sorpresa, evento improbabile ma non impossibile vista la traiettoria demoscopica di Romney e soprattutto la tradizione del New Hampshire, il successo dovrebbero proprio arridere ad uno tra Paul e Huntsman. Gli elettori indipendenti, che solitamente sono molto numerosi alle primarie presidenziali dello Stato, scelgono abitualmente i candidati meno apprezzati dall’establishment, e uno tra Ron Paul o Jon Huntsman potrebbe davvero beneficiarne. Nel 2008 fu proprio il successo tra gli indipendenti che permise a McCain di battere Romney, che vinse tra gli elettori che si definivano repubblicani.


CONSERVATORI STACCATI – L’elettorato delle primarie repubblicane è piuttosto inusuale in New Hampshire. Nel 2008 le persone che si definivano ideologicamente come moderate erano la maggioranza relativa, un dato assolutamente peculiare nelle primarie del Gop. Anche per questo i candidati più a destra tra gli attuali sette contendenti per la nomination non sembrano avere grandi chance. Rick Santorum e Newt Gingrich combatteranno probabilmente tra di loro per spuntare un dignitoso quarto posto, ma già puntano le loro carte sulla più vicina, ideologicamente parlando, South Carolina. Nessuna possibilità neanche per Rick Perry, che probabilmente otterrà una percentuale da prefisso telefonico o poco più. La speranza del fronte conservatore, che dovrebbe però trovare un candidato unitario per pensare alla nomination, è un passo falso del favoritissimo Romney. Un successo poco convincente, oppure una sconfitta che sarebbe assolutamente clamorosa, sarebbe un colpo davvero duro sul piano mediatico per il frontrunner repubblicano, che si troverebbe in difficoltà proprio prima della sfida più dura, le primarie nella religiosa e conservatrice South Carolina. Le primarie del Gop potrebbero rivelarsi una passeggiata per Mitt Romney oppure un lungo calvario, e la traiettoria della competizione sarà decisa proprio in queste settimane.

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