di
Domenico D'Amico
Repetita
iuvant, ho pensato di fronte al libro di Michel Floquet (Triste
America, Neri Pozza 2016, pagg. 208, € 16,50). L'elenco di
magagne ascrivibili all'impero janqui (l'individualismo sociopatico,
la corruzione politica legalizzata, lo stato di guerra permanente, il
demenziale apparato securitario, l'odio per i poveri, eccetera
eccetera) per noi – sarebbe a dire i felici pochi che integrano i
ranghi dei nostri 2,5 lettori – non rappresentano la minima novità,
ma è comunque utile che ci sia chi si prende la briga di esporre in
modo chiaro e sintetico simili argomenti, perché lo spirito è
forte, la carne debole, e il colossale apparato della propaganda
imperiale è più forte che mai.
Tutto
bene? Sì, almeno finché non si arriva al capitolo dedicato al
consuntivo (va da sé, negativo) dell'amministrazione Obama. Le
pecche sono molte, e anche queste non sono una scoperta (impotenza di
fronte alle lobby delle armi, implementazione del mostruoso apparato
di sorveglianza, sostanziale inazione di fronte alla violenza sulle
minoranze, eccetera eccetera), ma quello che Floquet rimprovera più
aspramente a Obama (e qui, devo dirlo, sono rimasto davvero basito) è
il suo mancato intervento sul campo contro Assad!
È
affascinante: il giornalista Floquet, che giustamente
stigmatizza l'asservimento dei media janqui alla propaganda
menzognera di Washington, nel volgere di poche pagine ricicla tutta
la serie di totali falsità che i media occidentali hanno diffuso
sulla guerra contro
la Siria. Gli attacchi chimici di Assad, i ribelli moderati,
il pericolo russo, Floquet ripete tutte le frottole, tipiche di un
Aleppo
Media Center, allo sesso modo in cui il New York Times
diffondeva le bufale sulle armi di distruzione di massa di Saddam.
Non basta, nella sua “narrazione” vengono evocati, quasi con il
magone, i militari francesi che stavano già scaldando i motori per
andare a bombardare l'esercito siriano, e invece niente, quel
pusillanime di Obama, pur con in mano le “prove schiaccianti” che
Assad ammazzava i suoi concittadini a frotte (così, per sport), non
dà il via libera! Che disdetta, dice Floquet, abbiamo perso
l'occasione propizia, mentre
Un’opposizione multiforme sembra pronta a sferrare il colpo definitivo a Bashar al-Assad. In questo gruppo eterogeneo ci sono certamente islamisti, in particolare quelli del Fronte al-Nusra, versione locale di Al Qaeda, ma ci sono anche gruppi moderati, o addirittura democratici, che rappresentano la speranza di una Siria che aspira a congiungersi con il resto delle nazioni [sic!].
(…)Nell’agosto 2013, una Siria democratica è ancora possibile [sic!]. Tre anni dopo, il paese non esiste più e sulle sue macerie prospera lo Stato islamico.
(…)Mentre Barack Obama temporeggia, Putin avanza. L’annessione della Crimea e la destabilizzazione dell’Est dell’Ucraina senza una reale reazione statunitense portano subito un serio colpo alla credibilità del presidente americano. La gestione catastrofica della crisi siriana apre un’autostrada a Vladimir Putin, che non si lascia sfuggire l’occasione.
(…)Un asse Teheran-Mosca si crea nello spazio di qualche mese, nel vuoto siderale lasciato dal disinteresse e dalla mancanza di visione globale del presidente americano. Tutta la regione è destabilizzata [sic!], a cominciare dalle monarchie del Golfo, che vedono con orrore il nemico sciita prosperare alle loro frontiere sotto lo sguardo impotente del protettore americano [sic!].
Perdonate
i [sic!], mi sono scappati. A parte la patetica sequela delle solite
fregnacce sul super villain Putin, se avete letto l'inchiesta
di Steven Gowans pubblicata su questo blog, saprete già che
l'intera ricostruzione che Floquet fa della vicenda siriana è puro
delirio. Cioè, lo sarebbe, se non coincidesse con la propaganda
diffusa dai principali media occidentali nel corso degli ultimi anni.
In
fondo, però, simpatizzo con lui: potevamo ammazzare un bel po' di
siriani in più (ça
va sans dire,
in
nome della democrazia) e invece niente.
Coraggio,
Michel: domani è un altro giorno.
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