di Carlo Formenti da Micromega
Avete presente quel manifesto di propaganda dal quale occhieggia un
marziale zio Sam, puntando il suo ditone contro chi lo guarda per
invitarlo ad arruolarsi? Ebbene: ormai l’intera stampa europea sembra
essersi trasformata in una variante di quel manifesto, chiamando il
cittadino europeo a mobilitarsi contro i nemici esterni (Putin a Est e
Trump a Ovest) e interni (i movimenti antieuropeisti). Vedi, per esempio, Il Corriere
di lunedì 27 marzo che schiera nell’ordine: Angelo Panebianco (attenti
all’orso russo: se ci dividiamo diventeremo suoi protettorati); Sergio
Romano (se Trump ci abbandona attrezziamoci per autogestire la nostra
sicurezza); Michele Salvati (avanti con le riforme istituzionali per
garantire la “governabilità” – leggi: per concentrare tutto il potere
nelle mani di una minoranza oligarchica!). Il tutto condito da servizi
sulla repressione della dissidenza in Russia e dalle sempre più
frequenti frecciate nei confronti di un Renzi che, tentato dal
populismo, non ascolta più i saggi inviti di Padoan a chinare la testa
davanti agli ordini di Frau Merkel (ormai il tifo dei media di regime è
tutto per il malleabile Gentiloni).
Prima di passare al discorso sui nemici interni, chiariamo meglio chi
è questa zia Ue che vorrebbe imitare lo zio Sam. Lo fa Alessandro Somma
in un bell’articolo
apparso qualche giorno fa su queste stesse pagine, nel quale chiarisce
che l’annunciata Europa a due velocità non è altro che la costituzione
del nocciolo duro dell’imperialismo europeo, che chiama a raccolta i più
fedeli vassalli (Francia, Italia e Spagna) intorno alla Germania,
decisa a sfidare Usa e Russia, a imporre un’accelerazione delle riforme
(privatizzazioni, attacco al welfare e ai salari ecc.) e a gestire una
combinazione di chiusure e aperture (le prime per le persone le seconde
per merci e capitali) o, per dirla con le parole di Somma, a costruire
“un Superstato di polizia economica”. Polizia appunto: un ministro di
cui sentiamo sempre più spesso tessere le lodi è l’ineffabile Minniti,
che si è appuntato nuove medaglie con la gestione della giornata del 26
marzo scorso a Roma (se va avanti così Putin ce lo chiederà in
prestito).
Veniamo dunque al nemico interno, cioè alle forze come la piattaforma
Eurostop e le altre realtà politiche e sociali che hanno organizzato la
manifestazione contro la Ue in occasione delle celebrazioni per il
sessantesimo anniversario della Comunità. Dopo aver inscenato una
campagna terroristica che paventava devastazioni urbi et orbi
(contribuendo a desertificare Roma, e a far sì che i 27 euro papaveri
fossero i soli abitanti di un centro blindato, assieme alle loro guardie
del corpo e ai giornalisti che ne hanno immortalato la firma
sull’ennesima sacra alleanza contro i rispettivi popoli) tutti i media
hanno difeso la tesi della polizia, secondo cui le cose sono andate bene
solo grazie a un’efficace azione di prevenzione, mentre esistono prove
di un piano (fortunatamente fallito) per "devastare la città". In
effetti un piano c’era, ma non dalla parte dei manifestanti: lo
confermano il mostruoso schieramento di forze, le ripetute provocazioni
(dal "sequestro" di più di cento manifestanti, trattenuti per ore in un
centro di identificazione, alla rottura in due spezzoni del corteo alla
fine del percorso, al primo dei quali si è cercato di impedire di
defluire pacificamente, mentre il secondo veniva circondato e bloccato
senza che fosse stato lanciato nemmeno un tappo di bottiglia - e solo
grazie alla pazienza degli organizzatori la situazione si è sbloccata
senza incidenti). È chiaro che c’era una precisa volontà di provocare lo
scontro, trasformando gli annunci di sventura in profezie
autoavverantesi (centinaia di telecamere accompagnavano il corteo, nella
speranza di documentare il sangue versato e i danni alla città).
Infine la falsificazione dei numeri: si è parlato di mobilitazione
fallita e si è detto che i manifestanti erano 2000 (ma altrove si dice
che si sono effettuati 2000 controlli e che nel secondo spezzone del
corteo – quello circondato alla fine - c'erano 2000 “facinorosi” pronti a
entrare in azione: i soliti duemila che andavo avanti e indietro?). La
verità è che il corteo non contava meno di 8/10.000 persone: tantissime
ove si consideri la campagna terroristica di dissuasione, ma soprattutto
molti di più di quelli dei rachitici cortei pro euro di federalisti e
"sinistre radicali" (quelli che vorrebbero riformare la Ue
dall’interno). Sempre Somma, nell’articolo sopracitato, invita queste
ultime a prendere atto dell’irriformabilità della Ue, e della necessità
che si liberino della convinzione dogmatica che la dimensione
sovranazionale sia di per sé preferibile a quella nazionale. Mi associo,
e mi permetto di mettere in luce un curioso paradosso: nel 1914 le
socialdemocrazie si arresero agli argomenti nazionalisti legittimando la
Prima guerra mondiale, oggi le sinistre si arrendono al capitale
globale legittimandone la guerra di classe contro i proletariati
nazionali.
martedì 28 marzo 2017
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