martedì 28 marzo 2017

La Ue chiama alle armi

di Carlo Formenti da Micromega


Avete presente quel manifesto di propaganda dal quale occhieggia un marziale zio Sam, puntando il suo ditone contro chi lo guarda per invitarlo ad arruolarsi? Ebbene: ormai l’intera stampa europea sembra essersi trasformata in una variante di quel manifesto, chiamando il cittadino europeo a mobilitarsi contro i nemici esterni (Putin a Est e Trump a Ovest) e interni (i movimenti antieuropeisti).  Vedi, per esempio, Il Corriere di lunedì 27 marzo che schiera nell’ordine: Angelo Panebianco (attenti all’orso russo: se ci dividiamo diventeremo suoi protettorati); Sergio Romano (se Trump ci abbandona attrezziamoci per autogestire la nostra sicurezza); Michele Salvati (avanti con le riforme istituzionali per garantire la “governabilità” – leggi: per concentrare tutto il potere nelle mani di una minoranza oligarchica!). Il tutto condito da servizi sulla repressione della dissidenza in Russia e dalle sempre più frequenti frecciate nei confronti di un Renzi che, tentato dal populismo, non ascolta più i saggi inviti di Padoan a chinare la testa davanti agli ordini di Frau Merkel (ormai il tifo dei media di regime è tutto per il malleabile Gentiloni).
Prima di passare al discorso sui nemici interni, chiariamo meglio chi è questa zia Ue che vorrebbe imitare lo zio Sam. Lo fa Alessandro Somma in un bell’articolo apparso qualche giorno fa su queste stesse pagine, nel quale chiarisce che l’annunciata Europa a due velocità non è altro che la costituzione del nocciolo duro dell’imperialismo europeo, che chiama a raccolta i più fedeli vassalli (Francia, Italia e Spagna) intorno alla Germania, decisa a sfidare Usa e Russia, a imporre un’accelerazione delle riforme (privatizzazioni, attacco al welfare e ai salari ecc.) e a gestire una combinazione di chiusure e aperture (le prime per le persone le seconde per merci e capitali) o, per dirla con le parole di Somma, a costruire “un Superstato di polizia economica”. Polizia appunto: un ministro di cui sentiamo sempre più spesso tessere le lodi è l’ineffabile Minniti, che si è appuntato nuove medaglie con la gestione della giornata del 26 marzo scorso a Roma (se va avanti così Putin ce lo chiederà in prestito).
Veniamo dunque al nemico interno, cioè alle forze come la piattaforma Eurostop e le altre realtà politiche e sociali che hanno organizzato la manifestazione contro la Ue in occasione delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della Comunità. Dopo aver inscenato una campagna terroristica che paventava devastazioni urbi et orbi (contribuendo a desertificare Roma, e a far sì che i 27 euro papaveri fossero i soli abitanti di un centro blindato, assieme alle loro guardie del corpo e ai giornalisti che ne hanno immortalato la firma sull’ennesima sacra alleanza contro i rispettivi popoli) tutti i media hanno difeso la tesi della polizia, secondo cui le cose sono andate bene solo grazie a un’efficace azione di prevenzione, mentre esistono prove di un piano (fortunatamente fallito) per "devastare la città". In effetti un piano c’era, ma non dalla parte dei manifestanti: lo confermano il mostruoso schieramento di forze, le ripetute provocazioni (dal "sequestro" di più di cento manifestanti, trattenuti per ore in un centro di identificazione, alla rottura in due spezzoni del corteo alla fine del percorso, al primo dei quali si è cercato di impedire di defluire pacificamente, mentre il secondo veniva circondato e bloccato senza che fosse stato lanciato nemmeno un tappo di bottiglia - e solo grazie alla pazienza degli organizzatori la situazione si è sbloccata senza incidenti). È chiaro che c’era una precisa volontà di provocare lo scontro, trasformando gli annunci di sventura in profezie autoavverantesi (centinaia di telecamere accompagnavano il corteo, nella speranza di documentare il sangue versato e i danni alla città).
Infine la falsificazione dei numeri: si è parlato di mobilitazione fallita e si è detto che i manifestanti erano 2000 (ma altrove si dice che si sono effettuati 2000 controlli e che nel secondo spezzone del corteo – quello circondato alla fine - c'erano 2000 “facinorosi” pronti a entrare in azione: i soliti duemila che andavo avanti e indietro?). La verità è che il corteo non contava meno di 8/10.000 persone: tantissime ove si consideri la campagna terroristica di dissuasione, ma soprattutto molti di più di quelli dei rachitici cortei pro euro di federalisti e "sinistre radicali" (quelli che vorrebbero riformare la Ue dall’interno). Sempre Somma, nell’articolo sopracitato, invita queste ultime a prendere atto dell’irriformabilità della Ue, e della necessità che si liberino della convinzione dogmatica che la dimensione sovranazionale sia di per sé preferibile a quella nazionale. Mi associo, e mi permetto di mettere in luce un curioso paradosso: nel 1914 le socialdemocrazie si arresero agli argomenti nazionalisti legittimando la Prima guerra mondiale, oggi le sinistre si arrendono al capitale globale legittimandone la guerra di classe contro i proletariati nazionali.

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