di Tonino D'Orazio 27 marzo 2017.
Bisogna capire prima di tutto cos’è
la ricchezza. Esiste la “soglia di povertà” e tutte le sue suddivisioni
molto precise. Non esiste la “soglia di ricchezza”. Spesso, dal gossip,
siamo interessati dai più ricchi tra i ricchi e vi sono molti giornali e
riviste che non fanno altro che costruire un mondo di sogno, o di
invidia indotta, per intere popolazioni. La parola “ricchi” è un
amalgama di ceti e ambienti molto diversi, ma in genere raggruppa quelli
che sono al top di tutte le varie aree economiche e sociali: i grandi
padroni, i finanzieri, i palazzinari, gli uomini politici, i proprietari
di giornali e televisioni, gente di lettera (scrittori, giornalisti,
opinionisti …), showman televisivi, showgirl famose, i boiardi di stato …
Comunque, malgrado la loro eterogeneità, questi “ricchi” sono una
“classe” mobilitata a difendere solo i propri interessi a tutti i costi.
Spesso a fianco alla ricchezza economica c’è anche quella
culturale: mondo dei musei, vendite all’asta, collezionisti, musica
operistica, cantanti, scrittori best seller … nei cocktails, nelle
mostre pittoriche e cinematografiche. Nei luoghi dove “bisogna
esserci”.
C’è anche un’altra ricchezza, più informale ma altrettanto
potente, quella “sociale”, una specie di “portafoglio” di relazioni
sociali utile al momento opportuno e dove sono utilizzati soprattutto i
“politici”. E’ quella dei Club, dei Circoli, delle Top e Vip
associazioni, dei circoli elettorali, dei “padroni delle tessere”, se
non della massoneria. Sono quasi sempre gli stessi che si riuniscono, e
lo fanno sapere. Questo può essere interpretato anche come un faticoso
“lavorio” sociale di imposizione tematica e di occupazione sistematica
della scena.
Un’ultima forma di ricchezza è quella simbolica. Cioè
basta citare un nome di famiglia, per esempio Agnelli, Ferrero,
Berlusconi o Rothchild, per non dover dare nessuna spiegazione.
Sono
i tipi di ricchezza che danno potere, suggestione, sugli altri. E’ una
violenza formidabile che tocca la gente nel più profondo del loro
spirito e del loro corpo. E’ un processo di disumanizzazione, una logica
predatoria, una casta che sbriciola il resto della società per
inghiottirla. E’ una violenza incredibile, che spezza la vita degli
individui, che li colpisce nella loro dignità, nel lavoro e
nell’assenza, e complessivamente ne fiacca lo spirito. Istillano il
neoliberismo nei loro cervelli. Questi ultimi accettano che gli
interessi specifici delle oligarchie, dei ricchi, dei dominanti,
diventino “interesse generale”. E’ la loro guerra totale ai poveri.
Un esempio straordinario è come gli speculatori, i ricchi, siano
riusciti a far passare la crisi finanziari pura del 2008 (che dura
tuttora) come crisi globale. La loro crisi è diventata la crisi di
tutti. A quelli che con cartelloni e manifestazioni dicono che non
vogliono pagare la loro crisi possono rispondere tranquillamente,
insieme ai socialisti europei: “Che volete farci, è la crisi globale!”.
Solo in Islanda non ci sono riusciti. Hanno messo in galera i ricchi
speculatori, i dirigenti di banche (da noi vengono premiati), e
sequestrato i “loro” beni, evitando che la crisi fosse di tutti gli
islandesi.
E poi c’è la sindrome di Stoccolma, dove il torturato ama
il suo aguzzino. Ed è l’impasse più straordinaria della vittoria dei
ricchi. L’aver asservito i poveri in nome della libertà. Tutti sono
convinti di essere liberi di organizzare il proprio futuro, di comperare
macchine e telefonini, di fare mutui trentennali per la casa, di
guardare stupide trasmissioni televisive. (Dico stupide perché in questi
ultimi anni il gossip e la pubblicità hanno raggiunto quasi il 75%
degli spazi occupati; e poi la pubblicità di Mediaset che testualmente,
da anni, invita a guardare i suoi canali come “libera televisione”,
“libera scelta”).
Quella dei ricchi è una casta che possiede, per
esempio tramite azionariato borsistico, praticamente tutto quello che si
compera, si vende o si accumula come ricchezza. La Borsa è una “grande
famiglia”, non vorrei esagerare, formata massimo tra 300 nuclei
incrociati. Il Mib è più che una Borsa, è un vero e proprio “spazio
sociale”, se non familiare dove si sposano, divorziano o si “mangiano”
tra loro, con scorazzate a bande. Incredibilmente, malgrado gli
scandali, i piccoli “risparmiatori” ci mettono i soldi. Uno spazio saldo
però dei “poteri forti”, difficilmente accessibile per qualcun altro in
area apicale. Sono le famiglie alle quali lo stato ha regalato
impunemente tutte le sue ricchezze di beni comuni e tra poco anche i
libretti postali di risparmio. Tutto è loro dovuto. Con arroganza.
Ultimo, un certo Briatore ancora in cerca di regali (sanità, scuole …):
"I poveri non creano lavoro, ben vengano i ricchi". Sembra quasi avere
ragione, come se, senza di loro, tutti rimarrebbero morti di fame. E’
una violenza tipo mobbing, una molestia continua, un ricatto perpetuo,
una colpevolizzazione.
Anche se diffidenti non riusciamo a pensare
sempre alla manipolazione dei cervelli, eppure come esempio abbiamo la
“corruzione” delle parole che corrompono profondamente il pensiero.
Sappiamo che le parole, a cominciare da “riforme” non hanno più lo
stesso senso da tempo. La “flessibilità” (nascosta anche come
flex-security) ha corrisposto a “precarietà”; “il partenariato sociale”
non corrisponde più a trattativa “sindacati-datoriali”; addirittura
possono esistere e utilizzati ossimori come “solidarietà conflittuale”.
Le parole sono annebbiate. Si dovrebbe verificare il dizionario minimo
ad ogni vocabolo per vedere se corrisponde al concetto. Sono addirittura
riusciti a far passare il messaggio che essere contro i ricchi
significa perdere posti di lavoro. Diventare martiri sembra funzionare.
Insomma hanno fatto un lavoro eccellente senza sforzo.
Sicuramente
aiutati dalle destre che sviano i problemi caricando il tutto sugli
immigrati, e anche dei neoliberisti dolci vestiti di rosa che ne hanno
assunto alcune teorie e parte dell’ideologia di fondo. Da qui la
difficoltà dei poveri ad avere alternative vere per un minimo, anche
minimissimo, riequilibrio.
Invece il concetto di ricchezza è meno
chiaro in basso. Come si può confrontare un salario di 1.000 euro (già
al disotto del minimo vitale considerato dall’Istat intorno a 1.300
euro, che è già una presa in giro di questi tempi di jobs act e non
solo, in più se si pensa anche alle pensioni), con uno più “ricco” di
1.600 euro, oppure di uno eccezionale di 10.000 €? Siamo sempre in un
rapporto di 1 a 10 fra basso e alto. Invece la ricchezza dei più ricchi è
un pozzo senza fondo, come un iceberg di cui si vede solo la punta o
solo il “trasudo” proprietario apparente e appariscente. A volte si
individua qualcosa quando vengono inquisiti per azioni malevoli di
decine o centinaia di milioni di euro ai danni dello stato, cioè di
tutti, per fallimenti stratosferici o per bonus sicuramente non dovuti.
Se pensate a Montezemolo (famiglia Agnelli) che ogni tre/quattro anni
distrugge l’impresa a lui “affidata” dagli amici e scappa con un bottino
chiamato “bonus”; che magari ha già speso, come l’acconto, 20 milioni
di euro, per delle Olimpiadi a Roma che non si faranno mai, e dove il
Comune sta ancora pagando i debiti della sua straordinaria gestione di
Italia90. Come a Milano rimangono quelli dell’Expo. I ricchi hanno
bisogno di fiumi di denaro per fare finta di lavorare. Hanno bisogno che
i poveri capiscano che hanno assolutamente bisogno di un capo (anzi un
leader) che li comandi, democraticamente. Sono riusciti, nel basso, a
modificare le cooperative, che mettono insieme il lavoro e spartiscono
equamente i benefici, in cooperative “sociali” con a capo presidente,
strutture varie, che non spartiscono un bel niente e a volte i
lavoratori ne devono compensare le perdite. Grande vittoria sul concetto
che “il lavoro rende liberi” imprigionandovi e schiavizzandovi i
poveri. Infatti i ricchi non lavorano.
lunedì 27 marzo 2017
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