di Carlo Formenti da Micromega
Il Corriere del 29 marzo dedica una doppia pagina agli
incedenti sulla riviera salentina che hanno visto una dura repressione
poliziesca contro alcune centinaia di cittadini (compresi alcuni sindaci
dei comuni dell’area) che cercavano di opporsi all’espianto degli ulivi
per lasciare posto al cantiere della TAP (Trans Adriatic Pipeline), un
gasdotto che dovrebbe portare il gas dalle regioni del mar Caspio al
nostro Paese attraverso i Balcani. Non sto a
ricostruire tutta la storia del Comitato No Tap e delle lotte che negli
ultimi anni hanno contrapposto cittadini salentini, azienda TAP e
governo nazionale (da sempre allineato con gli interessi dell’azienda,
mentre la Regione Puglia si è schierata con il movimento). A chi volesse
approfondire le ragioni (ambientali, economiche e sociali) del No
consiglio di visitare il sito del Comitato http://notransadriaticpiperline.blogspot.it. Qui mi limito a commentare il modo in cui il caso viene trattato giornalisticamente.
Cominciamo da un trafiletto firmato dall’ineffabile Pierluigi
Battista, dal titolo significativo “Opporsi per ideologia. A che cosa?
Poco importa”. Qui vengono riproposte paro paro le tesi che da anni sono
utilizzate dai media di regime contro il movimento No Tav: 1) i motivi
di opposizione al progetto sono del tutto pretestuosi (mai il minimo
accenno ai contributi di scienziati, tecnici ed esperti che, in ambo i
casi, dimostrano l’inutilità e la dannosità dei progetti contestati) e
servono solo a mascherare l’ideologia dei mestatori antagonisti che
sobillano le popolazioni locali; 2) il progetto contestato è un’opera
fondamentale che “porta energia e ricchezza” (leggere cosa pensano e
dicono in merito i cittadini interessati); 3) se passasse la logica
“nullista” del no generalizzato non avremmo ferrovie, elettricità, case
comode, che non sporcano e il cui impatto ambientale “è stato studiato”
(soprattutto dagli esperti delle aziende interessate!).
Peccato che tutte queste belle cose nel nostro Meridione non ci
siano! Battista dovrebbe farsi un viaggio sulla statale ionica 106 o
sulla parallela linea ferroviaria Taranto Reggio Calabria, respirare a
pieni polmoni l’aria attorno all’Ilva, o abitare nelle “comode” case
della Terra dei fuochi nel Casertano, forse così capirebbe che crescita e
sviluppo nel Meridione ridotto a colonia non sono mai arrivati e che
qui modernità, sviluppo e tecnologia hanno voluto dire soprattutto
devastazione ambientale e degrado sociale e umano. Ma, argomenta
Battista, “alla fin fine bisogna arrivare a una conclusione”, e una
volta che questa conclusione “democraticamente decisa” è arrivata, ora
va rispettata. Democratica come le decisioni di una Ue che risponde solo
alle lobby industriali e finanziarie e non ai cittadini europei, o di
uno stato italiano che di quelle istituzioni oligarchiche si è fatto
mero e servile esecutore? Ma la democrazia non dovrebbe misurarsi e
dialogare con la libera volontà e con gli interessi delle comunità che
subiscono gli effetti delle scelte che le riguardano?
E l’opposizione della Regione? Il ministro dell’Ambiente e della
tutela del territorio e del mare, (!?) Gian Luca Galletti, ha le idee
chiarissime in proposito: “Ritengo di appartenere a una vecchia scuola
di pensiero, secondo la quale un governatore regionale dovrebbe stare in ogni caso
(sottolineatura mia) dalla parte dello Stato, pur facendosi carico
delle rimostranze dei suoi cittadini”. Effettivamente la sua scuola di
pensiero è assai vecchia: risale alle convinzioni degli elitisti del
primo Novecento che ritenevano sbagliato consentire ai cittadini di
avere voce in capitolo su argomenti “che non possono capire”, ed erano
convinti che il ruolo dei funzionari di stato e degli amministratori
locali fosse quello di obbedire tacendo ai comandi delle élite di
governo.
Infine vediamo convocato – nel taglio basso di una delle due pagine –
Guido Vitale, finanziere e membro del cda del Fai (Fondo ambiente
italiano). Una curiosa commistione di ruoli rispetto alla quale è lecito
dubitare che il cuore lo induca a privilegiare il primo. E infatti
liquida con un’alzata di spalle gli argomenti degli ambientalisti e
ribadisce (vedi sopra) che “su questioni di interesse nazionale le
amministrazioni locali non devono avere poteri di veto”. Del resto,
spiega l’intervistatore, Vitale, piemontese ma pugliese di adozione,
conosce bene i problemi della regione visto che “ogni anno apre le porte
della sua sontuosa dimora in valle d’Itria a imprenditori e banchieri”…
venerdì 31 marzo 2017
Il gasdotto Tap, il Corriere e una strana idea di democrazia
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