La settimana scorsa ci sono stati diversi
commenti un po’ pepati perché, in un articolo che parlava di
tutt’altro, abbiamo citato la questione vaccini. Se posti la parola
“vaccino” su Facebook, non importa se inserita in un contenuto che verte
su altri argomenti, scatenerai orde di commentatori monotematici, un
po’ come se parli di veganesimo, se auguri “buon natale” sul gruppo
Facebook dell’UAAR o se posti il nuovo logo della Juventus.
Ora, io sono una persona i cui coglioni
girano con estrema facilità. Non ho problemi con opinioni e
argomentazioni contrarie alle mie, finché hanno una base logica. La cosa
che mi manda fuori dai gangheri sono le mezze frasi poggiate sul nulla e
la difesa dell’opinione non informata “perché le opinioni sono tutte
uguali”, che lo capite da soli che è una cazzata: se io dico “i maiali
volano” non è un’opinione, è una puttanata. Perché? Perché i maiali non
volano, è un dato di fatto. Per dimostrarlo potremmo lanciare maiali da
una torre gridando “vola!”, ma sarebbe uno spreco. Ora, immaginate che
qualcuno vi dica “ma no, i maiali potrebbero volare, non lo fanno perché
sono pigri”. Che fate? Arretrate senza perdere il contatto visivo o
chiamate l’Unità Ospedaliera di Salute Mentale? Perché, se gli date
retta, avete voi un problema.
Adesso, torniamo ai vaccini, e partiamo da un dato semplice: i vaccini sono farmaci. Come per tutti i farmaci, anzi, come per tutti gli interventi sanitari, si parla sempre di rapporto fra rischi e benefici: nel
valutare se è il caso o meno di utilizzare un farmaco o un trattamento,
si deve tenere conto sia degli effetti positivi che di quelli negativi.
Sia i benefici che eventuali effetti collaterali devono essere valutati
rispetto a due fattori: l’entità e la probabilità di comparsa.
Ovviamente i benefici sono “desiderati”: un dato farmaco è studiato per
dare un certo effetto, che porti a un miglioramento della salute del
paziente o che prevenga in modo efficiente l’insorgere di una malattia,
in modo che il rapporto sia sempre vantaggioso rispetto a eventuali
effetti indesiderati, che devono sempre essere “meno” e “meno gravi” dei
benefici.
Esempio bischero: un effetto collaterale
piuttosto comune dell’aspirina sono i bruciori di stomaco, ma se hai la
febbre e ti fa male ogni cazzo di giuntura un’aspirina la prendi,
pazienza se hai sfiga e ti brucia un po’ lo stomaco. Perché lo fai?
Perché sai che la probabilità che ti faccia stare meglio è altissima,
mentre quella di patire effetti collaterali è molto, molto più bassa ed è
comunque un’alternativa migliore al malessere. A meno che uno non sia
allergico al farmaco, se i disturbi derivanti da febbre, dolori e simili
diventano molto fastidiosi non ha senso non prendere un’aspirina. A meno che uno non ci goda a stare male, ma quello è un problema suo.
Dicevamo: l’aspirina. Se siete adulti e avete febbre e dolori, l’aspirina vi farà stare molto meglio. L’aspirina, però, non viene più prescritta ai bambini. Perché? Perché c’è una correlazione fra l’uso del farmaco e l’insorgenza della sindrome di Reye,
una malattia ancora poco conosciuta, ma molto grave e pericolosa, che
colpisce in tenera età. È una sindrome rara, ma il rischio che il
farmaco la scateni è troppo alto rispetto agli effetti dell’aspirina.
Rischi e benefici non si equivalgono, in questo caso, per cui
l’aspirina, ai bambini, non si può dare.
Nessuno dice che i farmaci non possano avere effetti collaterali.
L’aspirina, come abbiamo visto, ce li ha, soprattutto nei bambini, ed è
per questo che a loro non viene prescritta. Nel caso dei vaccini, però,
gli effetti collaterali sono meno frequenti e meno gravi rispetto ai benefici dell’effetto del vaccino,
ossia prevenire malattie le cui complicazioni possono essere molto
gravi e ben più frequenti del manifestarsi di effetti collaterali.
Pensateci: perché l’aspirina e altre decine di farmaci non vengono
somministrati ai bambini perché fanno male, ma i vaccini sì? Vi pare una
cosa logica? No, non lo è. La spiegazione semplice è che i vaccini, a
differenza di altri farmaci, non hanno effetti collaterali importanti
rispetto ai benefici derivanti dalla vaccinazione.
Prendiamo per esempio la difterite: un bambino che prende la difterite ha il 5% di probabilità di morire.
Un bambino che prende il vaccino DTP (che peraltro funziona anche
contro tetano e pertosse) ha invece il di rischio di convulsioni
(seguito da un completo recupero) nello 0,06% dei casi, e di sviluppare
un’encefalopatia acuta nello 0,001% dei casi. Il rapporto
rischi-benefici è chiaramente molto sbilanciato in favore del vaccino:
prendere la difterite, oltre ad essere una brutta gatta da pelare in sé,
è estremamente rischioso.
Ho citato l’aspirina, però, per un altro motivo: come nel caso dell’aspirina e della sindrome di Reye, se
c’è una correlazione dimostrata fra una malattia e un farmaco, ci sono
enti preposti a raccogliere le prove necessarie e a cambiare (o
sospendere) le modalità di prescrizione e somministrazione di quel
farmaco. Sono decine i farmaci ritirati dal commercio per questi motivi. L’AIFA,
l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha liste di monitoraggio continuamente
aggiornate e, su richiesta, fornisce tutti i dati che volete.
Adesso ripetete con me: non c’è correlazione fra vaccini e autismo. Non esiste, se l’era inventata un ex-medico, che era stato pagato da un avvocato per inventarsi quegli studi, che avrebbero fatto da base per una causa legale. Si tratta di vicende ampiamente documentate, ci sono interviste, atti processuali e soprattutto tutti i contro-studi che hanno smontato la falsa teoria di Wakefield, che sono davvero tanti: nessun complotto, nessun mistero, solo una truffa. Se un bambino è autistico, le cause sono altre: quali siano di preciso non è ancora certo, ma è sicuro che non sia colpa dei vaccini.
Vi ricordate l’AIDS? Ci misero un bel po’
a capire da dove veniva, come si trasmetteva e come rallentarne e
bloccarne gli effetti. Ora, non è che siano andati a caso: sapevano di
sicuro una serie di cose che sicuramente non lo causavano (per
esempio sono sicuro che l’aspirina sia stata esclusa quasi subito dalla
lista delle possibili fonti di contagio). L’autismo è un argomento
vastissimo e ancora nebuloso, è ancora oggetto di studi, ma i passi
avanti ci sono: bisogna guardare a quelli, non remare contro alla
ricerca.
Capisco che chi abbia casi di autismo in
famiglia possa voler trovare nei vaccini la causa del proprio dolore,
sostenendo che il bambino o la bambina hanno avuto problemi dopo la
somministrazione. Innanzitutto, ovviamente, mi dispiace: sono situazioni
spesso difficili che per qualcuno possono essere difficili da gestire.
Ma questo non vuol dire che “dopo qualcosa” equivalga a “a causa di”.
Ve lo spiego con un altro esempio.
“Dopo il disastro in Messico della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon
del 2010 sono ulteriormente diminuiti gli esemplari di lupo messicano,
tanto che oggi l’animale è a rischio estinzione”. Sembra sensato, vero?
Ma non lo è: i lupi messicani sono a rischio a causa della diminuzione
delle loro prede naturali, che li spinsero verso i centri abitati
portando l’uomo a ucciderne troppi, non c’entra nulla l’incidente della Deepwater Horizon (che è causa di altri problemi, per esempio della morte di pesci e delfini). E non c’entra nulla neanche l’aspirina, di nuovo.
Chiaramente chi viene colpito da una
tragedia o da una situazione imprevista e potenzialmente dolorsa cerca
due cose: una soluzione e un colpevole. In mancanza della prima, si
acuisce il desiderio del secondo: ci deve essere un colpevole, e deve pagare.
È una reazione normale. Purtroppo non è sempre così, è una cosa dura da
accettare, ma – scusate la brutalità – incaponirsi nel voler dare la
colpa ai vaccini rischia di essere una perdita di tempo ed energie.
Emotivamente è chiaro che chi vive queste situazioni ha bisogno di tutta
la comprensione e il supporto possibili, ma razionalmente è meglio supportare la ricerca,
quella vera, in modo che malattie e sindromi ancora poco conosciute
diventino sempre più controllabili, risolvibili o, ancora meglio,
prevenibili.
Un’altra falsa credenza che può apparire
ragionevole è quella secondo cui “troppi vaccini tutti insieme fanno
male”, perché in effetti 13 vaccini in un anno sembrano tanti.
Ma in realtà ogni bambino avrebbe la capacità teorica di rispondere a
molti più antigeni contemporaneamente, senza indebolire o sovrastimolare
il sistema immunitario. Com’è possibile? Semplice. I vaccini non sono
altro che preparati contenenti una forma inattiva, attenuata o resa
inoffensiva del patogeno da combattere (come funzionano i vaccini lo
trovate qui).
E un bambino entra in contatto con centinaia di migliaia di patogeni,
virus e batteri, continuamente: attraverso l’aria, il cibo, le cose che
tocca. E i vaccini, a differenza degli agenti patogeni che si incontrano
in giro, sono fatti e iper-testati per essere innocui e migliorano col
tempo. Quindi i vaccini che un bambino fa in un anno non sono “troppi”, sono
quelli che gli servono per non ammalarsi e non rischiare complicazioni
anche gravi. Ricordate il rapporto rischi-benefici? Quello. Meglio il
vaccino contro il meningococco, che ha effetti collaterali rarissimi e
marginali, o la meningite, che uccide nel 10% dei casi e nel 25% dei
casi porta a amputazioni, paralisi e danni neurologici permanenti?
Chiedetelo a quella campionessa (sportiva, di umanità e autoironia) che è
Bebe Vio.
Vorrei dirvi che non voglio mettervi paura, ma è proprio così: voglio
mettervi paura. Perché stiamo parlando di danni gravissimi evitabili in
modo semplice: non vaccinare contro alcune malattie vuol dire prendersi un rischio enorme senza motivo.
Molti tirano in ballo una questione economica: ci fanno vaccinare i bambini per lucrarci su!!1!
È una teoria che potrebbe sembrare sensata, dopo tutto le case
farmaceutiche, essendo aziende, devono generare profitti. Ma,
nuovamente, il binomio vaccini-business viene smentito dai fatti. A
parte che i vaccini obbligatori sono gratuiti,
In Italia la spesa farmaceutica totale per i vaccini è pari a circa 318
milioni di euro all’anno circa, che sembrano tantissimi ma che sono in
realtà appena l’1,4% della spesa farmaceutica totale e
il 2,5% della spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Per
avere un metro di paragone, ricordate il bruciore di stomaco
dell’aspirina? Ecco, per farmaci antiacidi e antiulcera in Italia si
spendono oltre mille milioni di euro l’anno, pari al 4,6% della spesa
farmaceutica totale. Insomma: i vaccini rendono meno della gastrite.
Il “business” del farmaco è altrove, anche perché in realtà curare
qualcuno che prende una malattia costa molto di più che vaccinarlo. Se
le case farmaceutiche volessero fare soldi facili dovrebbero puntare sul
non vaccinare: l’epidemia di morbillo del 2002, che ha fatto anche
registrare un picco di casi di polmonite post-morbillosa ed encefalite è costata nove milioni di euro in ricoveri e almeno altri 9 milioni per il resto delle cure.
E se dite “vabbé, ma è morbillo, io l’ho fatto e non fa danni” vi vengo
a prendere a sberle: secondo l’Oms il morbillo miete circa 140.000
vittime l’anno, e quasi tutti bambini sotto i cinque anni. Sono 15
bambini morti all’ora. È su questo che volete accanirvi?
Ora, possiamo discutere quanto volete sui
vaccini e su quali siano da rendere obbligatori (non tutti i vaccini
sono uguali), possiamo dibattere sul fatto che un vaccino obbligatorio
debba essere gratuito, ma la maggior parte delle critiche mosse ai
vaccini, dal numero degli stessi, alla pericolosità, ai costi per i
cittadini, sono spessissimo frutto di “sentito dire”, di bufale inventate da pezzi di merda senza scrupoli che vogliono vendervi rimedi naturali inefficaci e costosi
lucrando sulle vostre paure e sul vostro dolore, facendovi correre
rischi enormi e soprattutto facendoli correre ai vostri figli. Cercate
“rimedi naturali morbillo”, per esempio. Secondo uno di questi siti di
espertoni del cazzo, per curare il morbillo una volta preso servirebbero
euphrasia, stramonium, pulsantilla, gelsemium e sulphur (un modo
altisonante di chiamare eufrasia, stramonio, anemone primaverile,
gelsemio e zolfo), che sono rimedi erboristici e naturali, ma che vanno
usati in preparati omeopatici – quindi col principio attivo praticamente
assente. Facciamo due conti, vi va?
Euphrasia, 7,71 € da Farmaline.
Sulphur, 15,00 € da Biovea.
Stramonium, 10,60 € da Lehning.
Pulsantilla, 10,60 € da Lehning.
Gelsemium, 13,15 € da Vivomed.
Sulphur, 15,00 € da Biovea.
Stramonium, 10,60 € da Lehning.
Pulsantilla, 10,60 € da Lehning.
Gelsemium, 13,15 € da Vivomed.
Quindi: il vaccino, per adesso
facoltativo, costa circa sessanta euro a prezzo pieno (ma in molte
regioni è gratuito o fortemente scontato) mentre i preparati omeopatici per lenire le pene da morbillo costano… la stessa cifra. Inoltre, dall’800 a oggi, non c’è mai stato nessuno studio che dimostri l’efficacia di questi farmaci. A differenza dei vaccini.
Ditemi un po’, di nuovo, chi è che vi sta prendendo per il culo?
Adesso, per favore, prima di fiondarvi a
commentare che sono un servo delle case farmaceutiche, che è tutto un
complotto, vi prego: prendetevi un po’ di tempo per pensarci su,
leggetevi i link nell’articolo, pensate al numero di farmaci non immessi
in commercio o ritirati perché dannosi, pensate al costo dei rimedi
“non tradizionali” rispetto a quelli passati o scontati dal Servizio
Sanitario Nazionale, leggetevi la storia di Wakefield controllando gli
atti processuali, pensate se ha davvero senso un complotto per cui si
farebbero più soldi con persone malate, ma in cui si sceglie di
investire in prevenzione, e chiedetevi se chi vende rimedi “alternativi”
non cerca anche lui un profitto. Fatevi due conti, davvero.
La medicina non è infallibile, le case
farmaceutiche sono aziende, il Servizio Sanitario Nazionale è tutto meno
che perfetto. È tutto vero. Ma nessuno vi prende per il culo su queste
cose, ci sono dati, studi, statistiche, basta avere voglia e tempo di
leggerle. La truffa sta altrove, sta nel nutrirvi di sfiducia e paura
per farvi comprare roba costosa e inutile che finisce, con ricarichi
enormi, nelle tasche di pochi furbi stronzi.
Buona riflessione.
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