di Andrea Banares da soggettopoliticonuovo
Tra giugno 2012 e maggio 2013 il Mib, il principale indice della
Borsa italiana, guadagna oltre il 35%. Davvero niente male per un Paese
che sta entrando nel settimo trimestre consecutivo di calo del Pil.
Consumi e produzione industriale crollano, la fiducia è ai minimi,
viviamo una stagione di instabilità politica e sfiducia sociale. Ma la
finanza vola. 35% in un anno, un dato che dovrebbe corrispondere a un
vero e proprio boom economico e a una sfavillante fiducia nel futuro.
Cosa sta succedendo, esattamente? Andiamo indietro di qualche anno,
negli Usa. La bolla dei titoli tecnologici esplode a cavallo del nuovo
millennio. Negli anni precedenti i mercati erano in preda a un’euforia
sfrenata, chiunque investisse in una società informatica vedeva il
proprio capitale crescere a dismisura. Il valore di Borsa cresceva al di
là di qualsiasi fondamentale economico. L’aumento della domanda dei
titoli ne faceva salire il prezzo, e l’aumento del prezzo causava un
ulteriore aumento della domanda. La classica bolla finanziaria che si
autoalimenta. Finché un evento in sé limitato non porta qualcuno a
vendere, scatenando l’effetto valanga: le vendite fanno scendere il
prezzo, il che porta altri investitori a disfarsi dei titoli, in breve
si scatena il panico. Facciamo un altro salto all’indietro, di quasi
quattro secoli. Nel XVII secolo i tulipani sono la nuova moda nelle
corti europee. Alla crescita della domanda di bulbi alcuni mercanti
iniziano a comprarli non per coltivare tulipani, ma sperando che il
prezzo continui a salire. Più i prezzi salgono, più persone vengono
attratte da questa speculazione e il fenomeno si auto-amplifica. Nel
1635 un bulbo viene venduto a 5.000 fiorini, mentre un maiale ne costava
30 e una tonnellata di burro 10. Fino all’inevitabile scoppio della
bolla e alla successiva crisi. Due situazioni per molti versi simili.
Cambia però la reazione delle istituzioni. Nel XVII secolo, i giudici si
rifiutano di riconoscere i debiti nati dalla bolla dei tulipani,
equiparandoli a gioco d’azzardo. Nel 2001, quando scoppia la bolla
tecnologica, la banca centrale statunitense taglia i tassi, per fare
ripartire il sistema immettendo più denaro in circolazione. Sto giocando
al casinò, finché vinco mi tengo il bottino, quando perdo mi danno la
possibilità di acquistare nuove fiches a un prezzo scontato, per
continuare a giocare come e peggio di prima. Un gigantesco azzardo
morale. Una montagna di soldi facili che segna l’avvio di una nuova
bolla, questa volta nel settore immobiliare. Com’è andata a finire è
ormai noto: nel 2007 i mutui subprime , il fallimento della Lehman
Brothers e la peggiore crisi degli ultimi decenni. Come se ne è usciti?
Semplice, inondando nuovamente i mercati di soldi. Indebitando gli Stati
per migliaia di miliardi per foraggiare il sistema finanziario
responsabile della crisi e portando i tassi ai minimi storici. Non che
in una situazione di crisi sia sbagliata l’idea in sé di iniettare
denaro pubblico per fare ripartire l’economia, la politica opposta è la
sciagurata austerità che stiamo vivendo in Europa. Ma l’ibrido di
liquidità illimitata per la finanza e austerità per gli Stati e i
cittadini è surreale. I piani di salvataggio arrivano senza condizioni.
Un assegno in bianco dal pubblico al settore finanziario, e si riparte.
Con una bolla del petrolio, poi dell’oro. A cavallo del 2008 il prezzo
del grano e del mais raddoppia sui mercati internazionali, senza che ci
sia alcun motivo reale, una siccità, una grandinata, l’invasione delle
cavallette, che possa minimamente giustificarne l’andamento. Tutto
questo mentre l’austerità e i tagli alla spesa pubblica significano meno
risorse nel sistema economico e recessione. In questa situazione,
naturalmente i capitali si indirizzano verso la speculazione e si
allontanano dalle attività produttive, amplificando la bolla finanziaria
da una parte e la stessa recessione dall’altra. Il sistema bancario
contribuisce in maniera determinante. In Italia, con i tassi di
riferimento così bassi, e un costo della raccolta del denaro che rimane
alto, è difficile guadagnare su prestiti e mutui. Le difficoltà di
famiglie e imprese nel restituire i prestiti portano inoltre all’aumento
delle sofferenze bancarie e dei crediti deteriorati. Per fare quadrare
il bilancio, si investe massicciamente in titoli finanziari. L’attività
bancaria si sposta dai prestiti agli investimenti di portafoglio.
Ulteriori risorse sottratte all’economia e immesse nella finanza. Somme
stratosferiche circolano tra i mercati di tutto il mondo, ma in Italia è
praticamente impossibile ottenere un mutuo sulla casa e le imprese non
hanno accesso al credito. Un sistema incredibilmente inefficiente, in
quanto necessità di enormi risorse per portare a termine il proprio
compito, e altrettante inefficace, in quanto non riesce nemmeno a
realizzare tale compito in maniera accettabile. Questa finanza non è più
uno strumento al servizio dell’economia. È un fardello insostenibile,
un gigantesco bidone aspiratutto sopra le nostre teste. È questa la
posta in gioco quando parliamo di chiudere il casinò finanziario,
limitare l’uso dei derivati, contrastare i paradisi fiscali, introdurre
dei controlli sui movimenti di capitali, tassare le transazioni
finanziarie. Sottoporre la finanza a una rigida cura dimagrante. Il
problema non è che non ci sono i soldi, come ci ripetono
quotidianamente. Il problema è che ce ne sono troppi. Ma sono tutti
dalla parte sbagliata. Il Mib segna un +35%. Il Pil è in calo da sette
trimestri consecutivi. Uno scollamento sempre più profondo tra finanza
ed economia. Una classica bolla. E prima o poi le bolle scoppiano,
causando disastri economici e sociali. Se non cambiamo dalle fondamenta
l’attuale sistema, il dubbio non è “se” ma “quando” scoppierà. Dopo di
che, anche sull’ipotizzare chi verrà riempito di soldi e liquidità
perché è too big to fail , e chi al contrario rimarrà con il cerino in
mano a pagare un conto fatto di sacrifici, disoccupazione, precarietà e
piani di austerità, i dubbi sono abbastanza pochi.
Fonte: Il Manifesto 01.06.2013
Nessun commento:
Posta un commento