giovedì 27 giugno 2013

Alcune domande al nostro Presidente

Caro Presidente, nel 1978, quando era ancora vivo il PCI e lei ne rappresentava l'anima cosiddetta migliorista, fece un discorso alla camera alla luce dei fatti talmente veritiero, che a pensarci solo da una palla di vetro poteva essere uscito, una porta aperta sul futuro. Il suo discorso mostrava chiaramente le distorsioni di un sistema monetario, dove senza gli opportuni riequilibri, la perdita di competitività dei paesi deboli non avrebbe lasciato altra scelta agli stessi che il taglio dei salari, l'unica forma possibile di svalutazione, e questo solo per poter stare al passo con i cosiddetti paesi forti come la Germania. Non vorrei ripetere la solita domanda che molti, considerata la sua attuale fedeltà incondizionata ai dettami dell'Europa di Mastricht, le rivolgono: "cosa le ha fatto cambiare idea ?" Ognuno è libero di cambiare idea, ma una domanda vorrei fargliela: ne è valsa la pena? Abbracciare in buona sostanza il credo liberista, sia esso di derivazione austriaca o a stelle e strisce formato Chicago Boys, le è parsa una buona idea? Non le sono bastate le tante dimostrazioni del fallimento del liberismo e della finanziarizzazione dell'economia di cui questa ennesima crisi è figlia? Davvero le sembra corretto, soprattutto in tempo di crisi, tagliare la spesa pubblica, ridurre le garanzie del lavoro, privatizzare i beni pubblici e accentuare la deregolamentazione dell'economia e della finanza? Non le dicono niente il default argentino, le varie crisi asiatiche (vedi Russia nel 98) e messicane, e oggi il grido di dolore e di vendetta del Brasile che vive la schizofrenia di un governo di sinistra costretto a muovere le leve di un'economia liberista? E la Grecia?  Impoverita e spolpata con una giustificazione psudomoralistica di aver barato sui conti o di non avere fatto bene i compiti.
Forse sto dicendo assurdità, cose senza senso, io non capisco niente di economia lo ammetto, ma se è così vorrei che lei mi spiegasse, mi facesse capire, mi convincesse che non c'era altra strada se non quella di ridurre drasticamente i consumi delle famiglie europee, accentuare le diseguaglianze con trasferimenti immani di ricchezza e abdicare completamente alla propria sovranità nazionale a favore di organismi non elettivi come la BCE. Prego? Vuole forse dirmi che non c'era rimedio alle trappole delle liquidità, una spirale perversa che avrebbe portato a un consumo forsennato delle risorse da parte di un mondo sempre più sovrappopolato? Vuole dirmi che le speculazioni dei banchieri erano un male necessario? Come l'aver trasformato un debito privato in debito pubblico, tutto sulle spalle dei cittadini poveri? Ma se si voleva attuare una rivoluzione che limitasse i consumi e contenesse l'uso delle risorse, era necessario far arricchire a dismisura una piccola percentuale di gente già ricca e portare alla rovina intere nazioni? Non era più facile conciliare una politica di redistribuzione dei redditi con una rivoluzione dei consumi attraverso scelte ecologiche oculate, che avrebbero prodotto occupazione, risparmio delle risorse e minore inquinamento? Crede davvero che l'austerità potrà produrre una migliore crescita? E fra quando? Non le sembra che una politica senza restrizioni né regole per la finanza e per un capitalismo globale con licenza di predare, grazie anche alla benevolenza dei vari trattati internazionali, concepiti nelle oscure stanza del WTO, abbia prodotto un deregulation da una parte e una "regulation" capestro per gli stati deboli dall'altra, lasciando sul campo solo macerie? Non so perché lei creda nella inevitabilità di scelte economiche così palesemente inique, ma ho il sospetto che ci sia una sorta di costrizione in ciò. Non sono un complottista e credo nella sua buona fede, ma proprio per questo la mia ragione vacilla, perché da un lato vedo chiaramente, come chiunque, gli errori e gli orrori di questa politica economica, dall'altra sento persone sagge come lei così convinte che andare verso il baratro non solo sia giusto, ma anche conveniente. C'è qualcosa che decisamente non torna. Non voglio certo piegare la realtà alle mie convinzioni, ma qui è la realtà che ci sta piegando le spalle e che chiede di essere ascoltata. 
La spiegazione più semplice a voler essere maligni è che qualcuno l'abbia costretta suo malgrado a rendersi complice di un autentico misfatto o che lei abbia considerato inevitabile tutto ciò al fine di salvaguardare la classe politico-sociale a cui lei appartiene, ma io credo nella sua buona fede e per una volta lascerò perdere il rasoio di Occam e prenderò in considerazione risposte più complicate. Talmente complicate che credo che non verrò mai a capo di questo enigma.

2 commenti:

  1. Ribloggo e diffondo. Non credo che Napolitano risponderà mai, ma mi piacerebbe che la domanda che gli è stata rivolta diventasse virale in rete. Perché, come dicono i saggi, ogni buona domanda ha in sé la sua risposta.

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  2. Non lo credo nemmeno io. Estenderei la domanda a tutti gli epigoni del liberismo

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