di Carlo Formenti da Micromega
Il Corriere della Sera ha ospitato un
“Appello per il rilancio dell’integrazione europea” lanciato da trecento
intellettuali e presentato nella circostanza da sei firme, fra cui
spiccavano quelle di Giuliano Amato e Anthony Giddens, esponenti di
punta della “Terza via” blairiana e del pensiero unico ordoliberista.
Nel testo in questione: 1) si afferma che oggi la Ue è sotto attacco
“sebbene abbia garantito pace, democrazia e benessere per decenni; 2) si
esalta la “economia sociale di mercato”, affermando che essa può
funzionare solo grazie a una governance multilivello e al principio di
sussidiarietà; 3) si rivendica il ruolo di un’Europa “cosmopolita” nella
costruzione di una “governance globale democratica ed efficiente”. Il
tutto condito dall’invito a legittimare la Ue attraverso elezioni in cui
i cittadini del continente possano liberamente sceglierne i vertici.
Proviamo a leggere in trasparenza il senso reale di tali
affermazioni, sfruttando il contributo di quegli studiosi che hanno
sviscerato i dispositivi della governance ordoliberista (mi riferisco,
fra gli altri, ai lavori di Dardot e Laval e al più recente saggio di
Giuliana Commisso, “La genealogia della governance”, Asterios editore).
La prima considerazione da fare è che l’affermazione secondo cui
l’Europa avrebbe garantito pace, democrazia e benessere è smaccatamente
falsa: 1) dai Balcani all’Ucraina, passando per la Libia, l’Europa è
stata un costante fattore di guerra, 2) sulla democrazia chiedete cosa
ne pensa il popolo greco, 3) il benessere poi è un miraggio per quei
milioni di cittadini che hanno visto peggiorare drasticamente i livelli
salariali e di occupazione, oltre a perdere gran parte dei diritti
conquistati prima dell’avvio del processo di unificazione.
Seconda considerazione: associare l’economia sociale di mercato
all’allargamento della democrazia è una contraddizione in termini.
Dietro questo slogan si nasconde infatti quel progetto neoliberista che
si è costantemente impegnato a sottrarre il compito della legittimazione
al quadro costituzionale-parlamentare per affidarlo a organismi non
eletti che rispondono esclusivamente agli imperativi del mercato.
Inoltre la sussidiarietà di cui si parla è consistita nella
proliferazione di enti, agenzie e autorità deputati a gestire localmente
i bisogni sociali – proliferazione che è proceduta di pari passo con lo
smantellamento del welfare e con l’assunzione dell’impresa privata
quale modello universale di regolazione sociale, in base al principio
secondo cui non bisogna ostacolare chi potrebbe erogare un servizio
migliore del servizio pubblico (ciò che Colin Crouch ha definito la
spoliticizzazione del servizio pubblico attraverso la riduzione del
cittadino a cliente). Infine le reti multilivello, presentate come un
modello di integrazione della società civile nella governance, sono di
fatto servite a indebolire quei gruppi intermedi di pressione che
rappresentavano e difendevano gli interessi delle classi subordinate.
Per il dogma ordoliberista, infatti, questi gruppi sono un ostacolo
alla concorrenza che impedisce la libera formazione dei prezzi (a
partire da quello della forza lavoro, che va tenuto il più basso
possibile per evitare tensioni inflazionistiche). Sempre secondo tale
dogma, vanno contrastate tutte quelle richieste di “elargizioni
clientelari” che provocano un aumento della spesa pubblica in materia di
previdenza, salute, ecc. Del resto non si capisce questa logica se non
si comprende che per gli ordoliberisti – al contrario dei liberisti
classici – il ruolo dello stato è fondamentale: sia in quanto garante
dell’ordine giuridico che deve garantire il corretto funzionamento del
mercato (che non è in grado di autoregolarsi), sia in quanto garante di
un ordine sociale “post ideologico” in cui tutti i cittadini devono
venire convinti di essere “imprenditori di sé stessi” e di vivere nel
migliore dei mondi possibili.
Il riferimento alla natura cosmopolita dell’Europa – del resto
smentito dai muri e dalle altre pratiche di contrasto ai flussi
migratori, come il vergognoso accordo con il regime autoritario turco –
va letto infine come “internazionalismo” delle élite, da contrapporre
alle resistenze locali dei vari popoli europei alla colonizzazione da
parte del capitale globale. Come conciliare tutto questo con la proposta
di legittimare l’oligarchia di Bruxelles sottoponendola al vaglio degli
elettori? Non è difficile immaginare quali alchimie giuridico
istituzionali verrebbero escogitate per garantirsi apriori il trionfo di
una grande coalizione europea “anti populista”, visto che, come spiega
l’articolo di Goffredo Buccini nel taglio basso sotto l’Appello, occorre
guardarsi le spalle da quel popolo bue che insiste a votare movimenti
come l’M5S, in barba alle prove di volgarità, ignoranza e incompetenza
offerte dai suoi dirigenti.
lunedì 20 febbraio 2017
L'Europa ordoliberista del "Corriere della Sera"
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