da Blasting News
Gianroberto Casaleggio, il cosiddetto "guru" del M5S ha annunciato che a breve farà il suo esordio la nuova piattaforma del movimento denominata Rousseau, una piattaforma web che avrebbe il compito di mettere insieme proposte, dibattiti su argomenti salienti e votazioni di mozioni e di rappresentanti del movimento. Un calderone fluido che dovrebbe ribollire di istinti e intelligenze sparse, capaci di coagularsi in una sorta di prototipo di organismo di autogoverno, nell'attesa di materializzarsi in un futuro non troppo remoto, nel mondo reale, dove le decisioni dei singoli influiscono per davvero sulla politica degli stati. Un'utopia insomma, ma portata avanti con molto senso pratico.
Il nome Rousseau, in omaggio al filosofo francese autore del "Contratto Sociale" non è scelto a caso.
Neanche a dirlo si tratta di un'operazione di marketing basata sul presupposto del mito fondativo, che dalla politica all'arte, passando per le arti marziali, sembra un requisito essenziale per chiunque voglia fondare un movimento nuovo. Nessun fenomeno epocale può immaginarsi privo di quell'evento fondante che ne costituisce le radici e la legittimazione storica e culturale. Pur tuttavia considerarlo solo un espediente propagandistico sarebbe fare un torto all'impegno fattivo del M5S e alla sua capacità di porsi come unica e vera opposizione ai vari regimi, benedetti dai mercati e dai suoi rappresentanti, che si sono succeduti negli ultimi 20 anni in Italia.
Il significato di volontà popolare si cala perfettamente dentro un vuoto e uno smarrimento culturale, costellato di icone esauste e ormai inservibili, che rappresentano ancora categorie ritenute superate o inutilizzabili come quelle di destra/sinistra.
Cosa rimane dopo la fine della rappresentazione epica dello scontro di classe? Cosa rimane dopo che la più grande religione laica degli ultimi due secoli, il marxismo, appare anch'essa secolarizzata e non più in grado di dare fede e speranza o fornire strumenti concettuali utili a costruire un nuovo futuro e una nuova visione della società? A ben guardare questo sarebbe il classico passo indietro leniniano per farne due avanti, un passo sostenuto da principi solidi e forze genuine che non assomiglia per niente ad altri tentativi patetici come quello di Craxi, che andò a ripescare un pallido Proudhon nell'empireo dei santi socialisti utopistici, mettendolo insieme a Garibaldi, per darsi una parvenza di sostanza e ardimento che facesse sbiadire il più prosaico aspetto delle ruberie e degli scandali. Rousseau è un vecchio arnese, superato dalla scienza marxista e dalla dialettica, ma visto il fallimento di quest'ultime, torna in auge.
A questo punto cosa c'è di meglio, superato il concetto di classe, inadatto a dare risposte e a risolvere aporie fastidiose, che non la volontà popolare? Un concetto che mette insieme pulsioni diverse, visioni spesso contrastanti e profili sociali non omologati a principi statici come quelli della classe. Il popolo è tutto e niente allo stesso tempo, siamo noi, ma anche qualcosa di diverso da noi, il popolo, l'unico soggetto generalista dal quale è possibile distillare una sapienza e una prassi decisionale legittimata dalla maggioranza.
Tralascio le aporie che lo stesso Rousseau aveva messo in evidenza quando si tratta di passare dalla cessione di sovranità dell'uno per consentire il bene di tutti, al governo vero e proprio di uno stato, che prevede ruoli e funzioni, almeno per motivi pratici, non direttamente riconducibili al volere generale (vi immaginate decidere sulla politica estera?). A tal proposito la funzione di un "direttorio" è imprescindibile, finendo per sminuire il potere di un'assemblea rappresentativa della volontà di tutti. Contraddizioni che non sono risolvibili, ma non importa, Rousseau ora è lo spirito dei tempi, ed è perfettamente fungibile in un contesto che richiede innovazione di prassi e linguaggi senza vincolare troppo ad un credo.
Certo il popolo rischia di inquinare con la sua maleducazione e la sua ingnoranza plebea la purezza del principio, ma in fondo Grillo e Casaleggio non sono dei fanatici della purezza né dei principi, loro sono oltre, sono al di là e forse anche un po' al di qua di tutti noi.
Gianroberto Casaleggio, il cosiddetto "guru" del M5S ha annunciato che a breve farà il suo esordio la nuova piattaforma del movimento denominata Rousseau, una piattaforma web che avrebbe il compito di mettere insieme proposte, dibattiti su argomenti salienti e votazioni di mozioni e di rappresentanti del movimento. Un calderone fluido che dovrebbe ribollire di istinti e intelligenze sparse, capaci di coagularsi in una sorta di prototipo di organismo di autogoverno, nell'attesa di materializzarsi in un futuro non troppo remoto, nel mondo reale, dove le decisioni dei singoli influiscono per davvero sulla politica degli stati. Un'utopia insomma, ma portata avanti con molto senso pratico.
Il nome Rousseau, in omaggio al filosofo francese autore del "Contratto Sociale" non è scelto a caso.
Neanche a dirlo si tratta di un'operazione di marketing basata sul presupposto del mito fondativo, che dalla politica all'arte, passando per le arti marziali, sembra un requisito essenziale per chiunque voglia fondare un movimento nuovo. Nessun fenomeno epocale può immaginarsi privo di quell'evento fondante che ne costituisce le radici e la legittimazione storica e culturale. Pur tuttavia considerarlo solo un espediente propagandistico sarebbe fare un torto all'impegno fattivo del M5S e alla sua capacità di porsi come unica e vera opposizione ai vari regimi, benedetti dai mercati e dai suoi rappresentanti, che si sono succeduti negli ultimi 20 anni in Italia.
Il significato di volontà popolare si cala perfettamente dentro un vuoto e uno smarrimento culturale, costellato di icone esauste e ormai inservibili, che rappresentano ancora categorie ritenute superate o inutilizzabili come quelle di destra/sinistra.
Cosa rimane dopo la fine della rappresentazione epica dello scontro di classe? Cosa rimane dopo che la più grande religione laica degli ultimi due secoli, il marxismo, appare anch'essa secolarizzata e non più in grado di dare fede e speranza o fornire strumenti concettuali utili a costruire un nuovo futuro e una nuova visione della società? A ben guardare questo sarebbe il classico passo indietro leniniano per farne due avanti, un passo sostenuto da principi solidi e forze genuine che non assomiglia per niente ad altri tentativi patetici come quello di Craxi, che andò a ripescare un pallido Proudhon nell'empireo dei santi socialisti utopistici, mettendolo insieme a Garibaldi, per darsi una parvenza di sostanza e ardimento che facesse sbiadire il più prosaico aspetto delle ruberie e degli scandali. Rousseau è un vecchio arnese, superato dalla scienza marxista e dalla dialettica, ma visto il fallimento di quest'ultime, torna in auge.
A questo punto cosa c'è di meglio, superato il concetto di classe, inadatto a dare risposte e a risolvere aporie fastidiose, che non la volontà popolare? Un concetto che mette insieme pulsioni diverse, visioni spesso contrastanti e profili sociali non omologati a principi statici come quelli della classe. Il popolo è tutto e niente allo stesso tempo, siamo noi, ma anche qualcosa di diverso da noi, il popolo, l'unico soggetto generalista dal quale è possibile distillare una sapienza e una prassi decisionale legittimata dalla maggioranza.
Tralascio le aporie che lo stesso Rousseau aveva messo in evidenza quando si tratta di passare dalla cessione di sovranità dell'uno per consentire il bene di tutti, al governo vero e proprio di uno stato, che prevede ruoli e funzioni, almeno per motivi pratici, non direttamente riconducibili al volere generale (vi immaginate decidere sulla politica estera?). A tal proposito la funzione di un "direttorio" è imprescindibile, finendo per sminuire il potere di un'assemblea rappresentativa della volontà di tutti. Contraddizioni che non sono risolvibili, ma non importa, Rousseau ora è lo spirito dei tempi, ed è perfettamente fungibile in un contesto che richiede innovazione di prassi e linguaggi senza vincolare troppo ad un credo.
Certo il popolo rischia di inquinare con la sua maleducazione e la sua ingnoranza plebea la purezza del principio, ma in fondo Grillo e Casaleggio non sono dei fanatici della purezza né dei principi, loro sono oltre, sono al di là e forse anche un po' al di qua di tutti noi.
RispondiEliminaPerché, come sempre, fermarsi proprio sul più bello, tralasciando di chiarire le pretese "aporie che lo stesso Rousseau aveva messo in evidenza" e "che non sono risolvibili" ? E' proprio da qui che dobbiamo partire. Cominciamo con la presunta "cessione di sovranità dell'uno per consentire il bene di tutti". Il "Contratto sociale" si apre al primo libro (capitolo 4) con il ripudio della schiavitù volontaria sostenuta da Grozio: "rinunciare alla libertà è rinunciare alla qualità di uomo, ai diritti dell'umanità". E al secondo libro (capitolo 4) trasferisce questo ripudio, ancora contro Grozio e tutti i suoi seguaci, al terreno politico-costituzionale: "si tratta di ben distinguere rispettivamente i diritti dei cittadini e del sovrano (...) dal diritto naturale di cui devono godere i primi in qualità di uomini". Ecco da dove nasce la dichiarazione-distinzione dei diritti dell'uomo e del cittadino: né gli uni né gli altri, per un limite interno al concetto di sovranità, possono essere ceduti al sovrano. Ma il cittadino deve decidere tutto? Certamente no. Col suo frammento di sovranità egli partecipa solo alle grandi scelte, quelle che guardano lontano nello spazio e nel tempo. Vengono invece lasciate al governo le decisioni che ricadono entro l'orizzonte più ristretto della quotidianità, quelle meno importanti. Ma, aggiunge immediatamente Rousseau, "il sovrano solo rimane giudice di questa importanza". Esso può cambiare in ogni momento il governo che va contro l'interesse comune. Quanto al "direttorio" inamovibile, è solo una tarda trovata della rivoluzione-involuzione francese. A buon diritto il M5S respinge sdegnosamente un'etichetta che tradisce solo la malafede di chi l'ha riesumata.
Giovanni Incorvati
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RispondiEliminaLo riconosco sono stato affrettato, ma non volevo fare un trattato sul concetto di contratto sociale di Rousseau, non ne sarei capace. Mi interessava interrogarmi sul recupero di Rousseau, come emblema del passaggio da una visione se vogliamo storicistica e dialettica a una fase di recupero del contrattualismo come valore d'uso di un movimento contemporaneo quale quello grillino. Ci vedo qualcosa di subdolo? No, forse di furbo, ma niente male, l'importante è che alla fine si produca un avanzamento della democrazia. Ad ogni modo grazie delle tue precisazioni.
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