di Tonino D’Orazio
O se volete
dell’austerità per i poveri. A conti fatti sono i socialisti
europei e i democrat di questo periodo storico.
Il primo ministro
francese Valls, dopo la scoppola ricevuta nelle regionali francesi
(Départementales) terminate al secondo turno domenica 29 marzo, ha
dichiarato che la linea governativa non sarebbe affatto cambiata.
Anzi ha ribadito che il governo andrà avanti sulla diminuzione dei
diritti sociali e del lavoro. In fondo, in Europa solo queste due
questioni si chiamano “riforme”.
I centristi e la destra
francese (l’UMP e l’UDI) raggruppati da Sarkosy, conquistano 66
regioni, togliendone 30 ai socialisti che ne conservano 31. L’estrema
destra (FN) manca di poco la vittoria in due regioni e conquista un
numero record di consiglieri regionali, una sessantina.
Cosa succede in Francia?
Intanto il FN di Marine Le Pen è aumentato dappertutto, anche dove
era già forte, penetrando tutti i ceti sociali, soprattutto
popolari. Il 26% dei francesi ha votato per il FN senza nemmeno aver
bisogno di conoscere candidati e programmi (ricordate il M5S?), si
può oggi credere ad uno zoccolo elettorale duro intorno al 25% che
gli permetterebbe di essere il primo partito nelle prossime elezioni
del 2017.
L’altro concetto è
quello della porosità degli elettori tra la destra repubblicana e
l’estrema destra. E’ lo stesso concetto del renzismo quando si
sposta dal centro verso destra. Al ballottaggio tra un candidato
socialista e uno frondista l’elettore di destra si rifiuta di
scegliere (per metà) oppure vota direttamente FN (il 25%). Segno di
una cultura di destra sempre più prevalente. Insomma meglio la copia
diretta che la fotocopia mediata.
Sia Hollande che Valls
fanno finta di niente. Il primo, il mite, si ostina nel suo ruolo di
presidente delle buone notizie e ad aspettare la ripresa come si
aspetta Godot, o noi della fine del tunnel che sappiamo che non ci
sarà, rischiando di tagliarsi definitivamente, non solo dalla
sinistra, ma anche dal paese.
L’altro, Valls, pur
costatando che: “I francesi, con il loro voto, e anche con la
loro astensione, [50%], hanno rappresentato di nuovo le loro attese e
le loro esigenze, la loro collera, la loro fatica di fronte a una
vita quotidiana troppo difficile: la disoccupazione, le tasse, la
vita troppo cara. Ho ascoltato questo messaggio”, (Ecco un
altro che ascolta. Ma sicuramente la colpa di tutto questo elenco da
sfottò è del Patrigno Eterno), dichiara che la linea politica di
prima delle elezioni del governo non cambierà, né il primo
ministro. Anima in pace, nessuno si muova.
Rilancia il concetto di
nuove misure per l’investimento pubblico e privato. Un colpo al
cerchio e uno alla botte. Sappiamo che il colpo migliore andrà come
sempre al privato. Meglio rassicurarli che continueranno sicuramente
l’alleggerimento dello Stato. Difende di nuovo la legge Macon,
perché “libera le energie” e soprattutto la prossima legge
“riformatrice” sul “dialogo sociale”, un po’ come “ascolto
le parti sociali ma vado avanti”, giusto per divertire i sindacati
(18), già parecchio divisi.
La legge Macon? Lavoro di
domenica e di notte. Potenziamento dell’utilizzo degli autobus
diminuendo i treni con decine di impieghi per autisti (sic).
Regolamentazione delle professioni di notai e uscieri in libero
mercato e pensione obbligatoria a 70 anni. Libero accesso ai dati
delle Camere di Commercio e al registro delle Società. Diminuzione
fino all’abolizione della camera di compensazione per i conflitti
del lavoro (Camere Prud’homme) dove i sindacati eleggevano il
mediatore. Semplifica le norme per l’azionariato e la
partecipazione dei lavoratori al capitale delle loro imprese, però
abolisce il “premio sui profitti” che obbligava l’impresa, che
aumentava i dividenti per due anni consecutivi, a ridistribuirli ai
salariati. Da 5 a 10 miliardi di privatizzazioni di beni comuni. 4 di
questi saranno ridistribuiti alle imprese fortemente indebitate.
(Forse non possono regalare direttamente le privatizzate).
Allentamento sui criteri di licenziamenti collettivi per
tranquillizzare i datoriali. Facilitazioni finanziarie per ottenere
la patente di guida con la privatizzazione del servizio. Si pensa che
in Francia circolino almeno 5 milioni senza patente. Le imprese
potranno prestarsi i soldi tra di loro. Le indennità date ai
salariati dovranno essere proporzionate alla grandezza delle imprese;
cioè saranno meno elevate se l’impresa è piccola. Infine la
ciliegina: l’esercito potrà affittare il materiale bellico alle
società private che avranno ricomprato il materiale dal Ministero
della Difesa; una cartolarizzazione tremontina tipo immobili Inps.
Pensate che la destra
francese fa opposizione dura, anche se poi lascia l’Aula per farla
passare con il voto del primo turno. Forse per loro non basta, ma è
una bella furbata prima delle elezioni regionali.
Il tutto per la “crescita
del paese”. Una linea inderogabile, viste le difficoltà di
bilancio della Francia di fronte alla Troika di Bruxelles (Suona
meglio che anonimo e segreto “Gruppo di Bruxelles”; come Troika
le loro aspirazioni erano state scoperte e denudate da Tsipras).
Anche nel PS francese ci
sono minoranze che dicono no a questa legge “gran sacco”, ma poi
votano sì sul voto di fiducia posto dal governo. Ci mancherebbe.
Farebbero più bella figura a stare zitti e tenersi le responsabilità
che comunque hanno e che i francesi hanno appena ricordato loro.
Ma possono sopravvivere
e, mal che vada, allearsi direttamente con la destra o il centro, se
dovesse sorgere un partito di opposizione, anche se il FN, a
disturbare la “costruzione europea” neoliberista. Abbiamo già
visto il teatrino unitario sull’austerità in vari paesi europei.
Bastano le leggi elettorali ad hoc. Oppure le trans migrazioni
italiane così utili, ancora oggi, a F.I.
Insomma il socialismo
blairiano, lanciato nel settembre 1995 con la sua rivoluzione
culturale "Ispiriamoci alla Thatcher: programma chiaro, basta
coi potentati, un solo leader …”, seguito poi da Schroeder in
Germania, è andato oltre quello che ci diceva Simone Weil: “Il
partito socialdemocratico è lo strumento della borghesia per
utilizzare ai propri fini la forza politica dei lavoratori. E questi
ultimi non se ne accorgono”, ben traducendo il termine marxista di
alienazione.
Nessun commento:
Posta un commento