mercoledì 1 aprile 2015

I migliori amici della destra liberista

di Tonino D’Orazio

O se volete dell’austerità per i poveri. A conti fatti sono i socialisti europei e i democrat di questo periodo storico.
Il primo ministro francese Valls, dopo la scoppola ricevuta nelle regionali francesi (Départementales) terminate al secondo turno domenica 29 marzo, ha dichiarato che la linea governativa non sarebbe affatto cambiata. Anzi ha ribadito che il governo andrà avanti sulla diminuzione dei diritti sociali e del lavoro. In fondo, in Europa solo queste due questioni si chiamano “riforme”.
I centristi e la destra francese (l’UMP e l’UDI) raggruppati da Sarkosy, conquistano 66 regioni, togliendone 30 ai socialisti che ne conservano 31. L’estrema destra (FN) manca di poco la vittoria in due regioni e conquista un numero record di consiglieri regionali, una sessantina.
Cosa succede in Francia? Intanto il FN di Marine Le Pen è aumentato dappertutto, anche dove era già forte, penetrando tutti i ceti sociali, soprattutto popolari. Il 26% dei francesi ha votato per il FN senza nemmeno aver bisogno di conoscere candidati e programmi (ricordate il M5S?), si può oggi credere ad uno zoccolo elettorale duro intorno al 25% che gli permetterebbe di essere il primo partito nelle prossime elezioni del 2017.
L’altro concetto è quello della porosità degli elettori tra la destra repubblicana e l’estrema destra. E’ lo stesso concetto del renzismo quando si sposta dal centro verso destra. Al ballottaggio tra un candidato socialista e uno frondista l’elettore di destra si rifiuta di scegliere (per metà) oppure vota direttamente FN (il 25%). Segno di una cultura di destra sempre più prevalente. Insomma meglio la copia diretta che la fotocopia mediata.
Sia Hollande che Valls fanno finta di niente. Il primo, il mite, si ostina nel suo ruolo di presidente delle buone notizie e ad aspettare la ripresa come si aspetta Godot, o noi della fine del tunnel che sappiamo che non ci sarà, rischiando di tagliarsi definitivamente, non solo dalla sinistra, ma anche dal paese.
L’altro, Valls, pur costatando che: “I francesi, con il loro voto, e anche con la loro astensione, [50%], hanno rappresentato di nuovo le loro attese e le loro esigenze, la loro collera, la loro fatica di fronte a una vita quotidiana troppo difficile: la disoccupazione, le tasse, la vita troppo cara. Ho ascoltato questo messaggio”, (Ecco un altro che ascolta. Ma sicuramente la colpa di tutto questo elenco da sfottò è del Patrigno Eterno), dichiara che la linea politica di prima delle elezioni del governo non cambierà, né il primo ministro. Anima in pace, nessuno si muova.
Rilancia il concetto di nuove misure per l’investimento pubblico e privato. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Sappiamo che il colpo migliore andrà come sempre al privato. Meglio rassicurarli che continueranno sicuramente l’alleggerimento dello Stato. Difende di nuovo la legge Macon, perché “libera le energie” e soprattutto la prossima legge “riformatrice” sul “dialogo sociale”, un po’ come “ascolto le parti sociali ma vado avanti”, giusto per divertire i sindacati (18), già parecchio divisi.
La legge Macon? Lavoro di domenica e di notte. Potenziamento dell’utilizzo degli autobus diminuendo i treni con decine di impieghi per autisti (sic). Regolamentazione delle professioni di notai e uscieri in libero mercato e pensione obbligatoria a 70 anni. Libero accesso ai dati delle Camere di Commercio e al registro delle Società. Diminuzione fino all’abolizione della camera di compensazione per i conflitti del lavoro (Camere Prud’homme) dove i sindacati eleggevano il mediatore. Semplifica le norme per l’azionariato e la partecipazione dei lavoratori al capitale delle loro imprese, però abolisce il “premio sui profitti” che obbligava l’impresa, che aumentava i dividenti per due anni consecutivi, a ridistribuirli ai salariati. Da 5 a 10 miliardi di privatizzazioni di beni comuni. 4 di questi saranno ridistribuiti alle imprese fortemente indebitate. (Forse non possono regalare direttamente le privatizzate). Allentamento sui criteri di licenziamenti collettivi per tranquillizzare i datoriali. Facilitazioni finanziarie per ottenere la patente di guida con la privatizzazione del servizio. Si pensa che in Francia circolino almeno 5 milioni senza patente. Le imprese potranno prestarsi i soldi tra di loro. Le indennità date ai salariati dovranno essere proporzionate alla grandezza delle imprese; cioè saranno meno elevate se l’impresa è piccola. Infine la ciliegina: l’esercito potrà affittare il materiale bellico alle società private che avranno ricomprato il materiale dal Ministero della Difesa; una cartolarizzazione tremontina tipo immobili Inps.
Pensate che la destra francese fa opposizione dura, anche se poi lascia l’Aula per farla passare con il voto del primo turno. Forse per loro non basta, ma è una bella furbata prima delle elezioni regionali.
Il tutto per la “crescita del paese”. Una linea inderogabile, viste le difficoltà di bilancio della Francia di fronte alla Troika di Bruxelles (Suona meglio che anonimo e segreto “Gruppo di Bruxelles”; come Troika le loro aspirazioni erano state scoperte e denudate da Tsipras).
Anche nel PS francese ci sono minoranze che dicono no a questa legge “gran sacco”, ma poi votano sì sul voto di fiducia posto dal governo. Ci mancherebbe. Farebbero più bella figura a stare zitti e tenersi le responsabilità che comunque hanno e che i francesi hanno appena ricordato loro.
Ma possono sopravvivere e, mal che vada, allearsi direttamente con la destra o il centro, se dovesse sorgere un partito di opposizione, anche se il FN, a disturbare la “costruzione europea” neoliberista. Abbiamo già visto il teatrino unitario sull’austerità in vari paesi europei. Bastano le leggi elettorali ad hoc. Oppure le trans migrazioni italiane così utili, ancora oggi, a F.I.
Insomma il socialismo blairiano, lanciato nel settembre 1995 con la sua rivoluzione culturale "Ispiriamoci alla Thatcher: programma chiaro, basta coi potentati, un solo leader …”, seguito poi da Schroeder in Germania, è andato oltre quello che ci diceva Simone Weil: “Il partito socialdemocratico è lo strumento della borghesia per utilizzare ai propri fini la forza politica dei lavoratori. E questi ultimi non se ne accorgono”, ben traducendo il termine marxista di alienazione.

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