L’eurocentralità del pangermanismo sta isolando l’Italia, centrale e del sud, portandola ad una semplice appendice in mezzo al Mediterraneo. Utilizzando al massimo tutti i cospicui fondi europei previsti fino al 2020 (anche i nostri che non sappiamo spendere) e, ovviamente, una volta la strutturazione assodata, anche e soprattutto oltre questo periodo. Per il futuro.
Vi sono a questo scopo tre enormi progetti-programma che si chiamano macro-regioni,
che raggruppano alcune nazioni. Ne sono attivati (già nell’orbita tedesca)
quella del Baltico e quella del Danubio, il terzo è quello Adriatica-Ionio
(Eusair). In realtà tutti riconducibili ad una massima geopolitica di germano-centralizzazione.
Il prossimo progetto riguarderà la macro-regione Alpi, con un convitato di
pietra che si chiama la sempre più xenofoba e terrorizzata Svizzera.
Quella che ci interessa in modo particolare riguarda la nostra
macro-regione, formata da quattro paesi UE (Italia, Grecia, Slovenia, Croazia) e
quattro extra-Ue, (Bosnia, Serbia, Montenegro, Albania) ma prossimi ad essere
attirati nell’orbita. A parte noi, si tratta di inglobare in toto i Balcani.
Fin qui si capisce l’attitudine europea di continuare ad integrare e in un
certo modo a dividere i popoli slavi dal resto dell’est.
Tutte le nuove infrastrutture del programma, al quale “devono” essere
finalizzati e raggruppati tutti i fondi europei già disponibili sul territorio,
si rivolgono soprattutto ai Balcani. Come per esempio nuove autostrade
trans-balcaniche riconducibili (da Grecia o Turchia) a
Slovenia-Austria-Germania-Polonia. Compresi ovviamente trasporti, mobilità e
nodi di reti di energie. Se si pensa ai gasdotti provenienti dalla Russia,
potrebbero non arrivare più in Italia, risalire i Balcani, rimanendo noi sui
precari gasdotti libici e futuro energetico.
Allo stato attuale questo enorme corridoio balcanico si fermerebbe,
per noi, a Ravenna e non andrebbe oltre, se non con i nostri fondi strutturali
italiani d'investimento (sic!), che in un periodo come questo lascia molti
dubbi di prospettiva. Diventerebbe un punto di incontro con la dorsale
(Portogallo e Spagna sono ancora molto indietro nelle infrastrutture)
Barcellona, Marsiglia, Genova (o Alpi e Torino) e nord Italia. Rimane insomma
molto attrattivo il porto di Trieste, da sempre punto di snodo di Austria e
Germania verso il Mediterraneo tramite l’Adriatico. Interessante tener conto,
con il già funzionante raddoppio del Canale di Suez, l’importanza acquisita dal
mare Adriatico come autostrada del mare verso il centro e il nord-est europeo.
Si tratta di vedere quali porti secondari diventeranno internodo o scalo,
tenendo conto che l’Adriatico, costa balcani, ha più “pescaggio” e vi
verrebbero sicuramente strutturati nuovi porti più moderni e attrezzati. A meno
di farli comperare e attrezzare dai cinesi che hanno capito tutto e forse il
Pireo non basta. Le coste italiane hanno fondali più bassi e sono purtroppo più
appetibili per le trivellazioni petrolifere.
Si capisce che l’inter-scambio commerciale europeo più conveniente, se
non il futuro, per l’Italia sia verso i paesi dell’est, i Balcani, compresa la
Turchia, la Russia, se non il medio-oriente, mercati “aperti” e in “progress”
se scoppiasse la pace. Il nord Africa è ridotto in una situazione di regresso
impressionante, ma "democratico", dai pesanti interventi militari ed economici degli
anglo-sassoni e per anni non ne avremo che flussi di migranti. La
macro-regione, comunque, comporta interventi nello Ionio, cioè lo specchio di
mare che va da Taranto a Trapani, di fatto, un innesto per il futuro di una seppur
lontana macro-nazione del Mediterraneo.
L’importanza dell’est l’hanno capita soprattutto il Piemonte e la
Toscana (area tirrenica che attende invano il completamento del 5° corridoio
europeo), regioni non confinanti ma diventate molto attive nella programmazione
di Adriatico-Ionio. Anche il Montenegro,
(popolazione metà dell’Abruzzo, 680.000 ab.) che con un chiaro aumento del Pil
del 4/5 % l’anno, pur utilizzando già l’euro unilateralmente (!) e non avendo
ancora aderito alla Nato, fa transitare liberamente dal loro porto principale
Antivari, tutte le merci che “clandestinamente” superano l’embargo europeo
verso la Russia. Quando si dice che le merci passano dappertutto e gli uomini
no e nemmeno di forza! E’ pur sempre la “bellezza” del libero mercato senza
regole.
Quest’area, in evidente protagonismo alla quale dobbiamo avvicinarci
con progetti finalizzati e di solidarietà, rimane l’ultimo punto forte
dell’Italia in Europa e, se glielo permettono, il proprio rilancio e il
ricentramento del Mediterraneo e dei popoli rivieraschi.
Purtroppo i paesi balcanici si stanno avvicinando velocemente ai
diktat e alla “normalizzazione” voluti dalla troika, pur di “entrare” nel giusto
sogno di appartenenza europea, con le privatizzazioni delle ultime imprese
pubbliche e dei servizi, ma anche delle micro imprese, abbracciando così, per
il futuro, le logiche dell’austerità, in paesi già strutturalmente deboli e facili
“prede”. La macro-regione Adriatico-Ionio, tra l’altro gestito dai vari
Ministeri Affari Esteri e Commissione Europea censori di eventuali “deviazioni”
al progetto, e poco niente dalle regioni che hanno un ruolo in fondo
applicativo delle decisioni, pur sempre nell’ipocrisia del protagonismo, servirà
anche a razionalizzare e sfruttare, diciamo colonizzare, i nuovi venuti, per
cui una presenza politica delle regioni, almeno un po’ critica, che passi da
progetti dal basso, può risultare di interesse preminente. Alle politiche di
austerità o ci si adegua oppure si cercano comunque soluzioni critiche di
partecipazione democratica o di contrasto. La Grecia insegna.
Insomma, se rimane un bene l’integrazione di questi popoli nella
comunità europea, fatta salva la stupida idea di dividerli per religione e
etnie dal mondo slavo in generale, cioè in funzione anti Russia e con ineluttabile
inglobamento e sottomissione Nato, bisogna chiedere loro, anche con il nostro
aiuto, di essere forti e critici nelle loro rivendicazioni di “avvicinamento” e
capire meglio, anche per noi, l’importanza di collegamento della loro posizione
geopolitica con tutta l’area ad est dei loro paesi e che rappresenta, in fondo anche
per loro, una vera opportunità di sviluppo.
Il nostro sicuramente passa, se svincolati dal servilismo alla
Germania che ci caratterizza con evidenza da almeno un paio di lustri,
attraverso il rilancio della nostra posizione nel Mediterraneo e verso nuovi
orizzonti possibili.
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