martedì 10 gennaio 2017

La sanità ai tempi della Troika

di Giorgio Cremaschi



Ora sulla stampa c'è lo scandalo, il governo e la regione Campania mandano gli ispettori, ma è tutta ipocrisia. Si cerca di presentare la terribile condizione del Pronto Soccorso di Nola come un caso di mala sanità, la cui responsabilità naturalmente andrebbe addossata a medici ed infermieri, che invece meritano la stessa solidarietà dei pazienti, per le condizioni in cui sono costretti ad operare.
L'immagine dei feriti di Nola curati per terra fa venire in mente quelle della guerra, quelle di Aleppo. E in fondo sono gli effetti di una guerra che dura da anni, quella contro la sanità pubblica e lo stato sociale. Una guerra scatenata nel nome dell'austerità e del rigore, cioè del profitto, dalle banche, dalla finanza e dalle istituzioni della Unione Europea. Una guerra che già ha devastato lo stato sociale in Grecia, portando quel paese indietro di 70 anni sul piano sociale, distruggendo la sanità e riportando in un paese europeo malattie e condizioni sanitarie scomparse nel nostro continente. Quelle politiche di guerra allo stato sociale sono state realizzate da tutti i governi che si sono succeduti in Italia, in dosi diverse da quelle che la Troika ha imposto alla Grecia, dosi che però, anno dopo anno, stanno portando allo stesso catastrofico risultato. Milioni di persone hanno già rinunciato a curarsi in Italia perché sono povere ed il servizio pubblico non può più tutelarle per i tagli che ha subìto.
Se si vogliono ridare barelle e lettighe a Nola, se si vuole impedire che quello che lì già avviene sia il destino di tutta la sanità pubblica, c'è una sola via da percorrere. Bisogna finirla con le "riforme" liberiste, bisogna fermare la criminalità sociale prodotta dalle politiche di austerità. E per fare questo bisogna rompere con tutti i vincoli imposti dai trattati europei, bisogna rompere con la UE e riconquistare per il nostro paese il diritto di spendere i soldi pubblici per migliorare la vita dei cittadini, anziché per salvare le banche. La sanità pubblica si salva solo mettendo in discussione l'euro e tutto ciò che esso comporta.

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