di Carlo Formenti da Micromega
In un articolo uscito la vigilia dello scorso Natale su queste pagine
scrivevo che non era il caso di illudersi: la vittoria del No nel
referendum che ha bocciato la “riforme” renziane, non rallenterà gli
sforzi delle élites per de – democratizzare il sistema politico (dal
quale, per inciso, decenni di controrivoluzione liberal liberista hanno
già espunto molti elementi di democrazia). Al
contrario, argomentavo, gli sforzi in tale direzione si
moltiplicheranno perché per le caste politiche, economiche, accademiche,
e per il sistema dei media che le sostiene, la distruzione di quanto
resta della democrazia è questione di sopravvivenza.
Nel giro di qualche giorno, questa fin troppo facile previsione ha
ottenuto numerose conferme. La tesi che i nemici della democrazia
difendono sempre più apertamente, e senza troppi giri di parole, è la
seguente: visto che le condizioni socioeconomiche che hanno favorito
l’ascesa dei “populismi” (termine che continua a essere usato in modo
propagandistico, senza alcuno sforzo di analisi politologica e senza
compiere distinzioni ideologiche, mischiando nello stesso calderone
Trump e Sanders, Maduro e Marine Le Pen, Podemos e la Lega, l’M5S e i
neonazi tedeschi) sono destinate a durare (l’ipotesi di combattere le
cause dell’impoverimento di massa e della disuguaglianza non viene
nemmeno presa in considerazione, quasi si trattasse di fenomeni
“naturali”), non resta che modificare le regole del sistema politico in
modo tale da poterlo governare a prescindere dal fatto che esso ottenga
il consenso – e un riconoscimento di legittimità – da parte della
maggioranza dei cittadini. Propongo qui di seguito tre esempi di questa
“filosofia”.
In un articolo sul New York Times
tale Eduardo Porter, dopo essersi chiesto se globalizzazione, mutamenti
demografici e rivoluzione culturale abbiano eroso il consenso del
popolo americano nei confronti della “democrazia del libero mercato”, al
punto da indurlo a votare per un uomo come Trump (Sanders non è nemmeno
citato!), che ha fatto campagna sostenendo che il sistema serve gli
interessi di un’élite cosmopolita contro quelli della gente comune,
prosegue ammettendo (bontà sua) che il popolo ha molte ragioni per
lamentarsi, ma poi conclude incongruamente che il vero motivo del
successo populista non sta in queste ragioni, bensì nei difetti del
sistema elettorale (!?), quindi conclude citando i suggerimenti di
riforme orientate a garantire la “governabilità” offerti da alcuni
solerti politologi.
Gli altri due esempi li ho trovati sulle pagine del “Corriere della
Sera” del 4 gennaio. Il primo articolo, a firma di Michele Salvati,
ribadisce che sì, la vita della maggioranza dei cittadini è grama e tale
resterà a lungo per cui, appurato che : 1) le “leggi” dell’economia non
ammettono deroghe e che dunque occorrerà in ogni caso farle digerire al
popolo, 2) che a tale scopo servirà comunque “riformare” la
costituzione, 3) che il compito si è rivelato impossibile per un’unica
forza politica, non resta che lavorare alla costruzione di una grande
coalizione “anti populista” che abbia la maggioranza necessaria per
compiere le riforme senza che poi debbano essere sottoposte a
referendum.
Il secondo articolo, a firma di Gustavo Ghidini, rilancia viceversa
con forza l’imprescindibile esigenza di “normalizzare” la comunicazione
online. Gli argomenti sono i soliti: combattere le bufale, gli
incitamenti all’odio, l’uso di termini offensivi e “politicamente
scorretti”, ecc. E’ evidente come il senso di queste e altre definizioni
possa essere opportunamente dilatato per colpire ben altri bersagli,
come la libertà di opinione ed espressione, ed è altrettanto evidente
come questa crociata sia, non casualmente, iniziata subito dopo che
sondaggisti e studiosi di comunicazione hanno accusato Internet di avere
favorito i successi elettorali “populisti”, bypassando un sistema dei
media mainstream sempre più blindato a sostegno del pensiero unico
liberal liberista e delle forze politiche che ne incarnano gli
interessi.
Insomma: la grande controffensiva è iniziata, ed è destinata a farsi
più feroce a mano a mano che l’insofferenza dei cittadini nei confronti
delle élites si farà più forte, fino a generare (si spera) una domanda
esplicita di rottura sistemica.
mercoledì 4 gennaio 2017
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