mercoledì 30 marzo 2016

Dopo Palmira, obiettivo su Raqqa

di Alberto Negri dal ilsole24ore
  
Gli occidentali sembrano specialisti nell’arte della guerra stupida. C’è da augurarsi di essere smentiti ma qualche domanda, mentre si prepara l’offensiva su Raqqa, capitale del Califfato e direzione strategica del terrorismo, bisogna farsela. Cosa sarebbe accaduto se Putin non fosse intervenuto a fianco di Assad? Forse oggi non parleremmo della liberazione di Palmira, uno degli scoop militari e mediatici meglio riusciti a Mosca.
E cosa sarebbe successo se nel settembre 2013 Stati Uniti eFrancia avessero “punito” Damasco? Bashar Assad stava per fare la fine di Gheddafi e il califfo al-Baghdadi avrebbe fatto colazione sulle rovine di Aleppo e Damasco. Noi occidentali eravamo saldamente dall’altra parte sostenendo un’improbabile opposizione “moderata”: Francia e Stati Uniti in realtà avevano dato via libera alla Turchia per aprire l’autostrada del Jihad e far affluire migliaia di combattenti destinati ad abbattere il regime alauita, alleato dell’Iran e inviso ai sunniti.
Come è andata è sotto gli occhi di tutti: i jihadisti hanno ingrossato le file dell’Isis e di Jabat al Nusra e si vendicano con i kamikaze nelle nostre strade per avere perso la guerra. E ora si aspettano di suscitare reazioni guidate dalla paura non dalla razionalità.
Prima di un’altra guerra al terrorismo l’Occidente dovrà sciogliere le sue contraddizioni altrimenti ne resterà avviluppato. Gli Stati Uniti e la coalizione dei “volenterosi”, alcuni dei quali sostenitori di ideologie vicine ai jihadisti, hanno dichiarato guerra all’Isis nel 2014 ottenendo qualche modesto successo in Iraq dove l’offensiva contro Mosul, annunciata da un anno, non si è ancora vista perché l’esercito di Baghdad è costituito soprattutto da milizie sciite. Non solo. Gli occidentali si sono entusiasmati per la resistenza di Kobane ma non dicono una parola sulla Turchia, la legittimano come un interlocutore privilegiato per tenersi i profughi siriani e i veti di Ankara tengono fuori i curdi siriani dai negoziati di Ginevra. Non c’è da meravigliarsi se Erdogan sbeffeggia i diplomatici europei presenti al processo contro i giornalisti di Chumurryet.
Damasco e la Russia hanno dei piani, gli Usa non hanno idea di come “liberare” Mosul che nel 2014 hanno visto occupare dal Califfato senza fare una piega perché pensavano che ricompensasse i sunniti della caduta di Saddam. Non si può fare una guerra senza una politica. Lo ha detto lo stesso Obama, quando era ancora senatore dell’Illinois: «Non sono contro le guerre ma contro la guerra imbecille, fondata non sulla ragione ma sulla collera».
Ma l’Occidente si prepara ad altre guerre insensate. La Libia pone le stesse domande della Siria: interverremo come nel 2011 lasciandoci alle spalle un caos irrimediabile? Oppure ingaggeremo un conflitto “cosmetico” per nascondere la sconfitta della Siria dove hanno perso tutti coloro che volevano abbattere Assad: turchi, sauditi, americani, francesi e un corteo di medie potenze, dal Qatar agli Emirati, il cui titolo di merito è investire a casa nostra e fare le guerre in casa d’altri per tenerle lontane da loro. Tra l’altro Riad deve anche occultare il disastro dello Yemen, un Vietnam arabo dove ha creato un caos inestricabile. La strategia occidentale basata sui bombardamenti e manovrando i combattenti locali non solo è fallita in Siria, Iraq e Afghanistan ma con il terrorismo è tornata indietro come un boomerang: un’altra guerra inutile sarebbe imperdonabile.

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