Gli occidentali sembrano specialisti nell’arte della guerra
stupida. C’è da augurarsi di essere smentiti ma qualche domanda, mentre
si prepara l’offensiva su Raqqa, capitale del Califfato e direzione
strategica del terrorismo, bisogna farsela. Cosa sarebbe accaduto se
Putin non fosse intervenuto a fianco di Assad? Forse oggi non parleremmo
della liberazione di Palmira, uno degli scoop militari e mediatici
meglio riusciti a Mosca.
E cosa sarebbe successo se nel settembre 2013 Stati Uniti eFrancia
avessero “punito” Damasco? Bashar Assad stava per fare la fine di
Gheddafi e il califfo al-Baghdadi avrebbe fatto colazione sulle rovine
di Aleppo e Damasco. Noi occidentali eravamo saldamente dall’altra parte
sostenendo un’improbabile opposizione “moderata”: Francia e Stati Uniti
in realtà avevano dato via libera alla Turchia per aprire l’autostrada
del Jihad e far affluire migliaia di combattenti destinati ad abbattere
il regime alauita, alleato dell’Iran e inviso ai sunniti.
Come è andata è sotto gli occhi di tutti: i jihadisti hanno
ingrossato le file dell’Isis e di Jabat al Nusra e si vendicano con i
kamikaze nelle nostre strade per avere perso la guerra. E ora si
aspettano di suscitare reazioni guidate dalla paura non dalla
razionalità.
Prima di un’altra guerra al terrorismo l’Occidente dovrà sciogliere
le sue contraddizioni altrimenti ne resterà avviluppato. Gli Stati Uniti
e la coalizione dei “volenterosi”, alcuni dei quali sostenitori di
ideologie vicine ai jihadisti, hanno dichiarato guerra all’Isis nel 2014
ottenendo qualche modesto successo in Iraq dove l’offensiva contro
Mosul, annunciata da un anno, non si è ancora vista perché l’esercito di
Baghdad è costituito soprattutto da milizie sciite. Non solo. Gli
occidentali si sono entusiasmati per la resistenza di Kobane ma non
dicono una parola sulla Turchia, la legittimano come un interlocutore
privilegiato per tenersi i profughi siriani e i veti di Ankara tengono
fuori i curdi siriani dai negoziati di Ginevra. Non c’è da meravigliarsi
se Erdogan sbeffeggia i diplomatici europei presenti al processo contro
i giornalisti di Chumurryet.
Damasco e la Russia hanno dei piani, gli Usa non hanno idea di come
“liberare” Mosul che nel 2014 hanno visto occupare dal Califfato senza
fare una piega perché pensavano che ricompensasse i sunniti della caduta
di Saddam. Non si può fare una guerra senza una politica. Lo ha detto
lo stesso Obama, quando era ancora senatore dell’Illinois: «Non sono
contro le guerre ma contro la guerra imbecille, fondata non sulla
ragione ma sulla collera».
Ma l’Occidente si prepara ad altre guerre insensate. La Libia pone le
stesse domande della Siria: interverremo come nel 2011 lasciandoci alle
spalle un caos irrimediabile? Oppure ingaggeremo un conflitto
“cosmetico” per nascondere la sconfitta della Siria dove hanno perso
tutti coloro che volevano abbattere Assad: turchi, sauditi, americani,
francesi e un corteo di medie potenze, dal Qatar agli Emirati, il cui
titolo di merito è investire a casa nostra e fare le guerre in casa
d’altri per tenerle lontane da loro. Tra l’altro Riad deve anche
occultare il disastro dello Yemen, un Vietnam arabo dove ha creato un
caos inestricabile. La strategia occidentale basata sui bombardamenti e
manovrando i combattenti locali non solo è fallita in Siria, Iraq e
Afghanistan ma con il terrorismo è tornata indietro come un boomerang:
un’altra guerra inutile sarebbe imperdonabile.
mercoledì 30 marzo 2016
Dopo Palmira, obiettivo su Raqqa
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