Finalmente
D’Alema ha detto qualcosa di sinistra, dopo anni di silenzio assenso in
direzione contraria. Il rispetto della nostra Costituzione in merito alla
parità di tutte le religioni. Quindi anche all’8 per mille per i musulmani. Così
potranno costruirsi le loro moschee e pregare il loro dio. Magari senza l’aiuto
dello stato e dei comuni, ma nella pace delle varie religioni, anche con i soldi
dei volontari cristiani. Giustissimo. E’ un problema di libertà loro e di tutti
i credenti.
Qualcuno ha
subito aggiunto il veleno nella coda:”così potranno essere controllati meglio”.
Invece, quando si riuniscono in topaie e sottoscale, va bene. I soliti puristi
delle etnie che fanno buon viso a cattivo gioco. Tralasciamo i commenti
leghisti. Quelli sono contro la Costituzione e le leggi da sempre. Sono i nuovi
fascisti. I neo già ci sono, sdoganati da tempo. Tralasciamo anche la destra,
in gran parte cattolica e conservatrice nel nostro paese. Non amano il loro capo
Francesco né quello che dice in qualità di vicario di Cristo, e diventano
subito disubbidienti silenti, sostenuti da una cricca cardinalizia chiacchierona
e revanscista di destra. Per loro l’ecumenismo cattolico e la riunificazione
delle religioni cristiane sembrano farsa e spettacolo. Non ci credono almeno da
un secolo. Figuriamoci con i monoteisti musulmani, anche se con un corano in
sostanza completamente scopiazzato dalla bibbia.
Il segnale di
D’Alema, in un momento così critico, uguale in fondo a quello del sociologo Zygmund
Bauman, è quello dell’accoglienza, della tolleranza e dell’integrazione. Una
voce controcorrente, uno spazio di apertura civile e culturale. Certamente,
togliere dalla mente che il “problema immigrazione” non è un problema di sicurezza
nazionale ma solo un problema di integrazione sociale è diventato oggi molto
difficile. I peggiori “nemici” sono rappresentati da un’orda di giornalisti
prezzolati (ormai sempre pagati da qualche padrone, pubblico o privato), senza
cervello, senza profonda cultura di giornalismo, semplice manovalanza. La
qualità non è richiesta. Sparano a zero su tutto quello che si muove
“nell’altro campo”, all’unison, ritenendosi, spesso illogicamente o moralmente,
sempre nel “campo giusto”. Parlano e smuovono quel popò di feccia che un po’ tutti
hanno sedimentato nella coscienza, nelle trippe, e che al momento opportuno
rispunta quasi senza controllo. Stare in una muta ululante si rischia di
gridare più forte degli altri.
Questo
concetto del campo giusto è una vera negazione per quelli che considerano
“ingenuo” lo stato belga per aver perseguito la strada dell’integrazione.
Almeno il più possibile e meglio degli olandesi di un ventennio fa, perché da
allora, spinto dai nuovi nazi-fascisti al governo, anche in Belgio, le cose
sono cambiate di molto. Chi ha vissuto queste esperienze direttamente, comprese
le immense difficoltà politico-amministrative, pur con un popolo aperto e
accogliente dal 1830 come quello belga, non deve ammettere che per quattro
balordi possano saltare anni di sacrifici, se non decenni, per essere pienamente
accettati. Fanno sorridere i commentatori francesi che sparano a zero sul
Belgio, pur sapendo che gran parte delle periferie-bidonville delle loro grandi
città sono sedute sulla dinamite della disgregazione sociale. Forse anche
qualche generale nostro quando parla pomposamente in televisione, a postiori, di “falla” nei servizi di
sicurezza del Belgio, non si rende conto della trave nell’occhio considerando
la pagliuzza del vicino. Ma noi siamo così sicuri dei nostri “tappi” aspettando
Roma? Già più volte minacciata e ripropostoci tante volte dai nostri
telegiornali, seminando e sedimentando terrore e insicurezza, con grande
felicità dell’Isis.
Quello che è
successo a Bruxelles, o a Parigi, (o prima a Londra e Madrid) non può esserci
riproposto per giorni o settimane, in tutti i clonati talkshow, da
“giornalisti” come avvoltoi che si compiacciono nel sentimentalismo. Fanno la
gioia, e lo scherno, mondiale dei Jhadisti. Certamente c’è la dovuta informazione
e l’angoscia, ma devo dire che ho visto almeno 100 volte come hanno sparato a
Salah. Non sono compiaciuto e non faranno di me un vendicativo pronto alla
guerra o alla pena di morte. Capisco soltanto che presto saremo tutti schedati,
con DNA e chip sottopelle, per il “nostro bene”, e per “combattere il terrorismo”.
Diventerà anche un problema di selezione di razza? Quante affinità, sottilmente
sottintese, con la cultura xenofoba nazi-fascista. Questa volta sembra che gli
ebrei se la scampino visto che adesso ci sono i musulmani. La grandiosità
inumana di partecipare di nuovo a “guerre sante”, a guerre “di razza”. In
realtà bisognerebbe misurare quanto abbiamo già ceduto di democrazia a causa
della paura, e fin dove potremo arrivare.
Si capisce
che i governi non hanno interesse a placare le paure dei cittadini, piuttosto
alimentano l’ansia che deriva dall’incertezza del futuro spostando la fonte
d’angoscia dai problemi che non sanno risolvere a quelli con soluzioni più facilmente
“mediatiche”. Non possono parlare sempre di aumento del numero dei disoccupati,
della povertà che avanza, dell’incertezza del futuro, dei giovani senza lavoro
e di disperazione sociale, per quanto riescano a mentire con i numeri.
Finalmente due o tre settimane di guerra e di angoscia, sì, ma anche di “pace
informativa sul sociale”.
Il concetto
espresso da D’Alema è la via giusta per interrompere la spirale della
contrapposizione. Bisogna dare la possibilità di un’interazione autentica tra
etnie e religioni, di rispetto reciproco almeno umano, pur nell’assunzione di
una legislazione fondamentalmente contro le ingiustizie, comprese quelle alla
persona, per tutti. Il tema dell’ingiustizia sociale accumula, in tutti, più
rancori di quel che si possa pensare. Molti giovani terroristi sono cittadini
francesi, belgi, inglesi… “E’ un errore
sovrapporre terrorismo a immigrazione” (Bauman). Sono due cose
completamente diverse, è vero, ma che l’arrivo di altre decine di migliaia di
profughi o semplici affamati sulle nostre coste (una volta pagata e chiusa la
frontiera turca e con la Grecia satura e allo sbando), rischiano di confondersi.
Ma ormai non è più nemmeno dato sapere chi siano e quanti siano esattamente,
anche se i terroristi conosciuti di questi tempi viaggiano in aereo, in macchine ben equipaggiate, armi moderne e
con documenti a posto.
Una verità di
fondo è che la stragrande maggioranza della popolazione europea, attanagliata
da una crisi indotta da banche e oligarchie antidemocratiche varie, non ha la
capacità culturale e sociale di pensare anche agli immigrati che arrivano e che
arriveranno sempre più. C’è rimasto veramente poco da dividere e di già anche i
nostri 100.000 nuovi emigrati italiani all’anno fuggono all’estero. In questo
contesto, se ne ha le capacità, D’Alema, anche se già “rottamato” dal suo
partito, dovrebbe insistere e rilanciare un vero dibattito. Ne uscirebbe
qualcosa di sinistra, cioè di umano.
Nessun commento:
Posta un commento