Queste
corti fantoccio sono la ragione principale per cui tanti politici e
attivisti sono contrari ad accordi commerciali come il TTP
di
Haley Edwards (da Moyers
& Company, 19 settembre 2016)
traduzione
per doppiocieco di Domenico D'Amico
[Quello
che segue è un estratto dal nuovo libro di Haley Edwards, Shadow
Courts: the Tribunals that Rule Global Trade.]
In
una grigia giornata del gennaio 2016, l'ambientalista e attivista
Jane Kleeb stava percorrendo l'Highway 281, dalle parti di Lincoln,
Nebraska, quando ricevette la telefonata di un giornalista. In quel
momento, Kleeb era ancora euforica per il successo ottenuto
organizzando i coltivatori, gli allevatori e gli ambientalisti locali
per opporsi all'oleodotto Keystone XL, che avrebbe dovuto,
attraversando il Nebraska, portare prodotti petroliferi dalle sabbie
bituminose del Canada al Golfo del Messico. Grazie agli sforzi suoi e
di altri attivisti, nel novembre 2015 il presidente Obama aveva
annunciato di voler negare alla compagnia canadese TransCanada
l'autorizzazione al proseguimento del progetto, ponendo fine a otto
anni di tentativi di realizzarlo. Il giornalista aveva chiamato Kleeb
per chiederle se sapeva degli ultimi sviluppi della vicenda. Proprio
quella mattina, la TransCanada aveva annunciato di aver fatto causa
contro il governo statunitense per 15 miliardi di dollari, sostenendo
la tesi che la decisione di Obama di bloccare il progetto violava il
North American Free Trade Agreement [NAFTA]. A sentire di quella
causa, Kleeb cadde dalle nuvole. “Organizzare è il mio mestiere,
così la mia reazione fu 'Dove si tengono le udienze? Dove procede la
cosa? Chi è il giudice?'” ha raccontato in seguito. Se la
TransCanada aveva portato quella decisione in tribunale, lei voleva
essere presente. Si poteva organizzare una protesta davanti al
tribunale, o tenere un raduno in una città vicina... Ma no, venne a
sapere, non è così che sarebbero andate le cose. La TransCanada non
stava citando gli Stati Uniti davanti a una corte statunitense, o, se
è per questo, canadese. I suoi argomenti non sarebbero stati
valutati da un giudice, e i meriti del caso non sarebbero stati
presi in considerazione nella cornice legislativa di uno stato, quale
che fosse. Non ci sarebbe stata alcuna protesta sulla scalinata del
tribunale. Invece il caso sarebbe stato esaminato da una corte
gestita da tre arbitratori, che opera all'interno di un sistema
legale sovranazionale di cui Kleeb non aveva mai sentito parlare.
“Era
tutto così bizzarro,” mi disse. “Una compagnia straniera ci può
fare causa in un qualche tribunale segreto? È mai possibile?”
L'Investor-state
dispute settlement [conciliazione delle dispute tra investitori e
stati], o ISDS, apparve nei trattati nel 1969. L'idea che c'era
dietro era piuttosto semplice: se un investitore straniero riteneva
che il paese ospite – cioè la nazione dove operava la sua
compagnia – avesse violato un trattato internazionale, ad esempio
requisendo o distruggendo le sue fabbriche, o i pozzi di petrolio o
altri beni, quell'investitore avrebbe potuto presentare una denuncia
ISDS direttamente contro il paese ospite. Tutto questo senza
coinvolgere il proprio governo, e senza dover attendere all'infinito
che un qualche tribunale ostile o corrotto di un qualche paese in via
di sviluppo giungesse a una qualche decisione. Presentando una
denuncia ISDS, l'investitore avrebbe avviato la formazione di un
tribunale arbitrale speciale, che sarebbe stato temporaneo e al di
fuori della giurisdizione di qualsiasi nazione o istituzione
internazionale. Il suo unico scopo sarebbe stato quello di
determinare se e quanto lo stato ospite avrebbe dovuto risarcire
l'investitore per le proprietà requisite o distrutte. Per fare un
esempio, alla fine degli anni 80 il governo dello Sri Lanka, nel
corso di un raid militare contro dei ribelli, distrusse gli impianti
di lavorazione dei gamberetti di una compagnia britannica.
L'investitore presentò una denuncia ISDS, venne formato un
tribunale, e gli arbitratori stabilirono che il governo dello Sri
Lanka, per compensare la distruzione dell'impianto, avrebbe dovuto
risarcire la compagnia con 460.000 dollari. Detto tutto, caso chiuso.
La compagnia britannica non aveva dovuto affidarsi alle corti dello
Sri Lanka. Non ci fu nessun incidente diplomatico. Il Regno Unito non
ebbe bisogno di intervenire per salvaguardare gli interessi dei suoi
investitori. E in effetti, l'idea era proprio questa: l'ISDS doveva
essere un sistema di arbitraggio efficiente, obbiettivo e apolitico
che avrebbe impedito alle nazioni più potenti di interferire negli
affari di quelle più deboli, e avrebbe anche offerto un'ulteriore
protezione agli investitori stranieri che si trovassero a operare in
paesi dai tribunali poco affidabili. Tuttavia, negli ultimi vent'anni
questo meccanismo ha conosciuto una lenta mutazione, trasformandosi
in qualcosa di molto potente – e molto, molto politico.
Un
fattore di questa evoluzione è il boom di nuovi ricorsi. Tra gli
anni 60 e il 2000 l'ISDS non venne utilizzato quasi mai. In
quarant'anni i ricorsi da parte degli investitori furono solo una
quarantina. A partire dal 2000 ce ne sono stati 647. Nel solo 2015
ben 70 nuovi casi. L'aumento è dovuto in parte al fatto che, col
tempo, si sono aggiunti migliaia di nuovi trattati che includono la
possibilità di ricorrere all'ISDS. Negli ultimi 25 anni le nazioni
hanno stipulato migliaia di accordi bilaterali d'investimento, e, a
cominciare dagli anni 90, praticamente tutti i nuovi accordi
commerciali, dal NAFTA al CAFTA all'Energy Charter, includono un
articolo riguardante gli investimenti che include l'ISDS. Nel 1989
c'erano poche centinaia di accordi con associato l'ISDS. A tutto il
2015 sono più di 3000.
Un
ulteriore ragione dietro il boom di nuovi ricorsi è data dal fatto
che la definizione di cosa significhi che una nazione si sia
appropriata o abbia distrutto la proprietà di una ditta straniera, o
abbia violato in altro modo i diritti di proprietà di un investitore
alla luce di un trattato, questa definizione si è ampliata di
parecchio. Gli investitori ormai fanno regolarmente causa se la
nazione ospite approva una legge o una regolamentazione che comporti
una perdita anche parziale per le proprietà della compagnia, o ne
limiti in qualche modo i futuri profitti. Ad esempio, nel ricorso
ISDS della TransCanada contro gli Stati Uniti si argomenta che la
decisione del presidente Obama di cancellare il gasdotto Keystone XL
viola il NAFTA perché espropria la compagnia dei previsti profitti
futuri.
L'attuale
interpretazione ha conquistato spazio solo negli ultimi vent'anni, ma
ha aperto una nuova, enorme zona grigia. Mentre i ricorsi ISDS del
passato riguardavano pozzi petroliferi espropriati o fabbriche rase
al suolo, ora hanno come obbiettivo aumenti di tasse o norme
ambientali. Qual è il confine tra il diritto di uno stato a
legiferare nel pubblico interesse e i diritti di proprietà di una
corporation?
I
negoziatori statunitensi ormai si danno da fare per includere il
meccanismo dell'ISDS nel maggior numero possibile di nuovi trattati,
inclusi quelli più importanti, prossimi alla dirittura d'arrivo. La
Trans -Pacific Partnership [TPP], che il presidente Obama ha firmato
nel febbraio del 2016 e che il Congresso, con tutta probabilità,
ratificherà prima che lui lasci la Casa Bianca [1], incorpora di già
l'ISDS. Che questo meccanismo si ritrovi anche nel Transatlantic
Trade and Investment Partnership [TTIP] tra Stati Uniti ed Europa, è
oggetto di discussione. In Europa l'argomento ha già innescato una
sorta di guerra civile intellettuale, col Parlamento Europeo che ha
respinto, trasversalmente agli schieramenti partitici, qualsiasi
trattato che includesse l'ISDS. Le strade di Berlino, Parigi e
Bruxelles si sono riempite di contestatori, che hanno anche scritto
centinaia di petizioni per opporsi a quella che vedono come
l'imposizione di “tribunali delle corporation” privi di
trasparenza, che possono essere utilizzati per aggirare leggi e
regolamentazioni, nonché mettere a rischio la sovranità dello
stato. I negoziatori statunitensi affermano che si tratta di grosse
esagerazioni. Fanno rilevare che gli Stati Uniti hanno già stipulato
una cinquantina di accordi che includono l'ISDS, e che le corporation
straniere l'hanno utilizzato contro Washington solo 18 volte. Gli
Stati Uniti non hanno ancora perso una sola causa. Ma esperti di
entrambe le sponde della discussione ritengono che queste cifre
sottovalutino l'importanza dell'ISDS. Se il meccanismo venisse
incorporato nel TTP e nel TTIP, per gli investitori il panorama
legale globale cambierebbe per sempre. Quei cinquanta trattati sono
di modesta entità, e rappresentano solo un 10% degli investimenti
esteri diretti negli Stati Uniti; se si includesse l'ISDS nel TTP,
quella percentuale diverrebbe sensibilmente più alta. Se poi l'ISDS
venisse incluso in entrambi i trattati di cui sopra, questo
implicherebbe che qualunque corporation che avesse sede in qualunque
paese firmatario di questi accordi – e si tratta della stragrande
maggioranza delle compagnie elencate nella Global
Fortune 500 [una
lista dei primi 500 gruppi economici mondiali] – potrebbe
utilizzare il meccanismo per contestare leggi e regolamentazioni
statunitensi fuori dai tribunali nazionali, come sta facendo oggi la
TransCanada.
“Non
credo che il problema sia se le leggi statunitensi verranno
contestate da compagnie straniere nell'ambito del TPP,” mi ha detto
di recente Simon Lester, esperto di scambi commerciali del
libertarian Cato Institute. “È abbastanza chiaro che è quello che
avverrà, che qualcuna di queste contestazioni avrà successo, e che
saranno i contribuenti statunitensi a pagare il conto.”
nota
del traduttore
[1]
A quanto sembra la ratifica del TTP non è più (dopo la vittoria di
Donald Trump) così pacifica. Quello che è estremamente
significativo è lo scollamento che il turbocapitalismo legato alla
globalizzazione ha provocato tra l'oligarchia militare-finanziaria e
le masse dei “milionari momentaneamente in difficoltà”
statunitensi. Questo stesso estratto ne è una dimostrazione: il
problema non riguarda le corporation in
generale,
ma il fatto che qualcuna di esse possa imporre la propria volontà
sugli
Stati Uniti.
Non a caso viene citato un esponente libertarian, congenitamente
dalla parte dell'oligarchia. Per adesso la populace
del “malcontento mezzo gaudio” si è espressa votando Trump,
vedremo in futuro se questo porterà a un cambio di rotta da parte
dell'oligarchia (improbabile) o a un aumento esponenziale della
repressione (già in avvio con la compilazione di liste
di dissidenti da neutralizzare).
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