venerdì 9 dicembre 2016

I Tribunali Segreti che le Multinazionali Usano per Fare Causa agli Stati

Queste corti fantoccio sono la ragione principale per cui tanti politici e attivisti sono contrari ad accordi commerciali come il TTP

di Haley Edwards (da Moyers & Company, 19 settembre 2016)
traduzione per doppiocieco di Domenico D'Amico

[Quello che segue è un estratto dal nuovo libro di Haley Edwards, Shadow Courts: the Tribunals that Rule Global Trade.]

In una grigia giornata del gennaio 2016, l'ambientalista e attivista Jane Kleeb stava percorrendo l'Highway 281, dalle parti di Lincoln, Nebraska, quando ricevette la telefonata di un giornalista. In quel momento, Kleeb era ancora euforica per il successo ottenuto organizzando i coltivatori, gli allevatori e gli ambientalisti locali per opporsi all'oleodotto Keystone XL, che avrebbe dovuto, attraversando il Nebraska, portare prodotti petroliferi dalle sabbie bituminose del Canada al Golfo del Messico. Grazie agli sforzi suoi e di altri attivisti, nel novembre 2015 il presidente Obama aveva annunciato di voler negare alla compagnia canadese TransCanada l'autorizzazione al proseguimento del progetto, ponendo fine a otto anni di tentativi di realizzarlo. Il giornalista aveva chiamato Kleeb per chiederle se sapeva degli ultimi sviluppi della vicenda. Proprio quella mattina, la TransCanada aveva annunciato di aver fatto causa contro il governo statunitense per 15 miliardi di dollari, sostenendo la tesi che la decisione di Obama di bloccare il progetto violava il North American Free Trade Agreement [NAFTA]. A sentire di quella causa, Kleeb cadde dalle nuvole. “Organizzare è il mio mestiere, così la mia reazione fu 'Dove si tengono le udienze? Dove procede la cosa? Chi è il giudice?'” ha raccontato in seguito. Se la TransCanada aveva portato quella decisione in tribunale, lei voleva essere presente. Si poteva organizzare una protesta davanti al tribunale, o tenere un raduno in una città vicina... Ma no, venne a sapere, non è così che sarebbero andate le cose. La TransCanada non stava citando gli Stati Uniti davanti a una corte statunitense, o, se è per questo, canadese. I suoi argomenti non sarebbero stati valutati da un giudice, e i meriti del caso non sarebbero stati presi in considerazione nella cornice legislativa di uno stato, quale che fosse. Non ci sarebbe stata alcuna protesta sulla scalinata del tribunale. Invece il caso sarebbe stato esaminato da una corte gestita da tre arbitratori, che opera all'interno di un sistema legale sovranazionale di cui Kleeb non aveva mai sentito parlare.
Era tutto così bizzarro,” mi disse. “Una compagnia straniera ci può fare causa in un qualche tribunale segreto? È mai possibile?”
L'Investor-state dispute settlement [conciliazione delle dispute tra investitori e stati], o ISDS, apparve nei trattati nel 1969. L'idea che c'era dietro era piuttosto semplice: se un investitore straniero riteneva che il paese ospite – cioè la nazione dove operava la sua compagnia – avesse violato un trattato internazionale, ad esempio requisendo o distruggendo le sue fabbriche, o i pozzi di petrolio o altri beni, quell'investitore avrebbe potuto presentare una denuncia ISDS direttamente contro il paese ospite. Tutto questo senza coinvolgere il proprio governo, e senza dover attendere all'infinito che un qualche tribunale ostile o corrotto di un qualche paese in via di sviluppo giungesse a una qualche decisione. Presentando una denuncia ISDS, l'investitore avrebbe avviato la formazione di un tribunale arbitrale speciale, che sarebbe stato temporaneo e al di fuori della giurisdizione di qualsiasi nazione o istituzione internazionale. Il suo unico scopo sarebbe stato quello di determinare se e quanto lo stato ospite avrebbe dovuto risarcire l'investitore per le proprietà requisite o distrutte. Per fare un esempio, alla fine degli anni 80 il governo dello Sri Lanka, nel corso di un raid militare contro dei ribelli, distrusse gli impianti di lavorazione dei gamberetti di una compagnia britannica. L'investitore presentò una denuncia ISDS, venne formato un tribunale, e gli arbitratori stabilirono che il governo dello Sri Lanka, per compensare la distruzione dell'impianto, avrebbe dovuto risarcire la compagnia con 460.000 dollari. Detto tutto, caso chiuso. La compagnia britannica non aveva dovuto affidarsi alle corti dello Sri Lanka. Non ci fu nessun incidente diplomatico. Il Regno Unito non ebbe bisogno di intervenire per salvaguardare gli interessi dei suoi investitori. E in effetti, l'idea era proprio questa: l'ISDS doveva essere un sistema di arbitraggio efficiente, obbiettivo e apolitico che avrebbe impedito alle nazioni più potenti di interferire negli affari di quelle più deboli, e avrebbe anche offerto un'ulteriore protezione agli investitori stranieri che si trovassero a operare in paesi dai tribunali poco affidabili. Tuttavia, negli ultimi vent'anni questo meccanismo ha conosciuto una lenta mutazione, trasformandosi in qualcosa di molto potente – e molto, molto politico.
Un fattore di questa evoluzione è il boom di nuovi ricorsi. Tra gli anni 60 e il 2000 l'ISDS non venne utilizzato quasi mai. In quarant'anni i ricorsi da parte degli investitori furono solo una quarantina. A partire dal 2000 ce ne sono stati 647. Nel solo 2015 ben 70 nuovi casi. L'aumento è dovuto in parte al fatto che, col tempo, si sono aggiunti migliaia di nuovi trattati che includono la possibilità di ricorrere all'ISDS. Negli ultimi 25 anni le nazioni hanno stipulato migliaia di accordi bilaterali d'investimento, e, a cominciare dagli anni 90, praticamente tutti i nuovi accordi commerciali, dal NAFTA al CAFTA all'Energy Charter, includono un articolo riguardante gli investimenti che include l'ISDS. Nel 1989 c'erano poche centinaia di accordi con associato l'ISDS. A tutto il 2015 sono più di 3000.
Un ulteriore ragione dietro il boom di nuovi ricorsi è data dal fatto che la definizione di cosa significhi che una nazione si sia appropriata o abbia distrutto la proprietà di una ditta straniera, o abbia violato in altro modo i diritti di proprietà di un investitore alla luce di un trattato, questa definizione si è ampliata di parecchio. Gli investitori ormai fanno regolarmente causa se la nazione ospite approva una legge o una regolamentazione che comporti una perdita anche parziale per le proprietà della compagnia, o ne limiti in qualche modo i futuri profitti. Ad esempio, nel ricorso ISDS della TransCanada contro gli Stati Uniti si argomenta che la decisione del presidente Obama di cancellare il gasdotto Keystone XL viola il NAFTA perché espropria la compagnia dei previsti profitti futuri.
L'attuale interpretazione ha conquistato spazio solo negli ultimi vent'anni, ma ha aperto una nuova, enorme zona grigia. Mentre i ricorsi ISDS del passato riguardavano pozzi petroliferi espropriati o fabbriche rase al suolo, ora hanno come obbiettivo aumenti di tasse o norme ambientali. Qual è il confine tra il diritto di uno stato a legiferare nel pubblico interesse e i diritti di proprietà di una corporation?
I negoziatori statunitensi ormai si danno da fare per includere il meccanismo dell'ISDS nel maggior numero possibile di nuovi trattati, inclusi quelli più importanti, prossimi alla dirittura d'arrivo. La Trans -Pacific Partnership [TPP], che il presidente Obama ha firmato nel febbraio del 2016 e che il Congresso, con tutta probabilità, ratificherà prima che lui lasci la Casa Bianca [1], incorpora di già l'ISDS. Che questo meccanismo si ritrovi anche nel Transatlantic Trade and Investment Partnership [TTIP] tra Stati Uniti ed Europa, è oggetto di discussione. In Europa l'argomento ha già innescato una sorta di guerra civile intellettuale, col Parlamento Europeo che ha respinto, trasversalmente agli schieramenti partitici, qualsiasi trattato che includesse l'ISDS. Le strade di Berlino, Parigi e Bruxelles si sono riempite di contestatori, che hanno anche scritto centinaia di petizioni per opporsi a quella che vedono come l'imposizione di “tribunali delle corporation” privi di trasparenza, che possono essere utilizzati per aggirare leggi e regolamentazioni, nonché mettere a rischio la sovranità dello stato. I negoziatori statunitensi affermano che si tratta di grosse esagerazioni. Fanno rilevare che gli Stati Uniti hanno già stipulato una cinquantina di accordi che includono l'ISDS, e che le corporation straniere l'hanno utilizzato contro Washington solo 18 volte. Gli Stati Uniti non hanno ancora perso una sola causa. Ma esperti di entrambe le sponde della discussione ritengono che queste cifre sottovalutino l'importanza dell'ISDS. Se il meccanismo venisse incorporato nel TTP e nel TTIP, per gli investitori il panorama legale globale cambierebbe per sempre. Quei cinquanta trattati sono di modesta entità, e rappresentano solo un 10% degli investimenti esteri diretti negli Stati Uniti; se si includesse l'ISDS nel TTP, quella percentuale diverrebbe sensibilmente più alta. Se poi l'ISDS venisse incluso in entrambi i trattati di cui sopra, questo implicherebbe che qualunque corporation che avesse sede in qualunque paese firmatario di questi accordi – e si tratta della stragrande maggioranza delle compagnie elencate nella Global Fortune 500 [una lista dei primi 500 gruppi economici mondiali] – potrebbe utilizzare il meccanismo per contestare leggi e regolamentazioni statunitensi fuori dai tribunali nazionali, come sta facendo oggi la TransCanada.
Non credo che il problema sia se le leggi statunitensi verranno contestate da compagnie straniere nell'ambito del TPP,” mi ha detto di recente Simon Lester, esperto di scambi commerciali del libertarian Cato Institute. “È abbastanza chiaro che è quello che avverrà, che qualcuna di queste contestazioni avrà successo, e che saranno i contribuenti statunitensi a pagare il conto.”

nota del traduttore

[1] A quanto sembra la ratifica del TTP non è più (dopo la vittoria di Donald Trump) così pacifica. Quello che è estremamente significativo è lo scollamento che il turbocapitalismo legato alla globalizzazione ha provocato tra l'oligarchia militare-finanziaria e le masse dei “milionari momentaneamente in difficoltà” statunitensi. Questo stesso estratto ne è una dimostrazione: il problema non riguarda le corporation in generale, ma il fatto che qualcuna di esse possa imporre la propria volontà sugli Stati Uniti. Non a caso viene citato un esponente libertarian, congenitamente dalla parte dell'oligarchia. Per adesso la populace del “malcontento mezzo gaudio” si è espressa votando Trump, vedremo in futuro se questo porterà a un cambio di rotta da parte dell'oligarchia (improbabile) o a un aumento esponenziale della repressione (già in avvio con la compilazione di liste di dissidenti da neutralizzare).

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