Confesso che non ho resistito a pubblicare questo articolo di Marco Travaglio, poichè quando si parla di cafoni, io rizzo le antenne, essendo nato fra i cafoni e da questi allevato come un bambino bianco del New England rapito in tenera età da una tribù di Piedi Neri. Sì, perchè mi sono sempre considerato una specie di alieno nato per sbaglio in un mondo che non gli apparteneva, ma che lo ha allevato con amore, cercando di trasfondergli la sua anima come meglio poteva. Insomma come direbbero alcuni parenti psiconalisti, ho con i cafoni un rapporto ambivalente. Tra di loro ci sono persone semplici e pulite, anche se hanno gli infissi in alluminio anodizzato a casa e godono quando in TV c'è l'isola dei famosi, e ci sono persone detestabili, che ti passano avanti nella fila e fanno commenti idioti ad alta voce mentre cerchi di goderti un film in santa pace al cinema.
I cafoni, quelli cattivi, sono un derivato corrotto e politicamente scorretto della società contadina italiana. Quando i contadini hanno capito che potevano allearsi col potere centrale e banchettare al tavolo di una democrazia corrotta e marcescente, non ci hanno pensato due volte. Figuriamoci, secoli di sottomissione ai signori con tanto di jus primae noctis e inchini la domenica davanti alla chiesa, alla fine si sono detti: facciamo un allenza con la parte meno nobile di questi porci che pensano solo al denaro e per niente al bene comune, così avremmo un piatto di minestra assicurato e al diavolo il buon gusto, che tanto quello non si mangia. È così che una bella fetta della società contadina ha barattato la sua cultura millenaria con le cucine di formica, le case con graffiato marroncino e balconi con ringhiera laccata di azzurrino, le vacanze tamarre, i grandi fratelli e via cantando. Certo i cafoni, col loro consenso politico e la loro finta dabbenaggine, hanno dato una bella mano ai devastatori delle nostre coste, ai palazzinari, ai mafiosi, al sistema delle corruttele e delle clientele democristiane, e per questo li considero in gran parte gente da evitare, ma fra loro ci sono anche persone simpatiche, che ancora inneggiano a baffone e ballano la polka alle feste dell'Unità. E poi mi ricordano l'infanzia vissuta nelle loro tribù, con il loro italiano sgangherato, pronunciato con un tono fra il ridicolo e la minaccia, e i loro rituali, fusione di sacro e profano, ben rappresentati nelle sagre paesane, sanno ancora di amarcord. Inoltre come dimenticare le "sagne e faglioli" e il "coatto" che non è un borgataro romano, ma un piatto a base di pecora?
I cafoni, quelli cattivi, sono un derivato corrotto e politicamente scorretto della società contadina italiana. Quando i contadini hanno capito che potevano allearsi col potere centrale e banchettare al tavolo di una democrazia corrotta e marcescente, non ci hanno pensato due volte. Figuriamoci, secoli di sottomissione ai signori con tanto di jus primae noctis e inchini la domenica davanti alla chiesa, alla fine si sono detti: facciamo un allenza con la parte meno nobile di questi porci che pensano solo al denaro e per niente al bene comune, così avremmo un piatto di minestra assicurato e al diavolo il buon gusto, che tanto quello non si mangia. È così che una bella fetta della società contadina ha barattato la sua cultura millenaria con le cucine di formica, le case con graffiato marroncino e balconi con ringhiera laccata di azzurrino, le vacanze tamarre, i grandi fratelli e via cantando. Certo i cafoni, col loro consenso politico e la loro finta dabbenaggine, hanno dato una bella mano ai devastatori delle nostre coste, ai palazzinari, ai mafiosi, al sistema delle corruttele e delle clientele democristiane, e per questo li considero in gran parte gente da evitare, ma fra loro ci sono anche persone simpatiche, che ancora inneggiano a baffone e ballano la polka alle feste dell'Unità. E poi mi ricordano l'infanzia vissuta nelle loro tribù, con il loro italiano sgangherato, pronunciato con un tono fra il ridicolo e la minaccia, e i loro rituali, fusione di sacro e profano, ben rappresentati nelle sagre paesane, sanno ancora di amarcord. Inoltre come dimenticare le "sagne e faglioli" e il "coatto" che non è un borgataro romano, ma un piatto a base di pecora?
Oggi votano perlopiù a destra, ma anche per il PD. Intendiamoci , non tutti cafoni sono tali, ma bastano e avanzano quelli che lo sono.
di Marco Travaglio [da "A" in edicola]
da Voglio Scendere via ComeDonChisciotte
L’Italia in vacanza dice molto più di se stessa che nelle altre stagioni. Anche quest’anno sono in ferie in un villaggio turistico (motivi famigliari) e sulla spiaggia, quando non sono impegnato a respingere con cortesia e fermezza le proposte più bizzarre degli animatori che vorrebbero coinvolgermi in un girone infernale di tornei, passo il tempo a leggere e a sonnecchiare. Ma c’è un momento della giornata in cui, qualunque cosa stia facendo, mi blocco e rimango rapito ad ammirare lo spettacolo: l’ora dell’”acquagym”. Una mandria di bagnanti maschi e femmine, perlopiù flaccidi e inguardabili, dunque orgogliosissimi di farsi guardare, ballonzolano ritmicamente per una mezz’oretta buona con l’acqua alla cintola sulle note di vari motivetti della discodance anni 80 tentando invano di ripetere i movimenti che, dalla riva, suggerisce loro una graziosa animatrice.
Fissandoli negli occhi, inspiegabilmente raggianti, si ha la netta impressione che quello sia il loro momento, la loro mezz’oretta di celebrità, una specie di Isola dei Famosi proletaria e democratica, aperta a tutti, senza bisogno di selezioni o nomination. In quei corpi sudaticci e sgraziati, che tremolano come gelatine malferme, c’è tutta la volgarità, l’esibizionismo, la vuotaggine della società italiana degli ultimi anni. Fino a qualche tempo fa, osservando la gente sotto l’ombrellone, era rarissimo trovare qualcuno che non leggesse almeno un giornale, una rivista, un libro. Oggi la stragrande maggioranza non legge nulla. Mai. Per tutto il giorno. Per tutta la vacanza. Il tempo che una volta era dedicato alla lettura oggi è riservato ad armeggiare col cellulare (sempre con suonerie sgangherate e a diecimila decibel), a ripetere ad altissima voce i tormentoni ebeti sentiti alla televisione, a viziare bambini obesi e cafoneggianti ricoprendoli di gelati, ghiaccioli, cornetti, leccalecca, patatine, popcorn e porcherie varie (ultima trovata: il chupa-chupa con ventilatore incorporato, in grado di tranciare anche tre dita per bambino), a guardare nel vuoto per ore e ore sotto il sole, o, per i più impegnati, a grattarsi la pancia davanti a tutti.
Un gruppetto di tamarri sui cinquant’anni prelevano ogni giorno le sdraio dalla fila, le immergono nell’acqua, oltre il bagnascuga, restandovi stravaccati a mollo per tutto il giorno, e lì le lasciano la sera, finchè un’onda non se le porta via, tanto quella mica è roba loro. Devono essere gli stessi che scorrazzano nella stanza sopra la nostra con gli zoccoli ai piedi fino alle quattro del mattino. Di fronte a me, un nonno passa il tempo a farsi dare dello “stronzo-testadicazzo-figliodiputtana” dal nipotino di 6-7 anni. Al posto del moccioso, io da piccolo avrei perso i denti con mio padre e le gengive con mio nonno. Invece questo nonno moderno trova simpaticissimo il nipotino, e lo ricompensa con ogni sorta di regali per la squisita educazione. Tra qualche anno, se tutto va bene, il piccolo mostro diventerà ministro. Dichiarerà guerra ai fannulloni, manderà i soldati nelle strade, chiederà l’arresto dei mendicanti, bandirà Blob e Montalbano dalla televisione pubblica, metterà il grembiule alle scolaresche e il velo ai nudi del Tiepolo, perché è ora di finirla con tutto questo permissivismo e questa volgarità.
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