Grillo ha una visione dell'economia a
mio avviso sbagliata. Non sono un economista, ma il fallimento del
liberismo e delle politiche di austerità è sotto gli occhi di
tutti. Ciò che Grillo non capisce è la stretta connessione fra una
visione “frugale” o se vogliamo falsamente etica dell'economia e
il liberismo. Per Grillo, il problema sta nella virtù
dell'amministratore della cosa pubblica, che come un buon padre di
famiglia devesaggiamente amministrare le risorse evitando gli
sprechi. Non a caso nei suoi scritti lui indica la Germania come
modello di virtù, contrapposta al lassismo morale italiano, ma è
proprio questo l'elemento chiave della questione. L'austerità, la
razionalizzazione della spesa pubblica, “i conti in ordine”, sono
la leva ideale per smantellare lo stato sociale e trasferire ingenti
proporzioni di reddito dai ceti medi al capitale finanziario. E' ciò che sta accadendo in Grecia ed in Italia, con la promessa che
dopo le lacrime e il sangue verrà finalmente la rinascita, un
messaggio quasi messianico, il paradiso dopo un calvario
purificatore. Austerità è un termine che nell'immaginario
collettivo evoca attributi morali universali e pertanto difficilmente
criticabili. Chi non sarebbe d'accordo con l'austerità, quando ci
hanno sempre insegnato che virtù, soprattutto in tempi di crisi, significa frugalità, risparmio,
sacrificio. Peccato che questo non
valga per la quota sempre crescente di ricchi che si avvantaggia
dell'austerità altrui. La trappola contenuta nel termine austerità è estremamente insidiosa perché cela il reale intento insito nella semantica.
Tutto ciò significa che dobbiamo darci
alla dissipazione incontrollata delle risorse, senza badare alla
quantità e alla qualità della spesa? No, non è questo il punto,
si può spendere senza dissipare e salvaguardando l'ambiente, si può
persino “decrescere” come vorrebbero alcuni, ma una cosa è
certa, come molti economisti ci insegnano, senza una "spesa a deficit" dello
stato che produce moneta e crea investimenti e circolazione di
danaro, l'unica strada che ci rimane è quella della disoccupazione,
della riduzione dei redditi e dello strangolamento dello stato
sociale. Certo come ha detto la Fornero, abbiamo dovuto mettere mano
a redditi e pensioni altrimenti il mercato ci avrebbero
massacrato (sic). Qualcuno molto saggio potrebbe leggere le parole
della ministra come l'imposizione forzata delle regole di un gioco al
quale non potevano sottrarci, e credo che Bersani cerchi di lavarsi
la coscienza con questa favola, ma allora a questo punto sono proprio
le regole del gioco che contano e non come vogliono farci credere i
conti in ordine. In altre parole abbiamo ceduto al realismo nefasto
dei mercati finanziari, nella migliore delle ipotesi perché siamo
succubi, nella peggiore perché abbiamo creduto che fosse la scelta
migliore.
Criticare moralisticamente gli sprechi
o anche credere che tutto si risolva combattendo l'evasione fiscale è
da sciocchi. Occorre evidenziare con nettezza la contrapposizione fra
una visione falsamente moralistica dell'economia, anche nella sua
veste più accattivante di redistribuzione equa delle risorse, e una
visione improntata alla generazione di reddito e ricchezza per la
maggioranza della popolazione. L'unico assillo è forse la qualità
della spesa. Non possiamo alimentare l'economia con i TAV o facendo
buche da riempire, né tanto meno cementificando il territorio. Credo
che su questo potremmo essere d'accordo con Grillo, ma non venitemi a
dire che se risparmiamo i soldi dei contributi elettorali e facciamo
pagare le tasse a tutti abbiamo risolto tutti i nostri problemi.
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