domenica 18 novembre 2012

I conti del Grillo

Grillo ha una visione dell'economia a mio avviso sbagliata. Non sono un economista, ma il fallimento del liberismo e delle politiche di austerità è sotto gli occhi di tutti. Ciò che Grillo non capisce è la stretta connessione fra una visione “frugale” o se vogliamo falsamente etica dell'economia e il liberismo. Per Grillo, il problema sta nella virtù dell'amministratore della cosa pubblica, che come un buon padre di famiglia devesaggiamente amministrare le risorse evitando gli sprechi. Non a caso nei suoi scritti lui indica la Germania come modello di virtù, contrapposta al lassismo morale italiano, ma è proprio questo l'elemento chiave della questione. L'austerità, la razionalizzazione della spesa pubblica, “i conti in ordine”, sono la leva ideale per smantellare lo stato sociale e trasferire ingenti proporzioni di reddito dai ceti medi al capitale finanziario. E' ciò che sta accadendo in Grecia ed in Italia, con la promessa che dopo le lacrime e il sangue verrà finalmente la rinascita, un messaggio quasi messianico, il paradiso dopo un calvario purificatore. Austerità è un termine che nell'immaginario collettivo evoca attributi morali universali e pertanto difficilmente criticabili. Chi non sarebbe d'accordo con l'austerità, quando ci hanno sempre insegnato che virtù, soprattutto in tempi di crisi, significa frugalità, risparmio, sacrificio. Peccato che questo non valga per la quota sempre crescente di ricchi che si avvantaggia dell'austerità altrui. La trappola contenuta nel termine austerità è estremamente insidiosa perché cela il reale intento insito nella semantica.
Tutto ciò significa che dobbiamo darci alla dissipazione incontrollata delle risorse, senza badare alla quantità e alla qualità della spesa? No, non è questo il punto, si può spendere senza dissipare e salvaguardando l'ambiente, si può persino “decrescere” come vorrebbero alcuni, ma una cosa è certa, come molti economisti ci insegnano, senza una "spesa a deficit" dello stato che produce moneta e crea investimenti e circolazione di danaro, l'unica strada che ci rimane è quella della disoccupazione, della riduzione dei redditi e dello strangolamento dello stato sociale. Certo come ha detto la Fornero, abbiamo dovuto mettere mano a redditi e pensioni altrimenti il mercato ci avrebbero massacrato (sic). Qualcuno molto saggio potrebbe leggere le parole della ministra come l'imposizione forzata delle regole di un gioco al quale non potevano sottrarci, e credo che Bersani cerchi di lavarsi la coscienza con questa favola, ma allora a questo punto sono proprio le regole del gioco che contano e non come vogliono farci credere i conti in ordine. In altre parole abbiamo ceduto al realismo nefasto dei mercati finanziari, nella migliore delle ipotesi perché siamo succubi, nella peggiore perché abbiamo creduto che fosse la scelta migliore.
Criticare moralisticamente gli sprechi o anche credere che tutto si risolva combattendo l'evasione fiscale è da sciocchi. Occorre evidenziare con nettezza la contrapposizione fra una visione falsamente moralistica dell'economia, anche nella sua veste più accattivante di redistribuzione equa delle risorse, e una visione improntata alla generazione di reddito e ricchezza per la maggioranza della popolazione. L'unico assillo è forse la qualità della spesa. Non possiamo alimentare l'economia con i TAV o facendo buche da riempire, né tanto meno cementificando il territorio. Credo che su questo potremmo essere d'accordo con Grillo, ma non venitemi a dire che se risparmiamo i soldi dei contributi elettorali e facciamo pagare le tasse a tutti abbiamo risolto tutti i nostri problemi.

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