lunedì 19 novembre 2012

Il cammino segnato dei napolitani

"Vedremo come si esprimeranno i cittadini e in base al risultato elettorale si troveranno le soluzioni per governare stabilmente il Paese, mettendo a frutto il lavoro del Governo Monti le cui decisioni hanno segnato il cammino dal quale l'Italia non potrà discostarsi".
"Il prossimo governo dovrà proseguire il cammino di Monti"
"Partiti con posizioni diverse potranno al massimo aggiungere qualcosa e non distruggere quello che ha fatto".
"Anche dopo il voto proseguiranno risanamento e riforme".

Napolitano dixit.
In pratica dovremo proseguire il cammino verso il baratro. Il senso è unico. L'economia non è un insieme di teorie e di scuole di pensiero differenti, l'economia è una scienza esatta. Insomma se ti si rompe il motore della macchina, che fai? Lo ripari no? Stessa cosa per l'economia: se si rompe l'economia la ripari e il conto va ai soliti fessi. Il problema è capire perché Napolitano e con lui tutta una classe politica e intellettuale, un think thank agguerrito, testardo e senza esitazioni, faccia di tutto per convincerci della bontà di massacrare lo stato sociale e spolpare i redditi per il nostro bene. Le possibili risposte sono almeno due: 1) sono in mala fede e ingannano volutamente i cittadini nell'intento come dicono certuni di perpetrare il più grande crimine della storia, cioè depredare il ceto medio basso, portarlo a livelli di servitù della gleba, e alimentare in questo modo una nuova classe di rentier o di signori feudali che dir si voglia. Tutto ciò allo scopo di ristabilire un equilibrio sociale basato sul predominio di "chi ha da spendere" come avrebbero detto i liberali col marchio doc alla Montesquieu per intenderci. 2) non sono in mala fede, almeno non del tutto, e agiscono così in ragione di una totale identificazione con un determinato credo economico, quale prodotto di una naturale inclinazione del mondo dell'economia ad orientare a prorpio vantaggio i meccanismi che la compongono, creando al contempo sovrastrutture che li sorreggano. Il vecchio Marx direbbe "l'ideologia". Credo fermamente nella seconda ipotesi, poiché sono persuaso che qualsiasi azione debba trovare in questa minoranza di dominatori pseudo illuminati una giustificazione filosofica e morale, non perché questa gente abbia una coscienza, ma perché anche le azioni peggiori hanno bisogno di congegni semantici con i quali costruire senso, così da dare un'apparenza di giustizia e di razionalità all'agire stesso. Ve li immaginate i padri dell'Europa che discutono su come fregare il popolo? Non si diranno certo fra di loro che la BCE è una colossale fregatura e che impedire agli stati di stampare moneta servirà a impoverire grandi masse di persone e arricchire una minoranza, ma dentro di loro lo sanno benissimo che è così e sono convinti che sia l'unica da fare. Le masse emancipate sono state da sempre il terrore dei liberali, soprattutto dei padri fondatori americani che consideravano il governo delle moltitudini l'anticamera dell'inferno. Se ci riflettiamo anche i neocons americani hanno pianificato cinicamente guerre agli stati (do you remember il Piano per il Nuovo Secolo Americano? Guerra all'Iraq, poi Siria, poi Iran?), ma la loro argomentazione poggiava su principi etici, che ponevano al centro la democrazia. L'euro è la sponda europea della strategia neocons. Un nuovo ordine mondiale che realizza nella mente di questa gente l'ideale platonico del governo universale dei saggi (leggasi aristocrazia politico-economico-finanziaria di marca anglosassone), un grande leviatano con la maschera affranta di una madre che castiga i suoi figli per il loro bene.
Il cammino è segnato dice Napolitano. Vedremo. La moltitudine ha cominciato a stufarsi e a non credere più alle favole. La si può convincere di tutto, ma mai che tagliarsi le gambe un giorno ci porterà a correre lontano.


1 commento:

  1. Non sono d'accordo, io propendo per la prima ipotesi(malafede, punto).
    Dibattito alla camera 13/12/1978 su ingresso Italia nello SME, interviene Napolitano:
    [riferendosi al vertice di Bruxelles, tenutosi giorni prima, che aveva sancito] “…la conferma di una sostanziale resistenza dei paesi a moneta più forte, della Repubblica federale di Germania, e in modo particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi ed a sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle monete e delle economie di paesi della Comunità. E così venuto alla luce un equivoco di fondo … di cui l’accordo di Bruxelles ha ribadito la gravità: se cioè il nuovo sistema monetario debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, delle economie europee e dell’economia mondiale, o debba servire a garantire il paese a moneta più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania federale e spingendo un paese come l’Italia alla deflazione…
    Non voglio ripetere le considerazioni… sui motivi che impongono e giustificano un particolare sforzo del nostro paese per conseguire un più alto tasso di crescita, e sul rischio invece che i vincoli del sistema monetario, quale è stato congegnato, producano effetti opposti.
    …le regole dello SME ci possano portare ad intaccare le nostre riserve e a perdere di competitività, ovvero a richiedere di frequente una modifica del cambio, una svalutazione ufficiale e brusca della lira fino a trovarci nella necessità di adottare drastiche politiche restrittive“…

    E si trattava di un meno vincolante SME. Come ho già scritto altrove, la domanda è: possono i trent'anni trascorsi avere compromesso a tal punto tanta lucidità?

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