"Vedremo come si esprimeranno i cittadini e in base al
risultato elettorale si troveranno le soluzioni per governare
stabilmente il Paese, mettendo a frutto il lavoro del Governo Monti
le cui decisioni hanno segnato il cammino dal quale l'Italia non
potrà discostarsi".
"Il prossimo governo dovrà
proseguire il cammino di Monti"
"Partiti con posizioni
diverse potranno al massimo aggiungere qualcosa e non distruggere
quello che ha fatto".
"Anche dopo il voto proseguiranno
risanamento e riforme".
Napolitano dixit.
In pratica dovremo proseguire il cammino verso il baratro. Il
senso è unico. L'economia non è un insieme di teorie e di scuole di
pensiero differenti, l'economia è una scienza esatta. Insomma se ti
si rompe il motore della macchina, che fai? Lo ripari no? Stessa cosa
per l'economia: se si rompe l'economia la ripari e il conto va ai
soliti fessi. Il problema è capire perché Napolitano e con lui
tutta una classe politica e intellettuale, un think thank
agguerrito, testardo e senza esitazioni, faccia di tutto per
convincerci della bontà di massacrare lo stato sociale e spolpare i
redditi per il nostro bene. Le possibili risposte sono almeno due: 1)
sono in mala fede e ingannano volutamente i cittadini nell'intento
come dicono certuni di perpetrare il più grande crimine della
storia, cioè depredare il ceto medio basso, portarlo a livelli di
servitù della gleba, e alimentare in questo modo una nuova classe di
rentier o di signori feudali che dir si voglia. Tutto ciò
allo scopo di ristabilire un equilibrio sociale basato sul predominio
di "chi ha da spendere" come avrebbero detto i liberali col
marchio doc alla Montesquieu per intenderci. 2) non sono in mala
fede, almeno non del tutto, e agiscono così in ragione di una totale
identificazione con un determinato credo economico, quale prodotto di
una naturale inclinazione del mondo dell'economia ad orientare a
prorpio vantaggio i meccanismi che la compongono, creando al contempo
sovrastrutture che li sorreggano. Il vecchio Marx direbbe
"l'ideologia". Credo fermamente nella seconda ipotesi,
poiché sono persuaso che qualsiasi azione debba trovare in questa
minoranza di dominatori pseudo illuminati una giustificazione
filosofica e morale, non perché questa gente abbia una coscienza, ma
perché anche le azioni peggiori hanno bisogno di congegni semantici
con i quali costruire senso, così da dare un'apparenza di giustizia
e di razionalità all'agire stesso. Ve li immaginate i padri
dell'Europa che discutono su come fregare il popolo? Non si diranno
certo fra di loro che la BCE è una colossale fregatura e che
impedire agli stati di stampare moneta servirà a impoverire grandi
masse di persone e arricchire una minoranza, ma dentro di loro lo
sanno benissimo che è così e sono convinti che sia l'unica da fare.
Le masse emancipate sono state da sempre il terrore dei liberali,
soprattutto dei padri fondatori americani che consideravano il
governo delle moltitudini l'anticamera dell'inferno. Se ci
riflettiamo anche i neocons americani hanno pianificato cinicamente guerre
agli stati (do you remember il Piano per il Nuovo Secolo Americano?
Guerra all'Iraq, poi Siria, poi Iran?), ma la loro argomentazione poggiava su principi etici, che ponevano al
centro la democrazia. L'euro è la sponda europea della strategia
neocons. Un nuovo ordine mondiale che realizza nella mente di
questa gente l'ideale platonico del governo universale dei saggi (leggasi aristocrazia politico-economico-finanziaria di marca anglosassone), un
grande leviatano con la maschera affranta di una madre che castiga i
suoi figli per il loro bene.
Il cammino è segnato dice Napolitano. Vedremo. La moltitudine ha
cominciato a stufarsi e a non credere più alle favole. La si può
convincere di tutto, ma mai che tagliarsi le gambe un giorno ci
porterà a correre lontano.
lunedì 19 novembre 2012
Il cammino segnato dei napolitani
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Non sono d'accordo, io propendo per la prima ipotesi(malafede, punto).
RispondiEliminaDibattito alla camera 13/12/1978 su ingresso Italia nello SME, interviene Napolitano:
[riferendosi al vertice di Bruxelles, tenutosi giorni prima, che aveva sancito] “…la conferma di una sostanziale resistenza dei paesi a moneta più forte, della Repubblica federale di Germania, e in modo particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi ed a sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle monete e delle economie di paesi della Comunità. E così venuto alla luce un equivoco di fondo … di cui l’accordo di Bruxelles ha ribadito la gravità: se cioè il nuovo sistema monetario debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, delle economie europee e dell’economia mondiale, o debba servire a garantire il paese a moneta più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania federale e spingendo un paese come l’Italia alla deflazione…
Non voglio ripetere le considerazioni… sui motivi che impongono e giustificano un particolare sforzo del nostro paese per conseguire un più alto tasso di crescita, e sul rischio invece che i vincoli del sistema monetario, quale è stato congegnato, producano effetti opposti.
…le regole dello SME ci possano portare ad intaccare le nostre riserve e a perdere di competitività, ovvero a richiedere di frequente una modifica del cambio, una svalutazione ufficiale e brusca della lira fino a trovarci nella necessità di adottare drastiche politiche restrittive“…
E si trattava di un meno vincolante SME. Come ho già scritto altrove, la domanda è: possono i trent'anni trascorsi avere compromesso a tal punto tanta lucidità?