di Tonino D’Orazio
In questa guerra che i ricchi stanno vincendo contro i poveri avvengono almeno due fatti importanti.
Uno quello di rendere nobile la povertà, se non valorizzarla. E’ positivo e negativo. Si potrebbe definire una situazione gesuitica. E poi, se i poveri, finalmente, sono contenti che si parli di loro! Si parli, s’intende. L’altro la solidarietà dei poveri verso i poveri. Si tocca il cuore, sapendo che solo loro ce l’hanno e capiscono la solidarietà nella miseria. La Chiesa l’ha sempre saputo.
Da un'idea del Vescovo di Teramo-Atri per cercare di dare una piccola risposta e un segno di speranza, in un periodo in cui la crisi economica sta riversando i suoi effetti negativi alle famiglie e alle comunità civili, nasce il progetto "1 ora X te". In collaborazione con la Banca Popolare di Ancona è stato costituito un fondo per sostenere in maniera concreta le famiglie che a seguito della crisi hanno perso ogni fonte di reddito. Chiunque, con un contratto a tempo indeterminato o occupato in qualsiasi altra forma (artigiano, commerciante, impresa, ecc.), può contribuire ad integrare il fondo versando una somma equivalente ad un'ora della propria retribuzione netta in maniera periodica o attraverso una offerta occasionale. (Abruzzo24ore).
E i ricchi sempre più ricchi? Per il momento si accontentano di recitare la parte dei poveri. D’altronde ci si può dire ricchi solo quando (Rothschild) “non si conosce la quantità di denaro a disposizione e non si debba contarlo”. Quanti possono dichiararsi ricchi se soldi, valori e possedimenti non bastano mai?
In una sorta di rito carnascialesco ribaltato sono adesso loro a mascherarsi da miseri, senza tralasciare le opere di beneficenza che tanto non costano niente a chi è miliardario, ma che fanno scena, oltre a poterle scaricare dalle tasse. Si pensi che proprio i super ricchi, qualche mese fa, si sono inventati il «Live below the line», cioè «Vivi sotto la soglia», per 5 giorni con un solo dollaro e mezzo al giorno. Che brivido! E che presa in giro!
Fa scena e anche i poveri, quelli veri, sembrano mediaticamente apprezzare. Ormai a parlare di lotta di classe si passa per terrorista, ma rimane pur poco credibile, data la sconfitta latente, anche una possibile e socialistica equa ridistribuzione della ricchezza. Meglio assecondare la globalizzazione che avanza: pochi ricchi e sempre più poveri. Magari tutti con la speranza di diventare ricchi un giorno, tanto che ci vuole! Gli esempi-simbolo non mancano. Evviva la maggioranza globale. Eccola la nuova democrazia globale! Meglio se accompagnata da un pater-ave-e-gloria entusiasta … per il regno dei cieli. Sempre per la fase due, ovviamente!
La Verità ed il Potere non hanno mai marciato assieme. “Vengo senza oro né argento, solo con Gesù!” grida Bergoglio. Meno verità di così! (o forse, eccesso di verità. Oro e argento sono ben custoditi altrove e il costo dell’ultimo viaggio in Brasile lo hanno pagato lo Stato e le comunità …). Fingere di tendere alla povertà e valorizzarla, negli odierni frangenti economici sembra una squallida operazione di marketing. Un fiume inesauribile di denaro affluisce in Vaticano dall’Italia e da tutte le nazioni e comunità dove vi sia una maggioranza cattolica: offerte, donazioni, eredità, quote di imposte, finanziamenti pubblici.
Mi direte che d’altronde il Vaticano è uno Stato vero, costruito da secoli, con migliaia di dipendenti, di lavoratori e lavoratrici da mantenere. Soltanto una piccola parte di tali ricchezze finisce direttamente in progetti umanitari. Il resto va alla catechesi nelle parrocchie, all’edilizia di culto, al sostentamento del clero (circa 40.000 preti in Italia), ma anche alle banche amiche e da qui la liquidità si ricicla e si moltiplica in investimenti, in titoli, in immobili, in business disinvolti, in azioni di industrie e quant’altro. Tra uno scandalo finanziario e l’altro (cfr ultimamente quello milionario di due vescovi austriaci) anche i gerarchi della Chiesa sembrano essere completamente autonomi e intraprendenti. Il papa che ‘rischia la vita’ è un subdolo strumento di persuasione occulta, non meno abile a menare il can per l’aia o se sei credente, a portare le pecore all’ovile … del padrone.
Cambiano i governi, cambiano i pontefici ma il business del Vaticano continua come d’abitudine. E chissà che sotto l’ombra del “papa povero” gli affari inconfessabili si possano concludere ancora meglio. Ma non di questa diffidenza volevo parlare. Anche questo Papa è un bravo showman, e perché no quando i simboli sembrano viaggiare contro la realtà?
Un amico anarchico mi diceva quanto comunque fosse affascinante, anche perché misteriosa, la magistrale teatralità della liturgia delle funzioni sacre. I colori, la luminosità o la luce diffusa, i profumi orientali come l’incenso o l’odore della cera, le danzanti e inquietanti fiammelle delle candeline nelle zone d’ombra o dei ceri, le statue cariche di maestà, i dipinti con sguardi veritieri, gli scaloni da scendere, i paramenti coreografici e scintillanti degli attori, lo spazio in altezza ridondante di suoni, di voci corali o bianche, di organi tuonanti, di bisbigli e di silenzi. I simboli affettivi, il punto di partenza, la nascita, quello di arrivo, la morte, la consacrazione del sesso, il verginale matrimonio. Ognuno con i propri riti differenziati. Da un punto di vista scenografico perfettamente artistico, minuzioso e accattivante. Mediatici da sempre, da secoli.
Bisogna ammettere che man mano lo Stato abbandona spezzoni di stato sociale alla povertà, il “vuoto”, alla meno peggio e anche con residue somme pubbliche, viene colmato dalle associazioni caritatevoli soprattutto della Chiesa cattolica, ma in genere anche dalle altre associazioni confessionali esistenti sul territorio in modo più pianificato. Si intravvedono travet alla mensa popolare e sempre più gente che fruga nell’immondizia anche alla ricerca di cibo. In Italia, s’intende, dove ancora non si riesce a quantificare le tonnellate di cibo sprecato. I laici sono assenti, aspettano “il diritto”, gli altri svolgono carità, assistenza e sono pragmaticamente credibili.
In Italia dal 2006 al 2013 la povertà sanitaria è aumentata in media del 97%. In sintesi sono aumentati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare i medicinali anche quelli con prescrizione medica. Insomma: se prima la crisi colpiva le famiglie costringendole a fare a meno di alimenti, di vestiario e di generi di consumo, oggi è in difficoltà anche la capacità di procurarsi le medicine. Gli anziani, ma non solo, non possono più permettersi visite specialistiche, alle quali comunque i medici di famiglia indirizzano. Si scivola nella povertà fisica e psicologica. È questo uno dei dati che emerge dal dossier realizzato dalla Fondazione Banco Farmaceutico Onlus e presentato insieme alla Caritas Italiana in occasione della XXXIV edizione del Meeting di Rimini. I dati emersi dal dossier sono il frutto del lavoro svolto da sette anni, dal 2006 al 2013, dalla Fondazione che raccoglie su tutto il territorio nazionale (grazie alla Giornata Nazionale di Raccolta del Farmaco e alle donazioni aziendali) e distribuisce agli enti convenzionati che fanno richiesta di medicinali. Tra questi le Caritas diocesane, il centro Astalli, la Comunità di Sant’Egidio solo per citarne alcuni, tutte realtà che intercettano il disagio sociale in “diretta”. Danno una risposta episodica, necessaria, ma mai risolutiva.
Cresce la povertà, ma aumenta al Nord anche la solidarietà di chi decide di donare un farmaco a chi non se lo può permettere. Nel Centro Italia la richiesta di farmaci in sette anni è cresciuta in maniera esponenziale passando dalle 32.718 confezioni del 2006 alle 188.560 del 2013 (fino al mese di luglio compreso). Un incremento percentuale del 476,32%. “Anche in questo caso abbiamo assistito anche alla crescita corposa della solidarietà che ha fatto registrare l’incremento dei farmaci donati del 94,24% passando dalle 23.670 confezioni alle attuali 46.034”. “Facendo una comparazione dei dati emersi – concludono Banco farmaceutico e Caritas - dobbiamo registrare che il fabbisogno sanitario in percentuale è aumentato, soprattutto, al Centro a causa dei valori bassi di richiesta di partenza. Se invece si valuta l’aumento numerico dei farmaci il Nord è primo in classifica con quasi 200 mila confezioni in più di medicinali richiesti in sette anni. A seguire il Centro Italia e poi il Sud e le Isole”.(Rapporto Fondazione).
“Se le classi infelici non fossero accarezzate dalla carità, non si rassegnerebbero pacificamente al loro destino”. Camillo Benso conte di Cavour, un notorio filantropo.
lunedì 7 ottobre 2013
I poveri per i poveri
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