domenica 6 ottobre 2013

Krugman: La triste ma serissima storia del Molto Onorevole Sabotatore

da ilsole24ore

C'era una volta un funzionario pubblico che aveva un piano: era convinto che per rilanciare l'economia bisognasse spedire squadre di sabotatori in tutto il Paese per ostacolare sistematicamente la produzione.
Perché fosse convinto di una cosa del genere non importa: era quello che tutte le Persone Tanto Coscienziose dicevano, vai a sapere perché.
Il piano fu messo in atto, prima con gradualità, poi a ritmo sempre più sostenuto. I sabotatori stavano facendo danni ingenti: secondo le stime più attendibili avevano distrutto circa il 3 per cento della produzione nazionale. Ma dopo tre anni cominciarono a succedere due cose: la prima fu che il Molto Onorevole Sabotatore interruppe l'escalation, anzi cominciò addirittura a rallentare; la seconda fu che il settore privato imparò a fronteggiare in modo più efficace le squadre di sabotatori, limitando i loro danni.

L'economia di conseguenza ricominciò a crescere: anzi, si mise a crescere un po' più velocemente del normale, via via che le fabbriche sabotate si rimettevano in carreggiata.
E a questo punto il Molto Onorevole Sabotatore si mise a cantare vittoria. «Vedete?», disse. «Le mie politiche sono state un successo e i miei detrattori avevano torto».
Sembra una storia idiota, no?
Ma come ha spiegato recentemente l'editorialista del Financial Times Martin Wolf, è la storia di George Osborne, il ministro dell'Economia inglese.
Ma allora qual è il vero oggetto del contendere?

Simon Wren-Lewis, professore di economia a Oxford, recentemente ha pubblicato online alcune osservazioni sull'«illusione dell'austerity», stimolate da un articolo sul The Telegraph del giornalista economico-finanziario inglese Jeremy Warner, che presenta tutto il dibattito sull'austerity come un confronto fra «statalisti» e «liberisti».
L'osservazione di Wren-Lewis è che solo uno degli schieramenti in campo in questo dibattito lo vede in questi termini: chi contesta l'adozione di politiche di austerity in una situazione di depressione economica lo fa perché è convinto che misure del genere possono avere come unico effetto quello di aggravare la depressione (come infatti è stato).
I sostenitori del rigore, invece, non dicono la verità sulle loro motivazioni. Usano parole forti, ma se si guarda alle loro recenti reazioni si capisce chiaramente che tutte le loro tesi sull'austerità espansiva – le soglie del 90 per cento e tutto il resto – erano solo scuse funzionali al loro vero obbiettivo: smantellare lo Stato sociale.
Questo spiega a sua volta perché la Waterloo intellettuale a cui sono andati incontro i loro presunti argomenti non abbia mutato minimamente le loro posizioni.

Un punto interessante che coglie Wren-Lewis, e che anch'io ho sottolineato in altre occasioni, è che le persone schierate in favore del rigore in questo dibattito non sono semplicemente in malafede: è proprio che sembrano non concepire l'idea che qualcun altro possa sostenere una certa posizione in buona fede. Quando l'argomento in discussione erano gli stimoli di bilancio, molte persone a destra – anche economisti come Robert Lucas – davano semplicemente per scontato che gente come Christy Romer, l'ex capo del Consiglio dei consulenti economici dell'amministrazione Obama, fabbricasse dati ad arte per favorire i propri obbiettivi politici.
E ora probabilmente è chiaro perché lo davano per scontato: loro è così che lavorano.
Insomma, si è trattato di un dibattito asimmetrico: per questo la mia parte ha stravinto sui fatti, ma continua a perdere nella sfera politica.


(Traduzione di Fabio Galimberti)


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