Tonino
D’Orazio
Da
quando Kissinger costruì l’accordo globale del petro-dollaro con l’Arabia
Saudita e l’OPEP, nel 1973, il dollaro statunitense è rimasto l’unica valuta di
riserva mondiale per quasi 50 anni. Dal 9 giugno 2015 il regno monetario sta
traballando, poiché il gigante petrolifero russo Gazprom vende ufficialmente
tutto il petrolio e il gas in yuan e in rubli, facendo di fatto del petro-yuan
una riserva mondiale comune. La Cina e la Russia, sostenuti dagli altri paesi
del Brics, hanno concluso un accordo su un paniere equilibrato e condiviso di
valute in funzione dell’oro (Gold Standard) da utilizzare al posto del dollaro.
In
realtà le stupide e auto lesive sanzioni occidentali hanno portato ad una
maggiore utilizzazione della moneta cinese da parte dei russi e delle loro
società. Tra l’altro la Cina e la Russia stanno liquidando la loro massa di
riserva in dollari verso l’Arabia Saudita (ma anche verso gli altri paesi
aderenti all’OPEP) che per la prima volta dopo due decenni, a causa della sua
politica petrolifera suicida, ha estrema necessita di valuta americana. Si sta
creando un scénario dove anche altri paesi iniziano a de-dollarizzarsi e
a non avere bisogno del dollaro per acquistare energia o impegnarsi in commerci
bilaterali. E’ la situazione in atto tra la Russia e la Cina che hanno
convenuto che tutti i loro scambi avverranno con rubli e yuan. E’ iniziata la
« guerra » per il controllo della prossima valuta di riserva
mondiale.
Due
mesi fa anche l’Iran, appena abolite le sanzioni statunitensi, ha annunciato
che non venderà più il suo petrolio in dollari, ma, intanto, in euro, in modo
da non alienarsi subito l’Unione Europea, introducendo l’evidente contrasto politico-economico
con la valuta statunitense.
Con
un accordo firmato domenica la Banca Nazionale Cinese e la Banca Centrale del
Nigeria hanno deciso la libera circolazione della valuta cinese nell’economia
nigeriana, includendo quindi lo yuan (detto anche RMB, oppure renminbi) nelle
sue riserve in valuta, creando uno scenario dove anche altri paesi produttori di
petrolio dovranno avvicinarsi.
Anche
nell’accordo in corso tra Cina e Corea del Sud, al fine di ridurre l’impatto negativo
(ma pilotato) del fluttuare dei tassi di cambio con il dollaro (gestito
unilateralmente dagli anglo-americani), i due paesi hanno concluso di
utilizzare le loro valute nazionali negli scambi bilaterali.
Un
accordo è stato siglato lo scorso anno tra la repubblica del Mali (quasi
protettorato francese) e la Cina, con una promessa di finanziamento globale di
55.000 miliardi di FCFA (10 miliardi di euro) utilizzando anche lo yuan.
Finanziamento sotto forma di prestito o convenzioni in cui la Cina dovrebbe
sostenere il Mali per la realizzazione di infrastrutture strategiche nei trasporti,
energia, agricoltura, miniere e tecnologia. I cinesi hanno ottenuto di
costruire la ferrovia Bamako-Konakry (990 km)e rinnovare la Bamako-Dakar (600
km in Senegal e 644 in Mali). Chiunque è stato qualche volta in Africa avrà pur
notato la presenza predominante dei prodotti cinesi in tutti i rami del mercato,
fin nel commercio locale di villaggi sperduti.
Rimane
da scovare la reazione e i comportamenti della Germania, paese fortemente presente
per i maggiori e elevati scambi europei con la Cina, per commercio e prodotti,
e la Russia per il pagamento del gas di Gazprom. Secondo molti analisti sarebbe
il primo paese a sganciarsi dall’euro e dal dollaro, checché se ne dica. La
Germania ha come governo una vera statista, volente o nolente, che noi non abbiamo
da anni, cioè la Merkel, capace di pensare in grande per il futuro del proprio
paese. L’euro dà fastidio agli statunitensi perché è comunque una forte valuta
di scambio e di riserva, pur gestendone loro il sali-scendi a secondo dei loro
interessi, ma lo sviluppo mondiale è a est.
L’altro
elemento è la reintroduzione dell’oro come punto di riferimento delle valute.
Visto
che il mercato dei metalli preziosi è risultato truccato sin dall’inizio. La
Deutsche Bank, la Banca New Scotland, la Barkleys Bank, la USBC, la Société
Générale, l’USB, e altre banche occidentali più importanti sono state accusate
di manipolare i prezzi dell’oro e dell’argento, sia sui mercati a termine che
sulle opzioni e altri derivati, da parecchi anni. Il 14 aprile la Deutsche Bank
ha ammesso di essere implicata in una cordata con altri membri del cartello e ha accettato di citare i nomi
alla Corte Federale degli Stati Uniti. Sono un altro colpo duro alla
credibilità delle banche.
Tanto
che Cina e Russia si preparano ad esigere pubblicamente dagli Usa la prova che
possiedono realmente la dichiarata riserva di 8.133 tonnellate d’oro che
servono fittiziamente oggi alla copertura minima del dollaro carta straccia.
L’esperto statunitense del governo per le questioni Steve Quayle ha ricordato
che sia la Cina che la Russia detengono fisicamente una enorme riserva di oro,
più di tutti gli altri al mondo. Alcuni paesi europei, come la Germania e la
Svizzera, avevano chiesto da tempo di rimpatriare il loro oro, ma la domanda fu
rigettata, e ottennero solo una piccola parte simbolica. Quayle arriva alla
conclusione che nella Federal Reserve non ce ne sia, e testualmente:”Nessun oro
sarà mai rimpatriato. Nessun paese recupererà in oro ciò che ha investito negli
Usa, anche se i contratti menzionano ‘riserva in oro’”. Mi viene il dubbio che
gli F-35 siano già stati tutti pagati.
L'ex
Sottosegretario al Tesoro degli Stati Uniti, Paul Craig Roberts, reganiano di
ferro, affermava, nel giugno 2014, che tutta la riserva d'oro degli USA,
compreso quello di altri paesi, era finito. "Gli Stati Uniti non hanno oro
e non possono distribuirlo, per questo hanno obbligato la Germania ad un
accordo e smettere di chiedere il suo oro visto che non possono
darglielo," così ha spiegato Craig Roberts la strana situazione del
rientro dell’oro tedesco (1.500 T) dall'America. La Merkel ha fatto finta di
niente, cioè che, se ci sono, i lingotti sono “al sicuro” negli Stati Uniti,
tacitando forti proteste interne.
L’esperto
Quayle suggerisce infine che il mercato alternativo, come lo Shanghai Gold
Exange cinese (inaugurato il 9 aprile) comincia ad essere veramente
interessante per gli investitori stranieri, se non gli stati, e a diventare una
nuova “era dell’oro”, sicuramente in mani più sicure perché partecipate.
Anche
in questo mercato il prezzo dell’oro sarà determinato in yuan facendo si che la
Cina diventi uno dei paesi che possono fissare il prezzo dell’oro nel mondo.
Oggi, questo potere è 80%nelle mani di Londra e New York. Il gran cambiamento
sta nel fatto che i cinesi utilizzeranno lo yuan per comperare e vendere oro al
posto del dollaro.
I
dieci paesi con più riserva in oro sono Stati Uniti (8.100T; 75%, dicono e
sconfessano, per riserva valutaria); Germania (3.395T, 72% riserva); Italia
(2.452T; 72%); Francia (2.435T;71%); Cina (1.154T;1,7%); Svizzera
(1.040T;11,5%); Russia (937T;9,6%); Giappone (765T;3,2%); Paesi Bassi (612T;60%);
India (558T;10%). Ma l’Eurozona ne ha 10.800 di tonnellate, equivalenti a 72%
di riserva monetaria.
Il
mondo intero a motivi in comune per togliere il re dollaro e inserire il
metro-oro per una equità e stabilità mondiale. Ma tutto questo preclude a una
guerra vera. Difficile detronizzare un re così armato e convinto di avere il
diritto divino di estendere il suo impero sul mondo, senza danni collaterali.
Potrebbe essere anche una Europa paralizzata e in standby la moneta di scambio.
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