venerdì 8 aprile 2016

Meglio un Foucault in libreria che un matto in casa

Foucault è tornato in auge. Da una parte perché qualcuno pensa ancora che sia una sorta di Einstein delle scienze sociali, quello che ha scoperto la formula che muove le società e produce soggettivazione, dall'altra perché qualcuno ha cominciato ad affermare che il nucleo del pensiero foucaultiano riveli una strana e inaspettata omologia col liberismo. 
Daniel Zamora, brillante ricercatore belga, è l'autore di un testo (che io sappia non è ancora uscito in italiano): "Foucault and Neoliberalism", dove presenta la tesi di un Foucault "oggettivamente" liberista, producendo citazioni, accostamenti, coincidenze sospette, deduzioni ecc. tutte intente a dimostrare la presenza un liberismo sottotraccia in Foucault e mascherato da significanze antagoniste. Questo ha fatto andare su tutte le furie i foucaultiani e post- modernisti nostrani che accusano Zamora e altri tipi come Jan Rehmann, autore del libro " i Nietzscheani di sinistra", anch'egli poco tenero con Foucault, di tesi malevoli e precostituite, costruite in maniera approssimativa, con uso di paralogie e suggestioni insulse, e senza alcun rispetto del testo.
Non voglio intervenire in un discorso troppo difficile per i miei mezzi e la mia scarsa pazienza per argomenti che mi sembrano avulsi dalla realtà, ma voglio sottolineare quello che a  sembra un dato inoppugnabile: sia Foucalut che altri autori post-moderni hanno di fatto prodotto categorie che non servono a nulla. Sfido Girolamo De Michele a convincermi che l'effetto che un autore sia pure fortemente carismatico produce, dal punto di vista dell'influenza culturale nella società, sia commisurato all'aderenza al dato reale e alla prassi quotidiana di chi opera come tecnico nel contesto delle istituzioni che egli descrive. Lo sfido a dimostrarmi che la consapevolezza del biopolitico, al di la dell'essere una pura categoria dello spirito, abbia prodotto un miglioramento delle condizioni delle vita delle persone o abbia perlomeno prefigurato delle prassi liberatorie che conducono ad un'evoluzione dei sistemi sociali verso modelli più giusti e solidali. Perché questo ci interessa. O no? Tutto questo tralasciando un'analisi accurata dei riferimenti storici (dubbi) che Foucault ha utilizzato nel redigere "Storia della follia nell'età classica". Insomma a dirla tutto sono disposto a concedere a De Michele che il libro di Zamora non sia convincente nel dimostrare la sua tesi, ma il punto è che a me non interessa se il fatto che Foucault possa essere una sorta di precursore mascherato del neoliberismo o meno, a me interessa sottolineare la distanza abissale delle tesi di questo personaggio dalla vita reale. Cosa volete che importa, a chi lavora davvero, dei dispositivi di controllo biopolitico quando non ha risorse per curare i malati e deve maledire ogni giorno una classe politica marcia e corrotta?
Il tempo degli oracoli e dei dispensatori di suggestioni fosche e raffinate per una massa indementita e questa si alienata, è finito. Gente che parla di cose che non conosce e istiga alla rivoluzione non si sa come, purché sia, ma non ha un matto in casa o in corsia è meglio che taccia o si occupi di altro se non vuole diventare uno dei tanti simulacri di una società dello spettacolo che egli stesso depreca.
Il problema dei Foucault, dei Deleuze e compagnia non è se siano buoni oppure no, il problema è che non servono a nulla, se non ad alimentare un discorso fine a se stesso, che certo non metterei fra le cose di cui il genere umano non può fare a meno. A riprova di quello che dico non ci sono solo autori seri che sbugiardano l'assurdità di certi assunti e i loro ridicoli giochi di parole conditi con concetti matematici e scientifici totalmente sballati (leggersi Sokal per favore, lo ripeto per l'ennesima volta), o dei burloni che hanno inventato il generatore automatico di concetti post-modernisti, con indubbio effetto comico, ma anche disvelatore di stupidità, c'è soprattutto il fatto che se ti guardi indietro negli ultimi cinquant'anni capisci che questa gente non ha fatto altro che produrre ricorsività buone a perpetuare concetti astratti, instaurando una tradizione accademica la cui solidità è dovuta unicamente al fatto che nessuno mette in discussione gli assunti di base del loro pensiero. 
Tutto questo senza cambiare di una virgola questa società di merda. 
Questo conta, e basta.

Nessun commento:

Posta un commento

Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...